Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 1 aprile 2017

UNA GRANDE DINASTIA DELLA FAMOSA, ILLUSTRE E NOBILE: I VITALE

I VITALE DI TRECCHINA E DI TORTORA

Il tramonto di una grande dinastia
di Giovanni Celico e Biagio Moliterni

Con decreto del 1692 il feudo di Tortora, in Calabria Citra, fu messo “all’asta” e l’aggiudicazione avvenne, qualche anno dopo, a favore di Diego Vitale, figlio di Giuseppe barone di Trecchina, discendente da uno dei rami di una nobile famiglia di Cava dei Tirreni.
Un antenato, con lo stesso nome, appunto Diego Vitale, colonnello di Carlo V, per aver difeso, nel 1528, la città di Cava dall’assalto delle truppe del Lautrech, aveva ottenuto, con la franchigia delle gabelle, anche il privilegio di inquartare nelle sue armi due aquile imperiali, trasmesso al barone di Trecchina e, da questi, riportato ai successori (affresco esistente nell’androne del Palazzo ducale di Tortora ove risultano ancora riprodotte le insegne di combattimento della famiglia Vitale).
I Vitale
di Tortora, passati all’Ordine Gerosolimitano ed ascritti al Registro dei Cavalieri di Malta di giustizia, ebbero per arma: “d’azzurro alla banda d’oro; al tralcio di vite, pampinoso e fruttifero al naturale movente dalla punta, con aquila, sinistrato da un braccio di carnagione”, poi coperto d’ ermellino, “con in mano due ali indicanti tre stelle di oro ordinate e addestrato da un’aquila bicipite con le ali di nero spiegate” e, anche per vincoli matrimoniali, furono imparentati con i Grisone, i Caracciolo, i Grimaldi, i Seripando, i Iovine del Duca di S. Angelo, i Fasanella, i Gagliardi di Bovino, gli Altimari, ecc.
Diego Vitale, di cui sopra, scomparve il 16 aprile del 1728 e gli successe, nel possesso dei feudi calabro-lucani, essendo premorto il primogenito Nicolò, marito di Caterina Altomare, il nipote Giuseppe di Nicola, al quale, deceduto nel 1731, subentrò il fratello Alessandro Maria.
Nicolò ed il fratello Aniello Vitale, entrambi mancati giovanissimi, furono, in linea con una antica tradizione di famiglia, “dottissimi giureconsulti”.
Il duca Alessandro Maria Vitale visse, quasi stabilmente, a Tortora ove nacquero, dalla moglie duchessa Giovanna Maria Pescara del Diano dei marchesi del Castelluccio, molti dei suoi figli.
Dopo Alessandro Vitale subentrò, nel possesso delle terre di famiglia, Francesco Nicola, secondo duca e primo marchese di Tortora dal 1782, che impalmò Evarista Giudice di Domenico, cavaliere napoletano del seggio di Nido, e, a Francesco Nicola, per successione, Alessandro.
Alessandro Vitale nacque a Napoli il 22 maggio 1772 e fu educato nel Collegio dei nobili, fondato dal Marchese Giovan Battista Manso, sotto la direzione dei Padri Somaschi.Diligente nello studio delle lingue e della poesia, dopo il collegio, approfondì le scienze filosofiche e, infine, si applicò alla giurisprudenza: terminato il corso, intraprese la carriera del foro criminale, sotto la direzione del celebre avvocato dell’epoca Giuseppe Raffaelli.
Nel 1796 vestì l’abito di cavaliere di Malta e, nel corso degli avvenimenti del 1799, fu ricercato, ferito e cacciato in “orrida prigione”: ottenuta la libertà andò esule in Italia ed in Francia, da dove ritornò nel 1805.
Nell’esercizio della professione difese, con felice esito, diversi “rei politici” e, nel marzo 1806, fu nominato Commissario di Polizia del Quartiere di S. Lorenzo a Napoli, e, nel 1807, scelto come Socio ordinario di storia ed antichità dall’Accademia Ercolanese.
