Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 8 ottobre 2009

LA QUESTIONE MERIDIONALE E' ANCHE UNA QUESTIONE NAZIONALE

Cav. Uff. Dott. Pietro Vitale
Giornalista e scrittore
Tessera Ordine Naz. dei Giornalisti
n.116644
Lunedì 05/ottobre/2009 all’interno del castello Svevo di Bari Piazza Federico II di Svevia si è tenuto un Seminario sulla annosa Questione Meridionale. All’evento sono intervenuti i membri del Governo ed i Parlamentari de “Il Popolo della Libertà”: Ministri, Onorevoli, Senatori, Confindustria e Sindacati, tranne la Cgil, non invitata.

Il Seminario è stato promosso e organizzato dal Popolo delle Libertà, come innanzi detto e Vi elenco i nominativi, in ordine di intervento: Fabrizio CICCHITTO Pres. del Gruppo Parlamentare alla Camera dei Deputati, Maurizio GASPARRI Pres. del Gruppo Parlamentare al Senato della Repubblica, Italo BOCCHINO Vicepresidente Vicario del Gruppo Parlamentare alla Camera dei Deputati, Gaetano QUAGLIARELLO Vicepresidente Vicario del Gruppo Parlamentare al Senato della Repubblica, Luigi ANGELETTI Segretario Generale Uil, Raffaele BONANNI Segretario Generale Cisl, Corrado FAISSOLA Presidente Abi, Emma MARCEGAGLIA Pres. Confindustria, Sergio MARINI Pres. Col diretti, Luigi MARINO Pres. Confcooperative, Renata POLVERINI Segr. Generale Ugl, Carlo SANGALLI Pres. Confcommercio, Federico VECCHIONI Pres. Confagricoltura.

Il Sud è una questione nazionale.

La “questione meridionale*” è una costante nella storia del nostro Paese, da prima ancora che si formasse lo Stato nazionale. Nell’ambito del filone politico-culturale del meridionalismo, accanto a forme di vuota retorica politica, a fenomeni di clientelismo, e manifestazioni di vittimismo, si sono espresse alcune delle migliori intelligenze e alcune delle più lucide analisi sulla vicenda e i problemi dello Stato unitario: da Giustino Fortunato a Gaetano Salvemini, da Antonio de Viti De Marco Manlio Rossi Doria.

Oggi la questione meridionale è ancora viva, ma l’approccio con cui affrontarla deve essere profondamente ripensato: il processo di internazionalizzazione dell’economia, la formazione di un “villaggio globale” e di una cultura civile condivisa dall’intero Paese, la velocizzazione degli scambi, l’emergere di spinte Federaliste al Nord come al Sud, hanno infatti modificato radicalmente il contesto sociale, culturale, istituzionale ed economico. Ancor più che in passato, bisogna perciò liberarsi da un equivoco di fondo: che per superare il ricordo storico del Sud sia necessario compensare l’insufficienza dei capitali privati aumentando le risorse gestite dallo Stato e dagli apparati pubblici per la realizzazione di investimenti produttivi. Quest’approccio dirigista e assistenziale è infatti al tempo stesso inattuale, inefficace e dannoso. Inattuale perché troppo costoso e dunque incompatibile con gli odierni vincoli della finanza pubblica. Inefficace perché basato sul presupposto di una pretesa superiorità dello Stato rispetto al mercato nella destinazione delle risorse. Dannoso perché crea dipendenza e dirige le capacità imprenditoriali alla ricerca del sostegno pubblico, e quindi di rendite, piuttosto che del giusto profitto di imprese che è fattore determinante dei processi di sviluppo.
Fin qui, invece, la politica in favore del Mezzogiorno si è storicamente caratterizzata per la netta prevalenza delle misure di sostegno attivo, che non forniscono risposte efficaci alle vere cause del mancato decollo dell’economia meridionale. La natura fortemente discrezionale dell’erogazione e della gestione degli strumenti di sussidio al Sud ha comportato il riconoscimento allo Stato e ad altri apparati pubblici di una forte funzione valutativa nella selezione dei progetti da sostenere finanziariamente: scelta infelice, poiché il carattere selettivo delle misure di aiuto alle imprese si scontra con l’incapacità della burocrazia di valutare il merito delle iniziative imprenditoriali . Inoltre, l’aver affidato alla macchina burocratica la funzione di intermediazione nella gestione delle politiche di sostegno allo sviluppo del Mezzogiorno ha comportato un aumento esponenziale dei costi di transazione a carico del sistema delle imprese, costrette a dedicare tempo e risorse allo sviluppo e al mantenimento di buone relazioni con le strutture dell’amministrazione pubblica.
*Il Mattino, 27 luglio 2009

