Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 7 giugno 2008

PADRE, FIGLIO E SPIRITO SANTO

Il Collage di MAX
Maggio 2008

Dear Friend,

Credere nell’esistenza dello Spirito Santo? Com’è possibile? Già è difficile credere nell’esistenza di Gesù il Cristo, nell’esistenza di Dio Padre… ma quella dello Spirito! Come lo si può immaginare? Tanti lo rappresentano in forma di colomba… come suggeriscono le Scritture. Ma un Dio con la forma di colomba? Una delle persone della Trinità… Padre, Figlio e Spirito Santo, una colomba? Strano! Infatti è proprio strano, ci sta sotto qualcosa di grande, di indescrivibile. E allora, siamo al punto di partenza: come credere allo Spirito Santo? Lasciamo da parte per il momento il “sotto forma di colomba” e ritorniamo ai termini pratici, esperienziali. Credo che lo Spirito Santo sia più facile percepirLo che rappresentarlo, lo Spirito Santo è l’Amore che lega il Padre al Figlio, un amore così grande, infinito che è in grado di “personificarsi”. Ma l’amore, almeno per un attimo, per quanto è stata infelice la nostra esistenza, l’abbiamo sperimentato: un sorriso, un dono inaspettato, una visita inaspettata, una telefonata, il legame forte con una persona, con una creatura… ecco che per questa via ci avviciniamo allo Spirito Santo. Ci avviciniamo allo Spirito Santo purificandoci dalle scorie, da ciò che appesantiscono e che sfigurano l’amore umano. E’ la stessa essenza! L’amore è da Dio. Anche l’amore umano, piccolo, misero, interessato, carnale ha quella radice. E più viviamo a fondo un tale stato di amore più percepiamo la natura dello Spirito Santo. Ne sentiamo l’affinità, sentiamo l’affinità, la nostra somiglianza con Dio. E più approfondiamo, purifichiamo l’amore in noi, più tutto il nostro essere si avvicina all’Amore, a Dio: la fonte stessa dell’amore! E siamo nella gioia piena, ci realizziamo pienamente, la vita risorge, diventa luce, il tempo non finisce mai, non può finire, è sospeso! Questo è l’Amore, chi non ne ha esperienza? Almeno per un attimo nella vita, partiamo dal fare memoria di questo pur breve istante, crediamo nell’esistenza di questo istante della nostra vita. Puntiamo tutto su quel momento, crediamo che possa essere di più di un momento… diventare tutta la nostra esistenza terrena, per sempre, nonostante tutto, al di là di tutto! Questo è credere nell’Amore, questo è credere nell’esistenza dello Spirito Santo! E credere che ci sia una via perché questo momento bello ed intenso nella nostra vita diventi non semplicemente un momento è credere che esiste una fonte d’Amore inestinguibile alla quale si può attingere è credere nell’esistenza di Dio stesso. E credere in Gesù è credere che vi sia una Via per attingere a questo amore infinito! Anzi, Gesù è il volto di questo amore, ce lo ha mostrato, Gesù ha mostrato il Padre, il Papino adorabile e tenero come lo chiamava Gesù, il Suo amore, il Suo essere vicino a ciascuno di noi percorrendo 2000 anni fa le vie della Palestina, risanando e beneficando tutti e non negando il Suo sangue sulla Croce per salvarci. Per insegnarci ad amare, per guarirci, per stapparci da tutto ciò che non è amore, per strapparci dai nostri egoismi, dal nostro ripiegarci su noi stessi che ci togli vita e felicità. Per darci la misura alta e infinita dell’amore al quale siamo chiamati qui ora, vertiginosa, perché sia vertiginosa la pienezza della nostra vita, la nostra soddisfazione, la nostra gioia! Vertigine e utopia che giunge fino al “siate perfetti come è perfetto il vostro Paparino che è nei cieli” e ancora “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati!”. Come è possibile se non è tutto ciò semplicemente un dono di Dio che si realizza per opera dello Spirito Santo, diversamente sarebbe impossibile! Umanamente impossibile! Tutti sperimentiamo la fragilità… ma non lasciamoci fermare, decidiamo di attendere e di desiderare più intensamente un dono così grande! Dio Padre l’ha promesso… ma come tutti i doni grandi va desiderato con perseveranza o convinzione, a qualsiasi costo! Questa è la nostra Salvezza, questa è l’opera di Dio Amore. E’ in questo nostro ardentemente desiderare, in questo nostro credere in questo amore, ricercarne le radici, la verità, l’essenza che agisce lo Spirito Santo e che scenderà presto “sotto forma di colomba” nella nostra vita a compiere questa meraviglia che ci farà Rinascere dall’Alto! Risorgere. Ma attenzione che scenderà “sotto forma di colomba”: semplicemente, timidamente, delicatamente, leggermente, teneramente… pronto a fuggire se si sente aggredito, ingabbiato, vulnerabile, capace di soccombere se violentato, richiamato e nutrito solo dall’amore.
A proposito, perché non riscoprire i Sacramenti, come appuntamenti dell’Amore di Dio? E mi riferisco in modo speciale alla Messa in cui lo Spirito d’Amore “sotto forma di colomba” discretamente, opera veramente una trasformazione d’amore, in noi, attraverso le Parole d’Amore di Dio udite nelle letture, e di ogni cosa posta spiritualmente sull’altare (dai nostri affetti più cari… al pane ed al vino per l’Eucaristia).

1) La "SINTESI" di Mari

Gesù, Tu che sei Verità,
Donaci di comunicare il Tuo messaggio di speranza, di grazia e di amore
Donaci di essere un microfono di Dio, un messaggero, un profeta.
Dacci un cuore fedele e forte, che mai tremi, né si abbassi
Un cuore coraggioso, sempre pronto a lottare.
Un cuore generoso, che non indietreggia
alla vista degli ostacoli.
Un cuore umile e dolce come il tuo
Beata Vergine Maria,
grazie perché ci inviti tutti a crescere nell’amore di Dio
e a portarlo a tutti coloro che sono lontani da Dio
Donaci di cercare la volontà di Dio
e di fare del bene a coloro che Dio ha messo sul nostro cammino
Grazie perché ci inviti ad essere luce e gioia per tutti!
Sostienici con le tue mani fino alla fine,
e non avremo paura!

2) MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA XLII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla

Tutti ricordiamo l’emozione della prima “e-mail”, sembra ieri! In pochi anni siamo tutti più vicini, che bel dono. Che forza, comunicativa, che diffusione possiamo dare alle idee, oggi; sembra incredibile. E… come sarebbe cambiato il mondo se Gesù avesse avuto a disposizione questi potenti mezzi? Ma Gesù è venuto “nella pienezza dei tempi” e allora, 2000 anni fa, in questa “pienezza” non c’erano tutte le possibilità comunicative di oggi e il suo messaggio è stato evidentemente efficace! Perché? Credo che sia il suo amore infinito a superare il tempo e le difficoltà, a rivoluzionare il mondo e giungere ancora vivo fino ad oggi. E anche noi oggi, se rimaniamo nel Suo Amore, se chiediamo con insistenza il Suo Spirito Santo, il Suo carisma comunicativo, l’Amore, per noi nel nostro piccolo e per i professionisti delle Comunicazioni Sociali, vedremo presto, in questi nuovi mezzi di Comunicazione Sociale, l’efficacia e la bontà nel fare Verità, nel creare ponti fra le apparenti differenze di razze, culture, religioni … fino a scoprirci fratelli e sorelle amati e che la Verità consiste nell’amarsi e nel comunicare amore e con amore.
maxchione@libero.it

venerdì 6 giugno 2008

LA CAVERNA DI PLATONE

Spesso ci interroghiamo sul futuro dell’Umanità mondiale. E spessissimo pronunciamo il luogo comune; “le nostre aspettative sono proiettate nel futuro”. Un concetto simile a quello della caverna di Platone.
Come molti ricorderanno, Platone, nello sforzo di conciliare l’essere di Parmenide con il divenire di Eraclito, ci racconta il mito della caverna. Egli immagina appunto una grande caverna con all’interno uomini incatenati in modo da non poter guardare verso l’uscita.