A novembre 1808 fu eletto giudice della Gran Corte Criminale di Teramo, ma, avendovi rinunciato, fu trasferito ad Avellino e, nel 1814, fu richiamato all’esercizio della giurisdizione proprio nella Gran Corte Criminale di Napoli.
Nel 1791 diede alle stampe, a Napoli, un libretto intitolato “Rime e prose in onore di Ferdinado I, e Maria Carolina d’Austria Sovrani delle due Sicilie”, con varie poesie italiane, una elegìa latina ed un discorso con riflessioni sopra alcuni principali articoli della legislazione di S. Leucio, emanata da re Ferdinando.In successione, produsse “Le lettere eroiche di Ovidio tradotte in versi italiani”, in due volumi, pubblicati a Napoli nel 1807, e “I libri cinque de’ Tristi di Ovidio similmente tradotti in versi Italiani”, in due volumi, che videro la luce nel 1818.
Altre sue opere, purtroppo, sono rimaste inedite.
Dal 1820 incominciò a “soffrire un’alienazione mentale” che indebolì, progressivamente, le sue “ facoltà intellettuali”.
Dai medici gli fu consigliato di respirare l’aria di Posillipo, ma, dopo il trasferimento in quella amena località, invece di migliorare, perse del tutto il ben dell’intelletto, tanto che, in un momento di grande sconforto, si lanciò da una finestra e morì il 25 aprile 1821: con lui, di fatto, si estinse quella nobile schiatta dei feudatari di Trecchina e Tortora.
Alessandro Vitale aveva portato all’altare Carmela Bonito, di famiglia nobile del seggio di Nido, ricevuta nel S.M.O. di Malta nel 1577, che, dopo la morte appunto del marito, convolò in seconde nozze con Ferdinando de Vargas Machuca secondogenito di Tommaso.
Carmela Bonito, a ricordo della prima unione, fece scolpire, nel marmo, una iscrizione, sormontata da un Medaglione con l’effigie, un mezzo busto, dell’estinto sposo, posta nella Chiesa di S. Maria della Grazie de’ PP. del B. Pietro da Pisa in Napoli, vicino all’Ospedale degli Incurabili, in una cappella di padronato della famiglia Altimari (1).
La lapide fu collocata nella quarta cappella di sinistra della chiesa di Santa Maria della Grazie a Caponapoli, presso via Foria (attualmente in restauro, essendo stata depredata negli anni del dopo-terremoto di molti dei suoi capolavori).
La cappella, originariamente della famiglia Altimari, come dimostra lo stemma scolpito sull'arco d' ingresso, aveva sull'altare una Crocifissione di Giovan Bernardo Lama e, alle due pareti, le tombe dei personaggi illustri di questa stirpe: a destra, il monumento funebre di Donato Antonio Altimari (1562) presentava il busto del defunto sull'urna e una decorazione a grottesche con simboli delle scienze (Donato Antonio era medico e filosofo), e, a sinistra, i monumenti di Tommaso e Biagio Altimari (1696), con i busti dei due magistrati vestiti con la toga.
In mezzo a questi ultimi fu collocata, ma non si sa se esiste ancora, per l’appunto, la lapide di Alessandro Vitale, ritratto con il viso severo, fronte alta, vestito da magistrato: la “toga, à nel cappotto avvolte le spalle, la goliera sotto al mento, e pendegli a sinistra la croce di Malta, di cui era insignito. Gli è sopraccapo l’arme di sua famiglia, sormontata da corona ducale e lo scudo diagonalmente diviso da una fascia: nel campo superiore, avvi a sinistra un braccio steso, la di cui mano con l’indice dito, e col medio mostra tre stelle che sono in alto: in quello inferiore vedesi un’aquila a due teste, seduta con le ali spiegate”.

D. O. M.
MORTALIA * HEIC * CONDVNTVR * VINCVLA
QUIBVS * SOLVTVS * EST * ALEXANDER * VITALEPATRICIVS * NEAP * DVX * TVRTVRAE
VTILIS * TREQVINAE * DOMINVS * EQUES * HIEROSOL.
