LEGGE DI BILANCIO,
L’ORA DELLA VERITA’
di Antonio Laurenzano
Giorni decisivi per la manovra finanziaria
sui conti pubblici. Dopo le promesse elettorali e i tanti annunci è giunta
l’ora della verità. La Legge di bilancio 2019, la prima del “Governo del
cambiamento”, si preannuncia come una traversata nel deserto con i due
azionisti di maggioranza alla ricerca di una
mediazione fra le reciproche priorità di programma lungo la linea del
Piave segnata dal ministro dell’Economia Tria per il rispetto dei vincoli
europei. Entro il prossimo 27 settembre il Governo dovrà varare la nota di
aggiornamento del Def, Documento di Economia e Finanza, propedeutico alla
presentazione del disegno di legge di Bilancio entro il 20 ottobre, con
l’indicazione dei nuovi obiettivi programmatici rispetto al Def dello scorso aprile,
e in particolare dei nuovi parametri macroeconomici riferiti al Pil.
Sarà una manovra “seria,
coraggiosa e rigorosa” ha dichiarato il premier Conte, una manovra di circa 25
miliardi di euro, metà dei quali per sterilizzare le clausole di salvaguardia sull’aumento
dell’IVA, che porterà il livello del
deficit programmatico del 2019 all’1,6% rispetto allo 0,8% fissato dal Def di
aprile. Questa flessibilità di bilancio (da concordare con Bruxelles) non sarà comunque
sufficiente per realizzare in toto i punti centrali del “contratto di governo”:
la flat tax con riforma delle aliquote Irpef, il reddito di cittadinanza, la
revisione della Legge Fornero. Un mix oneroso di provvedimenti, in parte da
rinviare perché reperire le risorse necessarie in un quadro di finanza pubblica
fortemente segnato da un debito eccessivo non è operazione facile! La soluzione
viene dal vicepremier Di Maio: “si attinge al deficit per mantenere le
promesse”. Gli ha fatto eco Salvini censurando i diktat dei tecnocrati di
Bruxelles. Ma far salire il deficit oltre il 2% del Pil comporta un
peggioramento del “saldo strutturale”, un cattivo segnale per agenzie di rating
e mercati.“Finanziare queste riforme ricorrendo a un aumento del deficit non
avrebbe senso, ha commentato Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio dei conti
pubblici alla Cattolica di Milano, perché causerebbe un aumento dello spread e
quindi il pagamento di maggiori interessi agli investitori sui nostri titoli di Stato, con ricadute
sull’entità del debito”.
L’esasperata ricerca del consenso
anche dopo le elezioni che continua a caratterizzare certe dichiarazioni da
parte della strana coppia DI Maio-Salvini produce guasti profondi. La
flessibilità di bilancio a livello comunitario si ottiene non con il “pugno
duro” con la Commissione europea, per la
quale l’Italia rappresenta “il problema dell’Eurozona”, ma attraverso una credibile politica di
riforme per far crescere l’economia,
migliorando produttività e competitività, e attrarre investimenti stranieri. La
lotta alla burocrazia, all’evasione e alla spesa pubblica improduttiva dovrebbe
costituire il vero cambiamento di questo Governo, soprattutto in presenza di una
lenta crescita economica, con previsioni al ribasso del Pil 2018 da 1,4 a 1,2%,
secondo le stime di queste ore dell’Ocse.
Annunci e (sterili) proclami
hanno provocato un innalzamento dei tassi d’interesse: un punto percentuale in
più sui tassi decennali da fine maggio a
oggi. Chi presta denaro all’Italia acquistando i suoi titoli pubblici
evidentemente non crede nella reale volontà di Lega e M5S di ridurre il debito. Titoli pubblici più costosi
significa tasse più elevate per i cittadini perché aumenta la nostra spesa
pubblica per il pagamento di interessi sul debito (70 miliardi ogni anno!). Lo
ha “certificato” il presidente della Bce Mario Draghi: “alcune dichiarazioni di
uomini di governo hanno causato un rialzo d’interessi per imprese e famiglie,
basta con le parole, ora i fatti.” Un invito a rispettare responsabilmente le
regole di bilancio allontanando ogni accento demagogico nella valutazione della difficile situazione della
finanza pubblica del Paese.
Al ministro Tria il difficile compito di “trovare i soldi” , secondo l’imput del
vicepremier Di Maio, per varare una Legge di bilancio per la crescita e la
stabilità economica che a fine novembre dovrà affrontare il giudizio della
Commissione europea, in attesa di quello dei cittadini italiani dopo le
frenetiche promesse della campagna elettorale. Non è consentito bleffare!