Alle spalle di questi, appena fuori, c’è una strada attraversata da altri uomini che portano sulle spalle oggetti di varia forma, discutendo vivacemente fra loro. Alle spalle di tutti c’è il sole.

Naturalmente gli uomini della caverna, che nella loro posizione vedevano solo delle ombre e sentendo solo delle voci, pensano che quelle ombre e quelle voci siano l’unica realtà esistente. Se potessero uscire fuori, invece, superato un primo momento di accecamento da parte della luce del sole, si accorgerebbero che la realtà è ben diversa. Il mito della caverna ci è stato spiegato già sui banchi del Liceo: il sole è l’essere, cioè la conoscenza, le ombre sono il non essere, cioè l’apparenza e fra l’uno e le altre c’è l’opinione. La conoscenza differisce dall’opinione in quanto la prima vede le cose come affermative sono, la seconda le immagina in forma approssimativa. Orbene, il tutto serve a farci capire che nella vita vi sono falsi obbiettivi che sono soltando le ombre della realtà. Teniamolo presente….

ITALIANI, MA DI SERIE B

di Achille della Ragione

Il futuro multietnico e multiculturale dell’Italia si gioca su come sapremo assorbire i figli dell’immigrazione: i giovani nati nel nostro paese da genitori stranieri o che si sono trasferiti da noi da piccoli. Sono oltre 700.000, vanno a scuola o già lavorano, ma sono cittadini di serie B, per il prevalere dello ius sanguinis sullo ius soli. Essi sono i compagni di banco o di gioco dei nostri figli ed in molti capoluoghi di provincia costituiscono oramai un quarto della popolazione immigrata ed una parte preponderante della frequentazione scolastica. Sono giovani con aspettative simili a quelle dei loro coetanei italiani, non vedono nel loro futuro lavori umili e faticosi come per i loro genitori, hanno studiato e si aspettano di poter occupare un posto nella società in linea con la loro preparazione. Parlano più lingue e sanno muoversi tra più culture, delle quali rispettano codici di comportamento diverso con pari dignità. Rappresentano il modello ideale del giovane contemporaneo. Imparare lingua ed abitudini nuove senza dimenticare le vecchie è la formula vincente per creare un futuro migliore. Questi giovani possono traghettarci con perizia verso un mercato del lavoro internazionale dove il merito venga adeguatamente riconosciuto. In passato la legge concedeva la cittadinanza italiana ai figli, nati in Italia, di genitori stranieri, purché fossero residenti al compimento della maggiore età; oggi, dal 1992, la norma è divenuta più severa e prevede di aver vissuto nel nostro Paese senza interruzioni dalla nascita fino a 18 anni con un permesso di soggiorno regolare. Se non veniamo incontro alle esigenze inderogabili di questi giovani, non solo sul piano legislativo, ma anche pratico, rischiamo di andare incontro ai gravissimi problemi sociali della Francia, che periodicamente vede scoppiare la rivolta nelle diseredate periferie delle sue città, le famigerate banliue o la tragedia conosciuta dall’Inghilterra, dove micidiali attentati sono stati organizzati non da emissari esteri, ma dai figli negletti della sua antica immigrazione, stanchi di essere considerati figli di un dio minore. In un momento politico delicato come quello che stiamo attraversando, in cui la caccia al diverso pare sia divenuto lo sport nazionale e deliri xenofobi sono declamati come salutari, ci vuole l’impegno di tutti, non solo dei politici, affinché un patrimonio di umanità così prezioso venga adeguatamente riconosciuto ed aiutato ad integrarsi definitivamente nel nostro tessuto sociale.
tratto da La Circolare Spigolosa-Direttore M. Cornelius Sullivan
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ESERCITO ITALIANO: 147ANNI DI STORIA PATRIA

IN 349 DI TRADIZIONI

L’Esercito celebra in questi giorni il suo anniversario, in ricordo di quel 4 maggio 1861, allorquando, con la nota N.76, veniva abolita l’antica denominazione di Armata Sarda e sorgeva l’Esercito Italiano.

“Vista la legge in data 17 marzo 1861, colla quale S.M. ha assunto il titolo di Re d’Italia, il sottoscritto rende noto a tutte le Autorità, Corpi ed Uffici militari che d’ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l’antica denominazione di Armata Sarda.”
Firmato Manfredo FANTI, Ministro della Guerra.


Sono trascorsi 349 anni dalla data del 18 aprile 1659, quando il duca Carlo Emanuele II di Savoia, volendo disporre di militari addestrati e pronti all’impiego, indisse un bando per reclutare 1.200 uomini da inquadrare in un reggimento detto “delle Guardie”.
E’ da questa data lontana nel tempo di quasi quattro secoli che l’Esercito Italiano trae le sue origini e le sue tradizioni. Più tardi, con l’unità d’Italia già realizzata, il 4 maggio 1861, con Decreto del Ministro Fanti, l'Armata Sarda, che aveva incorporato molti eserciti pre-unitari, prendeva la denominazione di Esercito Italiano.

Per perpetuare quelle stesse tradizioni, gli uomini e le donne in uniforme hanno dato il via ai festeggiamenti del 147° anniversario della costituzione dell’Esercito. Lo scopo è di ricordare l’Esercito di ieri per celebrare quello di oggi: un’organizzazione moderna, tecnologicamente all’avanguardia, pienamente integrata in ambito multinazionale e presente quotidianamente sul territorio italiano.

ESERCITO ITALIANO MOSTRA STORICA AL VITTORIANO

Comunicato Stampa 08/09
147 ANNI DI STORIA IN 349 DI TRADIZIONI
Roma, 17 aprile 2008

Nel quadro delle attività organizzate per celebrare i 147 anni di storia dell’Esercito Italiano, lo Stato Maggiore dell’Esercito ha realizzato una Mostra dal titolo “Storia di Uomini e di Armi” presso il Sacrario delle Bandiere del Vittoriano che sarà inaugurata il giorno 22 aprile 2008 alle ore 11.00. La mostra che è la naturale prosecuzione di un percorso iniziato con la realizzazione del Calendesercito 2008 “dalla Grande Guerra a una grande forza ” illustra i luoghi, gli uomini, i reparti e la tecnologia di ieri e di oggi, per non dimenticare la storia, e soprattutto gli uomini che hanno contribuito a farla.

Per lunedì 21 aprile 2008, alle ore 10.00, è stata organizzata una visita in anteprima per i media (accrediti stampa al 06.4735.8507 ).