VIRTVTE * PRVDENTIA * MAGNANIMITATE * SPECTANTISSIMVS
QVI * TANTA * ALACRITATE * TVM INGENVAS * ARTES
MVSASQUE * INPRIMIS * ITALAS * EXCOLVIT
TVM * JVRISPRVDENTIAE * ADYTA
A * PRIMA * JVVENTA PENETRAVIT
VT * IN * REGIA * SOCIETATE * BORBONICA
INTER * ACADEMICOS * HERCVLANENSES
ET * IN * NEAP.* CVRIA * INTER * JVDICES * CAPITALES
MERITO * FVERIT * ADLECTVS
HVIC * FATO * EHEV * NIMIS * ACERBO * EREPTO
CARMELA * BONITO * EX * PRINCIPIBVS * CASAPESENNAE
CONJVX.* INCONSOLABILIS * AETERNVM * MOERENS
LAPIDEM * DOLORIS * TESTEM * P. C.
DENATVS * EST * ANNOS * NATVS * IL
VII KAL. MAII * AN. * MDCCCXXI.


Questa iscrizione riporta che il duca di Tortora era patrizio napoletano, anche se la sua famiglia non era stata mai aggregata tra le patrizie di quella città.
Nel 1834 Carmela Bonito, per provare i sui diritti sulla cappella, fece incidere la seguente leggenda sulla parete sinistra, al di sopra della iscrizione prima trascritta:
SACELLUM HOC PRIMUM ALEXANDER VITALETURTURAE DUX E VETUSTA STIRPE ALTIMARO HAEREDITARIO JURE
ACCEPIT DEINDE UXOR CARMELA BONITO E CASAPESENNAE
PRINCIPIBUS PORTUS COMITISSA EX VIRI
TESTAMENTO EST ADEPTA CUJUS REI NE MEMORIAM INTERCIDERET
LAPIDEM POSUIT ANNO CICICCCCXXXIV (attenzione: Per C si intende la C con l’apertura rivolta verso il lato opposto)

(1)-Carlo Antonio de Rosa Marchese di Villarosa, Notizie di alcuni cavalieri del sacro Ordine gerosolimitano illustri per lettere e per belle arti, Napoli 1841, pp. 545 e 546; Giuseppe Castaldi, Della Regale Accademia Ercolanese, Napoli? 1840, pp. 248-25; Carlo Padiglione, Memorie storiche artistiche del Tempio di S. Maria delle Grazie Maggiore a Capo Napoli con cenni biografici di alcuni Illustri che vi furono sepolti, Napoli 1855, pp. 93-96; Giovanni Celico, Tortora e terre vicine, Editur Calabria, 1998; M. Battaglini, Il monitore napoletano 1799, Guida Editore, Na, nella nota n. 2 si citano alcune “allocuzioni”, tra le quali vi è quella del “cittadino Alessandro Vitale” dal titolo “Alla Repubblica Napoletana”; C. Colletta, Proclami e sanzioni della Repubblica Napoletana, Na, 1863, p. 59, ove è riportato il seguente proclama: “Libertà-Uguaglianza – Municipalità Provvisoria – Comitato Militare” e a p. 61 nell’elenco dei militari figura, dopo Pietro Paolo Perrelli, tra i soldati della 4ª Compagnia anche Alessandro Vitale.

CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE A NAPOLI




La quarta cappella della chiesa di S. Maria delle Grazie ove riposavano gli Altimari e Alessandro Vitale

BELLUM IUSTUM: LA GUERRA SANTA-NEI GIORNI DEI SANTI GIOACCHINO ED ANNA...



LA FIAMMA DELLA CONOSCENZA-del Prof. Antonio BOSNA
Bellum cano perenne (canto la continua guerra tra la persona inferiore e la persona superiore che è in ciascuno di noi)
Dedicato a tutti gli allievi ed amici che intendono combattere il Bellum Iustum, la Grande Guerra Santa.
La Conoscenza di cui si parla nelle Sacre Scritture di tutti i popoli, nonché nelle tradizioni orali dei popoli arcaici senza scrittura, è qualcosa di ben diverso dalla conoscenza così come viene intesa oggi, sia a livello filosofico-letterario e scientifico, che a livello del modo comune di sentire.
