Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 8 novembre 2018

CASTEL DEL MONTE, SCRIGNO ESOTERICO?


Dott. Pietro Vitale, giornalista e scrittore
Vice Direttore *  il “Palazzuolo”
Direttore del bolg internationale
:www.legestadellacavalleria.blogspot.com


l’Ateneo del libero pensiero

  CASTEL DEL MONTE
  un luogo d‘Iniziazione?


L’argomento sul quale Vi intratterrò, su Castel del Monte, amici lettori de il”Palazzuolo”, (con questo mio breve lavoro, sintetico, ma pregnante nel suo primario significato, certamente, non tratterò conclusioni definitive circa la costruzione del manufatto, tanti altri appassionati e studiosi di scienze esoteriche seguiranno, immagino, con la scoperta di altri “misteri” che nasconde questa meravigliosa costruzione).  Riguarda un famoso monumento pugliese, il quale ancora oggi, non ha svelato tutto il suo mistero ed è attento oggetto di studiosi e di studio.
Come avrete certo di già intuito, mi sto riferendo a Castel del Monte, manufatto che pare sia stato commissionato da Federico Ruggero appartenente alla dinastia degli Hoenstaufen, senza dubbio molto più noto come Federico II di Svevia, del tredicesimo sec.
Prima di addentraci nell’argomento, ritengo sia d’obbligo soffermarsi brevemente sul personaggio che ha legato il suo nome a questa stupenda opera. Federico II di Svevia è nato il 26 dicembre 1194 a Jesi da Enrico IV discendente del mitico Barbarossa e del potente Ruggero II Re di Sicilia, e da Costanza d’Altavilla. Restò orfano a soli tre anni e fu affidato dal padre in punto di morte alla tutela di Papa Innocenzo III. Il  tutore non si occupò molto del piccolo re, il quale crebbe a Palermo in mezzo al popolo apprendendo l’idioma, gli usi ed i costumi. Va ricordato che a quel tempo Palermo, capitale della Sicilia fino all’avvento angioino, era punto d’incontro di tutte le varie culture mediterranee ed in maniera particolare di quella araba, sotto il cui dominio era stata sino all’anno 1072 quando fu conquistata dai Normanni, il che contribuì in maniera determinante alla sua formazione culturale. Infatti non appena iniziò a regnare, si circondò di illustri studiosi italiani e stranieri quali, per citarne alcuni, il matematico pisano Leonardo Fibonacci, l’astrologo scozzese Michele Scotus, l’ebreo provenzale Jacopo Ben Abbamani, il campano Pier delle Vigne, Bernardo di Casacca, prima arcivescovo di Bari e poi di Palermo, ed Ermanno di Salsa, gran Maestro dell’Ordine Teutonico. Con altri illustri sapienti intrattenne rapporti epistolari, come l’ebreo di Toledo, Giuda Cohen, al quale chiese la soluzione di un problema di geometria. Questo celebre personaggio muore a soli 56 anni, il 13 dicembre 1250 a Castel Fiorentino, presso Foggia, “Sub-flore” come egli era stato predetto dall’astrologo scozzese Michele Scotus.
Un’ultima considerazione: Federico II è nato il 26 dicembre sotto il segno del Capricorno quando il sole inizia la sua ascesa nel cielo e la luce aumenta la sua intensità, ed è morto il 13 dicembre sotto il segno del Sagittario quando il sole sta per avvicinarsi con il Solstizio d’inverno al suo punto più basso e diffondere solo la sua minima luce.
Ed ora dedichiamoci a quella che viene considerata la sua opera. Castel del Monte è costruito sulla collina della Murgia Barese, alta circa m. 540 sul livello del mare a km. 19 a sud di Andria e più precisamente a 41° 5’1 “di Lat. Nord e a 16° 16’8” Long. Est da Greenwich, con conci di tufo calcareo. Una leggenda racconta che in quel posto, nell’antichità, vi fosse un tempio. Davanti a questo tempio vi era una statua, con questa scritta  misteriosa sulla fronte “Ora il mio capo è di bronzo, ma alle calende di maggio sarà d’oro”. Un anno, all’alba, alle calende di maggio, fu scavato nel posto dove il sole proiettava l’ombra della testa della statua e fu rinvenuto un tesoro che fu utilizzato per la costruzione del castello. Per arrivare a Castel del Monte da Bari si percorre la S.S. 98 per Ruvo di Puglia, km. 27 e poi si svolta sulla S.S. 170 ancora per altri 19 km. Mentre ci si avvicina alla meta in alto d’improvviso appare, ancora in lontananza, ben stagliata sull’azzurro del cielo, la sagoma di questa bellissima, misteriosa costruzione. Essa ha l’aspetto di una mitica corona litica imperiale.