L’allestimento dell’esposizione è curato dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con il concorso di Enti Militari, Associazioni Combattentistiche e d’Arma e l’importante contributo dei Musei Militari della Forza Armata e di collezionisti privati.

All’interno del percorso museale, che si sviluppa nel complesso del Vittoriano sono stati allestiti 4 settori che ricostruiscono gli avvenimenti principali che hanno caratterizzato la Storia del nostro Paese e del suo Esercito.

Il primo settore dell’esposizione si riferisce ai primi difficili anni di vita del neonato Esercito Italiano: dal tragico fenomeno del brigantaggio, alla riunione di Roma all’Italia attraverso la Breccia di Porta Pia, fino alla campagna di Libia del 1911. Tra i reperti qui esposti, la straordinaria Collezione “Serra”, figurini in uniforme che riproducono, con fedele autenticità, l’Esercito del 1866.

Il secondo settore ricorda, nel 90° anniversario della conclusione del conflitto,
la prova durissima della Grande Guerra. Attraverso una didattica espositiva moderna e accattivante, vengono esposti una serie di importantissimi reperti storici, tra i quali la giubba e dei resti dell’aereo del leggendario Ufficiale pilota Francesco Baracca, dei cimeli degli Arditi, ovvero Truppe scelte a cui vennero affidate missioni particolarmente rischiose.

Il terzo settore è dedicato alla Seconda Guerra Mondiale ed alla Guerra di Liberazione con reperti, documenti, fotografie ed una selezione di rare uniformi ed importanti cimeli d’epoca, tra i quali uno dei pochissimi esemplari della cifrante “Enigma” impiegata dai Tedeschi per criptare gli ordini che venivano impartiti alle loro truppe.

Il quarto ed ultimo settore propone un excursus storico dell’Esercito della Repubblica quale strumento attivo di difesa e salvaguardia delle libere istituzioni. Vi sono descritte le principali operazioni condotte sia in territorio nazionale che, all’Estero, nonché i relativi equipaggiamenti impiegati.

La mostra rimarrà aperta dal 22 aprile al 31 agosto 2008 (accesso dall’Ara Coeli, orari dalle 09.30 alle 15.00 escluso il lunedì)

giovedì 5 giugno 2008

"SPIRITUALITA' MELITENSE" 900 ANNI DI VITA

RECENSIONE - ORDINE DI MALTA

A cura di Carlo Marullo di Condojanni

“Criteri d’Identità e impegni di vita”