Di solito, per conoscenza si intende qualcosa che viene appreso a livello mentale e che, quindi, si arresta ad una descrizione esteriore di un oggetto, o anche di un soggetto, che poi viene racchiusa in un concetto che altro non è che una rappresentazione mentale, riflesso della vera realtà.
Nella conoscenza così intesa, soggetto conoscente ed oggetto conosciuto rimangono distinti, poiché il soggetto a livello mentale coglie solo una sintesi delle qualità appartenenti all’oggetto, secondo modalità che risentono della propria formazione intellettuale, del proprio carattere e temperamento, delle condizioni fisiche e psicologiche del momento in cui l’atto conoscitivo si attua.
A ben vedere ciò che di solito si chiama conoscere è semplicemente una descrizione del mondo così come è stata trasmessa ad ogni individuo, dal momento della nascita e per tutto il corso dell’esistenza, dalla cultura a cui, più o meno consapevolmente egli appartiene.
La descrizione o la rappresentazione della realtà, dunque, non è un vero conoscere. Tale processo, tale modo di intendere il conoscere, va avanti da molti secoli a questa parte e costituisce l’elemento più caratterizzante della così detta “solidificazione” del mondo, per usare una espressione di René Guénon.
La concezione materialista che è stata in un primo tempo affermata da vari filosofi, è andata via via ad essere assimilata nel vivere ordinario dalla stragrande maggioranza degli uomini moderni, senza peraltro un’acquisizione cosciente di tale processo deleterio.
Poiché come afferma il Guénon “l’ordine umano e l’ordine cosmico non sono in realtà separati….ma al contrario essi sono così strettamente legati che ognuno di essi reagisce costantemente sull’altro, e che esiste sempre una corrispondenza tra i loro rispettivi stati”. (1)
L’uomo materializzandosi, con il dare importanza solo alle cose sensibili, ha modificato la sua costituzione psichica e fisica, ma è stato anche determinante nella “solidificazione del mondo”, cioè a chiudere ogni possibilità di contatto con le realtà sovrasensibili, cosa che in altre epoche era del tutto naturale.
Conseguenza di tutto ciò è che la conoscenza doveva, per forza di cose, limitarsi solo al mondo che cade sotto i sensi, ed anche il così detto sapere scientifico moderno non è altro che, anche se sembra il contrario, un sapere impoverito, poiché basandosi solo sull’osservazione di fenomeni, è costretto a cambiare continuamente le proprie teorie, in quanto la realtà fenomenica muta costantemente.
L’importanza, quasi esclusiva, che si dà alla vita ordinaria, alla vita cioè che viene vissuta solo in funzione dei sensi, delle emozioni e dei sentimenti, conduce necessariamente a gravi limitazioni dell’individuo umano che sfociano nel disordine e nella confusione sempre più crescenti della società moderna, in cui il delitto, la menzogna e l’egoismo ne sono le manifestazioni più evidenti.
Per di più, come più sopra si è detto, il modo materiale di pensare e di vivere dell’uomo ha dei sicuri riverberi nell’ambiente e così che le frequenti inondazioni, terremoti, cambiamenti improvvisi del clima, strane epidemie, disastri aerei, ferroviari e stradali e le varie rivoluzioni e guerre che scoppiano continuamente in ogni parte del pianeta, sono sicuramente collegabili alle menti instabili ed agitate degli individui moderni.
Ma “la solidificazione del mondo …. man mano che prosegue diviene sempre più precaria, poiché la più bassa delle realtà è anche la più instabile … e proprio attualmente molti indizi stanno a dimostrare che il suo equilibrio instabile è in qualche modo sul punto di spezzarsi.” (2)
E’ opportuno ricordare che attualmente l’umanità si trova a vivere nella fase finale di un ciclo cosmico che secondo la tradizione Indù, così come viene riportata dalle Upanishad e dalla Bhagavad Gita, viene chiamata “Kalì Yuga” o epoca oscura in cui domina la dea Kalì, che governa sia la trasformazione che la distruzione.