Ed ora, cari lettori, entriamo assieme nel “cuore” della costruzione, iniziamo l’analisi di quanto viene scritto su questo manufatto che da tutti viene chiamato castello. Una delle prime considerazioni deve essere dedicata all’uso dei alcuni numeri i quali sono stati impiegati nella progettazione dell’opera. I numeri sono quelli dell’inizio della serie di Leonardo Fibonacci, matematico pisano dell’epoca, nella quale a partire dal 3 numero ogni valore è dato dalla somma dei valori dei due precedenti (1-2-3-5-8-13-21-34-ecc). Ed infatti nell’esame di questo manufatto si incontrano i primi numeri di questa serie.
Uno  - l’edificio
Due  - gli ingressi
Tre   - i portali d’ingresso nel cortile, le finestre sul cortile, i caminetti del 1° piano le torri con le scale a chiocciola, tristili le finestre del 1° piano.
Cinque – le torri con gli stanzini, il numero complessivo dei caminetti, le pareti del cortile senza finestre.
Otto – le torri, le cortine delle torri, le sale al piano terra, le sale al primo piano, le finestre esterne, ed anche gli abachi ed i plinti delle colonne sono a base ottagonale e pure gli scalini della scala a chiocciola i quali sono 104 che si ottiene moltiplicando il n. 8X13.
Tredici – le monfore che si affacciano sul cortile.
Ventuno – i modiglioni nella parte inferiore del frontone, i modiglioni dell’architrave.
Trentaquattro – quadrifogli inframmezzati dai modiglioni del portale (34:21=1,619).
Da quanto sopra è evidente, che il progettista, fra tutti quei valori, ha voluto in maniera particolare privilegiare il numero otto, quindi è necessaria qualche considerazione su questo valore Plutarco nel suo scritto la vita di Teseo ci dice che “l’otto, primo cubo di un numero pari, è il doppio del primo quadrato, bene esprime la salda ed immobile potenza di Dio”.
Inoltre tutti sappiamo che il quattro rappresenta l’origine terrestre ed il cerchio è l’espressione dell’ordine celeste; perciò l’ottagono, che è la figura intermedia, è un simbolo di rigenerazione. L’otto, il quale ruota di 90° ha significato matematico di infinito, ci ricorda la figura del caducco ermetico, nel quale i due serpenti intrecciati sono il simbolo dell’equilibrio fra forze spirituali e quelle naturali. In una delle figurazioni contenute nell’Azoth dei filosofi di Basilio Valentino si vede una serpe che, in forma di otto , si avvolge intorno al sole ed alla Luna, due impulsi essenziali, solare lunare, i quali debbono essere domati e controllati in perfetto equilibrio. La pianta di questo manufatto è stata disegnata sul canovaccio di quattro rettangoli sovrapposti a croce di Sant’andrea, ed i lati di questi rettangoli sono in rapporto aureo fra di loro, ossia 1,618. Questo numero il quale fu studiato attentamente sia Euclide che da Pitagora, è definito irrazionale, fu denominato “Divina proporzione” da Fra Luca Paciugo e “sezione aurea” da Leonardo da Vinci. Perché divina proporzione? Perché molte parti del corpo umano sono in rapporto fra loro in questa proporzione: l’altezza dell’uomo da terra all’ombellico moltiplicato per questo numero da l’altezza dell’uomo, così come per la altre parti del corpo umano. Anche il volto dell’uomo è tutto scomponibile in una griglia nelle quali tutti i rettangoli sono in rapporto aureo fra di loro. Ed ora amici lettori, qualche cenno sul punto geodetico che è stato scelto per costruire il manufatto di cui stiamo “indagando”. Si rivela che il castello si trova quasi perfettamente allineato fra la città di Gerusalemme e la cattedrale di Notre Dame di Chartres costruita in Francia fra il 1194 ed il 1245. Si deve aggiungere che il castello è anche situato alla metà esatta della distanza fra la Cattedrale di Chartres e la Piramide di Cheope a Giza. Quando a Giza sono le ore 13,00 ed a Chartres sono le ore 11,00 a Castel del Monte è mezzogiorno. Alla latitudine di Castel del Monte nel dì equinoziale un ‘ora prima di mezzogiorno il sole ha un’apertura angolare rispetto alla meridiana di 22°33’, e la stessa apertura si riscontra un’ora dopo mezzogiorno per cui sommando i due valori si ottiene 90° che è l’ampiezza dellangolo che divide una circonferenza in otto parti uguali, il che è stato utilizzato per la costruzione dell’edificio.
Abbiamo menzionato che esiste un rapporto fra l’edificio eretto sulla collina pugliese e la piramide costruita nel deserto di Giza. Infatti è interessante leggere le seguenti misure:

C. d. M.                                 Piramide                                Rapporto

Lato                            52.33                                      232.434                                  4.44
Perimetro                   209.32                                    929.732                                  4.44
Diagonale                   74                                           328.72                                    4.44
Circonferenza             232.434                                  1032.51                                  4.44


Come si nota il rapporto costante fra le misure esposte è di 4.44 ossia quel 444 che cubiti egiziani è la misura del lato della piramide.
L’Abate Moreaux nel suo trattato “La Scienza misteriosa dei Faraoni” scrive che niente ci può far supporre che gli antichi egiziani avessero conoscenza del fenomeno della pressione, della Stella Polare, del peso della terra, della misura dello sferoide terrestre, del volume della terra, della distanza fra la terra ed il sole, della frazione esatta del raggio solare ed ecc…, eppure tutte queste conquiste moderne allo stato di grandezza  naturali misurate e sempre misurabili, avendo soltanto bisogno del significato metrico che portano in se per mostrarci in piena luce, si trovano tutte nella grande piramide.
Ed ora rivolgiamo la nostra attenzione pur senza entrare nel dettaglio al modo con il quale i progettisti di questa opera hanno determinato tutte le misure che sono che sono servite alla realizzazione del progetto. L’architetto Vitruvio, vissuto venti secoli fa, all’epoca di Augusto, nel non libro della sua opera “De Architettura” ci parla della gnonomica che è lo studio delle ombre di un bastone conficcato in terra, ombre che ci consentono di stabilire le ore del giorno, i giorni dell’anno, la latitudine del luogo.
In questo libro Vitruvio ci ha descritto un “analemma” e cioè un disegno geometrico in base al quale è possibile, se conosciamo la latitudine del luogo nel quale il bastone è piantato, determinare la lunghezza delle ombre del bastone alle date in cui il sole entra nei diversi segni zodiacali.
Ed è con questo criterio che sono state determinate le misure per realizzazione di Castel del Monte. Infatti l’altezza del cortile dell’edificio è appunto il bastone dell’analemma di Vitruvio ed ha dato con la proiezione degli angoli le distanze per la misurazione di tutti gli elementi occorrenti alla realizzazione delle diverse parti dell’opera.
Per una comprensione completa di questa realizzazione è necessaria una attenta visualizzazione dei diversi disegni dai quali quando su esposto emerge in maniera chiara.
Invece per completare questo mio lavoro di ricerca, il quale per il tempo in cui deve essere svolto non può scendere in più dettagliate analisi, proseguo sull’aspetto estetico e funzionale della costruzione , aspetto che esclude sia quello di costruzione bellica che quella di luogo di caccia o di piaceri. Domanda: perché non può essere una costruzione di difesa? Perchè non ha fossato intorno al suo perimetro, non ha un ponte levatoio, ha otto finestre esterne molto grandi che ne pregiudicano la difesa, le feritoie non sono abbastanza ampie perché siano usate dagli arcieri, non vi sono scantinati, non vi sono cucine, alloggi per la truppa ed altro, ancora, altra domanda: perché non luogo di piacere? Perché non vi sono come prima cosa, cucine e dispense, camere da letto, una stanza per il trono, stanze per cortigiani, non vi sono scaloni d’onore.
Invece, amici lettori, questo manufatto ha otto sale inferiori e otto al primo piano, tutte comunicanti fra loro. Le stanze del piano terra hanno tutte ad eccezione di quella fra la seconda e la terza, le porte di comunicazioni fra di loro una a destra e l’altra a sinistra della parete che le divide: quasi ad indicare un percorso obbligato.
Terminato il giro delle otto stanze a piano terreno, caratterizzate dalla penombra per la poca luce che filtrava attraverso i portali e le strette finestre, ci accingiamo ad accedere al secondo piano al quale si consiglia di salire per la scala della quarta torre per avere la possibilità di girare tutte le stanze. Arrivati a questo piano, siamo subito colpiti dalla luminosità, per la tanta luce che entra dalle finestre esterne e da quelle che danno sul cortile. Sembra quasi che il visitatore abbia percorso un cammino iniziatici pervenendo alla fine dello stesso alla luce. Anche qui le otto stanze sono tutte comunicanti fra loro ad eccezione della parete fra l’ottava e la prima stanza che è chiusa. L’ottava stanza, al primo piano, è quella che si trova ad oriente sul portale di ingresso. Tutte questa stanze hanno, lungo le pareti, delle panche di travertino chiaro, il che fa pensare che esse fossero utilizzate quali luoghi di riunione e a giudicare dalla progressione delle stanze stesse, a vari livelli.
Da rilevare che i caminetti, costruiti con cappe che somigliano a copricapi di maghi, sono troppo piccoli per riscaldare quegli ambienti e sembra che abbiano, in effetti, più la funzione di bruciatori di aromi ed incensi. Orbene, per finire questo mio lavoro, desidero evidenziare che la costruzione di questo castello è da qualcuno attribuita all’Ordine dei Templari, in considerazione della sua forma ottagonale, forma preferita degli stessi ed utilizzata in varie loro opere come la Cappella di “Le-en Velay”, quella di Lunate in Spagna, la quale è anche circondata da una cinta ottagonale, dall’interno della chiesa di San Giovanni al Sepolcro di Brindisi, dal cortile del “donjon” del Castello di Gisor ed altri. In ultimo, per chiudere, nel quindicesimo secolo in Francia, quale allegoria della distruzione dell’Ordine del Tempio, apparve una stampa raffigurata una torre ottagonale in fiamme.