Quaderni di spiritualità n.5 - Copygraf-Roma-2005

Da tempo fra i Cavalieri di Malta, si sentiva la necessità di un messaggio di “Spiritualità Melitense” rivolto a tutte le componenti dell’Ordine, quale interpretazione delle linee di spiritualità Cattolica propria degli Ordini Religiosi di Santa Romana Chiesa.
Indiscutibile merito, quindi, a S.E. Acerbi Prelato dell’Ordine, per avere voluto coordinare il lavoro che oggi vede la luce sotto il titolo summenzionato, distribuito in Italia a tutti i Cavalieri che certamente lo terranno come riferimento di indirizzo spirituale per le quotidiane devozioni in ossequio al proprio stato e grado di appartenenza all’Ordine di S. Giovanni.
Un tentativo di serio coordinamento, quello del Prelato, per ridonare motivazione e attualità ai Carismi quasi millenari dell’Ordine di Malta, in vista delle nuove sfide che costantemente vengono lanciate.
Un tentativo coraggioso, in un momento certamente delicato, per fugare dubbi e incertezze sul ruolo della Religione di San Giovanni, indicando come l’Ordine stesso, con umiltà, possa mettersi sempre più al servizio della Chiesa e del Santo Padre in ordine ai grandi problemi emergenti, particolarmente cari al Suo cuore, quali ad esempio la rievangelizzazione dell’Europa.
Proprio nell’introduzione, Acerbi non manca di sottolineare come il senso della vocazione nell’Ordine sia argomento di rinnovato interesse per l’occasione che offre di fornire riferimenti carismatici per la crescita verso la perfezione Cristiana, come anche l’esortazione del Cardinale Pio Laghi, che impreziosisce l’edizione, ricorda ai Cavalieri che la loro spiritualità deve essere intesa nel senso della piena devozione al Mistero della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia.
Notazione questa quanto mai opportuna ed in piena sintonia con il pensiero di S.S. Giovanni Paolo II, di venerata memoria, che proprio nel Giovedì Santo del 2004 indirizzò ai Vescovi ed ai Sacerdoti l’Enciclica “Ecclesia de Eucaristia” in cui è ripreso l’insegnamento del Concilio Tridentino secondo il quale “il sacrificio della Messa rende presente il Sacrificio della Croce non aggiungendosi né moltiplicandolo”.
Opportune e lungimiranti, quindi, le considerazioni del Cardinal Patrono che spiegano come l’esortazione conclusiva del Pontefice sia particolarmente attinente ai membri dell’Ordine di Malta che nei tre ceti devono vivere l’Eucaristia nella sua integrità : “sia nell’evento celebrativo, sia nell’intimo colloquio con Gesù, appena ricevuta la comunione, sia nel momento orante dell’adorazione eucaristica al di fuori della Messa”.
Il libro, come già l’introduzione anticipa, considera gli impegni Religiosi e Spirituali dei membri dell’Ordine di Malta distinguendo i tre Ceti: quello dei Cavalieri di Giustizia, dei Cavalieri di Obbedienza e quello dei membri del III Ceto.
Per i primi sono importanti le parole che Mons. Scarabelli scrive nel I capitolo, intitolato “spiritualità dei Professi”, sottolineando come al religioso viene richiesta continuità e profondità nella preghiera, frequentazione quotidiana dell’Eucaristia, ricorso frequente alla riconciliazione, esercizio della pietà filiale per Maria Santissima, accoglienza della esemplarità dei Santi e, soprattutto, “devozione amorosa particolarmente a coloro che hanno militato nello stesso Ordine con fidente appartenenza alla Chiesa Madre e Maestra, garanzia indefettibile delle Verità rivelate.”
In aggiunta, l’esercizio della fraternità tra i Professi dell’Ordine e la loro cosciente responsabilità verso i membri del II e III Ceto ai quali devono essere di esempio, cercando di incarnare i valori evangelici testimoniati da tradizione ed attualità del Carisma.
Spetterebbe quindi al Gran Maestro ed ai Membri Religiosi la operatività nella Carità:il Cavaliere di Giustizia dovrebbe essere
Lui stesso Misericordia per tutti gli uomini, riconosciuti fratelli in Cristo Gesù, “mitis et humis, longanimis, patients, et multimi misericors”, se non si vuole correre il rischio concreto del tradimento del giuramento.
Opportunamente, anche il carisma della “Tuitio Fidei” viene esaltato da Scarabelli ed attualizzato nella necessità che i Cavalieri di Giustizia letteralmente “professino” la Fede utilizzando tutti i mezzi della comunicazione e tutti i livelli, avendo presente l’icona di S. Giovanni Battista che apertamente dichiara la sua strutturale funzionalità a Cristo: “Oportet illum crescere, me autem minui”. Sempre!
Non meno interessante il II capitolo che tenta di indicare la via della vocazione per il terzo Millennio ai Cavalieri di Giustizia.
A scrivere è il Gran Priore d’Inghilterra, Frà Matthew Festing il quale, certamente condizionato dalla propria esperienza personale, mette a fuoco la figura del “religioso laico” descrivendo la vita spirituale in un contesto di intenso percorso guidato dall’Onnipotente. Festing indica ai professi i punti di riferimento: la conoscenza dei documenti costituzionali e le raccomandazioni spirituali, chiudendo con cenni alla storia nella quale il religioso ed il guerriero convivevano così come, oggi, un Cavaliere Professo deve tendere ad essere uomo del suo tempo nel rispetto della tradizione, tenendo ben fermi i principi ed i valori che pregnano la Religione di S. Giovanni (vedi i salmi 144-145,118-117, 91-92 e sgg.).
Una via certamente percorribile che lo stesso Festing intravede ed indica opportunamente per l’accrescimento delle vocazioni melitensi.
Di grande interesse il III capitolo riguardante il II ceto e le innovazioni introdotte con le modifiche costituzionali del 1997, che permettono tra l’altro l’accesso delle Dame al ceto di obbedienza.
L’autore, Fr. Costantino Giovanni Gilardi. spiega come obbedire si debba tradurre in spirito di maggiore servizio per difendere la Fede ed aiutare i Poveri.
Il Cavaliere di Obbedienza quindi dovrebbe interpretare lo Spirito dell’Ordine e trasferirlo nell’ambito delle sue opere, avendo ben presenti i carismi “Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum”.
Particolarmente opportuna la citazione ed il riferimento al discorso di SS Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo Melitense del 24 Giugno 1999:“…Voi siete ben persuasi che la difesa e la testimonianza della Fede costituiscono la base dell’evangelizzazione e volete offrire il vostro contributo perché il messaggio evangelico continui ad illuminare anche il terzo millennio dell’era Cristiana ormai imminente…”(1).
Parole tutte da meditare e che invitano tutto l’Ordine di Malta ad una “nuova fantasia della carità” nel culmine del percorso simbolicamente scandito dai 900 anni di vita ed interpretato come occasione di riconoscimento di servizio e testimonianza di presenza attiva a fianco della Chiesa e nella fedeltà alla Persona del Romano Pontefice.
Gilardi conclude con utili indicazioni in merito all’uso dei beni temporali da parte dei Cavalieri di Malta che vogliono attuare lo spirito del Vangelo, sul significato dello scapolare portato dai cavalieri di Obbedienza e sulla funzione dell’anno di preparazione.
Assolutamente tecnico l’intervento del reggente del Sottopriorato tedesco di San Michele Johannes Heereman, che partendo dal Vangelo di Marco (14-17): “I poveri infatti li avete sempre con voi”, disquisisce anch’egli sull’ “Obsequium Pauperum e la Tuitio fidei”.
Si ricava dal suo scritto la netta percezione che la realizzazione delle finalità dell’Ordine è sancita dall’armonico rapporto dei due carismi, la prevalenza di uno dei quali ne farebbe venire meno la ragion d’essere, per il rischio di trasformarlo in una N.G.O. di “mutuo soccorso”, o in una confraternita di Pii oranti ripiegata su se stessa.
Rischio estremamente attuale ai nostri giorni in cui se da un lato è ampiamente condiviso e operativo l’obsequium pauperum in tutti i modi e con tutte le risorse lecitamente disponibili, forse non altrettanto praticata appare la Tuitio Fidei, dimenticando come i Cavalieri del passato non hanno esitato ad offrirsi “usque ad effusionem sanguinis” nella difesa fisica delle popolazioni cristiane e nella difesa della integrità del Credo religioso professato, cosa che dovrebbe essere sentita e praticata da tutti i membri dell’Ordine in tutti i luoghi, nello scritto e nelle conversazioni, difendendo strenuamente la dottrina e facendo continuo apostolato.
Heereman, che da anni seguiamo nella crescita della sua vita, tenta di dare anche una giustificazione alla sempre maggiore presenza dei Cavalieri di Obbedienza nelle funzioni di Governo e operative dell’Ordine, soffermandosi su concreti aspetti della spiritualità in obbedienza legata alle interpretazioni del Vangelo, al rispetto dei sacramenti ed alla testimonianza coerente nel mondo del lavoro, della famiglia, con attenzione al servizio ai bisognosi, nel rispetto dei superiori, senza trascurare gli impegni di preghiera, quelli verso la Chiesa e nei confronti dei confratelli e consorelle, nel cui rapporto viene sottolineata la possibilità di completamento spirituale insieme ai familiari.
Conseguenza di tali impegni appaiono un miglior servizio alle Opere dell’Ordine ed agli altri membri, che devono essere incoraggiati nelle rispettive vocazioni per contribuire a quella che proprio Hereman chiama : “rianimazione del I ceto”.
L’epilogo dell’interessante articolo consiste in una sintesi rapidissima sulla vita dell’Ordine e sulle sue differenti vocazioni, sempre in una maggiore aderenza al Vaticano II ed ai fermenti religiosi del post concilio.
Per quanto attiene al terzo ceto, prezioso è l’intervento dell’Abbè Martin che indica la via della spiritualità ai cavalieri che vogliano realmente appartenere all’Ordine ed a cui afferisce il compito della testimonianza di vita esemplare nel rispetto delle regole del Cristianesimo come premessa necessaria alla partecipazione di ciascun cavaliere alle opere dell’Ordine.
Un’ attenzione particolare viene data alla “Tuitio Fidei” da parte di John Bellingham che nel suo articolo ricorda le origini e confuta lucidamente anche un certo tipo di linguaggio odierno, in rapporto al concetto stesso di Difesa della Fede, ricordando altresì come in tempi recenti, l’Ordine in Libano non abbia esitato a servirsi sia della presenza fisica in loco, sia di tutta la sua pressione diplomatica per prevenire l’espulsione forzata della popolazione cristiana da parte dei Musulmani, non dimenticando che oggi in molte parti del mondo i Cristiani sono in pericolo solo perché sono Cristiani.
Il Volume si chiude dopo ulteriori meditazioni e approfondimenti degli argomenti trattati con alcune considerazioni orientate al futuro ed indicate dall’abile penna di Neri Capponi che disserta su due problemi emergenti nell’Ordine: il reclutamento dei Cavalieri Professi e l’identità dei Cavalieri di Obbedienza.
Dopo la necessaria premessa di inquadramento, Neri Capponi paventa il pericolo, sia pure giustificandolo con una ricorrente elastica valutazione dei requisiti di appartenenza, del troppo rigore costituito dalle limitazioni che il Professo non nobile ha, con l’esclusione da quasi tutti gli incarichi di governo. Certamente una tale circostanza ostacola il reclutamento tra coloro che non hanno fatto prove di Nobiltà. Nel favorire questi ultimi, e con essi le vocazioni, bisogna però non perdere di vista (ma Capponi non lo dice espressamente) il carattere nobiliare dell’Ordine, se non si vuole correre il rischio della perdita di valori storicamente certi e sicura garanzia di selezione nel prestigio e nella levatura degli aspiranti membri della Dirigenza dell’Ordine. Valori che, pur sempre meno intensi, rappresentano l’unico baluardo allo sgomitare dei tempi moderni per raggiungere distinzione e potere nelle cariche.
Attenzione viene prestata anche agli stili di vita, visto che la regola esclude la vita cenobitica e pertanto il frate della Religione di San Giovanni, non è in condizioni di fare maturare, crescere, e rafforzare la sua vocazione insieme ai suoi confratelli.
Oltre a ciò consegue la difficoltà di evidenziare vocazioni giovanili per avere le quali forse, sostiene Capponi, si dovrà ripensare a qualche forma di vita comunitaria.
In un recente passato, però, una tale idea, prospettata da più parti, non trovò accoglienza, sebbene vi fosse l’opportunità di utilizzare Forte Sant’Angelo a Malta come prima sede. Le ragioni furono molte e non è certo questa la sede per discuterne. Pur tuttavia un seminario sull’argomento sarebbe auspicabile, anche in considerazione di un maggior coinvolgimento dell’Alto Clero di cui si avverte nell’Ordine di Malta l’ esigua presenza.
Per quanto riguarda il problema del II ceto, nonostante i molti tentativi effettuati per la definizione della categoria, esso appare ancora con identità incerta, anche per avere nel passato permesso a coloro che vi accedevano dal grado di grazia e devozione il superamento di quello di onore e devozione, più ambito perché riservato a cavalieri con maggiori prove di nobiltà.
In pratica, si era diffusa l’idea che diventare Cavaliere di Obbedienza fosse una promozione, come passare da Cavaliere a Gran Croce.
Solo dal 1997 in poi, quando già c’erano circa 300 Cavalieri, oggi tutti in gran parte viventi, si sono delimitate le qualifiche di appartenenza, cancellando le precedenze.
Ciò ha presuntivamente gemmato vocazioni spirituali migliori, con certa riduzione del rischio di premiare solo l’ambizione umana.
E’troppo presto ancora per parlare di identità definita per questa classe, conclude Capponi nel suo saggio, non essendo ancora assodata, per tale classe, la maggiore gradazione di spiritualità ed essendo invece adombrata la tensione verso ruoli pratici direttivi, in surroga dei professi.
La sentenza l’avremo nel vedere se con una base di 600 cavalieri di Obbedienza cresceranno i Cavalieri di Giustizia o se invece si consoliderà nell’Ordine un governo nel quale le alte cariche disponibili saranno occupate solo dai Cavalieri di Obbedienza, a capo dei pochi professi abili alla gestione dell’Ordine.
Concludendo, testimoniamo ancora una volta a S.E. Acerbi l’apprezzamento per il lavoro svolto che ha il carattere, ripetiamo, di un sincero, serio e coraggioso tentativo di ricordare, trasmettere ed indicare una via per la rinascita spirituale Melitense che non potrà prescindere dalla letterale ”Presa in mano della Croce” per testimoniare e convertire.
Al lettore di queste pagine raccomandiamo di procurarsi il libro per una presa di coscienza con l’autentica spiritualità dei Cavalieri di Malta. Vi troverà regole di vita ed aneliti di preghiera che certamente lo sorprenderanno, arricchendolo.
A chi il libro già lo possiede la raccomandazione di leggerlo e di tenerlo con se, a portata di mano, consultandolo nei momenti di serenità o di turbamento, per trarne elementi di riflessione sul senso delle vocazioni, ricercando tra le pagine gli spunti utili per avvicinarsi di più, e con maggiore intensità, all’Ordine di San Giovanni.

