Ordini Cavallereschi Crucesignati

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lunedì 6 settembre 2010

EURO E CRISI ECONOMICA

ATTUALITA’: di Antonio Laurenzano
I bilanci pubblici e la stabilità dei mercati finanziari. Il workshop Ambrosetti di Cernobbio
Austerità. E’ la svolta rigorista impressa ai conti pubblici dei Paesi europei dai ministri dell’Eurogruppo-Ecofin per fronteggiare la crisi finanziaria ed economica che, attraverso la Grecia, ha investito Eurolandia con gravi ripercussioni sull’euro sui mercati internazionali.
In un contesto di grande precarietà, causata anche dalla mancanza di una politica economica e fiscale comune, i governi europei si sono affrettati a varare in questi ultimi mesi “ricette anticrisi”: misure correttive dei bilanci adottate per contenere i deficit pubblici e rilanciare, fra “lacrime e sangue”, la ripresa economica. Il rigore coniugato con lo sviluppo.
Un tema riecheggiato più volte nel corso del recente workshop Ambrosetti di Cernobbio: i bilanci in disordine minacciano la stabilità dei mercati finanziari. L’eccessivo livello di indebitamento pubblico di un Paese genera un perverso effetto domino con il trascinamento di altri Paesi nell’operazione salvataggio della moneta unica. Una spirale dagli effetti pericolosi che, indebolendo la fiducia degli investitori per il timore di solvibilità dei debitori, ritarda la ripresa economica.
Dunque, chi taglia il debito cresce e… fa crescere in equilibrio anche gli altri. E’ la sconfitta della teoria del “deficit spending” dell’economista inglese John Maynard Keynes, uno dei grandi geni della macroeconomia del XX secolo, strenuo assertore del ruolo della spesa pubblica come strumento anticiclico. Durante una crisi, i governi dovrebbero aumentare e non ridurre il proprio deficit. Qualsiasi tentativo di pareggiare il bilancio, o contenerne il deficit, non farebbe che peggiorare la crisi. Il “paradosso della parsimonia”.
L’Europa a difesa della propria moneta e della propria economia, ha scelto invece la strada del rigore. Ma quanti ritardi! L’Unione monetaria europea è una innovazione istituzionale senza precedenti storici, una unificazione monetaria che ha preceduto quella politica. Un’opera incompiuta: una moneta senza Stato! Una moneta senza una bussola, senza cioè una comune politica economica e fiscale. Senza una forte governance economica!
L’ipotesi su cui si basava la scommessa della moneta unica sganciata dal potere di governo dell’economia o da una fiscalità unica era la presunta omogeneità dell’area dell’euro, nel quadro di un graduale progetto di unificazione politica dell’Unione. Una ipotesi rivelatasi errata con il progressivo allargamento di Eurolandia a Paesi con debolezze strutturali di bilancio e di mercato e con politiche nazionali vincolate in modo soft ai parametri del Patto di stabilità che non è mai potuto diventare anche un Patto di crescita, come si era auspicato.
Affievolito nel tempo il progetto politico, con la crisi istituzionale registrata con la bocciatura del Trattato costituzionale, sono arrivati al pettine i nodi di sempre: l’assenza di ogni spirito unitario, i rigurgiti nazionalistici, i bassi interessi di bottega in un clima di soffuso euroscetticismo. E questo in un contesto internazionale sempre più globalizzato per affrontare il quale sul piano della concorrenza, cancellate le svalutazioni competitive del passato, occorre invece più Europa, più unità, più voglia di fare strada insieme!
Lo stretto coordinamento delle politiche economiche e fiscali è la condicio sine qua non per dare risposte certe alla crisi finanziaria ed economica, superando ogni anacronistica logica intergovernativa e proiettare l’azione comunitaria verso il compimento del progetto dell’unità politica dell’Europa: la creazione cioè dello Stato federale europeo, dotato di poteri circoscritti ma reali e di risorse proprie.
Prendere consapevolezza di questa necessità storica diventa non più differibile. Ma l’Unione e i governi nazionali vivono sospesi in una … gabbia fatta di vedute corte, particolarismi nazionali, mancanza di coraggio e lungimiranza politica. I problemi non si risolveranno finchè ogni nazione non vedrà il progetto europeo come il suo progetto. E’ auspicabile che vengano presto rimosse tutte le asimmetrie di potere che alimentano e alimenteranno la crisi globale, oppure possiamo cullarci ancora per qualche tempo con le illusioni e i miti del vecchio sistema europeo degli stati nazionali, mentre altri scrivono -senza di noi- le nuove regole del gioco della politica e dell’economia del mondo globalizzato. L’integrazione economica e politica dell’Europa può aspettare!....