Dott. Pietro VITALE
Giornalista e scrittore
Direttore editoriale del blog International:
di
Antonio Laurenzano
E’ profonda la crisi di fiducia dei cittadini europei nelle istituzioni
comunitarie. Una delusione per l’Unione, giudicata invadente e lontana dai
bisogni della gente, soprattutto nei processi decisionali relativi ai temi di
impatto diretto sulla vita di ogni giorno. E si parla di deficit democratico
per censurare la carenza di rappresentatività delle istituzioni di Bruxelles. Questa Europa provoca sentimenti di
ostilità, viene vissuta come l’Europa dei poteri finanziari e dei
governi succubi, non certo della sovranità popolare. Negli ultimi decenni, una galassia eterogenea di partiti e movimenti nazional-populisti si stanno
imponendo in molti Paesi. Un fenomeno nuovo che pone interrogativi sul futuro
delle democrazie europee e richiede una riflessione ampia e articolata sugli
effetti dei cambiamenti globali in atto. L’avanzata del populismo e del
nazionalismo insidia il sogno europeista e fa vacillare le nostre democrazie
sotto la spinta degli estremismi. Il nazionalismo, padre di tutte le guerre,
torna ad alzare la testa in maniera preoccupante, proponendo un presente che ha
perso la memoria del passato! In un’Europa segnata da una lunga crisi economica
e da politiche di austerità, populismo e nazionalismo rischiano di prendere il
sopravvento veicolando l’opinione pubblica verso pericolose forme politiche di
anti-sistema.
Lo Stato-nazione è ancora il riferimento
principale per l’identità politica per la maggior parte degli europei che manifestano
un rigetto crescente verso i partiti tradizionali colpevoli di aver tradito
l’integrità nazionale. Gli
elettori, spaventati dal
futuro perché vedono il loro modello di
vita messo in dubbio dalle migrazioni e dalla ripresa che non decolla, votano
contro l’establishment, ritenuto non più credibile. Il malessere è nello
smarrimento del ceto medio, della vecchia classe operaia e dei giovani arrivati
sul mercato del lavoro dopo il crack del 2008, terrorizzati di perdere il
benessere di padri e nonni. E’ in questo spazio di forte disagio sociale che
nascono e crescono i movimenti nazional-populisti che di fatto azzerano quella solidarietà che in Europa aveva
accomunato tutte le forze politiche alla fine della seconda guerra mondiale e
su cui era stato edificato il sogno dell’Unione europea.
Si era provato a dare all’Europa una sua
Costituzione, nella speranza che potesse divenire una carta federatrice. Ma i
problemi si sono invece moltiplicati e il progetto di un patto costituzionale
(bocciato da Francia e Olanda) è diventato un fattore di disunione a conferma che
la politica europea è sempre più avvolta in una fitta cortina di incertezze e
contraddizioni. Una politica che alimenta inquietudini, crea insicurezze,
genera paure, crisi di identità nazionali. Si pagano a caro prezzo i tanti
compromessi al ribasso di un’Europa intergovernativa priva di un vero governo
capace di rispondere alle attese dei cittadini. Si sta miseramente sgretolando
il tasso di unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità dell’ Unione,
ma soprattutto si sta dissolvendo l’originario spirito comunitario dei Padri
fondatori. La cattiva gestione dei flussi migratori con paure crescenti,
incertezza economica, incubo del terrorismo islamico aumento delle tasse,
welfare precario sono alla base del diffuso nazional-populismo. Ognuno è
preoccupato del proprio orticello e per questo assistiamo alla costruzione di
muri e barriere, in contrasto con i principi ispiratori dell’Europa unita. L’unione
europea non è ancora un’Unione: manca un patto fondante in forza del quale lo
stare insieme, il decidere insieme, l’agire insieme siano un autentico
collante. Per superare con equilibrio e lungimiranza le sfide mondiali con
soggetti politici nuovi, per trovare cioè la via del futuro, non basta l’unità
delle monete, dei mercati, delle banche centrali. L’Europa deve valorizzare la propria identità culturale e
quella economica con il rilancio di politiche espansive e di crescita. Occorre
ridurre le differenze fra le classi sociali, accentuate da politiche poco
inclusive e dal dominio della finanza. Occorre agire sulla sicurezza, riducendo
le aree di conflitto ai confini europei e controllando i flussi migratori,
senza abdicare all’’accoglienza e alla solidarietà.
Ma la partita più importante per fermare
le fughe in avanti è quella che si dovrà giocare sul piano del rapporto fra
cittadini e istituzioni comunitarie per la nascita di una coscienza europea
mobilitando l’opinione pubblica. Obiettivo di fondo è rompere il luogo comune
che da anni associa l’Europa alla tecnocrazia e alla burocrazia di Bruxelles,
un’Europa troppo debole, lenta e inefficace.
Il mondo ci propone sfide che si vincono solo con un’ Europa unita, ben
consapevoli che “la logica della storia è più forte delle difficoltà
contingenti”. Riaprire dunque il cantiere dell’Unione per un rilancio
dell’Europa in un momento di grandi tensioni sullo scacchiere politico
internazionale. E’ in gioco la millenaria civiltà del Vecchio Continente e il
suo ruolo nei precari equilibri mondiali.