Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 15 settembre 2007

I Cavalieri della Cecità

Anniversario Di fondazione Lions Club Bari Host.
Mezzo Secolo Insieme!

Presentazione del Service unico al mondo, del cinquantenario
per la città di Bari anno sociale 2007-2008,
all'insegna dell'Etica Lionistica:

DIMOSTRARE: L'eccellenza delle proprie Opere...;
PERSEGUIRE: Il successo, domandare le giuste retribuzioni...;
RICORDARE: Che nello svolgere la propria attività non si deve danneggiare quella degli altri...;
AFFRONTARE: Con spirito di altruismo ogni dubbio o pretesa nei confronti degli altri...;
CONSIDERARE L'AMICIZIA: Come fine e non come mezzo...;
AVERE SEMPRE PRESENTI: I doveri di cittadino verso la Patria, lo Stato la comunità...;
ESSERE SOLIDALE: Con il prossimo mediante l'aiuto ai deboli, i soccorsi ai bisognosi...;
ESSERE CAUTO: Nella critica, generoso nella lode, mirando a costruire e non a distruggere.

“…il mondo è di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni…” (proverbio)

L'Associazione internazionale dei Lions Club, amici lettori, vede le sue origini con la realizzazione del sogno di Melvin Jones, un uomo d'affari di Chicago, convinto che i business club locali devono allargare i propri orizzonti dai semplici interessi professionali al miglioramento delle proprie comunità e del mondo in generale.
Il 7 giugno è la data della riunione, svoltasi nell’East Room dell’Hotel La Salle di Chicago, voluta, organizzata, gestita dal nostro Melvin Jones, per la fusione di non poche associazioni (fra le quali il Business Club, che aveva come segretario l’assicuratore Melvin Jones, il Royal Order of Lions e l’International Association of Lions Indiana, facenti capo al dott. William P. Woods), a conclusione della quale I convenuti consenzienti deliberarono di dar vita ad una nuova entità avente la denominazione di Association of Lions Clubs, che in quel momento accomunava 25 club (di varia, diversa origine) e 800 Soci. La vera e propria costituzione richiese però, comprensibilmente stante la complessità ed importanza delle varie questioni da affrontare e risolvere, una elaborazione durata tre giorni, 8, 9, 10 ottobre 1917. E finalmente l’atto costitutivo fu perfezionato: alla denominazione si aggiunse la qualifica di The International Association of Lions Clubs; vennero fissati alcuni essenziali “Principi”, approvati i 12 articoli del primo Statuto e unico Regolamento, decisa l’adozione del simbolo grafico distintivo, già depositato dal “Royal Order of Lions”, cioè il Compasso con al centro la lettera “L”, e nominato il primo Presidente, in persona del dott. William P. Woods, avendo il nostro Melvin Jones declinato tale incarico preferendo servire come primo Segretario.
Tra gli scopi adottati in quei primi anni, uno recitava "Nessun club dovrà avere come fine il miglioramento della condizione economica dei propri soci". Questo appello ad un servizio disinteressato verso il prossimo, rimane uno dei principi fondamentali dell'Associazione.
L’Associazione si diffuse in altre nazioni assumendo il titolo di Lions Clubs International e, dopo gli anni bui della guerra, e del dopo guerra, approdò nell’anno 1951 anche in Italia. Il 28.03.1951 fu omologato il primo Lions Club in Italia, il Lions Club Milano, ed il lionismo man mano si estese sul territorio nazionale.
Con la sponsorizzazione dei Lions Club di Bologna e di Brindisi, nacque il primo club nella città di Bari. Il Lions Club Bari fu omologato il 16.03.1958 e, successivamente per la nascita d'altri Lions Club nella città, fu denominato Lions Club Bari Host.
Nell’anno sociale 2007-2008, che inizia il 1 luglio 2007, il Lions Club Bari Host raggiunge un importante traguardo del cinquantesimo anno di Servizio in favore della comunità, grazie all’operato di diverse generazioni di lions che, con la loro abnegazione e dedizione al servizio, hanno generato e determinato la storia del lionismo nella città e nella provincia di Bari.
Gli oltre cento soci del Lions Club Bari Host intendono celebrare ed onorare degnamente i cinquant’anni di operato degli amici Lions che ci hanno preceduto con i numerosi services per la città.
Tra i services dell’Associazione e del Club particolare attenzione è sempre stata posta ai problemi della vista. Infatti i Lions sono noti in tutto il mondo, (come la più grande e prestigiosa Associazione di Service del mondo, non governativa) per il loro operato a favore delle persone non vedenti e ipovedenti.
Tale attività di servizio ha avuto inizio con la sfida lanciata da Helen Keller ai Lions durante la convention internazionale dell'associazione nel 1925: diventare "cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre”.
La sfida fu accettata e da sempre a livello mondiale siamo i “Cavalieri dei non vedenti” e da sempre, ma al tempo stesso, negli ultimi decenni operiamo services per la prevenzione della cecità e tutela della vista.
Queste finalità primarie sono state sempre perseguite anche dal nostro Lions Club nei cinquant’anni di attività di servizio e noi su questo tema opereremo per onorare il cinquantenario di attività.
Sarà l’occasione per rinsaldare in noi stessi questi principi ma anche per ricordarlo alla società civile; infatti abbiamo aderito ad un Service Internazionale "Campaign Sight First II " (campagna la vista prima di tutto) con una consistente donazione per sostenere gli interventi a tutela della vista in tutto il mondo ed attueremo anche un importante Service verso la città di Bari.
Il Service cittadino è intitolato:

Percorsi: di LUCE, LIBERTA’ e FRATELLANZA

Con questo Service d’intesa con l’Amministrazione Comunale di Bari, realizzeremo nel centro murattiano un percorso ad anello per non vedenti ed ipovedenti di oltre due chilometri, sarà un percorso di luce e di libertà, per coloro che non possono godere la libertà della piena luce.
Il percorso sarà realizzato sui marciapiedi con mattoni tattili che guideranno, secondo le norme vigenti, i non vedenti e gli ipovedenti ed indicheranno loro, con la tipologia tattile e sensibile di specifiche mattonelle, la possibilità, seguendo il percorso, di avere le segnalazioni di percorso libero, di relative deviazioni, di ostacoli valicabili o invalicabili.
Il percorso chiuso ad anello abbraccerà il centro murattiano snodandosi lungo le principali arterie del centro, Corso Vittorio Emanuele, Via Melo, Via Prospero Petroni, Via Crisanzio e Via de Rossi, questo percorso, per le indicazioni che fornisce, consentirà ai non vedenti e agli ipovedenti di passeggiare per la città in piena autonomia e farà sentire la nostra presenza attraverso l’ausilio delle indicazioni che noi realizzeremo in modo indelebile per loro.
Ma un ring non ci soddisfa, e pensiamo di collegarlo ad una postazione di partenza centrale, fruibile e nota, pertanto questo percorso sarà collegato, con un tratto tattile, a Piazza Aldo Moro, la piazza della stazione, ove sarà ubicato anche un pannello tattile in linguaggio Braile che darà le informazioni del percorso.
Perché questo TRACCIATO di LUCE, di LIBERTÀ e di FRATELLANZA?
Traducendo i simboli originari dei primi Fondatori dei Lions International, la “L”, come la Squadra, con il suo angolo fisso, simboleggia l’onestà, la rettitudine (il Percorso) e quegli obblighi morali che, per essere tali, non possono derogare alla norma immutabile della dirittura d’intenzione di alti e nobili azioni che in essa si identifica: la LUCE. Diversa, come diversa è l’esigenza di vivere in modo completo le esperienze esistenziali che ci sono proposte dalla Vita, è la figura del compasso. Il Compasso traccia circonferenze, segni senza spigoli o costrizioni lineari. Anche se non illimitatamente, può variare la propria apertura. Il compasso è accostato alla lettera “A” che, come è ben noto, viene indicata come inizio di tutte le cose, così come l’uomo può, se desidera, la LIBERTA’:Patrimonio dell’Umanità Intera, raggio dall’alto che nessun potere ha il diritto di estinguere né di ammortizzare e che è la sorgente dei sentimenti d’onore e di dignità e nel rispetto dei limiti impostogli dalla sua natura…ambire ad allargare la propria “Visione” delle cose e consentire, attraverso esperienze mirate, l’arricchimento, della propria interiorità. A noi Lions tutto questo fa sognare. La gioia e l’entusiasmo che mettiamo, in serena e fraterna Amicizia, nei nostri Services, ci farà sentire vicini ai non vedenti con un sostegno concreto, indelebile e perenne che certamente sarà l’inizio di tante strade di Luce e di Libertà nella nostra città.
Ma, per noi i Lions di Puglia il nostro sogno ci vorrebbe condurre oltre, questo tracciato di luce, e di libertà, che deve andare il più lontano possibile perché più e lungo il percorso, più sarà grande il senso di luce e di libertà che doneremo.
Questo percorso potrebbe partire e vorremmo che parta da qualsiasi città e diventi realtà di luce e di libertà nella nostra città di Bari.
E come realizzare questo sogno………………………………………..?
ll punto di partenza, è piazza Aldo Moro. I non vedenti potranno convergere ed attuare il percorso dai binari delle ferrovie locali: (Bari Nord) regionali (Ferrovie Sud-Est), interregionali (Appuro-Lucane) a quelle nazionali (Trenitalia) si potranno collegare con l’adiacente postazione di partenza del percorso cittadino.
Il nostro sogno di Lions sarà che:
ogni amico non vedente o ipovedente
che prende un qualsiasi treno che arriva nella città di Bari
scendendo dal vagone trova un percorso di solidarietà
che lo farà sentire nella
“ CITTA’ della LUCE: della LIBERTA’ e della FRATELLANZA “

BREVE STORIA del LIONISMO
L'Associazione Internazionale dei Lions Clubs nasce dal sogno di un assicuratore di Chicago, Melvin Jones, meravigliato che il locali Clubs di Affari - di uno dei quali era un membro attivo - non espandessero i loro orizzonti dalle più ovvie relazioni affaristiche a progetti di miglioramento delle loro comunità e più ancora del mondo intero.
L'idea di Melvin Jones trovò largo interesse all'interno della sua stessa Associazione, il "Business Circle of Chicago", che lo autorizzò ad esplorare l'argomento contattando altre consimili organizzazioni degli Stati Uniti. I risultati di questo lavoro preliminare furono presentati in un incontro tra le organizzazioni coinvolte, tenuto nel locale Hotel, il7 giugno 1917. Le dodici persone che s’incontrarono quel giorno, mosse da un naturale senso di rispetto nei confronti dei loro Clubs padrini, votarono la nascita della "Associazione dei Lions Clubs" e trasmisero la convocazione per un Congresso Nazionale da tenersi a Dallas, Texas, USA, nell'ottobre dello stesso anno. Risposero alla convocazione trentasei delegati in rappresentanza di ventidue Clubs di nove Stati, che approvarono la denominazione "Lions Clubs" ed elessero come primo Presidente il Dr. William P. Woods dell'Indiana.
Il nome Lions deriva dalle iniziali delle parole Liberty, Intelligence, Our Nations Safety. Melvin Jones, personalità trainante e fondatore, fu nominato Segretario e il suo ruolo di membro dell'Associazione dei Lions terminò soltanto alla sua morte, nel 1961. In quel primo, storico Congresso, prese avvio la discussione su che cosa il Lionismo dovesse diventare.
Furono adottati un Atto Costituivo e dei Regolamenti, approvati i colori dell'emblema, oro e porpora, e una prima redazione delle Scopi del Lionismo e del Codice dell'Etica Lionistica. Uno dei più importanti obiettivi morali era quello di dar principio ad un'era dove l'individualismo affaristico fosse messo in secondo piano. Ancor oggi, questo è rimasto uno degli impegni principali del Lionismo:
"Nessun Club - si legge - potrà avere tra gli scopi il miglioramento finanziario dei suoi Soci". Le persone socialmente più influenti, cominciarono rapidamente a organizzare Clubs in tutti gli Stati Uniti e l'Associazione divenne "Internazionale" con la fondazione del Windsor, Ontario, Canada Lions Club, nel 1920.
Più tardi furono fondati Clubs in Cina, Messico e Cuba. Nel 1927 l'Associazione contava circa 60.000 membri in 1.183 Clubs. Ne11935, Panama divenne la sede del primo Club dell'America Centrale e l'anno seguente fu fondato in Colombia il primo Club del Sud America. lionismo raggiunse poi l'Australia nel 1947 e l'Europa nel 1948, dove nacquero Clubs in Svezia, Svizzera e Francia. Nel 1952, fu fondato il primo Club del Giappone.
L'Associazione Internazionale dei Lions Clubs è oggi la più grande organizzazione di servizio del Mondo, con più di 1,3 milioni di Soci in oltre 45.000 Clubs di 714 Distretti che coprono 200 Nazioni o Aree Geografiche. I Lions Clubs non sono Clubs di socializzazione, per quanto possano esservi benefici sociali nell'essere associati. I Soci dei Lions Clubs offrono il loro tempo, il loro impegno, le loro risorse, per raccogliere fondi a scopo benefico da distribuire sia nella propria comunità che internazionalmente. Uno dei settori principali di raccolta fondi per i Lions è stato storicamente legato alla conservazione della vista, per quanto vengano sostenuti anche numerosi altri progetti come programmi di prevenzione alla droga per le scuole superiori, programmi di controllo per il diabete e molti altri, specifici per le realtà individuali di Clubs e Distretti. I Lions decisero di porre la conservazione della vista tra i propri obiettivi fondamentali dopo una conferenza di Helen Keller al Congresso Internazionale Lions tenutosi a Cedar Point, Ohio, nel 1925.
Quel giorno Helen Keller sfidò i Lions a diventare "Knights of Blind" (Cavalieri della Cecità), una sfida che è diventata una sorta di grido di battaglia per progetti Lions in tutto il Mondo. Il lavoro dei Lions nel settore della conservazione della vista viene svolto ad ogni livello. Alcuni Clubs sponsorizzano autonomamente programmi di prevenzione e controllo utilizzando cliniche mobili. In molte nazioni, i Clubs sponsorizzano campi di chirurgia oftalmica dove vengono eseguiti gratuitamente interventi alla cataratta per tutti coloro che non possono permettersi questo tipo di cure mediche. Molti Clubs, infine, raccolgono occhiali da vista usati per distribuirli in altre nazioni più bisognose.
L'Associazione Internazionale dei Lions Clubs è la più grande organizzazione non governativa associata con le Nazioni Unite, invitata da queste e dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità a raccogliere fondi per un programma internazionale di conservazione della vista. È stato infatti stimato che ancora oggi ci sono su scala mondiale, almeno 40 milioni di casi di cecità curabile o prevenibile. Senza alcun intervento, si prevede che il numero possa salire a 80 milioni entro la fine del decennio.
L'Associazione Internazionale dei Lions Clubs, ha avviato un programma di raccolta fondi chiamata "Campagna Sight First" (la vista prima di tutto) con lo scopo di curare e prevenire 40 milioni di casi di cecità in tutto il mondo. Per questo programma sono stati raccolti ovunque, dai Lions, oltre 148.600.000 dollari. Sono stati costruiti centri specializzati per la cura delle malattie della vista nei luoghi dove più era necessario. Soltanto in India, sono stati realizzati più di 300.000 interventi alla cataratta e il numero sta crescendo rapidamente. Il Servizio dei Lions a favore dell'umanità, spazia dall'acquisto di occhiali per un bambino i cui genitori non abbiano le possibilità, fino a programmi da molti milioni di dollari per curare la cecità su scala mondiale.
Pezzo realizzato con la collaborazione del Presidente (Sight First II) Ing. Dott. Pasquale Di Ciommo

I vertici dei Lions baresi

I Vertici dei Lions baresi


Nella splendida residenza sala congressi “Lo Smeraldo” in Canosa di Puglia, si è svolto il 12° incontro Programmatico – Passaggio delle Cariche Distrettuali.

I Lions del Distretto 108/A.B sono nuovamente sulla scena. Il 22 luglio è avvenuta la Cerimonia delle consegne tra il Governatore Distrettuale uscente, il Dottor Antonio Onofrio COVELLA ed il Governatore Distrettuale subentrante per l’anno 2007/2008/, Dott. Ing. Elio LIOIDICE.

Alla presenza delle massime Autorità Lionistiche, Officer Distrettuali, Presidenti di Clubs, i Soci dei Clubs di tutte Circoscrizioni, il Past Governatore COVELLA ha salutato tutti i presenti con affetto e stima e così si è espresso: “Carissimi Amici nel segno della “Tolleranza e Servizio in Armonia”, dopo la Cerimonia dello “Strappo” avvenuta il giorno 6 luglio 2007 alla Convention di Chicago, eccoci puntuali alla data stabilita del 22 luglio per l’appuntamento annuale del Passaggio delle Cariche del nostro Distretto. In questa bellissima circostanza, desidero sottolineare che il Lionismo non è solo una proiezione concettuale di ideali e di valori, ma la stessa forte prospettiva sulla quale le idee camminano e si affermano misurandosi ogni momento con il portato della storia. Per queste ragioni ogni anno sociale che comincia è importante, è straordinario perché nasce da un’esperienza vissuta intensamente un anno che procede facendo tesoro dei dati storici con i quali si confronta e attraverso i quali si realizza.
Vi è nel Governatore Elio LOIODICE, tanta forza, tanta novità di proposizione, per cui, ne sono certo, sarà attento innovatore senza rinnegare il passato. Dovere di tutti noi, è di collaborare con Lui, con l’intento di migliorare la qualità della vita di ogni essere umano. In bocca al lupo Elio.