Nota 1
Allocuzione di saluto di S.S. Giovanni Paolo II ai Cavalieri di Malta in pellegrinaggio
a S. Pietro in occasione della festa di S. Giovanni nella ricorrenza dei 900 anni di vita
dell'Ordine (1999)

MULTINATIONAL TASK FORCE WEST PUBLIC AFFAIRS OFFICE

COMUNICATO STAMPA - Cap. Domenico Occhinegro
4 giugno 2008
LA MNTF-W ORGANIZZA INCONTRO CON I GIOVANI

Il 4 Giugno presso l’aereporto Italiano AMIKO (aeroporto militare italiano Kosovo) di Gjacova, si è svolto un incontro tra alcune componenti aeree appartenenti alle Task Forces presenti in kosovo ed una scolaresca della città che ospita l’aereoporto.
La manifestazione ha previsto una dimostrazione dinamica delle capacità operative degli elicotteri, ed una piccola mostra statica eseguita dal 21° gruppo squadrone AVES “Orsa Maggiore” di stanza a Cagliari, comandato dal Ten. Col. Dimitrio Vincenzo e dal reparto distaccato del reparto mobile di supporto dell’Aeronautica comandato dal Col. Nicolosi Ignazio.Un connubio operativo che vede la partecipazione sia dell’Esercito sia dell’Aeronautica, e rispecchia la forte capacità cooperativa esistente tra la due componenti aeree. L’incontro è anche l’occasione per cementare e solidificare le già strette relazioni tra le diverse componenti aeree militari di Kfor ed i giovani del Kosovo.
Le continue manifestazioni dirette alle nuove generazioni, che rappresentano indiscutibilmente il futuro di ogni nazione, disegnano uno degli obiettivi più importanti della missione Joint Enterprise.

IL PICCOLO TARSIA FA SCUOLA...

Cari amici, vi sottopongo alcuni significativi versi inviati dal piccolo Giacomo Tarsia J.

La mia solitudine

"Solo come una nuvola nera che sorpassa il cielo tempestoso
solo come un bocciolo di rosa sbocciato nel freddo inverno
solo come un frammento di roccia resistito ad un ciclone
ma forse non ancora solo"

Giacomo Tarsia J.

Che dirvi cari lettori! Io che conosco personalmente il nonno Giacomo TARSIA, (Principe del Foro di Bari) e dopo aver letto questa poesia mi viene aggiungere che: IL POMO NON CADE MAI LONTANO DALL'ALBERO CHE L'HA PRODOTTO...

Diamo tutti il benvenuto al piccolo Giacomo, poeta, tra i componenti del Comitato Scientifico del Blog International

CROCE ROSSA INTERNATIONAL CONVEGNO A BARI

Il 24 maggio 2008 alle ore 17.30 si è temuto presso l'Hote Sheraton Nicolaus di Bari un Convegno promosso dal Dott. Michele Bozzi, Presidente del Comitato Provinciale della Croce Rossa Internazionale.Tra i molti Relatori di grande spessore intervenuti che hanno preso la parola, nel corso del convegno, secondo il mio parere, cari lettori, di grande importanza culturale e sociale è stato l'intervento del Prof. Maria Filippo BOSCIA (Pres. Naz. Soc. Ital. per la Bioetica e i Comitati Etici) sul tema che vi espongo integralmente sul pensiero dell'Illustre Relatore Prof. BOSCIA.