cav. uff. dott. Pietro VITALE

Bibliografia:
  1. Tavolato: Castel del Monte e opere varie
C.A. Willense: Castel del Monte
Vlora-Mongelli-Resta: Il segreto di Federico

LA CAPPELLA DI SAN SEVERO, UNO SCRIGNO INESAURIBILE.


 Cari amici del mio blog, riprende l'antologia del Libero pensiero che scaturisce dal profondo dell'Animus. Il cammino della conoscenza dell'Arte Reale. Vi propongo alcune dotte riflessioni della Dott.ssa Anna Checcoli Marjani Mazzantini. Il Direttore del Blog.
              
 L'Ateneo del Libero Pensiero, di Anna Checcoli

 L'importanza di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, nella
Libera Muratoria moderna

Raimondo di Sangro nasce in Puglia, a Torremaggiore, il 30 Gennaio 1710.
Mago, esoterista, teorico militare, scienziato, riformatore della Massoneria, ideatore
della Cappella di Sansevero. Questa e molto di più, è l'essenza visibile del VII
Principe di Sansevero.
Orfano della madre dalla tenera età di un anno, abbandonato dal padre che conduce
una vita dissoluta, Raimondo crescerà con i nonni, e poi verrà educato in un convento
di Gesuiti a Roma. Sono gli anni in cui la Compagnia di Gesù elabora sintesi ardite
fra sapientia antiqua e “Religione rivelata”.
Sono gli anni in cui si scoprono i culti di Iside negli scavi di Pompei, iniziati da Carlo
III di Borbone, ed è curioso sottolineare come lo stesso palazzo Sansevero sorgesse
nel quartiere egiziano dell'antica Neapolis, e che dove poi fu fatta la Cappella,
originariamente vi fosse un tempio dedicato a Iside.
In questo humus, Raimondo, illuminista apparente durante il giorno, ma “mago” di
notte, creerà numerose invenzioni, come, ad esempio, il Lume Eterno, una fiamma
che arde costantemente consumando quantità di materiale infiammabile praticamente
nulle, grazie ad un composto chimico ideato da lui, che, sappiamo bene, è stato un
grandissimo alchimista, fra le varie cose.
Per il re Carlo di Borbone inventò un tessuto impermeabile, realizzò poi un fucile a
retrocarica, con almeno cinquanta anni di anticipo sull'invenzione in ambito
“profano”, creò una carrozza galleggiante con la quale attraversò il Golfo di Napoli.
Ma, soprattutto, fondò a Napoli la prima Loggia di Rito Scozzese, per la quale creò
un rituale commisto egizio-scozzese, oltre ad un rituale specifico per gli alti gradi
dello Scozzesismo napoletano, riferiti a quelli del Rito di Misraim, gradi noti come
Scala di Napoli.
Egli mise quindi in pratica una teurgia destinata a formare la sapienza necessaria a
utilizzare l'alchimia e le tecniche di trasmutazione delle sostanze visibili.
Come sostiene Mircea Eliade, «l'occulto non è solo in non-visibile, è ciò che si vede,
secondo una etimologia tradizionale di mysterium, “quando gli occhi si chiudono”».
L'originalità di di Sangro, da un punto di vista massonico, consiste nell'aver fatto
entrare nello Scozzesismo tradizionale i misteri di Iside e Osiride, spingendo
l'iniziato, lungo il proprio percorso, a costruire il proprio “Carro di Luce” (in ebraico
Merkabah) o “Corpo di Gloria”, riuscendo così ad unificare i Tre Corpi dell'Uomo e
quindi i Tre Fuochi che agiscono in lui, identificando l'Ariete con la testa, il Sagittario