Dopo queste espressioni di vera e fraterna Amicizia del Past Governatore COVELLA, prende la parola il neo Governatore LOIODICE:

“Carissimi, è giunto il momento di parlare dell’Organizzazione per il Nuovo Anno Sociale 2007/2008. Mi è fortemente gradito questo 12° Incontro Programmatico, che viene anticipato rispetto l’anno scorso, per dare inizio alle nostre attività, informandoVi attraverso uno strumento essenziale che ho denominato V.A.O. (Vadmecum, Agenda ed Organizzazione). Troverete, nel Vadmecum, gli Statuti ed i Regolamenti ai diversi livelli e con l’Agenda, che riporta le date degli eventi principali, riuscirete ad organizzare i Vostri incontri con il contributo dei Delegati e degli Officers preposti. Cordialmente…

Bene, cari amici lettori de il * “Palazzuolo”, un cordiale saluto a tutti dal vostro vicedirettore, augurandoVi buone vacanze, con la speranza di riprendere il “dialogo” con Voi nel mese di settembre in ottima forma.

Protocollo d'Intesa.Operatori della Coscienza

Un' evento eccezionale nella Città di Bisceglie.

“Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare il lavoro e la libertà altrui”. (proverbio)

I giorni 23, 24 e 25 giugno 2007, Umberto DI GRAZIA e Pietro CONCERTO si sono riuniti con altre Associazioni, presso il Monastero dei Cappuccini di Bisceglie (Ba), per scambi ed alleanze con gli operatori della Coscienza.

Il 24 giugno 2007, presso il Monastero dei Cappuccini di Bisceglie, i gruppi di ricerca:

1) A.I.T.N. (Accademia Italiana di Terapia Nutrizionale).
2) Associazione Cappuccini – Bisceglie.
3) Athanor (Università Europeenne Jean Monnet).
4) C.S.D.O. (Centro Studi Discipline Olistiche).
5) I.R.C. (Istituto di Ricerca della Coscienza).

Le Associazioni si sono alleate per operare a livello regionale, nazionale ed internazionale per la divulgazione della ricerca, della sperimentazione e preparazione d’operatori della Coscienza e del Benessere Globale.

Le associazioni, pur mantenendo le proprie autonomie, si sono impegnate tramite i loro rappresentanti, (per l’I.R.C., negli elenchi del Comitato Scientifico è stato inserito il Vicedirettore de il * “Palazzuolo” dott. Pietro VITALE in qualità di Direttore responsabile per le strategie e le iniziative e l’ufficio stampa delle attività dell’I.R.C. per la Puglia (www.coscienza.org) ad operate per raggiungere l’obbiettivo comune attivando i relativi comitati scientifici, le capacità culturali e professionali, anche di singoli operatori e studiosi, amici e sostenitori, mettendo a disposizione le proprie conoscenze e attrezzature tecnologiche. Oltre ai loro archivi e le fonti d’informazioni italiane ed internazionali.

Le Organizzazioni sopra rappresentate, di comune accordo, hanno affermato in piena libertà e di pensiero, come previsto dal codice generale dei diritti dell’uomo e tuteleranno, con tutti gli strumenti consentiti dalla legge, anche i singoli individui che manifestano, onestamente, potenzialità del sentire oltre gli schemi ritenuti normali. Per questo si uniscono anche le sezioni legali e di sostegno del diritto di poter manifestare idee e sensibilità senza essere perseguitati ingiustamente. Tra L’altro, l’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uomo recita:
“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni ed idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Il Presidente dell’Istituto di Ricerca della Coscienza (I.R.C.) è Umberto Di Grazia, ideatore e fondatore.
Chi è Umberto Di Grazia?: ricercatore psichico e sensitivo, da più di trent’anni vive in prima persona fenomeni di confine della mente umana, che vanno dall’introspezione con retrocognizioni e precognizioni, alla telepatia, ai fenomeni PK, all’archologia intuitiva ecc. In particolare, ha affinato il fenomeno dello sdoppiamento (O.O.B.E.: Out Of Body Experience).

Umberto Di Grazia, Nato a Viterbo, romano d’adozione, è un ricercatore e sensitivo di fama internazionale, che ha dedicato la sua vita allo studio e alla sperimentazione nell’ambito della Ricerca Psichica e dei suoi fenomeni, per le relative applicazioni a scopo sociale.

Per le sue facoltà è stato studiato da importati gruppi e organizzazioni di ricerca, con cui ha collaborato per anni, tra questi: Mobius Group’ di Los Angeles, fondato da Stephan Schwartz, membro della Royal Geographical Society, Consulente del Massachusetts Istitute of Technology e del Research and Analysis of Naval Operations – USA e dall’Antropologo e ambientalista Brando Crespi, coordinatore delle strategie di Pro- Natura International e l’Istitute fur Grenzgebiete der Psychologie und Psychohygiene di Friburgo in Germania. Per quest’ultimo ha compiuto, con il dr. Elman Gruber, numerosi esperimenti, ricerche e lunghe spedizioni di studio all’estero.

In Italia, per tre anni, Maria Immacolata Macisti, titolare della cattedra di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, ha studiato il suo lavoro e ne ha pubblicato i risultati nel libro: Fede, Mistero, Magia, lettere a un sensitivo”, divenuto testo d’ esame. Collabora inoltre correntemente con il criminologo Francesco Bruno del Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica della stessa Università.

Il Presidente Di Grazia ha effettuato importanti scoperte archeologiche, sia con l’èquipe del ‘Mobius Group’ in America, sia per conto proprio in Italia. Tra i ritrovamenti più importanti del nostro Paese vi sono: la città protostorica sommersa di Ustica, il Tempio dell’Amore di Roccasinibalda, il Tempio delle Ipsilon di Torre Spadina presso Caprinica e diversi siti etruschi nel viterbese. Attraverso i fenomeni di sdoppiamento ‘O.O.B.E’. e i sogni ‘lucidi’, Di Grazia ha fatto anche importanti precognizioni, come la sciagura aerea di Tenerife nelle Canarie del 1977 e l’attentato ad presidente americano Reagan, in seguito alla quale fu invitato a lavorare con organizzazioni di ricerca negli Stati Uniti.
Le sue facoltà gli permettono di essere in contatto con una dimensione di “presente-continuo, dove le leggi costruite dalla logica sembrano ribaltarsi, per poi unirsi in una forma di raro equilibrio”. Ciò lo ha portato a mettere in pratica l’idea, studiata anche da C.G.Jung, di “Unione degli Opposti”, che in realtà sono complementari e necessari per arrivare alla sintesi e alla centralità”, spiega Di Grazia: “mentre al risveglio si arriva con l’attenzione per ogni gesto e ogni vibrazione del campo energetico, entrando in contatto con l’inconscio e il suo bagaglio di informazioni positive, indispensabili per giungere all’armonia e all’equilibrio con il tutto”.

Così il Di Grazia ha messo il punto sul metodo della Biostimolazione®, con esercizi di meditazione, di posture e movimenti con suoni e ritmi, che ha chiamato: Tecniche dell’Unione e del Risveglio®.

Lavorando per molti anni con ormai 2000 persone, ha ottenuto notevoli risultati: circa il 40% ha manifestato particolari ipersensi, assolutamente non registrati prima. Molti di loro hanno migliorato la propria qualità di vita, superando problemi anche gravi e ponendosi con maggiore incisività con se stessi, gli altri e la vita. Successivamente, su un campione di 50 soggetti, che aveva seguito per un anno un corso di tecniche, il professor Mario Bruschi del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza, ha eseguito una serie di esperimenti basati su rigorosi protocolli scientifici, che hanno dato un risultato sorprendente: il migliore verificatosi in questo settore per un singolo esperimento e l’unico in Italia.

Tecniche e Metodo sono stati valutati molto positivamente dal grande psicanalista Emilio Servadio, fondatore della ‘Società Italiana di Psicanalisi’, che ha scritto:
“Umberto Di Grazia è stato in grado di elaborare una serie di esercizi fisici e mentali, che consentono di aprirsi ai messaggi della mente e all’incoscio. Si tratta di tecniche semplici e piacevoli, che ampliano le facoltà sensibili dell’individuo, ponendo in grado di percepire energie e vibrazioni che compongono l’intero cosmo. Tale metodo definito “Biostimolazione” ha lo scopo di unire gli opposti sia esterni e indurre un amalgama di energie ed un’armonia interiore, tali da sentirsi consapevolmente parte di tutto”.

Attualmente accanto al Presidente dell’Istituto di Ricerca della Coscienza Umberto Di Grazia, di cui è fondatore, gravita un centro operativo dove medici, ricercatori, scienziati ortodossi ed operatori in settori alternativi che ricercano un linguaggio olistico, tendente al raggiungimento dell’equilibrio tra facoltà sensoriali, pulsioni inconsce e teorie scientifiche.

Scoperte Archeologiche effettuate da Umberto Di Grazia con l’intuito:

1) Tombe arcaiche dell’VIII, VII sec. a.C., strade, sistemi idrici, cunicoli, sistemi difensivi (in provincia di Viterbo);
2) Un tempio rituale nella zona di Tro Spadì (in provincia di Viterbo), dove la Soprintendenza ha effettuato scavi;
3) Un insediamento urbano e tombe primitive a Rocca Sinibalda (Rieti); una città in parte sommersa nella tenuta di Capocotta (Roma) che risulta più remota di Ostia Antica;
4) Un tempio primitivo scavato nel terreno e lungo le varie decine di metri nel territorio di San Giovenale (Viterbo);
5) Una città etrusco-romana con due necropoli presso il Sasso (Cerveteri);
6) resti di una villa, probabilmente romana e delle sepolture nel di Bracciano;
7) resti di una nave romana e parte di un villaggio primitivo ad Ustica;

Ricerche in America:

1) Una nave scomparsa;
2) Il responsabile di un delitto avvenuto in Pennsylvania (USA), in quel caso il Di Grazia collaborò con le autorità competenti.
3) Precognizioni su voli spaziali americani, ecc..

L'Arte Reale dei Lions

Il Compleanno dei Lions International.

“…chi pensa solo a sé e a questo scopo stringe amicizie è in grave errore. Il saggio, anche se basta a se stesso, vuole tuttavia avere un amico, se non altro per esercitare l’amicizia, perché una così bella non sia trascurata”. (proverbio)

A Bari, il 16/17 giugno 2007, il 90° il compleanno dei Lions International: 1917-2007 - Platea? L’Universo intero.

Credo che i Lions Club di tutto il mondo oggi festeggiano il loro fondatore, Melvin Jones. Questo evento si può paragonare ai festeggiamenti di una persona che compie i novant’anni. Certamente si può dire che questa persona ha vissuto una vita ricca di esperienze e che ha visto tutti gli schemi di una vita che un uomo possa concepire.

Non è possibile iniziare un discorso sull’”Arte Reale” Lionistica
senza l’accostamento di una necessaria premessa.

Correva l’anno 118, nove cavalieri di nobile casata abbandonano i loro feudi e le loro ricchezze e si incamminano alla volta di Gerusalemme, in Terrasanta.

Ciò che indusse i nove Cavalieri a lasciare l’Europa e ad affrontare un viaggio così lungo e pericoloso, senza dubbio doveva essere di un inestimabile valore. In effetti, essi partirono alla ricerca di un’antica saggezza, di una scienza ormai apparentemente dimenticata.

I nove nobili Cavalieri giunti a Gerusalemme, si posero a guardia del Tempio di Salomone e, contemporaneamente, alla presenza di Re Baldovino, alla quale giurarono voto di obbedienza, povertà e castità.

Nasceva così l’Ordine dei Templari. (secondo la storiografia ufficiale l’ordine in origine si chiamò. “Poveri cavalieri compagni di Cristo”. Il temine Templari – sostiene lo storico Moiraghi – fu utilizzato in un secondo momento, quando la sede dei cavalieri si trasferì nel Tempio di Salomone, a Gerusalemme”. E sempre grati agli studi dello storico Mario Moiraghi, secondo cui il fondatore fu l’italiano Ugo de Paganis, figlio di signori di Forenza-Pz, Pagano ed Emma de Paganis, nobili salernitani trapiantati in Lucania ). Con la dualità dei Cavalieri del Tempio: il monaco ed il guerriero, i frati cospiratori e la Santa Wheeme, il male ed il Bene. Il passato come il futuro.

E’ vero però che, il vero obbiettivo della loro ricerca era quello di rintracciare le Tavole della Legge e l’Arca dell’Alleanza. Attraverso le Tavole i Cavalieri T. avrebbero interpretato le Leggi che regolano il Mondo e l’Universo, quelle dei segreti che solo pochi Eletti avevano avuto il privilegio di vedere e possedere, come Mosè e il saggio Salomone.

Queste considerazioni però, con il vostro permesso, cari lettori, cambiano quando cominciamo a considerare i nove cavalieri non solo come monaci-guerrieri, ma come Iniziati.

Non c’è da stupirsi, dunque, se questi nove personaggi si fossero mossi a quei luoghi dove antiche tradizioni, tramandate da pochi iniziati, rivelavano al mondo intero e nelle loro universalità antiche scritture, una verità Unica.

Ciò meritava attenzione ed approfondimento! Ma questa non è la sede adatta, (spero di poter completare la mia esposizione su questo argomento, successivamente, con la speranza di essere invitato ad una conferenza-dibattito da un Presidente Lions, sensibile alle mie ricerche) perché quando si parla di antiche conoscenze, il mondo medievale e ancor meglio quello più antico, perde il suo isolamento sia etnico che geografico, più si arretra nel tempo e maggiormente si trovano punti in comune tra le antiche civiltà.

Bene, dopo questa doverosa introduzione, ritorniamo al 90° compleanno dei Lions di tutto il mondo, anzi del nostro Melvin Jones.

Il 7 giugno 1917, nella città di Chicago, presso l’Hotel La Salle, si riuniscono in ventuno, già tutti appartenenti ad altri circoli di affari e delle professioni. Li ha convocati Melvin Jones, anch’egli uomo d’affari, nato in Arizona trasferitosi in Illinois dove aveva creato una sua Compagnia di Assicurazioni il Business Circle di Chicago, personaggio alla quale il Presidente Wilson si era rivolto perché lo aiutasse nella crescita democratica del paese. Nasce così il”The International Association of Lons Clubs”. Per onor del vero la nascente Istituzione dei Lions mutua il nome da un’altra associazione (rappresentata da uno dei nove) già esistente fin dal 1916 denominata Royal Order of the Lions il labaro dell’Associazione portava al centro l’immagine di un compasso sovrapposta una L.

I Clubs dei Lions International, nei primi tre anni si diffonde con rapidità che stupisce i fondatori. Nel 1920 varca i confini e si estende in Canadà e diviene di fatto internazionale ed ancora di più nel 1926 quando fonda il primo Club a Tientsin, in Cina, fino a giungere ai giorni nostri con la presenza in 200 Paesi od Aree geografiche. E dai 23 Clubs presenti a Dallas di cui la popolazione era di 90 milioni, si passa all’oggi con circa 45.000 Clubs.

Lo Statuto e il Codice dei Lions è molto rigido e severo, esso non fa proselitismo, di vera etica laica imbevuta di moralità cristiana e del pensiero illuministico. Di esso, un eminente porporato della Chiesa Cattolica (Cardinal Carpino) negli anni 90° dirà essere “il più alto documento morale prodotto nel secolo scorso da una organizzazione laica di volontari nel servizio verso il prossimo”.

Uno dei regolamenti principali della Missione Lionistica è: “creare, promuovere tra tutti i popoli del mondo uno spirito di comprensione per i bisogni umanitari attraverso servizi volontari coinvolgenti le comunità e la cooperazione internazionale”

I fondatori hanno visto giusto, vi era fame di solidarietà e bisogno di esprimere la propria compartecipazione al progresso civico morale culturale nel mondo e sente in frenabile la volontà di dare a chi non ha avuto le possibilità e la fortuna di avere ciò che ciascuno ha avuto nel corso della propria vita.

I Lions Italiani, operatori attenti alla individuazione del benessere collettivo, sono stati attori e protagonisti convinti di quel progresso che facilita l’espressione serena delle capacità dell’individuo e ne sottolinea la forza creatrice (vedi un mio recente pezzo: Il Fuoco dei Lions).

L’uomo che vuole vivere un progetto non può chiudersi in verità siano esse di natura religiosa, scientifica, tecnica, politica, ma deve rapportarsi ai problemi con profondo senso critico. Nell’Associazione Lions si ha una ulteriore possibilità di fare, concretamente, esperienze e ricerca di verità, come l’individuazione di progetti di pubblico interesse. A tutt’oggi il desiderio di miglioramento di tanti uomini di buona volontà ricerca formule nuove per rispondere alle tante urgenze del nostro tempo e per cercare di uniformare, ad oriente come ad occidente, vagliando esigenze religiose, etniche, naturali, le risposte a quelli che sono i diritti inalienabili dell’uomo.

In occasione dell’evento del 90° della fondazione “attraverso” il suo fondatore Melvin Jones, consegna a tutti i Lions Clubs del mondo una “Gerusalemme” di rettitudine, di intelligenza, di solidarietà, di speranza, di disponibilità, di amore per gli altri e che è quindi un orgoglio per tanti uomini e donne che hanno abbracciato “l’arte reale” di fare dei Lions.