Adolescenza e salute. IL RISCHIO DEL SESSO TRA EMERGENZA E PREVENZIONE"
Desidero esprimere un sentito ringraziamento al Dott. Michele Bozzi, Presidente del Comitato Provinciale della Croce Rossa, per avermi voluto qui, ma soprattutto per il tema che ha voluto propormi per discutere di una problematica che appartiene a tante culture diverse e che vuole segnalare ai giovani, ma anche a tutte le agenzie educative i pericoli cui è esposto il diritto alla salute.
Lo ringrazio a nome della SIBCE (Società Italiana per la Bioetica e i Comitati Etici) che mi onoro di rappresentare nella mia qualità di presidente nazionale.
Ringrazio anche il comitato organizzativo e la vice-ispettrice nazionale Prof.ssa Santa Fizzarotti.
Al mio ingresso in aula ho apprezzato il vostro simbolo: La croce rossa su campo bianco e mi viene in mente che il rosso della vostra croce da un valore simbolico universale che appartiene a tante culture diverse (luna rossa è il simbolo di altra organizzazione gemellata).
Il rosso è il colore del sangue e fin dalle origini dell’umanità significa vita.
Il rosso è il colore del diritto alla salute come diritto alla vita.
Il rosso è segnale di pericolo in mare.
Il rosso è il colore che segnala quando la vita è in rischio o in pericolo.
E oggi parliamo di rischio del sesso!
Il rosso è il colore di un semaforo che ci obbliga a fermarci!
Sì, a fermarci, come stasera per riflettere su un problema cogente che rappresenta una emergenza educativa, formativa del mondo dei giovani! E per l’emergenza, per l’appunto, ricorriamo alla “croce rossa”.
Cittadini e operatori della sanità e del sociale, insieme, per la comprensione del fenomeno e creare rete di solidarietà e di azione nella prospettiva del diritto alla salute.
Il tema della mia riflessione è “incontro e comunicazione”, tema molto vasto e dalle molteplici sfaccettature, quasi un diamante da un lato splendente, dall’altro tagliente.
Alcuni possibili quesiti per una chiave di lettura che necessariamente potrà essere limitativa.

· Incontro e comunicazione tra persone, tra i giovani, tra la diade donna/uomo

· Incontro e comunicazione con il proprio corpo, con la propria e altrui corporeità, conoscenza, incontro, comunicazione di sentimenti.
· Incontro e comunicazione tra diverse generazioni, tra diverse culture, tra diverse sensibilità
· Incontro e comunicazione con la famiglia, con gli educatori, con la scuola, con i pedagogisti, con tutte le agenzie educative
· Incontro e comunicazione con il mondo socio-sanitario, con gli operatori per la prevenzione, con gli operatori sanitari
Ma anche e soprattutto progettazione di interventi di comunicazione per i giovani ma anche per gli adulti.

Una recentissima inchiesta-viaggio nel mondo segreto dei pre-adolescenti e degli adolescenti ha indicato nelle conclusioni una locuzione che mi ha molto impressionato e che sintetizza la situazione di disagio e forse ne indica le cause:
"Mamma, ho perso l'infanzia"
Infatti, già a 10 anni e anche meno, i giovanissimi sono ossessionati dalla pubblicità, dalla moda, dai telefonini, dalla ricerca di una sessualità banalizzata.
In una fase in cui si ricerca la conoscenza della propria corporeità per proiettarsi ad apprezzare l'altrui corporeità i giovani sono spinti verso la sola genitalità, esperienza monca di purezza, senza sentimento, senza valore che sicuramente turba la propria maturazione affettiva e sentimentale e si proietta sempre più verso la ricerca di un piacere senza confini.
Cosa succede ai giovanissimi? In fase di conoscenza del proprio corpo hanno già l'ansia di non sfruttarlo abbastanza. Descritti come assatanati di sesso già a 12 anni, diventano baby-cubiste e cyber-bulli, crudeli reginette di baby gang, bambine smorfiose, maschi che come hobby hanno voglia di radunarsi nel branco per filmare e umiliare le coetanee.
Qualcuno parla di gioventù invecchiata.
In realtà la maggioranza dei ragazzi sperimenta il sesso tra i 13 e i 17 anni. Circondati da totem tecnologici passano ore e ore a chattare e a chiedere consigli su come praticare sesso, sesso estremo che sia sicuro sotto il profilo della gravidanza da evitare.
Gli esperti segnalano l'aumento di esperienze saffiche: è di moda dicono!
Le ragazzine considerano fare sesso con una coetanea una cosa tremendamente di moda, lo dice Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell' infanzia.
Giovanni Bollea, neuropsichiatria, che studia gli adolescenti da tempo dice: “non li conosciamo abbastanza, non sappiamo molto dei nostri adolescenti. E proprio perché non li conosciamo abbastanza non li difendiamo: quando si parla di gioventù bruciata non ci attiviamo ad un impegno positivo”.
Giovani come problema?
Certamente no!
Direi invece giovani come risorse.
Più che bruciata è una generazione in cerca di aiuto: semplicemente è una generazione figlia degli adulti, delle loro incertezze, dei loro comportamenti: fragili, vanitosi, precoci, a volte crudeli per il modo in cui giudicano opportunamente i genitori, giovani impauriti e incapaci di affrontare le sofferenze e il dolore, a volte anoressici, a volte molti aggressivi, a volte giudiziosi.
Nel 70% vogliono scappare di casa perché ritengono che i genitori diano troppe regole. Allora fumo, Bacardi, web cam, pigiama party e qualche notte dagli amici.
Le parole più usate: “dipende” “senza confini” “senza limiti” “off limits” .
Tutto dipende, niente certezze assolute.
La malattia giovanile è paradossalmente la solitudine, e di contro la ricerca di godimento estremo, ovvero un nuovo modo di guardare alla economia della felicità.
Soffermiamoci solo per un attimo sul caso di Perugia: com’è possibile che una specie di allegria, di giovanile smania di provare piacere, emozioni forti, degeneri in orrore, in folle e cupa morte?
Molti se lo chiedono guardando le foto e i filmati che i media mostrano con insana voluttà.
Sotto le pose carine, sotto l’espressione zuccherose si scopre una consuetudine quasi spensierata con il sesso. Come se appunto fare sesso fosse una faccenda di zucchero filato, un godimento a portata di mano da consumare senza troppi pensieri.

La banalizzazione del sesso è una delle violenze maggiori della cultura della società contemporanea. A cui tutti si prestano! media, uomini di potere e no, donne di successo e no.
E poiché fare sesso è diventato facile, e hanno insegnato che è una cosa facile e che è un diritto, tanti ci si buttano senza nessun timore, nessun pudore, nessuna riverenza.
Tranne poi a scoprire che il sommovimento che il sesso provoca nella persona meriterebbe più consapevolezza e maggiore cautela.
Si spaccia come leggera un’esperienza grandiosa, infinitamente alta che fa toccare all’uomo e alla donna vette e abissi e che sempre provoca nelle persone legami, scoperte, gelosie, affinità e tante altre emozioni, anche violenze.
La banalizzazione del sesso che il materialismo, il laicismo e il relativismo di oggi ci propinano ha deformato il volto umano e divino dell’affettività in una maschera da un lato sorridente in modo idiota e dall’altro spaventosa: la maschera sbagliata del sesso banalizzato.
Viceversa, la sessualità sana è ricchezza per tutta la persona.
L’associazione Luca Concioni da ieri, 23 maggio, ma anche oggi e domani è in tutte le piazze per dispensare ricette precompilate e prefirmate da medici, da personalizzare e datare direttamente dagli utenti e che contengono la prescrizione della pillola del giorno dopo, non ottenibile dalle farmacie senza ricetta medica.
Grandiosa banalizzazione del sesso?
Irresponsabile aggressione nei confronti dei nostri giovani? Mi pare proprio di si!
A noi preme sottolineare il problema il problema salute: E proprio a proposito di salute emerge anche il problema delle malattie sessualmente trasmesse.
Dal rapporto dell’organizzazione mondiale della sanità se da un lato emerge che in Nord America e in Europa occidentale il numero delle nuove infezioni da HIV è rimasto costante rispetto all’anno 2006, viceversa il numero delle infezioni da HPV è in aumento e si verifica nei giovani dai 15 ai 24 anni i quali, sembra, si proteggano meno di coloro che hanno superato tale età.
In Europa il 22,5% delle nuove infezioni è stato riscontrato nei giovani tra i 13 e i 19 anni.
È ormai chiaro che la diffusione di tali virus è sempre più legata alla trasmissione sessuale.
Molti fattori di tipo comportamentale e sociale stanno contribuendo ad innalzare il numero dei contagi per via sessuale: dalla banalizzazione del sesso al mancato utilizzo di profilattici, ai rapporti con partner multipli, all’aumento del numero di rapporti tra giovani donne o adolescenti con uomini di età avanzata, sottolineiamo qui l’abitudine al turismo sessuale, prostituzione generi migratori dall’Est e da altri paesi a rischio, dall’uso di sostanze psicoattive e alcolici, alla scarsa attitudine all’uso di servizi sanitari specialistici, agli scarsi livelli di informazione sulle malattie sessualmente trasmesse.
Tutto ciò come è noto costituisce un fattore di ulteriore rischio.
In Italia pur diminuendo l’incidenza dei casi di Aids grazie all’efficacia delle terapie antiretrovirali si assiste a un aumento della proporzione di casi attribuiti alla trasmissione sessuale e nonostante l’età mediana al momento della diagnosi si stia modificando, il 24,6% del totale dei casi si concentra nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni.