Epoca preconizzata anche da Esiodo che parla dell’attuale Età come quella del Ferro, o anche dall’Edda Scandinava che la indica come l’Età del Lupo, chiamata anche “Ragna-rokkr” oscuramento degli dei; o anche dal Profeta Daniele quando spiega al Re Nabucodonosor il significato del sogno, fatto da questi, di una statua dalla testa di oro, dal petto e dalla braccia di argento, dal ventre e dalle cosce di bronzo, dalle gambe di ferro e dai piedi in parte di ferro ed in parte di creta. La statua di terribile aspetto che il re stava osservando, ad un tratto viene frantumata da una grossa pietra che si stanca da un monte, significando ciò la fine di questa epoca, mentre dopo il Dio del Cielo farà sorgere un nuovo regno, il regno Messianico, che non sarà mai distrutto. (3)
Tale dottrina delle quattro età del mondo che vanno via via decrescendo da una prima età luminosa in cui l’uomo aveva un contatto sovrasensibile con il mondo trascendente, all’ultima in cui avviene una quasi totale interruzione di tale contatto, con la conseguente materializzazione dell’esistenza dell’uomo, la si ritrova anche nella tradizione orale dei pellerossa Sioux d’America, riportata nella narrazione che ne fa lo stregone Alce Nero all’etnologo statunitense John Neihardt. (4)
In tale narrazione l’epoca primordiale viene descritta come un Toro che si regge sulle sue quattro zampe, mentre nelle altre tre successive il Toro perde via via una zampa fino all’ultima, l’attuale, in cui il Toro si regge su di una zampa sola, situazione questa estremamente precaria che, non potendo durare a lungo, porterà alla caduta ed alla rovina del Toro stesso.
Come ben si vede, in tutte queste tradizioni, che si rifanno a popoli diversi e distanti tra loro, sia nello spazio che nel tempo, c’è concordia nel ritenere che l’attuale epoca sia caratterizzata da una inversione dei valori e da un sempre più crescente disordine, il quale porterà alla fine questo mondo e dopo un periodo di caos, alla restaurazione della prima età dell’oro.
Trovandoci noi a vivere in quest’epoca pericolosa, come potremmo riattizzare la Fiamma della Conoscenza, grazie alla quale ci potremmo salvare dalla distruzione totale ormai già in atto? Non c’è bisogno di essere profeti di sventura per rendersi conto che l’attuale modo di vivere della stragrande maggioranza degli uomini, meccanico e materializzato, sembra quello che San Paolo definisce da “cadaveri ambulanti”.
Dio è morto, affermava il filosofo Nietzsche alla fine del secolo XIX; a maggior ragione potremmo aggiungere noi: è morto l’uomo, perché se Dio che è il Principio e la causa prima di ogni esistente è morto, come potrebbe continuare a vivere l’uomo, essere precario e di vita breve?
Accendere in noi la Fiamma della Conoscenza, non è qualcosa che possa dipendere da una semplice volontà umana, spesso mossa da semplici motivi sentimentali e nel vagheggiamento di una certa superiorità, la quale risulta essere solo un rifugio in un’atmosfera di sogno.
Perseguire un ideale di Conoscenza è la cosa più alta e più vera che l’uomo possa realizzare; è un impegno severo che implica la partecipazione massima di tutte le componenti dell’individuo: dell’intelligenza, della memoria, della volontà, del sentimento e dei sensi.
Il sentiero della Conoscenza conduce a ciò, che con linguaggio teologico, viene espresso nello Shema Israel “ascolta Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”. (5)
Si tratta di una dedizione totale a ciò che è “l’unica cosa necessaria”, tutto il resto, anche se legittimo, è paglia!
Di solito, quando si parla di queste cose, ci si sente rispondere, quando non si è presi per visionari o sognatori, che non si ha tempo perché troppo impegnati nella vita pratica; oppure si dice che di queste cose ci si occuperà nel periodo di vacanza o quando, addirittura, si andrà in pensione!
Ma come non accorgersi che la nostra stessa vita non ci appartiene, chi potrà mai garantirci che domani apriremo gli occhi?