Come le immagini di un film della nostra cineteca ( Sight First - Cavalieri della Cecità) che ha fatto il giro del mondo, che comprende 27 milioni di persone che hanno recuperato la vista, ed altre decine di milioni che hanno evitato di diventare cieche grazie alla Campagna Sight First, e in questo contesto, si colloca il Lions Club “Bari Host”, con tutti i Soci, il suo Presidente Dott Vincenzo Dormio, il Presidente Sight First II l’Ing. Pasquale Di Ciommo, oltre all’insostituibile e sempre presente Segretario di Club il Dott. Berardino Dell’Erba, alla quale si sono adoperati in prima linea a livello mondiale. Evviva l’Italia! Evviva i Lions di tutto il mondo.
COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Consiglio Centrale di Rappresentanza
Viale XXI Aprile, 51 – 00162 Roma – Tel 06/44222631 – Fax 06/44222633

COMUNICATO STAMPA

PER GLI AVVICENDAMENTI DI MILANO
PERCHE’ NON E’ STATA SEGUITA LA NORMALE PRASSI?
LA NOTIZIA L’ABBIAMO APPRESA DAI GIORNALI

AL COMANDANTE GENERALE LA SOLIDARIETA’ DELLE FIAMME GIALLE

“Sulle ultime vicende ci eravamo imposti il silenzio. Le continue e pressanti sollecitazioni della base tutta ci obbligano però a prendere una posizione pubblica, chiara e cristallina come rappresentanti sindacali di un Corpo di cui siamo da sempre orgogliosi di appartenere“.
“La vicenda è nota. E’ quella dei minacciati trasferimenti di Alti Ufficiali alla guida delle Fiamme Gialle in Lombardia e la conseguente dura polemica tra il Signor Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, On. Vincenzo Visco, e il nostro Comandante Generale. Gen. C.A. Roberto Speciale.
“Ricostruiamo quanto accaduto. Nel marzo 2006, nel consueto messaggio a tutti i Comandi d’Italia, centrali e periferici, vengono annunciati, come ogni anno, i trasferimenti degli Ufficiali Dirigenti ma non si fa cenno ad alcun avvicendamento nel Comando di Milano. Dopo tre mesi, il 13 luglio dello scorso anno, con grande sorpresa, il Cocer apprende dai giornali l’azzeramento dei Comandi più importanti della sede di Milano. Una prassi veramente anomala e traumatica per i diretti interessati che si trovavano a loro insaputa al centro di una inspiegabile vicenda che li vede esposti negativamente non solo nei confronti del mondo militare ma anche nell’opinione pubblica”.
“La domanda che sorge spontanea è questa: come mai nel messaggio di marzo non era stato comunicato nulla? Perché tanta fretta? Un’altra domanda lecita e pertinente: cosa è accaduto in questi tre mesi? Nella vita pubblica l’unica cosa di rilievo tra marzo e luglio dello scorso anno è stata la nascita di un nuovo Parlamento e di un nuovo Governo. Gli avvicendamenti – ci è stato chiesto da più parti – sono allora la conseguenza del nuovo scenario istituzionale e politico?”. “La risposta non la possiamo dare certo noi. Noi , invece, non possiamo non confermare la nostra fiducia al Signor Comandante Generale e ringraziarlo anche per come in questi anni ha guidato con grande impegno e professionalità il Corpo conquistandosi il rispetto e la stima delle Fiamme Gialle, tutte, senza distinzione di grado e di incarico”.
“Al Generale Speciale diamo atto e non solo noi, ma come è stato riconosciuto dalle Istituzioni tutte, di aver conseguito risultati importanti nella lotta alla criminalità organizzata e all’evasione fiscale, nonostante i consistenti tagli apportati dalle ultime Leggi Finanziarie ai bilanci del Corpo. Inoltre, vogliamo ricordare che in questi ultimi anni si è avviato il coinvolgimento delle persone, valorizzando le donne e gli uomini del Corpo”.
“Per questo, a nome dei nostri colleghi, riaffermiamo lo spirito di Corpo al servizio dei Cittadini e dell’Italia, continuiamo a far sentire la nostra vicinanza e la totale solidarietà al Comandante Generale che ha dato sempre prova di un rispetto sostanziale e non solo formale delle regole nell'ambito di un costruttivo spirito di servizio.
Alla politica chiediamo invece di avere il coraggio di fare chiarezza”.

Roma, 29 maggio 2007

IL COCER DELLA GUARDIA DI FINANZA

Le Froniere moderne della Solidarietà

"l'Obsequium Pauperum e la Tuitio Fidei".

“…ecco il mio segreto, disse la volpe al Piccolo Principe, è molto semplice: non si può vedere bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. (proverbio)

All’interno della prestigiosa aula Aldo Moro Facoltà di Giurisprudenza Università degli Studi di Bari, Piazza Cesare Battisti, il 26/novembre 2005, alle ore 16.00 , si è tenuto il Seminario promosso dal GRAN PRIORATO DI NAPOLI E SICILIA DEL SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA: “Frontiere moderne della solidarietà”.

All’evento di portata eccezionale ha presieduto S.E. il Gran Priore di Napoli e Sicilia del Sovrano Militare Ordine di Malta Frà Antonio NESCI.
Tra gli intervenuti:

Gianluigi Gaetani dell’Aquila d’Aragona (Cancelliere Ord.di Malta)
Ennio Triggiani (Preside Facoltà Scienze Politiche
Raffaele Coppola (Ordinario di Diritto Ecclesiastico)
Mons. Cosimo Damiano Fonseca (Direttore del Centro Studi Melitensi)
Aldo Loiodice (Ordinario di Diritto Costituzionale)
Luigi D’Ambrosio Lettieri (Presidente dell’Ordine dei Farmacisti)
Gaetano Piepoli (Ordinario di Diritto Privato)
Carmela Ventrella (Associato di Diritto Ecclesiastico)
Giampiero Leoni (Presidente della Glaxo Italia)
Pietro Vitale inviato il “Palazzzuolo”
Hanno concluso :

Guglielmo Minervini (Ass. della reg. alla Trasparenza Cittadina attiva)
Alberto Tedesco. (Ass. reg. alle Politiche della Salute)

I prestigiosi lavori sono stati aperti dal Presidente della reg. Puglia Niki Vendola, dal Sindaco di Bari Michele Emiliano, e dal Rettore dell’Univ. degli Studi di Bari Giovanni Girone.

Nessuno ricorda a memoria d’uomo un’evento così prestigioso in Bari, un Convegno (quella sera erano presenti oltre alle Autorità Civili e miltari una quantità di persone incredibile, all’interno dell’Aula A. Moro, molti restano in piedi) di tale portata, se non ai tempi in cui i Giovanniti con i propri vascelli crucisignati salpavano dalle coste di Bari verso la Terra Santa.

L’Ordine con i suoi 900 anni di storia ha segnato un percorso di Frontiere moderne della solidarietà nel mondo intero, così hanno ricordato un’anime gli illustri relatori:
soggetto di diritto internazionale, il Sovrano Militare Ordine di Malta intrattiene rapporti diplomatici con numerosi Stati circa 90 ed ha Osservatori permanenti presso le Nazioni Unite, L’Alto Commissariato per i Rifugiati, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, l’Organizzazione Mondiale per della Sanità , la Fao, l’Unesco e il Comitato internazionale della Croce Rossa. Ha inoltre fondato e gestisce in tutto il mondo circa 100 ospedali e ambulatori, senza contare i numerosi dispensari e lebbrosari. Precursori della Croce Rossa internazionale, sui campi di battaglia o nei luoghi colpiti da catastrofi, i Cavalieri dell’Ordine disponevano di carri-ambulanza ed ospedali per curare tutti i feriti (soprattutto i “nemici”caduti in battaglia), senza distinzione di razza e religione. In un continuum storico che si protrae fino all’ultimo conflitto mondiale e, più recentemente, alla guerra del Vietnam, perpetuando anche i tempi moderni la virtù del martirio cristiano. Ieri come oggi, l’impegno dei Cavalieri si è profuso come una missione e oggi in particolare si è moltiplicato: l’Ordine è presente, in silenzio, in tutti i continenti; l’Ordine è presente, in silenzio, ove più si soffre.
Ma, all’iniziale finalità caritativa e assistenziale - l’obsequium pauperum (“il servizio dei poveri”) – si affiancherà ben presto, già con il successore di Gerardo, Rayond du Puy, una seconda e più gravosa missione: la tuitio fidei, (la difesa armata della Fede).

Comunque, non è escluso che, proprio in terra di Bari possono ritornare i “Crociati” e sempre con il permesso delle Autorità locali l’apertura di ambulatori rionali come già esistenti anni addietro, nel quartiere della madonnella.

Come ha ricordato Gianluigi Gaetani dell’Aquila d’Aragona Cancelliere dell’Ordine del Gran Priorato di Napoli e Sicilia, non tutti, probabilmente, sono a conoscenza che un l’Ordine cavalleresco, tra i più illustri e celebri, conserva nel proprio interno, un vero Corpo Militare.
Discorrendo gli Ordini equestri, la nostra mente subito pensa al cavaliere, senza macchia e senza paura, che aiuta i deboli, gli indifesi, gli orfani e le vedove; con tali doti risulta, perciò, difficile pensare ad una istituzione equestre che annovera un Corpo militare che, di norma, ha ben altre finalità. Ma il Corpo che esamineremo, pur essendo militare a tutti gli effetti, proprio nello spirito dei codici dell’antica cavalleria, persegue, invece, solo finalità di aiuto e di assistenza spirituale e sanitaria ai malati e feriti in guerra o nel corso di calamità. Stiamo parlando del Corpo militare speciale ausiliario dell’Esercito Italiano Sovrano Militare Ordine di Malta. (vedi mia Conferenza che si è tenuta sulle “Origini e le Attività d’Oggi del Corpo Militare dell’ACISMOM” presso il Circolo Uff. di Bari lo scorso novembre 2003)
Il 20 marzo 1876 nasce la prima Convenzione tra lo Stato italiano e il Sovrano Militare Ordine di Malta per la Cooperazione con il Sevizio Sanitario dell’Esercito in guerra, firmata dal ministro della Guerra, Generale Emilio Maurizio Ferrero, per l’Italia, e dal principe Mario Chigi Albani della Rovere, per l’Ordine di Malta
Una nuova Convenzione viene firmata il 20 febbraio 1884 con il Ministro della Guerra, con l’intendo di determinare le modalità della cooperazione dell’Associazione al servizio sanitario militare in caso di mobilitazione, provvedendo l’arredamento dei treni-ospedale e l’assistenza sanitaria con il suo Corpo militare.
Si precisa, infine, che il personale del Corpo, durante il suo impiego presso le Armate, sarà sottoposto alle leggi e ai regolamenti militari e avrà diritto a una indennità giornaliera da parete del Ministero della Guerra.

L’Ordine, in Italia è rappresentato anche da un corpo di volontari civili, denominato Corpo Italiano di Soccorso dell’ordine di Malta (C.I.S.O.M.), per interventi di soccorso in caso di calamità, di emergenza sanitaria, di assistenza e di protezione civile.

Orbene, ora un po’ di storia antica dell’Ordine. Al tempo delle Crociate, (come hanno ricordato gli illustri relatori) tre grandi Ordini Monastico-Militari, quali, il Templare, il Teutonico ed il Melitense, fiorirono e si affermarono in Terrasanta caratterizzando la loro opera in favore dei pellegrini che, da tutta l’Europa, si portavano in Oriente per visitare i luoghi Santi cari non solo ai cattolici. L’Ordine Ospedaliero e Militare di San Giovanni di Gerusalemme, sovrano di Rodi e di Malta, nacque a Gerusalemme nel sec. XI con vocazione all’insegna della Solidarietà di assistenza ospedaliera. Il suo sviluppo incominciò dal momento in cui Goffredo di Buglione, facendo visita al Preposito dell’Ospedale frà Gerardo, gli fece una donazione. A quest’ultima seguirono quelle di gentiluomini i quali offrirono in vita o legarono per morte le proprie armi ed i propri cavalli; ma, anche i nobili inglesi, francesi e di regnanti casigliani i quali donarono beni allodiali e feudali all’Ordine.
Con bolla del 15 febbraio 1113 Papa Pasquale II approvò l’istituzione dell’Ospedale che in Gerusalemme i Giovanniti avevano dedicato a San Giovanni Battista, ponendolo sotto la protezione diretta della S. Sede e conferendogli personalità giuridica ben definita. Gli assicurava, infine, la libertà dell’interferenza nell’elezione dei successori di Gerardo da parte di qualsiasi potere ecclesiastico o laico. Così l’Ordine giovannita, a seguito a seguito di altri privilegi concessi nel tempo dalla S. Sede, divenne un ordine religioso esente.
Verso il 1136, sotto il secondo Gran Maestro Raymond de Puy, la originaria confraternita si trasformò assumendo caratteristiche militari. Con bolla Ad hoc nos disponete dominio di Papa Callisto II del 19 giugno 1120, tale pontefice aveva difatti autorizzato i giovanniti a prestare assistenza ai pellegrini ed a difenderli con le armi contro gli infedeli.

Al Seminario, (conclusosi alle ore 20.00) inoltre, erano presenti i rappresentanti delle seguenti Delegazioni dell’Ordine di Puglia e Basilicata:
per i Cavalieri: Giulio DE LUCA di Melpignano
per il Corpo Militare A.C.I.S.M.O.M: Pietro VITALE.
per il C.I.S.O.M. Michele DI FONZO e Giovanni VERNA.
per il Lions International: il Past Govern. Matteo BONADIES (Console della Repubblica di Malta.

Al Seminario ha fatto seguito una generosa e ottima cena, offerta da UGO PATRONI GRIFFI DI FAIVANO. (Cavaliere dell’Ordine e Delegato di Puglia e Basilica del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio).
La via della spada occidentale


Non possiamo essere certi di possedere la verità assoluta o che le nostre idee siano uniche degne di rispetto e considerazione.

Uno spunto di riflessione può giungere da qualsiasi direzione o sotto qualsiasi forma; magari da persone che fino a ieri avremmo considerato distanti da noi quando non addirittura nemiche.

Se impariamo a tacere prima di parlare, ad apprendere prima di insegnare e a dare prima di ricevere, allora saremo pronti per capire che le differenze non esistono e che il messaggio più grande si chiama fratellanza.

L’animazione della Spada® di Umberto Di Grazia. Presidente e Fondatore dell’ I.R.C. (www.coscienza.org)

Attraverso una serie di tecniche contemplative, combattimenti simulati e rituali che ricalcano tradizioni occidentali dei popoli latini, iberici, anglosassoni e germanici, aiuta ad acquisire una maggiore centralità, riguardanti l’abbassamento di tensione, l’affievolirsi di paure e delle idee ossessive, il recupero di un miglior senso del tempo e dell’azione nella vita privata, in particolare del giusto movimento in cui agire e rigenerarsi, per poi scoprire il Dialogo Sacro, tipico di alcuni gruppi cavallereschi del passato. La Spada è l’arma del guerriero medievale, tutta la simbologia ascensionale, quella dell’asse del mondo, sono riassunte nella Spada. La spada è arma, ma anche la vita; è “l’antenna” che unisce la terra e il cielo; nel corpo rappresenta la colonna vertebrale che sorregge l’intero organismo.

Umberto Di Grazia ideatore, fondatore e maestro dei corsi che verteranno sui seguenti piani di lavoro e di intendimenti sociali: la Spada come movimenti energetici di Biostimolazione® e Tecniche dell’Unione degli opposti, Tecniche di Biostimolazione® pratica, Proiezioni di forme-pensiero per l’IT (Intento Terapeutico), Animazione della Spada®, in tutti i movimenti, durante i corsi, fisici e mentali che le caratterizzano, saranno le linee fondamentali per unirsi ed unire i due itinerari: Spirito e Coscienza.

Al fine di ottenere un’adeguata formazione, le eventuali assenze ai corsi devono essere recuperate con la partecipazione a esercitazioni e stages.
L’arte marziale occidentale di Umberto di Grazia, consiste nelle tecniche di incremento delle difese, combattimento e nei rituali più sconosciuti che ricalcano tradizioni occidentali dei popoli latini, il rigenerarsi dell’energia vitale ‘Bios’ per poi riscoprire il dialogo sacro, tipico di alcuni gruppi cavallereschi del passato, come quello dei Templari ( Ordine soppresso 1320 da Filippo IV il Bello e dal Papa Clemente), degli Ospedalieri (oggi di Malta), i Teutonici (Santa Maria dei Teutoni ancora attivo ritiratosi in convento). I corsi di Umberto Di Grazia sono una sorta di anelli mancanti che hanno la giusta presa sulle coscienze delle persone, portandole alla riscoperta di una sacralità marziale propria del nostro mondo occidentale. La loro nascita si perde nel tempo, se ne trovano tracce che riconducono alla casta guerriere di Sparta, nell’esercito Romano con la legione dei “Triturantes” e solo nel 1400 sono applicate alcune posture che riguardano i movimenti di difesa usati nelle scuole di ceppo germanico. Tutto il resto fa parte di una tradizione orale, tramandata nei secoli da maestro ad allievo. Queste tecniche, vengono eseguite anche all’aperto in luoghi, il più possibile incontaminati, per spingere la fantasia e l’intuito alla “ricerca” delle nostre capacità ‘interne’ dimenticate. Il percorso della disciplina dell’Animazione della Spada® è caratterizzato dalle seguenti discipline:

- Movimenti con la Spada, liberi e prestabiliti.
- Combattimenti liberi e formali (Forme)
- Meditazione attiva e passiva.
- Assunzione in posizione geometriche, con e senza Spada.
- Contatto con la Natura e le sue Energie.
- Simbologia della Spada.

Tale percorso è suddiviso in diversi livelli di maturità, ognuno caratterizzato da attributi (animali, colori, pietre, zone…) che rappresentano, simbolicamente, il tipo di lavoro da svolgere su se stessi.