È necessario dunque potenziare gli interventi preventivi diretti alle fasce adolescenziali e giovanili, progettando programmi che fornendo informazioni corrette, forniscano strumenti necessari per proteggersi dalle infezioni e mirino alla promozione di interventi sicuri.
Le esperienze di prevenzione mostrano sempre più efficacia di un modello, precisamente del self empowerment, che facendo leva sul coinvolgimento personale dei destinatari dell’intervento punta alla modifica dei comportamenti a rischio.
La percezione di un ottimale livello di “potere personale” facilita l’assunzione di responsabilità con ricadute positive sia a livello personale che a livello sociale.
La capacità di sentirsi competenti e in grado di controllare la propria vita, cioè la capacità di valere per sé stessi e per qualcuno rafforza l’autostima e la fiducia in se stessi e dall’altro soddisfa il bisogno di sentirsi protagonisti di iniziative, di cambiamenti nella propria comunità di appartenenza.
Nell’ottica della psicologia di comunità si tratta di interventi basati sulle forze positive del gruppo per individuare i bisogni emergenti e fornire risposte adeguate, organizzando nuovi servizi in grado di colmare i vuoti rilevati.
In questa direzione si colloca la “peer education” che si è rivelata un potente strumento per la prevenzione e l’educazione alla salute.
La mia attenzione si rivolge al nucleo “dei pari”.
La strategia suggerisce che i giovani grazie al ruolo centrale che i “pari” assumono nel loro sviluppo psicologico (nella fase di transizione dall’adolescenza alla vita adulta) sono maggiormente disposti a modificare i loro comportamenti a rischio se ricevono informazioni e indicazioni dei loro coetanei e se hanno la possibilità di condividere, con loro, riflessioni, dubbi ed esperienze.
Una recente ricerca suggerisce che gli adolescenti sono lontani dalle campagne di prevenzione sino ad oggi realizzate perché le informazioni sono vissute come “predica” e perciò incapaci di catturare la loro attenzione.

La proposta allora è quella di incontrare i giovani e spingerli ad assumere un ruolo più attivo nella progettazione di interventi di comunicazione e prevenzione a loro stessi rivolti.

In particolare suggeriamo tra le iniziative da mettere in pratica la promozione di concorsi per la realizzazione di campagne pubblicitarie elaborate da adolescenti, dirette ai loro pari; queste utilizzando linguaggi, modalità e immagini proprie dell’universo giovanile certamente potranno avere maggiori probabilità di raggiungere con efficacia l’universo giovanile.
Il centro della questione è nella dinamica culturale, nel rapporto educativo, nella correzione dell’incoerenza valoriale, nel far emergere contenuti dotati di senso, generare senso umano attraverso la qualità delle relazioni tra le persone, attraverso il sorriso delle relazioni.

Occorre ristrutturare le dinamiche culturali, generare senso umano nelle strutture del quotidiano, riumanizzare innanzitutto la famiglia. Poi tutte le altre agenzie educative, inclusa la scuola.
Negli snodi fondamentali della vita, la nascita, l’adolescenza, l’affettività, l’amore, la sessualità, la maternità, la malattia, la sofferenza, il dialogo si arricchisce di mille sfumature e stimoli vitali.

Imparare ad ascoltare i messaggi che in ogni momento ci vengono da questo meraviglioso mondo che è il nostro corpo è la strada maestra per una qualità di vita personale e sociale totalmente diversa.

martedì 3 giugno 2008

IL CASO TYLER KENT

Intrigo a Londra-articolo del Dott. Gaetyano Marabello (Direttore Comitato Scintifico -blog international)