con la parte fisica, e il Leone con il cuore.
Non spingendomi oltre, sottolineo però che Raimondo iniziò la costruzione della
Cappella alla fine del suo percorso massonico.
Nel frattempo, scriverà moltissimo: dalla Relazione della Compagnia dei Liberi
Muratori del 1746 ad un testo sulle Costituzioni delle Logge di Inghilterra, Statuti
dei Tre Alti Gradi di Maestro Scozzese, Eletto e della Sublime Filosofia, nel 1751,
che, incredibile a dirsi ma vero, è stato ritrovato nell'Archivio Segreto del Vaticano.
Nello stesso anno il principe pubblicherà una Epistola di Raimondo di Sangro al
Pontefice Benedetto XIV, in cui si scagionerà della propria appartenenza alla
Massoneria. Eppure è certo che il settimo Principe di Sansevero sarà il primo Gran
Maestro di una Gran Loggia nazionale italiana.
La cosa interessante relativa all'ultimo scritto citato è che di Sangro cerca, con questa
sua affermazione, di scagionare conseguentemente i Fratelli e di salvare se stesso e
loro dalle persecuzioni papali. Allo stesso tempo non dice una menzogna, perché
realmente egli si sta allontanando dalla Massoneria che si sta “profanizzando”, per
ritirarsi verso un cammino massonico-iniziatico che contenga un «programma
sapienziale contenuto in ogni fase storica» non curandosi del nesso fra gerarchie
visibili e classi sociali del mondo profano.
Concetto da non confondere con una visione democratica, ma che, anzi, sottolinea e
riprende la stessa posizione del De Maistre, Massone delle Logge tedesche di Stretta
Osservanza, antidemocratico e antiliberale. Di Sangro rifiuta la visione di una
Massoneria parapolitica con accenti di “benevolenza”, che ritiene profanizzata, ma
rifiuta anche la egalité universelle, che lui immagina forse raggiungibile solo in cielo,
dal momento che la vede come un punto di arrivo della “trasmutazione alchemica
della società”.
Non vi è quindi ipocrisia nella mistica cristiana di Raimondo, piuttosto la ricerca
della eternità dei simboli cristiani nella riduzione alla loro radice sapienziale e
tradizionale, un po' come nei procedimenti alchemici.
E' dunque questa la direzione del settimo principe di Sansevero nel diffondere le
proprie invenzioni e scoperte chimiche e alchemiche, così come attraverso di lui la
sapienza occulta transiterà dagli Ordini Massonici, per così dire, “visibili”, e opererà
poi le rivoluzioni modernizzatrici, si diffonderà in un reticolo di Alti Gradi, di circoli
iniziatici locali, di singoli Maestri che si muoveranno in ambiti sempre meno legati
alla Massoneria “esterna”. Ivi si diffonderanno gli aspetti della Rivoluzione
Scientifica e spirituale dell'epoca, assumendo aspetti iniziatici oggi forse meno
comprensibili di allora.
Più in particolare, osserviamo come Raimondo lavori sempre con l'Acqua, la Terra il
Fuoco e l'Aria, i quattro elementi che il recipiendario trova nella sua cerimonia di
iniziazione, e che, in effetti, sono legati alla Natura anche da un punto di vista
simbolico.
Raimondo lavorerà a lungo sulla Luce, producendo molti ritrovati alchemici e non, ad
essa correlati. Non solo, ma sosterrà, ad un certo punto, di aver riprodotto la
Resurrezione.
La Cappella di Sansevero è un tributo a tutto quello di cui abbiamo parlato sinora, un