Simbologia della Spada

La spada è uno dei simboli più ricchi di significato in tutte le tradizioni culturali e rappresenta il potere che esercita la sua forza benefica, usata in purezza e nobiltà di intenti.
Nella sua figurazione emblematica, infatti, la spada è l’insegna di virtù e bravura, giustizia, dignità e fede.
Molte storie antiche, in particolare nel periodo carolingio, hanno come protagonista un guerriero cha all’inizio non ha più la sua spada, per averla rotta o perduta, che gli viene restituita integra o donata “magicamente”.
Di li comincia la sua avventura: deve superare varie prove, fino all’incontro finale con il mostro, il fuoco o un altro grave pericolo, il cui superamento gli consentirà di risvegliare e liberare la principessa prigioniera o vittima di un incantesimo.
Naturalmente il significato di questi racconti è simbolico e rappresenta il cammino di ciascuno: ma non si possono affrontare le prove della vita, fino all’ultima che “Risveglia” la coscienza-coscienza senza la spada, ovvero senza prima avere di se stessi la giusta autostima, l’equilibrio, la centralità. La spada, secondo le credenze e le civiltà, simboleggia diersi valori, ma rappresenta anche la spina dorsale dell’essere umano, dalla testa al coccige, che è la punta della lama. E’ importante capire che i simboli comunicano più delle parole e risvegliano informazioni addormentate ed indipendenti dalla logica. Nella spada è insito un linguaggio di risveglio, che si attiva in proporzione della motivazione e dell’onestà del ricercatore (guerriero, uomo o donna, senza spada).
Guai a chi assimila dai simboli solo quello che porta la logica ed ancora più guai a chi deforma o minimizza il significato degli archetipi: questo è quanto hanno sostenuto i saggi di tutte le epoche. Ma la spada ha anche altre traduzioni da interiorizzare: per colui che ‘cerca’ è facile trovare episodi e spiegazioni riguardanti la sua simbologia: oltre ai testi specifici, la comune letteratura ne ha reso noti diversi aspetti. Ad esempio quello di ‘consacrazione’ della spada del Samurai, che del maneggiarla facevano un’arte, mentre la tradizione imponeva ai fabbri costruttori la castità. Nei miti occidentali essa è simbolo della forza vitale, attributo del dio della guerra Marte e simbolo del fulmine per gli dei del tuono, rappresenta il potere divino e la sovranità dei re, mentre in alcune discipline esoteriche la spada viene impugnata dal Guardiano del Fuoco sacro. Come simbolo guerriero, la spada è impugnata da colui che combatte per la guerra santa e quando si dice ‘guerra santa’ si deve intendere soprattutto una guerra interiore, per conquiste spirituali. Simbolicamente essa si trasfigura nella luce, per via del brillante riflesso della sua lama lisciata specchio; è un frammento di luce nella tradizione giapponese, poiché la Sacra Spada nipponica fu generata dalla luce.
Virtualmente la Spada presenta due aspetti distinti: l’azione positiva, operante a salvaguardia della pace e al servizio della giustizia e l’aspetto contrario di distruzione, per l’ingiustizia e la sopraffazione.
Nel suo duplice aspetto creativo e distruttivo, la spada simboleggia innanzi tutto il Verbo Divino. E’ significativo, ad esempio, il fatto che il Khitab mussulmano tiene stretta tra le mani una spada di legno durante la predicazione, mentre quella impugnata da sacerdote vedico rappresenta la folgore d’ Indra ed è simbolo del fuoco purificatore la spada impugnata dagli angeli durante la cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva. Fiammeggiante è la spada che il Bodhisattva porta al suo fianco, nel mondo degli asura (demoni), quale simbolo di combattimento per la conquista della conoscenza superiore, necessaria alla liberazione finale dalle attrazioni dei livelli inferiori. Nella tradizione leggendaria occidentale, la spada è sempre presente nei canti e nei racconti delle gesta di re, eroi e cavalieri erranti, difensori della fede: Orlando, Oliviero, Carlo Magno, Galeon, Artù, che avevano nomi femminili: Balmung, Nagelring, Durlindana, Altochiara, Coorte, Beltraina, Excalibur, che fanno pensare ad un valore magico-simbolico. Anche le leggende orientali attribuiscono, in alcuni casi, alle spade un nome.
Un mito shintista racconta che il Dio della tempesta Susanoo avrebbe tratto una spada dalla coda di un serpente a otto teste, precedentemente ucciso. Essa è chiamata ‘Ame no murakomo no tsuguri’ e fa parte, insieme con delle preziose perle e con raro specchio, del tesoro imperiale Giapponese. Di stile orientale erano anche le spade dell’antico Egitto: un rilievo su una colonna egizia, risalente all’età dei Ramessidi, mostra il faraone in una posa rituale, mentre alza la mano per afferrare la spada a forma di falce che Dio gli consegna. Nell’antico Estremo Oriente si racconta di spade che, nelle mani dei maghi, erano in grado di cacciare i demoni ed è interessante notare come le leggende trovino un riscontro nelle discipline di studio moderne.
In Cina si credeva che una donna che sguaina in sogno una spada darà alla luce un figlio e questa credenza antica coincide con il punto di vista moderno della psicologia del profondo, per cui la viene considerata un simbolo fallico. Nei sogni femminili il possesso della spada indica la buona sorte, mentre in quelli maschili la spada che cade nell’acqua annuncia la morte delle donne. Nella ‘dottrina delle due spade’ viene simboleggiata l’unione di potere spirituale temporale. Nel mondo cristiano, diversi papi tra cui Innocenzo III, capo supremo della Chiesa Cattolica affidava la (spada secolare) in uso al sovrano legittimo. Nelle religioni occidentali la spada assume sempre un ruolo simbolico in difesa del bene e per amministrare la giustizia: la spada dell’arcangelo Michele si abbatte sui demoni; la si raffigura nelle mani del re Davide, in quelle di Giuditta quando taglia la testa ad Olofeme. Nell’Apocalisse di Giovanni si parla di una spada che spunta dalla bocca di Cristo, simbolo della forza invincibile e della verità celeste e che, come un fulmine, scende dal cielo. Scelsero la spada come insegna della loro sovranità santo Stefano d’Ungheria e Carlo Magno e fu adottata come simbolo del martirio per san. Paolo, Giaocomo il Vecchio, Thomas Becket, Santa Caterina e santa Lucia.
La spada non non sempre è brandita da mani maschili. In alcuni casi è affidata a mani femminili, come è stato per la pulzella d’Orleans, Giovanna d’Arco, che guidata da santa Caterina, aveva saputo come trovare la sua. Lei stesso ha raccontato:
“La spada si trova sotto terra, tutta arrugginita, coperta da cinque croci. Dalle voci che sentivo sono venuta a sapere dove si trovava…Feci scrivere ai sacerdoti del luogo e li pregai di affidarmi quella spada. Furono quei religiosi ad inviarmela” (citazione di A. Holl, 1982, Bibl. 21 degli atti processuali). Anche in Oriente la spada non è sempre soltanto un simbolo maschile: Secondo la tradizione cinese, ve ne sarebbero due, una maschile e una femminile, entrambe fabbricate sul monte Kuenlun mediante la fusione del fegato e dei reni di una lepre che si nutre di metalli. La spada è stata impugnata da massime autorità civili, da dignitari depositari di tradizioni in Confraternite ed Ordini a carattere iniziatici e rappresenta l’autorità esercitata e riconosciuta anche in epoca moderna, come espressione di legge, inflessibile quanto giusta, capace di ripristinare l’equilibrio. In una delle dimensioni simboliche religiose, relativa ai due emisferi celesti, secondo l’interpretazione del filosofo Filone, la spada fiammeggiante è impugnata dalla mano dei Cherubini come segnavia cosmico tra il “Settimo Cielo e il Sole. Subito dopo aver cacciato dall’Eden Adamo ed Eva, Iddio dispose che due cherubini armati di spada fiammeggiante, che fanno eternamente e vorticosamente roteare-stessero a guardia dell’Albero della Conoscenza e della Vita (Genesi 3,24), rappresentando così il moto dell’Univeso nell’eterno divenire, in espansione dello spazio infinito in iperbolica traslazione ciclica circolare. La spada è in relazione con il simbolo della fede, posta negli attributi divini di bontà e potenza, attraverso i quali Dio si manifesta nella Grazia della Provvidenza (De Cherubini, 21-27).
Da sempre i simboli hanno un valore importante. Essi sono codici che consentono di cambiare ritmo e superare gli ‘integralismi’ ed i limiti della nostra traduzione logica, mettendoci in comunicazione con le zone nascoste della mente e dell’inconcio, che sono le più creative e ricche di informazioni. Uno dei metodi usati dagli orientali, ad esempio, è quello di concentrarsi sui “mandala”, simboliche forme geometriche colorate, che fanno entrare in una stato diverso di coscienza. Nella disciplina basata su antiche tradizioni occidentali, detta ‘Animazione della Spada’ che fa parte delle “Tecniche dell’Unione e del Risveglio® del caposcuola Umberto Di Grazia, la spada viene maneggiata in modo rituale, sia negli esercizi meditativi che nei movimenti di combattimento, creando apposite figure geometriche. Poiché la spada rappresenta l’energia vitale e nell’uomo la sua spina dorsale, attraverso la pratica di questa tecnica si rafforzano nell’individuo la volontà e l’attenzione, si sciolgono le tensioni muscolari e nervose, si superano ansia, stress, depressioni e fobie, per acquisire il giusto distacco dalle emozioni negative, l’equilibrio e la centralità.


I corsisti interessati sono vivamente invitati a partecipare alle conferenze in programma, poiché parti integranti del percorso formativo.

Al termine del corso, verrà rilasciato un attestato di frequenza per avere accesso, previa “idoneità” valutata dagli Istruttori ed in accordo con il Caposcuola, ai vari corsi di specializzazione previsti ed ottenere l’autorizzazione ad operare nel settore prescelto. Per informazione visitare il sito (www.coscienza.org).

venerdì 14 settembre 2007

Il Senso Iniziatico dell'Arcangelo Gabriele

La Fede non è nemica della Ragione ma la sua Fiaccola.

L’Equinozio d’Autunno

Carissimi amici,

permettetemi di manifestare tutta la mia passione per la Natura e lo studio delle stagioni, le sue fasi, in cui l’anno solare è diviso, in base alla distanza e all’inclinazione con cui i raggi del Sole irradiano la Terra, scandendo il ritmo in cui tutto il sistema esprime il suo potenziale e fecondo ciclo di riproduzione.

Oggi, purtroppo, gli esseri umani hanno prodotto, un costante processo di scollamento dai cicli naturali, che sono stati sostituiti da schemi e fenomeni temporali negativi, e di false certezze in direzione esclusivamente al benessere materiale, in cui l’ambizione dell’uomo prevalgono a discapito della natura e del globo terrestre.

La moderna cultura industriale ha relegato l’essere umano a vivere di una conoscenza sterile che studia la danza della vita nei minimi dettagli fino a farci dimenticare come muoversi al suo ritmo, portandoci a vivere in uno stato interdizione che rende incapaci di interpretare il significato più profondo di festività che consentivano all’essere umano ordinario di rinnovare il patto di alleanza con la NATURA e che, le caste sacerdotali rappresentavano invece il momento in cui effettuavano i Riti di Iniziazioni nei templi ed all’aperto.

Il senso inziatico dell’Arcangelo Michele per dell’Equinozio d’Autunno.

Cari amici, ora entriamo nel cuore delle mie ricerche riferito al Sole che, attraversa i quattro punti cardinali chiamati Equinozi e Solstizi, che corrispondono alle feste: NATALE, PASQUA, S.GIOVANNI e S. MICHELE, feste istituite dagli Iniziati per ricordare agli uomini che in quelle date il sole immette nell’universo delle forze particolarmente potenti, forze che gli uomini, se coscienti, hanno la possibilità di utilizzare per la loro esistenza evolutiva.

Non bisogna pensare che in natura, tutto si riproduca meccanicamente, non è così, ogni cambiamento è dovuto all’opera di entità incaricate di occuparsi: dei Minerali o dei Vegetali, degli Animali o degli Uomini.

Il 21 settembre ha luogo l’equinozio d’autunno, al quale presiede l’Arcangelo Michele. Il sole entra nel segno della Bilancia, dando così inizio a un nuovo ciclo: i frutti cadono dagli alberi, abbandonano i loro involucri, mentre i semi vengono selezionati per essere consumati o conservati, e più tardi essi saranno piantati nella terra affinché il ciclo ricominci. Ma questo lavoro di separazione, di cernita che si fa in natura non riguarda unicamente la vegetazione: esso concerne anche l’ESSERE UMANO.

Come il frutto si separa dall’albero e il seme dal frutto, l’anima si separa dal corpo.
Il corpo corrisponde all’involucro e l’anima al seme che viene seminato in alto, in Cielo. Il giorno in cui sarà maturo, il frutto che è l’uomo non dovrà cadere in terra come il seme di una pianta, ma volarsene verso il Cielo.

E l’autunno è il periodo nel quale deve avvenire questa separazione di cui parla Ermete Trismegisto quando dice: “Tu separerai il sottile dal denso con grande abilità” Separare il sottile dal denso vuol dire separare lo Spirito dal Materiale. Durante l’autunno tale processo di separazione si realizza in tutta la natura per preparare la nuova vita. Come l’Arcangelo Michele viene a separare l’anima dal corpo, così l’Iniziato l’ascia morire in sé una materia per liberare la vita.

La separazione è una legge della vita. Ecco quindi cosa dobbiamo imparare dall’Arcangelo Michele: “la selezione, il discernimento, l’apprendere e separare il puro dall’impuro, l’utile dall’inutile, il nocivo dal salutare, la cosa morta da quella viva”. E la causa di tutte le sventure è proprio la mancanza della capacità di discernimento.

Le forze presiedute dall’Arcangelo Michele (ricorda in un suo articolo Omraam Mikhaèl Aìvanhov), sono di equilibrio, di giustizia, quindi di discernimento tra il buono e il cattivo in vista di liberare ciò che è bene e di trasformare ciò che è male. Ma il bene e il male sono così strettamente uniti che non li si può separare prematuramente senza provocare lacerazioni. L’arte di separare i contrari è la più difficile che ci sia, ed è in natura che gli Iniziati si sono istruiti in quest’arte. Non è facile separare la sua noce dal suo mallo, ma la natura sa come farlo: essa lascia maturare il frutto , il mallo si apre da solo e la noce si libera. Lo stesso dicasi per il bimbo nel ventre di sua madre: “esso è strettamente collegato alla madre e non lo si può strappare prematuramente, altrimenti sarebbe la morte per entrambi” Questa separazione è il simbolo della maturità.

In coclusione:

Come gli alberi anche gli esseri umani sono sottoposti allo stesso ciclo vitale della natura nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni che ci conducono alla maturità del cuore e della mente che deve essere considerato un momento di grande responsabilità nei confronti di sé stessi e di quanti ci sono vicini.
Pezzo tratto dai quaderni di Serenamente di Alberto VACCA.

Un abbraccio Fraterno a tutti.

i grandi della storia

Storia dei grandi Ordini Cavallereschi


Fin dagli albori del Medio Evo, gli Ordines erano i livelli sociali in cui s’immaginava organizzato e distinto il Corpus Christianorum. La società stessa: cioè gli Oratores quelli che pregavano e che studiavano. I Bellatores coloro che assicuravano l’ordine interno ed esterno difendendo la società con le armi e amministrando la giustizia e i Laboratores: coloro che assicuravano la prosperità con la fatica delle loro braccia. Quest’organizzazione fin dal XII secolo incomincia ad invecchiare anche se formalmente sopravvisse fino al XVIII.
Quelli che noi, cari lettori, definivamo “Ordini” eravamo, più propriamente, delle “associazioni” fondati sulla base di una “Regola”, uno “statuto” che disciplinava la forma di vita che disciplinava uomini e donne che intendevano vivere in comunità o da soli (come eremiti o cenobiti) un’esperienza spirituale. Si crearono difatti gli Ordini monastici, su modello dei quali, in Occidente, quello fondato nel VI sec. da Benedetto da Norcia e perciò detto Benedettino, in breve tempo scissosi in diverse “Congregazioni” che ne riformarono: la Cluniacense, la Cistercense ecc…
Degli Ordini facevano parte monaci che era Chierici o Sacerdoti e laici. Tutti però, erano, tenuti a rispettare la Regola caratteristica, appunto, di quel che noi, chiamavamo “Ordine”. In seguito sarebbero poi nati gli Ordini Canonicali: sono preti secolari, in vita comune con gli Ordini Mendicanti, in altre parole Domenicani e Francescani.
Tanto in Terrasanta che in Spagna, all’inizio del XII sec., si accusava l’esigenza di difendere qui territori conquistati all’Islam dal pericolo di una sortita musulmana e di tutelare i pellegrini, si determinò l’esigenza di fondare un altro tipo di Religio, cui sì “arruolarono” molti milites cioè cavalieri i quali fin d’allora, spesso in espiazione dei loro peccati (tipo come una legione straniera), si erano riuniti in fraternitates cioè confraternite aventi appunto come scopo la vita comune in preghiera e in povertà e la difesa dei più deboli contro l’arroganza o il rischio del viaggio tra gli infedeli. Questi laici armati, dotati di un’alta specializzazione dell’arte e nella strategia militare, si organizzarono in un nuovo tipo di Religio che naturalmente comprendeva anche sacerdoti per l’assistenza spirituale, laici armati di condizione non cavalleresca e laica disarmati con funzioni sottoposte che in genere furono definite Militai.
Nacquero così Pauperes Milites Christi et Salomonici Templi; i Fratres Hospitalitis Sanciti Johannis in Jerusalem ; di gente che volontariamente serviva negli ospizi per i pellegrini, quindi un “Ordine Ospedaliero”, che divenne poi “militare”, i Fratres Sanctae Mariane Teutonicorum, un Ordine riservato a personalità provenienti dal mondo germanico. Nel XII secolo, si svilupparono nella Penisola Iberica e nel Nord-Est europeo altri Ordini similari “militari” con compiti opportunamente specifici. In alcuni casi, come in quello dell’Ordine Teutonico, essi furono elemento costitutivo dell’identità nazionale, tutti gli Ordini Militare ebbero esiti differenti: i Templari furono sciolti all’inizio del trecento in seguito a un drammatico processo inquisitoriale avviato per volontà del Re di Francia; gli Ospedalieri di San Giovanni si trasferirono a Rodi nel XIV secolo e a Malta nel XVI, e si riciclarono come combattenti di mare; i Teutonici aderirono in parte alla Riforma protestante e furono laicizzati, in parte si trasformarono in Ordine religioso restando cattolici; Gli Ordini iberici vennero praticamente assorbiti dalle monarchie spagnola e portoghese.
Orbene, a partire dall’anno trecento, il dilagare della cultura cavalleresca e il bisogno dei principali nascenti di Stati assoluti di collegare strettamente a sé le èlites aristocratiche avevano determinato il sorgere di“Ordini cavallereschi di corte”, sovente dotati di una simbolica, e di una sfarzosa liturgia che avevano il ruolo di costituire come titolo d’onore e di dignità che ricompensassero la fedeltà al sovrano. Hanno origini analoghe gli Ordini pontifici come quello del “Santo Sepolcro” che nasce in Gerusalemme, ma dai canonici della basilica della Resurrezione, non da cavalieri; “del Cristo” e “dello Speron d’Oro”. Da tali Ordini sono nati i moderni Ordini cavallereschi di Stato: le “croci di cavaliere”, tutt’ora assegnate hanno pertanto, queste lontane origini.