Tra i documenti relativi al secondo conflitto mondiale che sono ancor oggi secretati, figurano alcune note intercorse - prima dell’entrata in guerra degli Stati Uniti - tra Roosevelt e Churchill. La maggior parte di esse venne divulgata solo tra il 1950 e il 1975, trattandosi di un carteggio che, se fosse stato divulgato per tempo, avrebbe compromesso il presidente americano svelandone le trame guerrafondaie orchestrate alle spalle dell’opinione pubblica del suo paese. Eppure, questa rete di rapporti “top secret” rischiò d’essere compromessa ad opera di un giovane statunitense pressoché sconosciuto ai più.
Nel settembre 1939, era ambasciatore a Londra Joseph Kennedy, detto Joe, padre del futuro presidente ucciso a Dallas. Con la disinvoltura tipica di un certo mondo d’oltreoceano, era divenuto uno dei maggiori capitalisti americani, grazie ad alcune speculazioni nel campo degli alcolici e della cinematografia dopo la crisi del ‘29. Avendo appoggiato Roosevelt, nel ’37 fu promosso ambasciatore a Londra, dove portò una famiglia di ben nove figli. Come grandissima parte degli americani, si dichiarava apertamente favorevole alla neutralità statunitense nel conflitto scoppiato tra Hitler e l’Inghilterra, non desiderando che i suoi figli morissero “in una guerra che non riguarda l’America”. E qui inizia il giallo, che coinvolge un giovane addetto all’ufficio dei codici cifrati dell’ambasciata. Tyler Gatewood Kent è il suo nome e proviene da un’ottima famiglia, che vanta come antenato il celebre David Crockett. Frequenta i migliori istituti in patria e all’estero e, seguendo le orme paterne, intraprende la carriera diplomatica nel 1933. Dalla prima sede di Mosca viene trasferito nell’ottobre del ’39 a Londra, dove il suo lavoro lo porta a conoscere le note riservatissime che Churchill, “bypassando” il ministero degli affari esteri inglese, scambia con Roosevelt. Scopre così che i due statisti complottano per la defenestrazione di Chamberlain, in combutta con il “partito della guerra” di Eden. Lo colpisce, tra l’altro, la circostanza che Churchill utilizzi tranquillamente il più segreto codice americano. Kent è un isolazionista alla pari del suo ambasciatore e, quindi, la conoscenza per motivi d’ufficio del contenuto compromettente di quella corrispondenza trova i due uomini sulla stessa lunghezza d’onda. Ma qui cominciano i misteri
. Secondo il giornalista Seymour Herst, autore de “Il lato oscuro di Camelot”, Joseph Kennedy intendendo correre per la presidenza americana avrebbe ad un certo punto pensato di servirsi del povero Kent. L’avrebbe quindi incaricato di copiare tutte le lettere, in modo da disporre di un’arma di pressione su Roosevelt. Questi infatti gli negava il permesso di rientrare in patria, essendo intenzionato a ricandidarsi, ma avrebbe cambiato atteggiamento solo quando il suo rivale gli recapitò alcune copie per fargli capire d’essere pronto a divulgarne il contenuto. Incredibilmente, però, al suo rientro l’ex ambasciatore non solo non si candidò, ma appoggiò Roosevelt. Cosa era avvenuto? Era accaduto intanto che Kent fosse finito nelle grinfie della giustizia inglese, che gli aveva inflitto 7 anni di lavori forzati. Herst ventila l’ipotesi che Kennedy sia sceso a più miti pretese, essendo a sua volta “ricattabile “. Churchill, infatti, informato da Roosevelt, avrebbe messo sotto controllo il telefono della delegazione prima della partenza di Kennedy, procurando al suo referente le prove dell’infedeltà dell’ambasciatore. Non essendo disponibili ancora le trascrizioni delle telefonate, è evidente che Herst può fare solo illazioni. In ogni caso, la dinamica dei fatti porterebbe a concludere che Kennedy abbia preferito bruciare Kent, per non bruciarsi a sua volta. Il giovane aveva avuto la pessima idea d’avvicinare il capitano inglese Archibald Henry Maule Ramsey, parlamentare tory, che sapeva essere favorevole ad un compromesso onorevole con la Germania. Sperava in una sua interpellanza che vanificasse le bellicose intenzioni del presidente americano. Venutane a conoscenza, Scotland Yard il 18 maggio del ’40 informava della cosa Kennedy, il quale, forse per non esser compromesso, toglieva l’immunità al suo aiutante consentendone l’arresto due giorni dopo. In effetti, dato che gli USA non erano in guerra, la copiatura della corrispondenza non integrava tradimento e poteva essere al limite un fatto disciplinare interno all’ambasciata. Ma, poiché c’era il serio rischio che Kent rivelasse ad altri ciò che sapeva, bisognava neutralizzarlo. Si individuò un escamotage nell’ inglese del 1911, che consentiva di colpire chi otteneva documenti o informazioni “idonei ad essere utili al nemico”. E, come s’è detto, la corrispondenza di Churchill era più che “idonea” ad essere utilizzata dalla Germania in guerra. Il processo, svoltosi in fretta e nel più assoluto riserbo, si concluse il 7 novembre con la condanna alla deportazione dello sventurato giovane nell’isola di Wight. Tranne sua madre che invano si rivolse a Roosevelt, di lui nessuno seppe nulla in America fino al novembre del ’44 e solo l’8 giugno 1945 il deputato Clare E. Hoffman osò denunciare l’episodio innanzi al Congresso americano. Con Kent, anche il capitano Ramsey finì per pagarla cara, perché venne sottoposto per quattro anni ad una detenzione cautelare senza processo, per evitare che divulgasse l’intrigo. E il giudice che giudicò Kent condannò ad una pena di 10 anni anche l’inglese Anna Wolkoff, sospettata di essere un’aderente al Right Club, organizzazione clandestina con simpatie per la Germania. La donna, accusata d’aver passato le copie fatte da Kent all’ambasciata italiana perché facesse da tramite con Berlino, morirà subito dopo esser tornata in libertà. Sapeva troppe verità: finì vittima di uno di quegli strani incidenti stradali che ricorrono spesso nelle vicende inglesi.

KFOR MNTF WEST.KOSOVO VILLAGGIO ITALIA

KFOR MNTF-W
Public Affairs Office
COMUNICATO STAMPA -Ten. Cordero Nicolò
Donazione di magliette e partecipazione alla giornata internazionale del bambino

Klina/Pec – 1 giugno 2008 Senza sosta l’attività di cooperazione civile e militare nel contesto dell’operazione Joint Enterprise in Kosovo. Il Generale di Brigata Agostino Biancafarina, Comandante della Multinational Task Force West, ha partecipato il 1° giugno ad una manifestazione organizzata dalla municipalità di Pec per la giornata internazionale del bambino. All’apertura della cerimonia sportiva hanno partecipato anche il Presidente del Kosovo Fatmir Sajdiu, il Ministro per l’Infanzia ed altre autorità locali e nazionali. Il generale nel suo discorso ha ringraziato le autorità presenti per l’invito ed ha sottolineato come i bambini siano il futuro e la speranza di ogni paese. Nel contesto delle commemorazioni per la giornata internazionale del bambino il Ten. Col. Mastrangelo Stefano, responsabile della cooperazione civile militare italiana, ha consegnato all’assessore comunale per i diritti dei bambini della municipalità di Klina, un congruo numero magliette raffiguranti un meraviglioso disegno di una bambina kosovara in cui viene rappresentato il globo terrestre circondato dall’abbraccio dei bambini di tutto il mondo e con la scritta “Tolerance is the key to enter into the future”. Raffigurazione genuina, che racchiude e trasmette un messaggio universale, sull’importanza della tolleranza e sull’uguaglianza di tutti i popoli del mondo. Questa donazione si inserisce nel programma di progetti portati a termine dalla branca di cooperazione civile militare (CIMIC) della Multinational Task Force West comandata dal Generale di Brigata Agostino Biancafarina, che sta contribuendo fattivamente a migliorare le condizioni di vita della popolazione del Kosovo.
Dott. Pietro Vitale (vice Direttore il "Palazzuolo")

KFOR MNTF WEST.KOSOVO VILLAGGIO ITALIA

KFOR MNTF-W
Public Affairs Officer
COMUNICATO STAMPA-Cap. Domenico Occhinegro
2 Giugno Festa della Repubblica Italiana

(Pec/ Peje) Villaggio Italia – 2 giugno 2008 Si è svolta oggi la cerimonia di commemorazione del Festa della Repubblica Italiana in Kosovo per i pugliesi della Brigata Pinerolo.
Il Generale di Brigata Agostino Biancafarina, comandante della Multinational Task Force West, ha letto, al termine della solenne cerimonia di alzabandiera, il discorso augurale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nel suo discorso il Generale Biancafarina ha detto: “il vostro lavoro, il vostro impegno, ogni giorno, in ogni condizione di tempo per garantire la pace e la sicurezza al popolo Kosovaro rappresenta la massima espressione dei valori di libertà e uguaglianza che la nostra Repubblica Italiana ha costruito in 62 anni. Valori che avete ben compreso dimostrando dedizione e abnegazione nel vostro lavoro di Peacekeepers”. Per gli oltre 2000 militari italiani, di cui circa il 70% pugliesi, che operano nel contesto dell’operazione Joint Enterprise questa breve ma significativa cerimonia è stato un momento di importante riflessione.

Dott. Pietro Vitale * a il "Palazzuolo"