A tal proposito, il Salvatore è molto esplicito quando afferma:“Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete: la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?...di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno data in aggiunta”. (6)
La via della Conoscenza è la via che conduce al Santo Graal, cioè al cuore dell’Essere, a ciò che veramente l’uomo è: l’immagine eterna di Dio “questa è la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato Gesù Cristo”. (7)
Per giungere a tanto, è indispensabile che si verifichino tre condizioni essenziali:
Una vera vocazione;
Una diuturna disciplina di tutto il proprio essere;
Il ricevere l’insegnamento da un Maestro a cui si deve obbedienza e venerazione.
Per quanto riguarda il primo punto: cioè, se si sia in possesso di una vera vocazione, è della massima importanza partire da un esame attento di sé e di come è stata condotta la propria vita fino al momento presente. Se con sincerità si giunge a sentire un senso di inutilità, di non senso e quasi di disgusto di sé, questo può essere un segno che il cammino iniziatico di Conoscenza può essere intrapreso.
Se invece si prova una qualche forma di appagamento per ciò che appartiene al modo ordinario di vivere, aldilà se si stratta di cose lecite o illecite, allora vuol dire che si è ancora immersi in uno stato di sonnambulismo. Si ricordi: “chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me.” (8), e ancora: “se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua, perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?”. (9)
La Fiamma della Conoscenza si accende quando queste parole penetrano sino al midollo, allora si è pronti ad iniziare il Santo Viaggio, attraverso la “Via Stretta” la via difficile che pochi osano percorrere perché costellata di spine e triboli di ogni genere. Difatti il Salvatore afferma :“Entrate per la porta stretta perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!”. (10)
Se, invece, ci soffermiamo solo a discussioni da salotto letterario su cose di questo genere, si perde solo tempo e si aggrava la propria situazione. Si dice che il pensiero dell’uomo moderno è “pensiero debole” per cui tutto viene visto in superficie e la vita viene sprecata correndo da un’emozione ad un’altra, da una distrazione ad un’altra, da una preoccupazione ad un’altra, non accorgendosi così che in tal modo ci si avvia alla dissoluzione del proprio essere, a quella che è stata definita la “seconda morte” ovverosia la morte dell’anima!
Per quanto riguarda la seconda condizione essenziale per poter intraprendere il cammino iniziatico: la continua disciplina di tutto il proprio essere, è da dirsi che questa varia da individuo ad individuo, poiché ognuno parte da una situazione diversa che è la sintesi della propria storia personale vissuta sino a tale momento.
In linea generale può dirsi che è fondamentale sapersi mettere a nudo, cioè avere una venerazione per la Verità, per poter osservare con chiarezza il proprio caos interiore.
Di solito ogni individuo porta con sé uno stato di divisione tra le varie componenti del proprio io di superficie. La constatazione di tale intima divisione crea sofferenza, ma in questa non bisogno soffermarsi a lungo, altrimenti la spaccatura interna si allarga sempre di più in noi.
Piuttosto risulta molto utile ed efficace l’OSSERVAZIONE DISTACCATA DI SE’, esercitandosi spesso ad andare indietro con la memoria fino al momento della propria nascita e per chi è più progredito in tale esercitazione a penetrare nel ventre della propria madre ed anche oltre…
Inoltre, è opportuno apprendere a saper ricordare ed analizzare i propri sogni cercando di comprendere ciò che si cela sotto il loro simbolismo.
Nell’attività onirica, la mente è svincolata dalla condizione spaziale della veglia, e il tempo scorre secondo modalità differenti, per cui se spesso i sogni appaiono confusi è perché noi siamo troppo legati allo stato di veglia a cui l’uomo moderno, in particolare, ha dato importanza esclusiva.
Bisogna, invece, imparare a considerare che l’uomo totale è qualcosa di molto più grande e ricco di potenzialità più di quanto non si creda.
Nel sogno, come nel sonno profondo senza sogni, entriamo in dimensioni diverse del nostro essere e la loro esplorazione conduce all’esperienza della totalità dell’Essere.