Dimenticavo cari amici: all’evento del 05 ottobre era presente, accompagnato dalla Segreteria, il Senatore Dott. Luigi d’Ambrosio Lettieri, persona di grande intelligenza e di doti non comuni di comunicabilità con gli intervenuti. Per tutto il tempo del seminario ha retto un ritmo di grandissima disponibilità e simpatia. Sentiamolo in una intervista:

SUD: D'AMBROSIO LETTIERI, DAL GOVERNO UN SEGNALE PER IL RILANCIO DEL MEZZOGIORNO 05/10/2009
Oggi i gruppi parlamentari del Pdl si riuniscono a Bari per un convegno con i rappresentanti nazionali del mondo sindacale e imprenditoriale. Ne parliamo con il sen. Luigi D'Ambrosio Lettieri. Il convegno del PdL è un nuovo segnale di attenzione per il Sud e per la Puglia in particolare? "Certamente. Si tratta di un segnale e, com'è nella cultura della maggioranza di governo, ispirato alla massima concretezza. I nostri gruppi incontrano i rappresentanti del lavoro e dell'imprenditoria non per "parlare" di Mezzogiorno, ma per interagire con chi la questione meridionale la vive pagando sulla propria pelle le contraddizioni e i ritardi del Sud e per condividere le strategie per un rilancio e uno sviluppo che, in primo luogo, deve far leva sul volano dell'economia". Secondo il presidente Napolitano il buon governo nel Mezzogiorno non è la norma. Condivide questo giudizio così severo? "Purtroppo, è impossibile non condividerlo. Del resto, una delle scelte qualificanti dell'azione di governo, il federalismo fiscale, è nata proprio per portare la cultura della responsabilità politica e gestionale anche in quelle aree del Paese dove il rigore, la trasparenza e la buona amministrazione hanno spesso e volentieri latitato. In questo senso, il Governo Berlusconi ha operato scelte di straordinaria discontinuità con un passato amministrativo che, al Sud, è bene lasciarsi al più presto alle spalle. E sono scelte come queste, ne sono convinto, che cambiano in meglio la storia di un Paese. Il Mezzogiorno può e deve reclamare una concreta attenzione del Governo per rilanciare lo sviluppo sociale ed economico ma deve imboccare la strada dell'etica e della responsabilità perché, come ha recentemente affermato il Pontefice, questo è il tempo di politici "credenti e credibili"". La crisi economica si vince anche e soprattutto con il rilancio del Mezzogiorno. Qual è la sua opinione? "Per quanto ovvio e banale possa risultare, credo utile ribadire che il futuro del nostro Paese risiede nell'avverbio 'insieme'. L'Italia crescerà, si modernizzerà e conoscerà una nuova stagione di benessere diffuso soltanto se sarà tutto il Paese a farlo. Il Paese diviso e spaccato non va da nessuna parte. Ciò precisato, i nodi aperti - e il convegno barese, al riguardo, credo possa darci ulteriori utili indicazioni - sono principalmente quelli che ben conosciamo: la dotazione infrastrutturale, al Sud storicamente carente; la sicurezza e l'ordine pubblico, con la permanente lacerazione imposta al tessuto civile dalla pervasività eversiva della malavita organizzata; infine, il capitale umano, con lo stillicidio di giovani "cervelli" che, in assenza di prospettive, lasciano le Regioni meridionali con un gravissimo pregiudizio per le loro possibilità di sviluppo. È questo il terreno della sfida e credo che l'attuale maggioranza abbia idee, capacità, forza, determinazione e consenso sufficienti per combattere e vincere una guerra che, fin qui, nessuno è stato capace di vincere. Occorrerà un impegno straordinario e bisognerà anche compiere una sorta di rivoluzione culturale, che peraltro questo "Governo del fare" ha già cominciato. E, ovviamente, bisognerà rimboccarsi le maniche con tenacia, rigore e umiltà. Ma anche con tanta fiducia!. E questo, lo dico da meridionale, i cittadini del Sud sanno farlo benissimo".