riassunto della prassi alchemica, che ritroviamo anche nella simbologia massonica,
legato alla cottura e la “digestione” della materia preparata.
Soluzione, Coagulazione, le fasi di cottura all'interno dell'Uovo Filosofico, il vaso
che contiene la materia preparata, calcinazione, combustione, sublimazione, non sono
forse le fasi che l'iniziato attraversa nella trasmutazione di sé durante il proprio
percorso?
Nella cottura si susseguono i colori, tema fondamentale nelle macchine e nei ritrovati
del Principe di Sangro. Il Corvo, nero, che corrisponde alla Nigredo, la prima fase
alchemica, la Cauda Pavonis, che contiene una miriade di colori, e poi il Bianco, che
corrisponde alla Albedo, cioè il compimento della Piccola Opera, fino al Citrino
(Citrinitas) e al Rosso, la Rubedo, l'ultima trasmutazione alchemica dalla quale si
ottiene l'elisir.
Sono questi i colori della Cappella di Sansevero e quelli che lo stesso principe
utilizzerà per la sua invenzione della “stampa a più colori”. Egli inventerà un tipo di
seta artificiale, e farà un drappo con tutti i colori appena menzionati, con la precisa
intenzione di riprodurre i procedimenti e le fasi alchemiche.
Le due famose e cosiddette “macchine anatomiche” sono poste esattamente alla fine
del percorso ermetico-iniziatico all'interno della Cappella. Esse rappresentavano
proprio la Rubedo, la Fenice, la Resurrezione.
I due cadaveri , prima di essere posti nella cripta della Cappella, erano custoditi nel
palazzo, preso una sala detta, appunto, della Fenice.
I proprietari attuali non hanno mai consentito la verifica sugli esseri umani ed il loro
apparato circolatorio. Questo ci può far pensare che effettivamente di Sangro, come
altri dopo di lui, per esempio Paolo Gorini e Girolamo Segato, avesse scoperto, grazie
all'alchimia, un metodo di pietrificazione.
In effetti, avendo potuto osservare i corpi molto da vicino, è abbastanza inverosimile
che il reticolo venoso sia costituito da fili di ferro, come che la copertura sia di cera.
Solo le parti arteriose e le vene più grosse sono state colorate artificialmente, il resto
è ormai completamente scuro.
Avendo potuto vedere e toccare anche le “opere” di Segato, posso dire che sono
impressionanti, e che i tessuti, la pelle, la carne rimangono alla vista identici, ma al
tatto come pietra.
Chiudendo questo inciso tecnico, la cosa assolutamente fondamentale da
comprendere è, in Raimondo di Sangro, la mancanza di soluzione di continuità fra
Massoneria, Esoterismo ed Ermetismo, fra Alchimia operativa e speculativa, fra
Teurgia e Natura, fra l'essere “Mago”, nel senso di Magus, alto iniziato che opera a
livello sacerdotale, e l'essere uomo dei Lumi.
Un personaggio completo, un grande esoterista, genio del proprio tempo, inserito
perfettamente nel contesto sociale e politico della sua epoca. Uno dei pochi ad essere
apprezzato e stimato anche in vita.
BIBLIOGRAFIA
Giancarlo Elia Valori - Raimondo di Sangro Il Principe di Sansevero e la magia
dell'Illuminismo
Angelo Sebastiani – La Luce massonica vol. II. L'arte operativa nell'Ordine
Gino Testi – Dizionario di alchimia e chimica antiquaria
Consultazione di vari siti internet su Raimondo di Sangro