Nella disciplina iniziatica va inclusa un’altra esercitazione fondamentale: la CONTINUA VIGILANZA SU DI SE’.
Portando l’attenzione costante sull’attività della mente e dei propri stati d’animo, si scopre che in noi ciò che domina è il pensiero passivo. L’uomo ordinario non dovrebbe dire “io penso”, ma “in me si pensa”; non “io amo”, ma “in me si ama”, non “io soffro”, ma “in me si soffre” e così via.
Prendendo coscienza di tale passività, nonché di tutti i gesti automatici che compiamo durante la giornata e di tutte le parole usuali che proferiamo, se tale consapevolezza è purificata da ogni emozione, si può giungere al distacco da tutto ciò che non si è.
L’uomo totale non può identificarsi con gli errori e le deficienze della propria vita, poiché il segmento della vita terrestre ha come connotato essenziale la “limitazione” che ci deriva dalle influenze del mondo esterno, dalla cultura a cui si appartiene, dall’educazione ricevuta, dalla propria costituzione psico-fisica, e dalle influenze ereditarie.
Il vero Io, il nostro essere divino e immortale è aldilà di tutte queste condizioni ed emerge quando tutta la polvere che si è accumulata in noi viene rimossa.
Si tratta di un lungo e faticoso processo di disidentificazione da ciò che si è in modo passivo aggiunto in noi durante la vita; in altre parole, bisogna giungere a cancellare la propria storia personale, spesso espresso nel simbolo del cambiamento del proprio nome, come nell’episodio della lotta di Giacobbe con Dio “…Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò mentre continuava a lottare con lui. Quegli disse :”Lasciami andare perché è spuntata l’aurora” Giacobbe rispose:”Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!” gli domandò :”Come ti chiami?” rispose :”Giacobbe” riprese :”non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini ed hai vinto”. (11)
Fondamento della disciplina interiore è l’Amore per la Verità.
E’ della massima importanza comprendere che quando una persona mente, uccide sé stessa e il suo atto si ripercuote negativamente sia sull’ambiente sociale che su quello cosmico.
Il primo stadio della Conoscenza si raggiunge quando si è veri con sé stessi e veri con gli altri.
Infine, la terza condizione per poter intraprendere il cammino iniziatico di autoconoscenza, come si è detto, è il ricevere l’insegnamento da un maestro.
Tale figura, poco o niente conosciuta dal mondo occidentale moderno, non è solo di quella persona che abbia accumulato saggezza nel corso degli anni, ma essenzialmente si tratta di un soggetto che abbia a sua volta ricevuto una trasmissione dell’insegnamento spirituale da un altro maestro che è collegato ad una catena iniziatica che si ricollega misteriosamente al mondo delle origini.
A questo punto sorge un problema: poiché maestri di questo genere sono molto difficili da ritrovare nella società moderna e quei pochi che sono rimasti si sono occultati, si dice che i Rosa Croce si siano ritirati in una sede asiatica sin dal XVII secolo, stando così le cose, chi potrebbe avere titolo ad impartire l’insegnamento che conduce alla Conoscenza?
Due considerazioni vanno tenute presenti: la prima è che in Occidente l’unica organizzazione spirituale legittima, pur nei limiti del processo di secolarizzazione nel suo seno, è la Chiesa Cattolica.
In essa la dottrina ed i riti, i quali permangono nella loro struttura iniziatica, nonostante la popolarizzazione avvenuta da Costantino Imperatore in poi, discendono direttamente da Gesù Cristo, il Verbo di Dio.
E’ vero che gli elementi misterici dei riti, che ne sono la parte essenziale, spesso vengono affogati da tutta una serie di espressioni sentimentali ed anche dissacranti, vedi il battimano in chiesa, le riprese fotografiche durante i matrimoni, battesimi e cresime, per non parlare dei canti insipidi e mielosi che vengono usati e che non hanno nulla di sacro.
Inoltre, le chiese spesso vengono utilizzate come musei o per organizzare dibattiti e conferenze…..
Aldilà di tali evidenti storture, la partecipazione attenta ai riti e la meditazione sui simboli che emergono dalle Sacre Scritture, danno una possibilità di accesso alla Conoscenza di cui stiamo parlando.