Esistono moltissime pubblicazioni sulla storia della cavalleria medievale e mi piace precisare, al lettore, che l’idea di pubblicare il presente volumetto, non ha altri scopo, se non quello di divulgare, specialmente tra i più giovani, le conoscenze, le gesta e l’affascinante storia della cavalleria antica, specialmente a partire dal 1040 circa, anno in cui Fra Gerardo, ad Amalfi, fondò l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme detto di Rodi e di Malta. (continua)
I gradi militare dell’Ordine:

La nomenclatura dei gradi dell’Ordine, similmente a quelle adottate dai Cavalieri Costantiniani di San Giorgio e degli Ospedalieri di San Giovanni (poi Ordine di Malta), fu stabilita in Gran Croci, Cappellani e Serventi d’arma e d’ufficio, e con incarichi di Priori, Commendatori, Precettori, affidati a Cavalieri professi.

Sono appassionato di studi storici antichi, lo confesso, specialmente nel campo della Cavalleria, come ho precedentemente accennato, è una passione che mi appartiene di diritto, in quanto, in Sicilia casa di mio nonno paterno Pietro, era sistemato in belle evidenza un dipinto, tratto dal volume: elenco dei Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme ricevuto nella veneranda lingua d’Italia, compilato da Francesco BONAZZI di Sannicandro, edito per i tipi di Detken e Rocholl 1714-1907 e che riporta la seguente dicitura: oltre allo stemma (con esattezza tre) Alessandro Vitale Duca di Tortora fu Cavaliere di Giustizia del Sovrano Ordine nel 1788, mentre nella Enciclopedia Nobiliare Italiana del Dott. Vittorio Spreti, Arnoldo Forni Editori, recita: Vitale nobile ed antica famiglia decorata dal titolo di Marchese, riconosciuta dal 14 settembre 1782 e ricevuta nel Sovrano Militare Ordine di Malta, in Priorato di Capua nel 1782, in persona dei Cavalieri Gaetano e Raffaele Maria Vitale, (Archivio Ordine di Malta n. 4893). Ancora, Vitale famiglia Messinese del sec. XIV che si ritiene originaria dalla Spagna, venuta in Sicilia con un Giovanni Vitale al seguito di re Pietro d’Aragona dal quale ottenne concessione di terre in Val Mazzara, Arma: D’azzurro a tre tralci di vite, fruttati d’oro, impalati dello stesso e accostati. Dalla Sicilia, adunque, la famiglia si diramò nel resto del Regno: in altre parole nel Napoletano in Calabria e in Puglia.

Un Ordine destinato a far parlare ancora di sé.

Può capitare ancora oggi, in Sicilia e dintorni, di assistere da qualche teatrante di strada o tradizioni folclorice le strofe di grida disperate: allarmi! Allarmi! La campana sona. Narra l’assalto dei Turchi o di barbareschi “alla marina”, del pronto giungere delle galee di Malta, più volte soccombevano dall’impari confronto con un più forte nemico, e dalla rabbia e disperazione del comandante della flotta biancocrociata che non piangeva, le galee perdute in fondo al mare e che si possono rifare, ma piangeva i suoi amati cavalieri morti in fondo al mare.
Ricordi tragici anche se gloriosi, che oggi in mezzo a tante forme di “revisionismo” e “pentitismo”sarebbe ingiusto dimenticare.
Un grande storico, Fernand Braudel, ci ha ricordato nella sua celebre opera dedicata al Mediterraneo del Cinquecento con le torri di avvistamento, erette un po’ dappertutto sulla costa della Spagna alla Grecia per difendere le popolazioni rivierasche cristiane dalle incursioni Turche e Barbaresche, avessero il corrispettivo nelle costruzioni di difesa erette fra Marocco e Albania, per difendere le genti dei litorali musulmani contro gli attacchi delle navi di Malta e di Santo Stefano.
Questa è la storia del nostro mare e dei nostri difficili eppur proficui e anche amichevoli rapporti con il vicino Islam, cui sotto la sapienza culturale e tecnologico, tanto dobbiamo. Ma dovevano comunque scannasi, strappare la battaglia il loro vessillo (Baussant o Vaucent) e viceversa, di una storia cha non racconta sola violenza e carneficina: ma che è una storia di fede, di abnegazione, di carità, di moderazione, di prudenza diplomatica, il mecenatismo artistico e letteraio.
L’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme (poi di Rodi e ora di Malta) fu fondato nel 1099 dagli amalfitani. In quell’epoca era ricorrente il fermento e l’isteria religiosa è possibile quindi che l’idea di fondare un secondo ordine sulla scorta di quello di frà Gerardo di Amalfi provenga dalla stessa fonte. In quei tempi, dall’esistenza, a Nocera poi Nuceria Paganorum attualmente in provincia di Salerno e, quindi nella zona del territorio di Amalfi, di una famiglia Pagano dalla quale ha preso il nome il paese di Pagani, che avrebbe avuto per arma tre teste di moro, sembra, in sostanza, che tale arma sia stata anche quella usata dal fondatore dell’Ordine del Tempio, cioè Ugo de Pajns altre volte indicato come de Pjens.

I Custodi del Tempio:Milites Christi Templique Salomonis:

Amici lettori, da quest’istante sarete testimoni di rivelazioni che non troveranno in nessun libro di storie sull’Ordine del Tempio. Questo volumetto non si propone di ripercorrere la storia dei Templari ve ne sono già molti da cui si possono ricavare notizie, vuole essere invece un viatico di sei approfondimenti sulle vicende relative all’Ordine del Tempio, ricavate da ricerche e gelosamente custodite da bibliografi passati a miglior vita. Io tratterò il lato di mistero che ancora pervade tutta la storia dei Templari, i riti d’iniziazione per l’ammissione all’Ordine, il significato esoterico degli armamenti, gli addobbi e del loro sigillo.
“I Cavalieri del Tempio”, vissuti nell’epoca dell’urto fra due civiltà, la cristiana e la musulmana, riuscirono a rendere concreto il duplice ideale di monaci e di guerrieri.
Parte seconda:
Sono due aspetti diversi che apparentemente, sembrano in contrasto, ma che sono coerenti fra loro. Un sistema dualistico pervade tutta l’organizzazione del Tempio che è sacro e profano, orientale e occidentale, tragico e trionfante. Il sigillo con due cavalieri in groppa ad un solo cavallo non è il simbolo delle due facce dell’Ordine: quella scoperta e quella segreta. Nei portali delle grandi cattedrali gotiche d’Amiens, di Chartre e di Reims sono raffigurati due cavalieri del tempio che si riparono sotto il medesimo scudo. Il dualismo templare si manifesta ancora più evidente nello Stendardo o Baussant, il vessillo mezzo bianco, e mezzo nero. Non solo i cavalieri uscivano a due a due, ma anche le loro costruzioni non erano mai singole: le commende che venivano chiamate precettorie avevano sempre le loro “gemelle” nelle vicinanze, come Pajns e Trojes, Tolosa e Lespinet, Narbonne e Pejrens, Bailes e Marsilia. Indubbiamente si trattava dell’applicazione di una filosofia dualistica dell’esistensa, perciò ogni coppia di cavalieri, di commende e di baliaggi rappresentava i due aspetti di una medesima cosa. “Questo è quando scrive Bianca Capone, una dei maggiori studiosi di templarismo in Italia, nel suo libro i “I Templari in Italia” ed. Armenia del 1977.
Vediamo ora, cari lettori, l’opinione a riguardo di Giuseppe Lazzano nel saggio “I Temlari, storia, tradizione e fenomeno del Templarismo Cavalleresco” contenuto nel libro “TEMPLARI TRA MITO E STORIA, pubblicato in Ravenna nel 1992 per iniziativa del Lions Club Ravenna Bisanzio.
La storia, protagonista di questo appassionante itinerario sulla vicenda dei Templari che mi accingo ad esporvi, ambisce a far chiarezza su alcune ambiguità e contraddizioni frutto purtroppo spesso di approccio superficiale e pregiudiziale, e ci accompagna fedelmente alla scoperta delle origini e della vita dell’Ordine dei difensori del Tempio di Gerusalemme: la loro nascita, la loro espansione, le loro abitudini, le loro gesta, la loro inaudita persecuzione, la loro scomparsa. A tal proposito, come succitato i soci del Lions Club Ravenna “Bisanzio” di Ravenna-Complesso di San Vitale di via Fiandrini, hanno allestito una mostra itinerante permanente, sull’Ordine del Tempio, un’occasione per capire e anche per sorprendersi. Orbene, amici lettori, la mostra sui Templari a Ravenna! Potrebbe sembrare, a prima vista, un inutile gioco accademico per patiti d’antiche vicende cavalleresche. Invece no. Se si guarda la cosa più da vicino e si pone maggiore attenzione al tutto, ci si accorge che non è così: A sinistra dell’entrata, una cronologia essenziale introduce ad una video cassetta sulla storia dei Templari: il presente richiamo poi sulla storia, attraverso la visione dei costumi e delle insegne degli ordini Cavallereschi esistenti all’epoca e giunti fino ai giorni nostri (ad esempio l’Ordine dei Cavalieri di Malta). Il percorso prosegue (prima sala, a destra dell’entrata), nella riscoperta delle motivazioni dell’impegno templare. Nato anche per soccorrere i pellegrini in Terrasanta dopo la conquista musulmana, i Templari furono tra i protagonisti delle crociate, animati da un
Fervore e da un coraggio non comuni. Si possono notare lance e scudi templari di varie epoche ed una figura riproducente un’intera armatura del sec. XIV. Nella sala successiva, un pannello didascalico, introduce l’organizzazione gerarchica dei Templari, distinguendo coloro prendevano i voi, da coloro che servivano il Tempio senza prendere i voti, mentre alcuni disegni propongono una dettagliata descrizione del vestiario: vengono raffigurate il turcopiliere (comandante dei turcopoli, mercenari assoldati dai templari), il cavaliere dalla nascita del nucleo che avrebbe dato vita all’Ordine fino all’immagine più tradizionale. Nel corso della mostra, altri disegni e manichini riproducono le figure dell’arciere, del turcolpolo, del fratello sergente anche con l’ultima armatura adottata dall’Ordine prima dello scioglimento (decretato da Papa Clemente V nel 1312) quando i Templari difendevano il loro ultimo insediamento a Cipro. Nelle vetrine sono esposti vari elementi delle armature indossati dai crociati, risalenti al secolo XIII e XIV. Si possono notare ancora sulla destra, un lacerto musivo pavimentale dell’inizio del XIII sec. riproducente i crociati in battaglia con la raffigurazione del sigillo dell’Ordine. Al centro della sala, è collocato un interessante plastico della magione templare di San Quirino (Pn).
Entriamo ora nella lunga sala in fondo alla quale possiamo vedere uno splendido crocifisso ligneo del XII sec., cioè di epoca templare. Sempre verso il fondo della sala, al centro del corridoio, protetto da vetrina, incontreremo uno degli ornamenti originali in pietra (“Madonna con Bambino”), appartenenti ad uno degli edifici di pertinenza proprio della magione templare di San Quirino. Nella sala vediamo all’inizio, sulla destra, la riproduzione di una cartina degli itinerari e della storia delle Crociate, mentre nelle vetrine, le gesta dei cavalieri del Tempio, sono ricordate dagli innumerevoli elementi caratteristici delle loro armature. La didascalia della mostra, ci offre alcune informazioni su come dormivano i Templari; essi non rinunciavano nemmeno durante il tempo dedicato al sonno, alla preghiera e alla riflessione in comunità: interrompevano il sonno per la recita del mattutino e quindi celebravano la Santa Messa subito dopo il risveglio. Per quello che riguarda il vestiario, viene distinto il corredo di pace e di convento, da quello di guerra e di pattuglia. In fondo alla sala, una cronologia essenziale di Rinaldo da Concorezzo, ci presenta colui che è il vero protagonista della mostra. Orbene, l’Arcivescovo di Ravenna nel primo decennio del 1300, Grande Inquisitore nel processo ai Templari dell’Italia settentrionale, svoltosi a Ravenna, fu l’indiscusso artefice della sentenza assolutoria celebrata con formula piena il 18 giugno 1311. In fondo alla stessa sala, sotto il crocifisso, osserviamo la gigantografia del sarcofago (V sec.) dove sono conservate le spoglie dell’Arcivescovo; il sarcofago è collocato nella Basilica Metropolitana di Ravenna. A destra si entra nella sala dedicata a Dante, che pur non essendo mai stato Templare, dimostrò sempre, anche nei suoi scritti, grande interesse per le vicende dell’Ordine. La sua mai nascosta avversione nei confronti di Filippo il Bello, grande persecutore dei Templari, e di Papa Clemente V che firmò la bolla di scioglimento dell’Odine, è testimonianza di questo suo convinto atteggiamento (Divina Commedia, pur. XX, vv. 91 – 93).
In questa sala, sono esposti anche due preziosissimi codici originali del poema dantesco, il Codice Phillips e il Codice Trivulziano, sicuramente i pezzi più pregiati della mostra. Interessante anche una microcalligrafia della Divina Commedia ed alcuni codici miniati di epoca templare. Si entra così nella parte più interessante della mostra dove esposti i documenti del processo ai Templari dell’Italia Settentrionale. Sono documenti di grandissimo valore, riproducenti ad esempio, le bolle degli Arcivescovi di Ravenna e Pisa relative ai beni templari dei quali essi stessi erano amministratori, nonché i rendiconti sui beni templari destinati al processo di Ravenna e complicati da alcuni degli Arcivescovi delle diocesi dell’Italia settentrionale (Pavia, Piacenza, Pordenone): ancora possiamo vedere i documenti relativi ai vari Concili diocesani convocati sulla questione dei Templari e relativi alle nomine dei rispettivi vicari incaricati all’esame dei libri d’economato, delle masiones e dei beni in genere di proprietà templare. Di grande importanza, le bolle papali di Clemente V sull’inquisizione dei Templari di Zara e sulla conversazione dei beni templari di Grado. Sulla conquista di Zara ad opera dei Templari, notiamo (il primo dei due pannelli sulla destra) un lacerto musivo pavimentale del XIII sec. Nella sala sono esposti il sigillo anulare ed i guanti di Rinaldo da Concorezzo ed un suo grande ritratto, forse l’unica immagine rimastaci dell’illuminato Arcivescovo. In vetrina, sempre sulla destra del corridoio, possiamo osservare una copia dell’historiarium Ravennatum Libri Decem di Girolamo Rossi, storico ravennate, che fu l’unico a riprodurre gli atti del processo e la sentenza di piena assoluzione, riprodotta tra l’altro, in pannello didascalico in carattere medievale così come è stata tradotta dal testo del Rossi stesso. Proseguendo nella stessa sala, sempre in didascalia, alcune notizie sull’intensa attività economica de Templari, che ricevettero in lasciti e donazioni un patrimonio ingentissimo tale da suscitare l’invidia di Filippo il Bello, Re di Francia, che inagurò la persecuizione dell’Ordine proprio per impossessarsi di quel patrimonio.
La fine dei Templari, raccontata in didascalia, è legata ad alcune figure i cui ritratti sono esposti in mostra proprio nella sala che stiamo visitando. Filippo il Bello appunto, Papa Clemente V , Jaques de Molaj ultimo Gran Maestro, arso vivo sul rogo dopo lo scioglimento dell’Ordine. Notiamo che il ritratto di Bernardo di Chiaravalle, che dettò la regola dei Templari. Nell’ultima sala vengono date alcune notizie didascaliche su come ad esempio si curavano i Templari (da ricordare il frequente uso delle erbe, così come avevano imparato da arabi e su come mangiavano: la riproduzione non troppo dettagliata del refettorio di una magione templare, mette comunque in luce uno stile dedito alla semplicità e ispirato alla virtù della povertà. In primo nome di quello che poi è divenuto l’Ordine dei Templari, fu proprio quello di “ Poveri cavalieri di Cristo”.
Motivazione alla sentenza assolutoria del processo ai Templari: debbono essere considerati innocenti coloro per i quali è possibile dimostrare che hanno confessato solo per timore della tortura. E’ innocente anche chi ha ritirato la confessione estorta con la violenza oppure non ha osato ritirarla temendo di essere di nuovo torturato.
Ravenna, 18 giugno 1311.
Cesare Beccarla pone questa tesi come punto di partenza del suo “Dei delitti e delle pene” nel 1764.
Orbene, torniamo ai nostri “amici” Templari.
I Templari si mostrarono sempre valorosissimi e n’ebbe gloria il loro Stendardo, detto “Bouceant” –bipartum ex albo et nigro-che consisteva in due bande orizzontali, e conferme della loro dottrina, lo stendardo rappresentava il “dualismo universale”, cioè l’aspetto spirituale nel bianco, dominio del bene e quello materiale, col nero dominio del male. Lo Stendardo dei Templari non cadde mai in mani nemiche. Nel 1237, sotto il Maestrato d’Armando di Périgord, un cavaliere italiano, il Templare Reginaldo da Argentonio, che portava il “Boucèant”, lo tenne levato in alto i nemici, trafittone molte volte il corpo, non ne recisero le mani che continuavano a stringerlo. Circa la bipartizione in bianco e nero del bauceant, di diverso avviso è Louis Charpentier ne “I Misteri dei Templari” editrice Atanor, Roma, del 1974. In esso si legge:” Presso il Gran Maestro era custodito lo stendardo dell’Ordine chiamato Baussanta o Beaussèant, metà bianco e metà nero. In battagli era il cardine del combattimento, un che analogo alla bandiera ammiraglia. Al campo sventola sulla tenda del Gran Maestro. E’ possibile che questa partizione in bianco e nero (sabbia e argento) abbia un significato esoterico. Al riguardo sono state scritte molte cose, più o meno sensate, ma è evidente, per chi conosce il cielo d’Oriente divorato dalla luce, che non era immaginabile un’insegna più visibile che quest’accoppiamento di nero e di bianco. Il Beaussèant è, innanzi tutto, una bandiera di combattimento che localizza il comandante e non è pensabile che quella parte d’Ordine rappresentata dall’armata d’Oriente fosse così appassionata d’occultismo, di filosofia e di simbolismo.”Qui occorre subito eccepire a Charpentier che ogni bandiera, ogni stendardo, ogni vessillo ad una valenza simbolica e allegorica e non si vede perché il beausseant doveva fare eccezione. Inoltre il beausseant non era il vessillo soltanto dell’armata templare d’oriente, ma di tutto l’Ordine che lo poteva avere scelto sia perché ben visibile, ma anche perché rappresentativo di un filosofia. Di proposito abbiamo riportato quanto innanzi per mostrare la diversità di opinioni a riguardo allo stendardo templare, ma per quanto ci riguarda la scelta del bianco e del nero (quarda caso il nero: assenza di colore e il bianco: fusione di colori) è voluta e significativa. E qui potremmo rimescolare tutto quanto si è scritto sul significato del bianco e del nero ripetendo quando riportato tutti i dizionari dei simboli, ma più opportuno è sottolineare che la “dualità” è un momento, una fase, una tappa, Conosciamo l’importanza dell’unità, quella della trinità, il valore mistico della “tetraktis”, il valore coniugale del cinque (unione di un numero pari ed uno dispari), tutti momenti che debbono condurci all’unità, a quell’androgino presentato dalle dottrine gnostiche come lo stato iniziale che deve essere riconquistato. Dei Templari possono avere ammirazione per le loro grandi capacità d’amministratori, costruttori, agricoltori, banchieri senza dire della loro misteriosa filosofia e del loro occulto essoterismo. Ne consegue che non si può accettare in loro l’angusta visione di tre religioni monoteiste che si combattono per distruggersi e se quest’antagonismo aveva luogo per ragioni storiche restava pur sempre un momento in vista della riconciliazione.
I capi Templari erano uomini d’ingegno e d’intelletto (non dimentichiamo lo stesso Bernardo di Chiaravalle) gran protettore dell’Ordine); solo per opportunità storica combattevano gli uomini dell’Islam dei quali erano ammiratori al punto da attingere da quella civiltà usanze e costumi.
Le persecuzioni:

Poco dopo l’anno mille, stante l’aggravarsi delle persecuzioni contro i Custodi del Tempio di Salomone e la distruzione di biblioteche preziose, i pochi Templari rimasti in Francia e Italia decisero di proseguire la lotta, non solo contro il re di Francia Filippo, il Bello. Uno storico arabo dell’epoca, testimone oculare racconta: ” Saladino promise cinquanta denari a chiunque portasse un templare od ospitaliero (per ospedaliero si intende l’attuale ordine di Malta) prigioniero. Subito i soldati ne portarono centinaia, ed egli li fece decapitare perché preferì ucciderli piuttosto che ridurli in schiavitù. Il Sultano era circondato da un gruppo di dottori della legge e di mistici, e di un certo numero di persone consacrate alla castità e all’ascetismo. Ognuno di loro chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì l’avambraccio. Saladino stava seduto con faccia sorridente, mentre quelle dei miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri per due file. Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti; la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi e sostituiti. Lo storico, testimone, riferisce che il sultano sorrideva al massacro, e scorse in lui l’uomo di parola e d’azione. Quante promesse non adempirono! Quante lodi non si meritarono! Quante ricompense durature a causa del sangue da lui versato!
Ritornando alle persecuzioni molti entrarono nelle corporazioni dei costruttori dei Templari, altri si fecero frati, quelli che avevano i mezzi si ritirarono e si isolarono, salvo i francesi, molti dei quali fuggirono in altri stati (come scrive G. Ventura nel suo libro Templari e Templarismo, Anatra ed.) per non cadere nelle mani degli scherani di Filippo IV il Bello e dei tribunali a lui asserviti non ebbero noia e poterono riunirsi in nuove confraternite come, ad esempio in Spagna dove si associarono nel 1317 con l’Ordine del Cristo, e fondarono, nel 1319 quello di Mentisco. Altri passarono agli ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Altra ancora, e particolarmente gli inglesi continuarono a riunirsi, alcuni passando in Scozia. Di qui sarebbe sorta una delle principali branche del teplarismo, il fenomeno dello scozzesismo. Due sono le fonti quali si collegano le origini del Templarismo. 1) La leggenda della esistenza in Scozia di una Loggia di Massoneria operativa, alla quale si sarebbero associati alcuni Cavalieri Templari fuggiti dalla Francia, che avevano trovato protezione presso il Re Roberto Bruce.( Gli stessi avrebbero aiutato il Re Bruce a vincere la battaglia di Bannck-Burn, ed il Sovrano scozzese, per ricompensarli, avrebbe istituito a loro favore l’Ordine dei Cavalieri di Sant’Andrea di Scozia dandogli la funzione di Sovrano Capitolo della leggendaria loggia); 2) L’affermazione che il Gran Maestro Giacomo de Molaj, nel periodo della sua provvisoria libertà nel 1313 aveva passato i suoi poteri al Cavaliere Jean Marc Larmenius che li avrebbe esercitati dal 1314 al 1324, quando, morendo li avrebbe trasmessi a Theobald d’Alexandrie. L’Ordine, quindi visse regolarmente, seppur nell’ombra, e senza modificare i suoi Statuti fino al 1705 quando il principe Filippo d’Orleans n’avrebbe assunto la Maestranza.
In conclusione giusto per chiarire e fare appena un po’ di “luce” circa il tanto discusso esoterismo dei Templari, la Loggia Massonica di Kilwinning alla quale appartenevano i costruttori di cattedrali scozzesi e che godeva di particolari prerogative e privilegi, avrebbe dunque accolto nel suo seno alcuni Cavalieri Templari, Maestri architetti, sfuggiti alla persecuzione di Filippo IV il Bello. In quell’anno 1840 circa, secondo i Liberi Muratori francesi, gli ultimi cavalieri del Tempio si sarebbero riuniti alla massoneria facendosi iniziare in una loggia detta “dei Crociati” all’obbedienza della Gran Loggia di Francia (Rito Scozzese Antico Accettato dei 33 ultimo grado). A questo punto amici lettori non si può escludere nè negare (sempre come riferisce G. Ventura) che qualche Joannita, o protestante, abbia seguito questa sorte, con questo è assolutamente e storicamente falso la fuga totale dei cavalieri , l’Ordine sia scomparso. Infatti, come riferisce G. Ventura nel suo libro l’11 febbraio 1841, ebbe luogo a Parigi un accordo generale fra cattolici e johanniti grazie alla mediazione magistrale del Conte di Saint Cesan, si decise che tutti i cristiani, di qualunque confessione, potevano essere ricevuti nell’Ordine e che la religione ufficiale era quella cattolica apostolica romana. In accodo cattolici e johanniti fu nominato Reggente il cavaliere di Malta avvocato generale della Corte di Cassazione Jean Marie Raoul. In Raoul 1843, conservando il vicariato generale, offrì il titolo di Gran Maestro al re di Svezia Carlo XIV (maresciallo napoleonico G.B. Bernadotte) che vi apparteneva fin da quando Napoleone n’era stato proclamato Gran Protettore.
Parte terza:
Tornando alle origini delle persecuzioni i Templari, durante il giorno lavoravano confondendosi tra la moltitudine, ma di sera tornavano ad essere gli Intellettuali di un tempo e si dedicavano allo studio della Gnosi e dei Simboli. In tal modo le iniziazioni si rinnovarono e presero il nome d’Ermetismo. Ufficialmente questa parola significava ricerche alchimistiche ma in realtà, sotto l’egida dell’Alchimia, gli iniziati studiavano i manoscritti del passato, la luce della Gnosi ed i mezzi per riportare la Chiesa alla sua forma primitiva. Venne adottato un gergo simbolico alchemico incomprensibile al profano: cioè ogni cosa deriva dall’Azoto, dal Solfo e dal Mercurio – come c’insegna un’insigne Maestro: Frate Basilio Valentino – il che sta a dimostrare semplicemente che il triangolo, simbolo della Trinità, era il punto di partenza della Gnosi.
Furono appunto alcuni Monaci Ermetismi che insieme con gli Iniziati Muratori, ebbero l’idea di costruire un gran tempio significante la traduzione in pietre dell’antico e nuovo Testamento e rendere perenne, in tal modo, la vecchia tradizione dell’Iram.
I muratori di San Dionigi e di San Giovanni, si misero all’opera e nacque così la cattedrale Gotica. All’ombra di questa l’Ermetismo fiorì meravigliosamente, ed i Muratori decisero di propagare il nuovo simbolo costruendo su tutta la Terra, una fioritura di Templi. Avendo gli stessi Muratori chiesta la protezione della Santa Sede, furono esentati da servitù ed imposte: pare che parta da qui l’origine della dizione “Libero Muratore”. Mentre questi Iniziati Muratori tramandavano attraverso la pietra la tradizione del passato, altri Iniziati andavano in Oriente, alla sorgente della Gnosi: questi erano i Templari.
Sullo sfondo storico delle Crociate, agli inizi del XII secolo, nasce l’Ordine dei Templari, il cui emblema era una croce vermiglia cucita sul cuore . Agli occhi dei semplici questi ordini dei cavalieri di Dio rappresentava quando vi era di meglio, il più alto valore morale, qualcosa come la quintessenza della Cavalleria.
Dopo aver fatto la sintesi degli antichi Misteri e del Cristianesimo primitivo, i Templari tornarono in Europa e vollero ricostruire il Tempio morale che l’oscurantismo del potere di quel tempo aveva fatto rovinare. Fondarono Misteri secondo quelli d’Iside, misteri cristiani che dovevano fornire alla Chiesa una scelta schiera d’Iniziati. Ma in verità il loro obbiettivo segreto era ancora più vasto: aspiravano a colmare l’abisso che separava gli Gnostici dai Cristiani, (sul gnosticismo templare tratterò il cap. successivo) di porre fine alla guerra secolare che martoriava le menti e spianava odio dove, invece, sarebbero dovuto sbocciare amore, fratellanza e tolleranza. Così, gli Iniziati persiani, indiani ed arabi avrebbero salutato Roma come amica (sorella). Brama, Vetan, Ormus, ed Allah si sarebbero fusi in Cristo ed il Tempio umano sarebbe risorto superbo come un tempo, quando Can governava il mondo.
I Templarismo fa un movimento di natura monastica ed al tempo stesso militare, tanto che il fondatore, Ugo de Pajns ed i suoi sette compagni, (oggi il numero sette è necessario per formare una loggia massonica) “Christi Milites”. Esso sorse con lo scopo di tutelare l’incolumità dei pellegrini che si recavano a Gerusalemme. La organizzazione templare, cominciò a permearsi della tradizione iniziatica che si ricollegava alla costruzione del Tempio ebraico. E cioè nel momento in cui rinunciava alla regola agostiniana per adottare quella cistercense, costituendosi in quattro sottordini: dei Cavalieri, degli Scudieri, dei Laici e dei Sacerdoti. Si forma così tra loro una gerarchia rituale a capo della quale era il Gran Maestro – chiamato Magister Militiate Templi – coadiuvato dai dignitari dell’Ordine. Sul labaro era scritto il motto: “Vincere aut mori”. Motto che non aveva solo valore simbolico se si ha a mente un canone fondamentale dei Cavalieri: “Non indietreggerai se dovrai combattere da solo contro 23 nemici”.
La potenza dei Templari aumentava pari al loro valore espresso in molte imprese d’armi. Tra queste vanno menzionate quella di Tiberiade nel 1187, quella di Gaza nel 1244, quella di Mansurach nel 1280. Verso la metà del secolo 13°, l’Ordine agiva non soltanto in Oriente, ma in Francia, in Inghilterra, in Aragona ed altre Province.
Riconosceva autorità costituite e aveva alcuna soggezione. Protesse Re, Principi e Cardinali. Tutto ciò lo portò a possedere straordinarie ricchezze. Si può affermare che con i Templari ebbe origine l’organizzazione bancaria, affidandogli i potenti i loro tesori sia in Patria sia all’estero. Non è inesatto affermare che nella metà del 13° secolo l’Ordine traeva un reddito di oltre 110 milioni annui, con beni immobili in numero di 9.000 tra baliaggi, castelli, priorati, capitanie e case. Forse una metà della stessa Parigi era in mano all’Ordine. Questa ricchezza paragonabile ai tempi, ha del favoloso e non è difficile credere quali cupidigie mossero all’interno del potere temporale e da parte del Re di Francia Filippo IV il Bello. A questo punto è necessario avere presente la missione dei Templari che era quella di realizzare la Grande Opera. Ma per fare ciò era necessario che il popolo rinunciasse al potere temporale. Quando Filippo il Bello tentò di opporsi all’azione del Papa e non esitò a farlo schiaffeggiare, i Templari lo acclamarono. Ma Filippo, quando conobbe la missione dei Cavalieri, ebbe paura della vendetta papalina e rifiutò loro il suo aiuto.
Filippo il Bello tradì quindi i Templari e tornò ad allearsi con il Papa, l’allora Clemente V. Alleanza che avrebbe compiuto una sistematica opera d’accaparramento e di distruzione. L’Ordine fu fatto apparire come un pericolo per gli Stati e per la Religione, tanto che Federico II di Svevia li escluse dalla Sicilia, il Papa li dichiarai eretico e Filippo che chiese la soppressione. Di qui il più osceno processo della Storia, incorniciato dall’ipocrisia del Papa, emblematicamente rappresentata con la nobile figura del Gran Maestro Giacomo de Mola torturato ed avvolto dalle fiamme di un rogo che grida ancora vendetta. La morte di Mola supera la sua persona; essa è un simbolo e l’ultima espressione di quello che fu il vero medio-evo, “enorme e delicato, le cui conseguenze furono tremende ed incredibili”.
Dei 15.000 Fratelli del Tempio, molti erano già morti nel primo decennio del 1.300 e tanti altri continuarono a morire nelle galere.
I cosiddetti riconciliati furono ammessi negli Ospedalieri (ora cav. di Malta) antico Ordine antecedente i Templari ed i Teutonici. Altri passarono i Pirenei e trovarono asilo nelle Capitanerie spagnole e portoghesi. Altra ancora si rinchiuse in qualche torre famigliare nell’attesa di una nuova partenza oltre mare. Ma anche lo spirito della crociata era scomparso tra le fiamme della piccola isola della Senna (chiamata oggi Ponte du Vert-Galant). Li troviamo un po’ dovunque, divennero persino navigatori dalle vele contrassegnate con la croce del Tempio. In Inghilterra il Re diede loro una pensione e poterono finire i loro giorni nelle antiche Capitanerie dell’Ordine. Non ve dubbio, comunque, che dopo la morte di Giacomo di Mola, i Cavalieri esercitarono un ruolo occulto tra gli “Antichi fratelli di mestiere” (come ho accennato avanti) continuando a diffondere i loro insegnamenti ed a passare le loro consegne (và ricordato che l’Ordine aveva i suoi architetti, i suoi ingegneri, i Maestri d’Ascia, i tagliatori di pietra, i muratori, i carpentieri, i maniscalchi, i drappieri, e gli armaioli, oltre a quelli di secondo rango).
Ma si ritiene che non si limitino a questo: è probabile che si riunissero in piccoli gruppi e proseguissero un’azione di cui, purtroppo, non risulta sia rimasta traccia alcuna. Le direttive che espressero e le testimonianze che le potrebbero attestare sono avvolte da una profonda oscurità.
Tutto ciò accadeva nel tempo in cui Dante Alighieri scriveva nella sua opera immortale e così recitava trattando dei Fratelli Templari nel canto XX del Purgatorio: Veggio in Alagna intrar lo fiordaliso e nel Vicario suo Cristo esser catto. Veggiolo un’altra volta esser deriso; veggio rinovellar l’aceto e ‘l fele, e tra vivi ladroni asser inciso ecc… (argomento che tratterò pross. art. su Dante e i Templari). E certamente un forte desiderio di giusta vendetta che invoca Dante ed il posto che Egli riserva ai Templari nella sua prospettiva celeste, i simboli che usa, l’ascensione che compie, i pericoli che affronta, il metodo che impiega per purificare la sua anima dalle colpe e vedere finalmente che non ha fine né inizio, tutto ciò procede dall’etica Templare.
Assai utile è inserire qui il pensiero del Porciatti sul Templarismo. Egli sostiene che il Templarismo non deve essere considerato come reazione di vendetta per quanto è stata perpetrata a loro danno. E’ solo una caratteristica contingente, giustificabile quanto si vuole, ma non essenziale. Il Templarismo non si è mai dichiarato palesemente avverso all’autorità papale; ha mantenuto con Roma rapporti non di dipendenza, ma in un certo senso di soggezione; non si è mai dichiarato avverso a questa o quella corona; ha vissuto rapporti gentili dall’Occidente all’Oriente. Non è quindi dei Templari la pugnalata alla Tiara o alla Corona.
Orbene, soltanto dopo la distruzione dei cavalieri del Tempio si è sentito il bisogno, da parte dei loro “eredi”, di vendicare il delitto commesso contro i loro padri.
Questo desiderio di vendetta nulla ha che vedere con quello della difesa virile ed attiva dei “beni aviti”, in altre parole di quello che è il retaggio dei Templari. Pertanto, tale azione “vendicativa”, se non rimane contenuta entro i limiti di una espressione di sdegno, finirebbe con il rappresentare una forma degenerativa dei principi dell’Ordine, tale da disperdere la spiritualità dei Templari e farebbe perdere al nostro rito una delle più belle caratteristiche: quella cioè di sintesi di tutte le manifestazioni superiori.
Con la distruzione dell’Ordine dei Templari per la perfidia ostinata dell’inquisizione e dell’assolutismo reale, tutto sprofondava bruscamente. E coloro che, per prudenza o lusinghe, avevano abbandonato i Templari non si rendevano conto che con la fine dell’Ordine suonava la loro condanna a morte e che loro stessi sarebbero stati aboliti e in altre parole che erano in gestazione già li respingeva. Quella Cavalleria che avevano conosciuto, nella quale erano cresciuti, era ormai un ricordo. La caduta del Tempio precedeva la guerra dei cent’anni, la Riforma, la scomparsa della feudalità, la costituzione dell’armata nazionale e del potere assoluto. Il vecchio onore dei Cavalieri era sostituito dallo spirito capzioso e dal freddo calcolo. Michelet comprese bene gli avvenimenti se così si espresse: “Questo avvenimento non è che un episodio della guerra eterna che combattono l’uno contro l’altra lo spirito e la lettera, la poesia e la prosa”.
Quello che avvenne delle “eredità” di de Mola purtroppo sa molto di leggenda: esempio tipico è la storia del tesoro del Tempio che ha generato della stravagante letteratura. Pare che i frammenti dell’Ordine riuniscano da due Gran Maestri succeduti alla morte di Mola: il Conte di Beaujeu e mounsieur Aumont, uno dei Templari rifugiati in Scozia. Tanto che il Magistero dell’Ordine si sarebbe perpetuato senza interruzione. Tradizione, questa, non priva d’interesse poiché è stato ripreso dalla Massoneria. Michele di Ramsay, infatti, propagatore della Massoneria di rito scozzese, in Francia, collega questo movimento dei Cavalieri del Tempio e ne cerca le origini ancora più lontano. Secondo quanto lui ci fa sapere, i Templari sarebbero già stati Massoni e non esita ad affermare che i vari fondatori della “frammassoneria” sarebbero stati i Crociati.
Ammesso di poter procedere ad una provvisoria conclusione, possiamo affermare che nella tradizione iniziatica l’Ordine dei Templari ha un posto di gran rilievo; essa rappresenta un anello dell’infinita catena delle istituzioni che nei secoli hanno tramandato il fuoco sacro e la parola rilevatrice della Verità. I Templari compivano un’azione palese a carattere religioso-spirituale, di natura esoterica; possono pertanto ritenersi dei veri adepti. Anche se per l’immensa catena di proprietà e potenza loro attribuite può avere “casualmente tralignato”, ciò non attenua i meriti dell’Ordine il quale se ne riscatta con la tragica fine dei principali personaggi che restano per sempre segnati dall’aureola del martirio. Essendo i Templari nati con le Crociate, possiamo spiritualmente inquadrarli con tali avvenimenti, riprendendo quanto dice Ramasay nel suo “Discours”: “I Crociati vollero riunire in una sola Confraternita gli uomini di tutte le nazioni. Quale riconoscenza noi dobbiamo a questi uomini superiori che, senza interessi mondani, senza soddisfare il desiderio materiale di dominare, hanno immaginato un’organizzazione il cui unico scopo è la riunione degli spiriti e dei cuori per renderli migliori e formare, nel corso del tempo, una nazione spirituale? Essi erano non soltanto gli architetti che volevano consacrare il loro talento ed i loro beni alla costruzione dei templi materiali, ma anche dei principi religiosi e guerrieri che volevano far risplendere, edificare e proteggere i templi dell’Altissimo”. Ad onorare i “Fratelli del Tempio” vada la lettura di questa pagina del Bordenove: “In fin dei conti, è possibile affermare che “lo spirito del Tempio” sia sopravissuto alla distruzione e, in qualche modo, sopravviva ancora? E d’altronde, quale era “lo spirito del Tempio”? Un’impresa sublime dove l’onore e la fede avevano parte uguale. Coloro che esso animava, dovevano essere nello stesso dei santi e degli eroi, degli speculativi e degli uomini d’azione, degli amministratori e dei capi militari, dovevano accettare, inoltre, che l’azione personale servisse la comunità e non la fama dell’uomo, per elevato che egli fosse nella gerarchia, e per di più accettare che la gloria del Tempio fosse in realtà quella di Dio: “Non Nobis Domi ne, non nobis, sed nomini tuo da gloriam”. Era anche un modo di essere, di sentire., di pensare, di agire, nello stesso tempo il vertice della fierezza e dell’umiltà. Infine ciò significava, in tutta l’estensione del termine, sforzarsi di essere, agli occhi di Dio, “un figlio d’elezione”: saper attendere ai propri doveri, saper contenere le proprie impetuosità naturali, obbedire, trattare i sottoposti con dignità. Essere degno del mantello bianco e degno di sé stesso, di quest’universo che ogni uomo reca in sé nascendo. Essere un vero gentiluomo, in tutte le circostanze della vita, cioè comportarsi “bellamente ed in pace”. No! Questo spirito non è morto, né è prossimo a morire. Tutti coloro che ciò farà vibrare intimamente, profondamente, ne sono molto vicini! Era quello che impose a Padre Foucauld le solitudini che conosciamo. E’ quello che sostenne nell’eroismo e nelle dure prove un uomo come Estienne d’Orves e migliaia di resistenti anonimi a centinaia di combattenti e che anima ancora una folla di essere ignoti e diversi, che neppure sanno cosa fu il Tempio. Si ritrovava frammentario, disperso, multiforme e tuttavia unico, i numerosi scrittori: Pèguy, Bernanos, e, talvolta, Montherlan (il Maestro di Santiago è un “templare” fino alla punta delle unghie). Chateaubriand ha fatto rinascere questo spirito in La rèponse du Seigneur, il cui intreccio, ad un tempo divertente e grave, ricordo l’iniziazione di un giovane da parte di un vecchio Cavaliere. Un risultato simile raggiunge, in tempi a noi più vicini, Jules Roy, la cui simpatia ed acuta comprensione si esprimono in Beau Sang, dramma ammirevole che ha per protagonista un dignitario fuggiasco. E n’abbiamo citato solo alcuni. Ciò che conferisce alle loro opere questa profondità e quest’accenno patetico non è altro che il vecchio spirito del Tempio che continua a levarsi, con voci diverse, contro la barbarie e l’oscurantismo dei valori morali, per una migliore comprensione dell’umanità per amore della persona umana, perché si perpetui, contro venti e tempeste, questo modo di vivere che era stato dei Fratelli del Tempio, il loro contributo alla grande storia dell’Uomo. Uno spirito religioso non deve del pari contrariarsi perché i Figli della Vedova pretendono di continuare la Grande Opera templare, ma caso mai giudicarne l’intenzione? Al punto in cui siamo nell’evoluzione umana, vi è in solo delitto contro lo spirito: e’ trascurare, per passione politica o confessionale, per durezza di cuore, ambizione o stupidità, ciò che può e vuole servire per difendere un certo atteggiamento dell’uomo di fronte agli avvenimenti, ad elevarlo e preservarlo da un avvilimento totale, a conferirgli le sue vere dimensioni. Le apparenze sono ingannevoli. Tra i compagni d’Ugo di Payns o di Giacomo di Mola e l’elite (non solo intellettuale) della nostra epoca, il divario è molto minore che tra noi e gli enciclopedisti, la borghesia di Thiers, gli ambienti industriali e commerciali dell’inizio del secolo. Un universo scompare, nessuno lo contesta! Nel momento in cui l’astronautica compie i suoi primi passi e la Terra assume le dimensioni di una pista d’atterraggio, mentre l’Uomo allarga le sue conoscenze ai confini della Galassia e recupera un’immagine di se stessa tanta bontà e modestia, da non arrestare la prodigiosa fioritura che si prepara! Dice Michelet: “Il soldato ha la gloria, il monaco, il riposo. Il Templare rifiutava l’uno e l’altro. Egli riuniva ciò che queste due vite avevano di più duro: i pericoli e le astinenze. La grand’epopea del Medioevo fù la guerra santa, la crociata; l’ideale di questa pareva realizzata nell’Ordine dei Templari. Era la Crociata divenuta stabile e permanente. Era la FRATELLANZA!.
Templari e Gnosticismo:

Trattando quest’altro capitolo templari e gnosticismo mi avvicinano ai lettori scusandomi a priori per le ripetizioni che mi accingo a fare, ma, necessarie per poter meglio comprendere il senso della mia esposizione.
Orbene, Data per scontata la conoscenza della storia e della leggenda del Templarismo, dalle quali posso dedurre che non è facile affermare che i Templari possedessero una Dottrina Segreta Unica e accettata da tutti i Cavalieri, ma è a che difficile negare ciò. Fra i 123 capi d’accusa nei confronti dei Templari, vi era quello di coltivare la “dottrina dei demoni”, cioè di occuparsi di Scienze Occulte; risulta, infatti, che la loro attività cosiddetta segreta era orientata all’ermetismo ed alla “magia”. Questo non deve sorprendere vivendo essi in quei paesi ove tali dottrine erano note da secoli e per i contatti che i Templari dovettero naturalmente ricercare con i Centri Iniziatici ove esse erano più profondamente coltivate. Bisogna avere sempre presente che i Templari intrattennero cavalleresche relazioni con i nobili guerrieri avversari (altro capo d’accusa), non per fellonia poiché il loro valore era leggendario, ma per quella affinità che è stata così espressa da Evolva: “La Cavalleria Crociata finì col trovarsi di fronte ad una specie di fac-simile di sé stessa, cioè guerrieri che avevano la stessa etica, gli stessi costumi cavallereschi, gli stessi ideali di una “guerra santa” e, infine, corrispondenti vene esoteriche, poiché ai Templari fece esatto riscontro nell’Islamismo l’ordine cavalleresco degli Ismaeliti. In tali termini non poteva non prodursi , a poco a poco, un riconoscimento inter pares di la di ogni spirito di parte e d’ogni contingenza, una intesa, per così dire, su-per tradizionale, come super – tradizionale era lo stesso simbolo del Tempio”.
Forse non è occasionale che Templari ed Ismaeliti hanno gli stessi colori: rosso e bianco. In ogni caso anche se si parla di distruzione dell’Ordine del Tempio, è certo che non vi fu mai alcun Concilio religioso che ne sentenziò la condanna; ordine che serviva da un punto di vista ufficiale, la regola ortodossa cistercense. Ciò non toglie che l’Ordine stesso, sin dalle sue origini, ebbe sempre contatti con l’Oriente, come già detto, come pure in Europa, dopo la caduta di Gerusalemme (ma forse anche prima); soprattutto in Francia e in Italia, i Templari avevano contatti con Albigesi e Catari.
E’ pur vero che la regola cistercense vietava qualunque contatto con gli eretici, ma l’Ordine del Tempio trattò anche con loro, allo scopo anche di “convertirli” ed ammetterli addirittura in seno all’Ordine se n’avessero avute le caratteristiche.
Da ciò non possiamo trarre la conclusione che i Templari assorbirono un po’ tutte le credenze con le quali ebbero contatti, malgrado appunto la regola dettasse la più stretta ortodossia. Basti pensare a tutte le accuse, le confessioni di solito sotto tortura, le testimonianze interessate, le trattazioni le quali ancora oggi costituiscono elemento di notevole confusione tale che è assai difficile poterne venire a capo. Si comprende però che se vi fù una dottrina segreta questa potrebbe sintetizzarsi nei seguenti quattro punti: 1) Monoteismo strettissimo assieme e frequenti contatti con i mussulmani;
2) Negazione della divinità del Cristo; 3) Negazione della Trinità in favore di un principio dualistico; 4) Negazione dell’autorità assoluta della chiesa cattolica.
Da tali concezioni e da tanti altri elementi che continuamente riscopriamo, diviene relativamente facile rendersi conto che il modo di pensare era assai vicino alle teorie dello Gnosticismo le quali, a loro volta, si ispirano alla dottrina persiana e di Zoroastro, con l’esclusione delle concezioni panteistiche, ma conservando la visione universale dualistica: il bene e il male, la luce e l’ombra – non dimentichiamo il dualismo dei Templari, nel mangiare in due nello stesso piatto, cavalcare in due su di un cavallo alle due torri delle cattedrali.
Lo Gnosticismo dei Kadosch i quali, con ogni probabilità, furono i teorici dell’Ordine, che può essere così riassunto: 1) ricerca della verità contro la supina accettazione del dogma imposto dalla chiesa; 2) visione dell’Universo come concatenamento di cause ed effetti, secondo regole fisse. Il tentativo del saggio di conoscere queste leggi e attraverso di esse avvicinarsi sempre più alla verità, pur senza mai raggiungerla è il principio fondamentale della Gnosi; 3) le varie religioni possono contenere frammenti di verità, ma nessuna è la sola detentrice della gnosi; 4) l’Universo appare formato da due principi contrastanti ed è dovere dell’uomo in quanto essere cosciente e pensante, specchio della Verità lottare ininterrottamente per la vittoria finale e definitiva sul bene e sul male, della luce sulle tenebre anche se l’uomo è conscio e che mai potrà esservi vittoria definitiva perché questa costituirebbe l’annullamento di ciò che è. Da quando affermato, cosa è possibile dedurne per ciò che riguarda il pensiero dell’essere? Che cosa rappresentano oggi gli ultimi Cavalieri di Kadosch? Ad essere degni di quelli che li hanno preceduto e di preparare degnamente quelli che seguiranno, e questo impegno si può riassumerlo, secondo me, nei seguenti principi: a) ricercare sempre la verità respingendo il comodo adagiaresi nel dogma; b) amare la libertà più di noi stessi; c) vivere - ad ogni costo – nel modo nel quale vorremmo che tutti gli uomini vivessero per perseguire i due primi principi sopra indicati.
Bisogna anche tener presente che all’origine di tutti quei “Misteri” dei Templari vi era senza dubbio San Bernardo da Chiaravalle, Maestro del Tempio, estensore della regola del Tempio, e in lui va ricercata tale origine, impregnata non c’è dubbio, dell’antica cultura celtica. Ma la ricerca potrebbe essere fatta nei secoli precedenti, all’incirca sei, in San Benedetto da Norcia, le cui norme comportamentali fossero in larga parte ispirata dalla ancor più antica cultura araba. Vedete cari lettori come l’occidente si avvicina sempre più all’oriente! Orbene, San Benedetto è un personaggio che potremmo considerare “Templare” per eccellenza?
Ai Templari fu certamente affidata all’origine una missione che, secondo Charpentier, sarebbe stato invece tre, e in altre parole: - ritrovare l’Arca d’Osé; - sviluppare la civiltà occidentale; - costruire il Tempio.
Molti Templari si discostarono da tali imperativi e i ruderi delle Commende stanno a testimoniare muti un eloquente passato che ha visto i Templari stessi essere “nutritori, albergatori, agricoltori, guardiani” e benefattori; Famosa era la loro reputazione di “ospitalità, di protezione e di carità”. Cose queste che mai furono messe in dubbio, come pure le loro qualità cavalleresche ed il loro rispetto per ogni cultura.
Ma, allora, cari amici, che valore può avere tutte le menzogne costruite per il processo che fu loro ignominiosamente inventato? Certamente nessun valore per tutti gli uomini “liberi e di buoni costumi”, e loro lo sanno bene, e sanno altrettanto bene, purtroppo, che con la distruzione del dell’Ordine del Tempio veniva drasticamente stroncata quella civiltà occidentale che in quel secolo stava risorgendo in Europa.
L’esoterismo di Federico II di Svevia. La “Patio Segreta” dell’Ordine del Tempio?:

Divino, aquila, agnello tra i lupi, martello del mondo, pur Apuliae, stuper mundi, questi i più risaputi dei molteplici appellativi attribuiti a Federico II di Svevia uno dei pochi veri “Grandi di tutti i tempi” che ha lasciato nella storia profonde tracce ed il ricordo incancellabile del suo genio. Un attento storico e cronista del tempo, il frate francescano Salimbene da Parma nella sua opera “Cronica” un ritratto espressamente dettagliato e veritiero di Federico II, grazie principalmente alle continue e dirette informazioni del confratello Fra Elia da Cortona che, vivendo a corte dell’imperatore, era messo a parte non solo dall’intensa vita che in essa si svolgeva, ma anche dei fatti più intimi di Federico, nonché delle sue credenze e dei suoi pensieri.
Fra Salimbene definisce il carattere e la fede di Federico estremamente complessi contraddittori ed enigmatici. Trascrivendo dalla “Cronica” la definizione che ne fece dell’Imperatore dice:”….. non aveva alcuna fede in Dio, era astuto, scaltro, sensuale, malvagio ed iracondo, tuttavia sapeva essere uomo di gran garbo e, quando voleva dimostrava gentilezza e benignità, sapeva essere amichevole, ridente e cortese. Era operoso, sapeva come leggere, scrivere, cantare e comporre musica e canzoni. Sebbene fosse piccolo di statura, era avvenente e di aspetto armonioso. Parlava molti linguaggi e se mai fosse stato un buon cattolico e avesse amato Dio, la Chiesa e la sua stessa anima, pochi imperatori avrebbero potuto stargli a pari…..”
Questo quando ci tramanda Fra Salimbene, confermato d’altronde il tutto da successivi approfonditi studi e ricerche fatte su Federico II.
Ma se Fra Salimbene non fosse stato un cattolico, un frate, un dirigente del moto religioso dei Flagellanti, se fosse stato meno sensibile alla indifferenza di Federico verso la religione, invece di scrivere “pochi imperatori avrebbero potuto stargli a pari”, forse avrebbe asserito “nessun imperatore potrebbe stargli a pari”.
Secoli dopo nella Cambridge Medioevale Historj Michelangelo Shipa osserva:…fra tutti i sovrani che vanno da Carlo Magno a Napoleone, Federico II non ha l’uguale”.
La naturale genialità di Federico scaturita dalla mescolanza del sangue di un a matura (40 anni) nobildonna Mediterranea di origine Normanna, la siciliana Costanza d’Altavilla, e quello di un giovane (29 anni) nordico, il germanico Enrico VI Hohenstufen figlio a sua volta di un altro grande, Federico I detto il Barbarossa, si sviluppo ed affinò nell’allora semiorientale cosmopolita città di Palermo, regno del casato materno, intrisa di civiltà latina, greca, israelita, ma principalmente araba.
Il piccolo Federico, ormai orfano di entrambi i genitori, nonostante già dall’età di tre anni imperatore, si formava ed acquisiva esperienze non già come si doveva al suo rango tra le austere mura di un reggia affidato alle cure dei severi precettori e pedagogi, ma nei vicoli e nelle piazze della Palermo brulicante di gente di ogni estrazione, razza, religione, cultura e credenza.
Egli la sua adolescenza, il momento più determinante per la formazione del carattere dell’uomo, l’ha vissuta a contatto di questa umanità tanto disparata e contrastante come laboriosi artigiani, avventurosi e vivaci uomini di mare, ricchi e scaltri mercanti orientali, gretti ed umili popolani, dotti arabi cultori di scienze esatte, rozzi ed ignoranti soldati di ventura importati dalla Germania, fanatici religiosi, intriganti, avventurieri, uomini e donne di malaffare. Il tutto mescolato da un insieme di lingue, colori di pelle, usanze, religioni, credenze. Fanatismi e per di più in un momento particolare evolutivo nella terra di Sicilia, dove nell’osservanza delle più profonde e grette tradizioni medievali, prepotentemente cominciarono a farsi largo nuove trasformazioni e movimenti di liberazione. Il Federico, aggiungendo all’insegnamento di questa impareggiabile scuola di vita l’istruzione che gli venne impartita dal Caid Saraceno prima e successivamente l’educazione più ortodossa dei sacerdoti cattolici dai quali aveva accettato senza però approfondirgli i dogmi della fede Cristiana, acquisì esperienze irripetibili e maturò un carattere estremamente fermo e deciso, anche se in apparenza spesse volte contraddittorio, ed una personalità potente e complessa, dai quali trasse quella morale e filosofia della vita che lo fecero enormemente grande, e lo spinsero a fare cose che affascinarono grandemente i contemporanei e i posteri. Ma la complessità degli insegnamenti ricevuti e per la parzialità di alcuni di essi, ne uscì sì indottrinato di tutto o quasi lo scibile della sua era, ma assolutamente non soddisfatto e convinto delle risposte ricevute ai molti “perché “, e quindi carico di dubbi, ed interrogativi e sempre avido di nuovo sapere, verità, certezze. Essendo un acuto e critico indagatore di scienze esatte e scienze naturali, riuscì a scoprire tutte o quasi le verità ad esse concernenti, anche spesse volte in disprezzo della vita umana, ma quelle che la logica e la scienza non potevano dimostrare, l’assillarono fino alla fine dei suoi giorni e per cercare di raggiungerle, profuse tutte le sue energie intellettuali ed interiori. Federico nonostante avesse grossi problemi per riorganizzare il suo vasto traballante impero sconvolto dalle lotte dei vari pretendenti ed usurpatori, nonostante avesse gravi e frequenti contrasti con la Chiesa, contrariamente alle consuetudini dell’epoca, trasformò la sua corte di Palermo in un centro di intensa vita culturale ed intellettuale. In essa ospitò le più colte, fervidi ed intraprendenti menti dell’epoca, i più grandi poeti, filosofi, letterati, matematici, conoscitori di scienze esatte e scienze naturali, astronomi, astrologhi, alchimisti, negromanti, storici, traduttori, scrivani, ecc. Il fior fiore della cultura scienza, avanguardia dell’epoca, senza discriminazioni di nazionalità, estrazione, fede o religione, senza porre barriere alle fonti del sapere anche se prioritariamente concedeva le sue preferenze alla cultura araba, con sempre però molto interesse a quella ebraica oltre che a quella latina e greca.
L’Imperatore alle frivolezze, alle lussurie ed alle amenità della corte, che assolutamente non disdegnava, anzi….., essendo dedito nello stesso tempo ai vizi ed alle virtù, dava sempre più spazio e generalmente di tarda sera e di notte a particolari riunione culturali con pochi selezionati intimi con i quali, immergendosi nella magica atmosfera del loro intenso mondo esoterico, disquisiva sui più disparati argomenti, senza tema di offendere o dissacrare le convinzioni, credenze e fede dei partecipanti. Nessuna teoria veniva considerata audace, e nessun soggetto troppo sacro per sfuggire all’analisi. Da queste “tornate esoteriche”, dal suo innato eclettismo, dal continuo nutrimento di scienze, dottrine e pensieri che gli eletti che lo circondavano gli profondevano, in Federico germogliavano quelle idee, quelle intuizioni e quelle volontà creative che si concretizzarono nelle innumerevoli eccelse opere e rivoluzionarie iniziative che diedero alle tradizioni dei tempi decisive svolte all’impronta di una estrema modernità ed avanguardismo per cui non a torto, successivamente, il geniale Federico venne considerato uno dei lontani precursori dal Rinascimento. Federico, anche se attraversato da forti tensioni esoteriche, era pur sempre un materialista anche se non assoluto, e proprio per questa sua dualità il suo esoterismo nel senso di interesse a dottrine, ricerche, soluzioni, si materializzò in molti casi di pragmatismo, nella prevalenza cioè della pratica sulla teoria per il soddisfacimento dei molteplici bisogni umani e sociali, e ciò lo portò alla realizzazione di opere altamente civili a mezzo delle quali, spargeva sapere e scienza e con altre suscitava nuovi ideali di dignità umana e di libertà per il miglioramento delle condizioni dell’uomo comune. Infatti creò e divulgò trattati di filosofia, medicina, veterinaria, falconeria, ornitologia, botanica, scienze naturali, astronomia, astrologia ecc. Ma più grande di tutte fu la stesura e promulgazione del “Liber Augustalis” o “Costituzioni di Melfi” con la quale veniva sancito un organo nuovo corpo di leggi ed ordinanze imperiali che gettarono le basi per la costituzione di uno stato sovrano laico moderno e democratico, rivoluzionando radicalmente le concezioni e l’ordine costituito medievale. Opera ciclopica questa nella quale nulla fu trascurato e tutto curato con massima sapienza e professionalità, dalla giustizia alla sanità, dalla amministrazione alla politica, della suddivisioni territoriali in province alla concentrazione del potere militare alla Corona, dalla politica finanziaria all’economia, dai monopoli ed il controllo del commercio ai traffici internazionali, dai provvedimenti per la salvaguardia della condizione femminile alla eliminazione dell’oppressione del ricco sul povero, della privazione dei privilegi dei feudatari sui loro vassalli e servi, ai limiti dei poteri temporali della invadente Chiesa, e così via. In altri casi l’esoterismo di cui abbiamo accennato prima, lo ribaltò in essoterismo concedendo cioè a tutti la possibilità di accadere a conoscenze e dottrine, e da qui altra grandiosa realizzazione; la fondazione della Università di Napoli, in quanto lo Svevo intuì che uno Stato non poteva svilupparsi e progredire se il suo popolo non fosse istruito ed indottrinato, sollevandosi così da quell’ignoranza della quale era volutamente immerso, essendo lo strumento più subdolo per mezzo della quale la Chiesa esercitava facilmente il suo potere. A coronamento della creatività di Federico non bisogna assolutamente dimenticare le energie di ogni genere profuse nel proteggere e favorire l’arte con la poesia ( la corte di Palermo fu la culla della poesia artistica italiana e si cominciò qui a parlare il primo volgare), la musica, il canto e prime fra tutte l’architettura per onore della quale oltre che per i primari motivi di strategia militare, inondò il suo regno di oltre 200 tra castelli regge e fortificazioni, ed essendo moltissimi di questi giunti a noi in perfette condizioni, tramite la loro maestosità e bellezza oggi ci fanno capire ancora meglio chi fu Federico II di Svevia. Ma come si è detto innanzi Federico non era un materialista “assoluto”, era anche un sognatore, un meditativo affascinato dai tanti misteri quale la creazione dell’uomo e dell’immortalità della sua anima, l’esistenza di un Dio e, primo per tutti , la grande legge che regge l’Universo. In questa sfaccettatura è da ricercarsi il suo interesse per l’esoterismo puro, per venire cioè a conoscenza di queste dottrine e verità che antiche scuole di filosofie e circoli mistici, unitamente ai loro riti consideravano come sacre e custodivano gelosamente per svelarle solo ad iniziati.Tale suo interesse lo si evince in modo estremamente palese in una lettera che indirizzò al suo personale filosofo ed astrologo Michele Scoto, nella quale tra l’altro chiese: “Maestro mio carissimo…….spesso e in modi diversi abbiamo ascoltato questioni e soluzioni differenti intorno a corpi celesti, quali il sole, la luna, le stelle fisse, intorno agli elementi, all’anima del mondo, alle genti pagane e cristiane e agli essere che si trovano sulla terra, come le piante, o dentro di essa, come i metalli. Nulla però abbiamo inteso intorno a questi misteri, che, per mezzo della sapienza, danno diletto allo spirito, come il paradiso, il purgatorio e l’inferno, e intorno al fondamento della terra e della sue meraviglie. Ti preghiamo pertanto acciocché, per il tuo amore della sapienza e per la riverenza che presti alla nostra corona, tu ci esponga il fondamento della terra, in che modo cioè essa sia ferma sull’abisso, in che modo sia l’abisso sotto la terra, e se l’abisso sia saldo per virtù propria oppure poggia sopra cieli che gli stanno sotto; quanti siano i cieli e chi siano i loro reggitori e i loro abitanti principali; e quanto con misura esatta disti un cielo dall’altro; e di quanto un cielo sia maggiore dell’altro, e che cosa esista dietro l’ultimo cielo; in quale cielo Dio si trovi sostanzialmente, e in che modo egli segga sul tono del cielo in compagnia degli angeli e dei santi,e che cosa questi facciano di continuo davanti a Dio. Parimenti dicci quanti siano gli abissi, e che nome abbiano gli spiriti che in essi dimorano, dove si trovano l’inferno il purgatorio e il paradiso celeste, e sotto o sopra la terra; se sopra o negli abissi e quale sia la differenza tra le anime che vi approdano e gli spiriti che vi caddero dal cielo; e se le anime dell’aldilà si conoscano a vicenda, e se possiamo ritornare in questa vita e parlare e mostrarci; e quante siano le pene dell’inferno……..e come ti spieghi che l’anima di un uomo vivente; trapassata ad altra vita, non possa essere indotta a ritornare ne dal primo amore ne da odio, come se nulla fosse stato, e non si curi più delle cose lasciate”. Cari lettori, commentare è superfluo, da questa serie di domande si individua la sete di sapere di Federico ed il costante indagare sul problema dell’immortalità dell’anima. Ma tutto questo viene fuori dalla sua mancanza di fede dalla sua ambiguità del suo credo religioso in quanto non un cattolico ortodosso, non condivideva l’eresia e l’islamismo e si intratteneva, sempre per la ricerca della verità, sui riti religiosi ebraici ed indiani. Papa Gregorio IX lo accusò formalmente per aver negato la nascita verginale di Cristo e per aver dichiarato che il mondo era stato ingannato da tre impostori: “Mosé, Maometto e Cristo”, teorie non sue in quanto già circolavano alla fine del XII secolo e quindi prima della sua nascita, ma senz’altro da lui discusse ed approfondite, con le conseguenti deduzioni pregne di dubbi, perplessità ed interrogativi sulle tre grandi religioni – l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, e per avere soddisfacenti risposte per decidere in che cosa veramente credere, egli compiva continuamente ricerche contattando sia fisicamente che epistolarmente i dotti di tutto il mondo. Il momento più esoterico di Federico lo riscontriamo sicuramente intorno al 1240, in un periodo di disorientamento intellettuale in quanto teorie filosofiche di persone che erano accettate dal mondo occidentale perché più concilianti con il credo cattolico, vennero sconvolte da quel più razionalistiche e logiche di Aristotele che Federico,. Con sommo disappunto delle autorità ecclesiastiche, divulgò dopo averle fatte tradurre dal Michele Scoto. Proprio su questa controversie pro e contro Aristotele, Federico chiese chiarimenti a studiosi del mondo arabo (Egitto, Siria, Irak, Dubub, Yemen e marocco), formulando una serie di quesiti noti come i “Quesiti Siciliani”. Cinque interrogativi sul rapporto tra Dio e il mondo, sull’eternità del Mondo, sui problemi Aristotelici di rapporto tra intelletto e fede dello spirito, sull’immortalità dell’anima. Iniziativa questa che non piacque, tanto per cambiare, alla Chiesa, che non ammetteva che un Imperatore cristiano, nella speranza di sedare le lotte del suo intimo, chiedeva lumi a degli “infedeli”. Nello stesso periodo (1240) Federico si affliliò alla “Pactio Segreta” dei cavalieri, che si era costituita per la liberazione del Santo Sepolcro, ed alla quale faceva parte anche l’Ordine dei Templari, un potente e vasto ordine religioso militare ai cui adepti Federico fu molto vicino ed essi a Federico tanto da offrirgli la corona di Imperatore del Mondo in previsione del loro programma di impadronirsi dell’Europa per diffondervi il culto del Dio Unico, comune all’ebraismo, all’islamismo ed al cristianesimo. Altri legami prevalentemente esoterici tra Federico ed i Templari, li abbiamo per la comune appartenenza ai “Fedeli d’Amore”, grandi iniziati e poeti che attribuivano dottrine teologiche-politiche ed idee mistiche ed iniziatiche parafrasandole sotto le forme convenzionali dell’amore in canti e poesie dedicate ad evanescenti donne ideali. Forse intorno allo stesso anno commissionò (di certo ne ordinò l’esecuzione di alcuni lavori), la edificazione di “Castel del Monte”, la più misteriosa la più affascinante, la più enigmatica delle opere di Federico II di Svevia e del Medioevo tutto. Su questa costruzione tanto singolare, adagiata su una collina talmente regolare da far dubitare sulla sua naturalezza e sar supporre che sia un tumolo, sono state scritte tantissime teorie circa la sua erezione. Ma se consideriamo che è stato costruito con le proporzioni dettate dal sole, in connessione con le formule astronomiche che reggono i ritmi eterni del cielo, e quindi con gli stessi criteri adottati in epoche diverse da altre enigmatiche costruzioni come il Tempio di Salomone, l’anello dei megaliti di Stonehenge in Inghilterra, le Piramidi d’Egitto e tanti altri, se recepiamo i mille messaggi trasmessi attraverso i copiosi simboli in esso riportati, tanto da essere giustamente definito, fra tante, “un libro di pietra”, se consideriamo la sua invivibilità come residenza, non può dedursi altro se non che esso sia stato progettato ed eretto come “Tempio”, come luogo di adunanza per le disquisizioni e conversazioni che erano tanto dentro il cuore e lo spirito dei suoi frequentatori. E perché no, cari lettori, come sede simbolica di quell’imperatore del Mondo auspicato dai Templari? Per la sua ottagonale infine, senz’altro non a caso adottata, ci fa pensare automaticamente alle già preesistenti costruzioni sacre a stessa pianta, ma ci porta anche a pensare che l’otto è il simbolo dell’infinito orizzontale e verticale e quindi simbolo dell’Autorità Universale, otto sono le direzioni della rosa dei venti, otto sono le facce a vista della pietra cubica a punta, cioè il cubo sormontato da piramide, otto i lati del leggendario vaso di smeraldo “il Santo Graal” contenente il sangue di Gesù, che secondo la leggenda i Templari possedettero unicamente alle mitiche Tavole delle legge di Mosé. Orbene, se come è certo i Templari ebbero forte attinenza con Castel del Monte e se è vero la leggenda che essi vennero in possesso delle Tavole di Mosé e del Santo Graal, in Castel del Monte forse sono rinchiusi i segreti della grande legge dell’Universo e della Sapienza Divina. Vi chiedo, cari lettori, ancora un po’ di pazienza per un’ultima considerazione: Castel del Monte è ubicato in un luogo equidistante dai centri abitati più vicini, quindi nel punto più isolato della zona. Questo è stato voluto oppure è causale? Forse voluto per essere simbolicamente immerso nel silenzio, quel silenzio che i grandi profeti cercavano nel deserto per ascoltare la voce di Dio.
Cari amici lions, alla luce di quanto magistralmente sopra esposto, ritengo che la nostra Associazione dei Lions sia necessario ritornare ad una tradizione di Libero Pensiero e confronto su quanto effettivamente accade intorno a noi. IL riferimento ai Templari e al Temlarismo esoterico che ho interpretato come simbolo del grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato dei 33 ed ultimo grado speculativo, chiarisce molto la nostra origine di Lions nella storia.