Dott. Pietro VITALE, storico-medievalista
giornalista pubblicista e scrittore
Direteur de bolg internationale
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Un mondo differente non può essere costruito da
persone indifferenti.
(Peter Marshall)
La mancanza di una
governance politica - L’Unione a rischio di disgregazione.
“L’Europa deve diventare un partecipante
attivo alla costruzione di un nuovo ordine mondiale e non consumarsi nelle
proprie problematiche interne”. E’ il pensiero espresso da Giorgio Napolitano
all’American Academy di Berlino, la scorsa settimana, in occasione del Premio
Henry Kissinger 2015 ricevuto per lo
“straordinario contributo ai rapporti transatlantici”. Un rilancio del “progetto Europa” in un
momento di forti contrasti e incertezze sul futuro dell’Unione.
Nello spazio di una generazione
l’Europa è profondamente cambiata: il mondo e la globalizzazione economica ne
hanno sconvolto obiettivi e strategie mentre a Bruxelles continua a latitare
una governance europea a difesa della millenaria civiltà del Vecchio
Continente. Le politiche economiche, finanziarie, sociali e migratorie
alimentano sempre più un antieuropeismo che potrebbe pericolosamente azzerare
oltre sessant’anni di storia vissuti in pace, lontani dai sanguinosi
nazionalismi del XX secolo, causa di lutti e distruzioni. Ora più che mai l’Europa è a rischio di
disgregazione. I segnali sono molteplici: dal Front National di Marine Le Pen
in Francia ai minacciati referendum anti-Europa in Gran Bretagna, dalla
vittoria spagnola di Podemos alla disastrosa situazione in Grecia. Senza
trascurare la deriva populista di casa nostra ad opera di partiti a caccia di facili
consensi elettorali ….
Nonostante il mercato unico e la
moneta comune, l’Europa sta pagando il ritardo nel consolidare un’unità
politica. E’ l’ambiguità iniziale della sua fondazione: un’integrazione
monetaria priva di una politica espressione di una visione unitaria degli
interessi generali e non di accordi intergovernativi. Un’Europa cioè sempre meno solidale e più divisa,
fortemente condizionata da una Germania
egemone sul governo dell’Unione e sulla conseguente politica di rigore nei
confronti di Paesi membri fortemente indebitati.
La comune casa europea comincia a
scricchiolare: balbettii politici e cecità incrociate stanno proponendo l’immagine
di un’Europa invisibile, senza una precisa identità. Caduto il muro di Berlino l’Europa si era
illusa di seppellire per sempre l’ultima grande lacerazione continentale, la
più profonda e traumatica: la divisione di un popolo, di uno Stato, di un
Continente. Quel 9 novembre 1989 segnò la riunificazione tedesca ma soprattutto
l’unificazione dell’Europa. Ma ecco riapparire inquietanti le ombre del
passato. In assenza di una govenance politica capace di affrontare responsabilmente il dramma delle migrazioni
nel Mediterraneo con i successivi arrivi nei Paesi europei, l’Ungheria ha
annunciato la costruzione di un… muro alto 4 metri e lungo 175 chilometri lungo
il suo confine con la Serbia per bloccare il flusso di rifugiati e
immigrati! Un muro che sarà costruito su
remore psicologiche, ideologiche ed economiche con la complicità del silenzio
comunitario. Un vergognoso ritorno a
tristi pagine di storia!
Dove sono finiti i valori di
libertà, democrazia e solidarietà sui quali è stata costruita l’idea di Europa
unita? Quale Europa hanno in mente coloro che, calpestando l’illuminato
patrimonio ideale dei Padri fondatori, continuano a sprofondare in un pauroso
vuoto politico? Più Europa per salvare l’Europa! Per vincere le sfide
globalizzate non occorre un’Europa germanizzata, serve un cambio di rotta per
ridurre gli squilibri interni e rivitalizzare le energie penalizzate da eccessi
di austerità. Meno egoismi per dare ai giovani europei una prospettiva di
lavoro. Occorre una leadership politica e non tecnocratica per recuperare
certezze sociali ed economiche e
proseguire sulla strada della costruzione di un’Europa unita politicamente.
Altre opzioni non ce ne sono, se non lo sconosciuto (?) mondo della
ingovernabilità e della caduta di ogni parametro democratico. Muri, steccati e
fili spinati possono fermare la forza della disperazione ma possono aprire nuovi tragici scenari che nulla hanno
a che fare con la civiltà europea.
(www.antoniolaurenzano.it)