Una seconda considerazione va fatta: accanto alla catena dei Maestri visibili, esiste anche quella dei Maestri invisibili con i quali in situazioni del tutto speciali si può prendere contatto.
Tra i vari casi di tali situazioni ne possiamo citare solo due: il primo si ha quando, dopo un lungo ed intenso meditare sugli aspetti simbolici, sia della realtà fisica, sia del contenuto dei sogni, e sia sulle Sacre Scritture, all’improvviso si ottiene una certa apertura di coscienza, potremmo dire un’illuminazione, in cui si fanno palesi vari significati oscuri dell’esistenza.
Tale stato di grazia viene accompagnato da un senso vivo di libertà, di distacco, di pace e di luminosità.
Nella tipologia dei sogni si possono distinguere almeno tre categorie: vi sono i sogni karmici, cioè quelli che riflettono i desideri e le pulsioni dello stato di veglia e che risentono inoltre dei processi fisiologici dell’individuo; più rari sono i sogni lucidi, in cui si ha coscienza di sognare, espressione di uno stato avanzato di vita spirituale; infine vi sono i sogni profetici, del tutto eccezionali, nei quali si ha un reale contatto con il mondo trascendente.
In un sogno della seconda o della terza categoria indicate è possibile avere un contatto e, quindi, un insegnamento da un Maestro invisibile.
La trasmissione dell’insegnamento sia durante i sogni, che durante lo stato di veglia di una coscienza allargata, su considerato, non avviene però nella forma usuale della logica.
Vi è una parte del nostro essere profondo che usa strumenti superiori alla logica razionale, si tratta della intuizione intellettuale, da non confondersi con l’intuito dei sensi, attraverso la quale si ha un rapporto immediato, fuori dalle categorie spazio-temporali, con la Realtà Unica, con l’Uno che è insieme l’Essere e ciò che è aldilà dell’Essere e che contiene tutte le possibilità della manifestazione universale.
L’uomo è un microcosmo, cioè la sintesi di tutto l’Universo creato, difatti nel Genesi, l’uomo viene creato da Dio alla fine del processo creativo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza…”(12) e a cui il Creatore consegna tutto l’Universo su cui dovrà esercitare il dominio, potestà perduta dopo la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, ma riconquistata dal sacrificio del Cristo che rappresenta, tra l’altro, l’Uomo Universale a cui ogni persona che compie il cammino iniziatico dovrà ricongiungersi.
In un altro contesto culturale, quello metafisico del Tao-te-ching, un testo cinese attribuito a Lao Tse, la realizzazione del vero Io viene associata all’esperienza del Vuoto “chi realizza il Vuoto estremo trova ciò che (aldilà dal mutevole e dal particolare) sussiste immobile e calmo”. (13)
Mentre, nelle Upanishad indiane, l’Io vero, o Io assoluto, sintesi di essere e conoscere, viene identificato con l’Atman, che è l’individuazione del Brahman, il Principio primo da cui traggono la realtà tutti gli esseri visibili ed invisibili.
Dell’Atman, però, l’uomo ordinariamente non ha coscienza, poiché esso risiede nella “caverna del cuore”, cioè nel così detto quarto stato, turya, che è aldilà del sonno profondo senza sogni.
Chi intende intraprendere il cammino iniziatico della Conoscenza, andando dall’esteriore, l’io di superficie, all’interiore, l’Io vero; o, in altri termini, dal molteplice all’Uno, per usare il linguaggio di Plotino, deve percorrere un itinerario di distacco da ciò che non si è. In tal modo, attraverso un’attenta concentrazione si comprende che: ciò che deriva dai sensi, dalle emozioni, dai sentimenti, dagli istinti e dalle tendenze ereditarie, non fa parte della costituzione del vero Io.
Conoscere il vero Io è tornare allo stato primordiale che è uno stato di Sapienza e di Potenza insieme e che può manifestarsi in un’esperienza di Luce sfolgorante in un attimo intemporale.
Se la Fiamma della Conoscenza è veramente accesa in noi, dopo aver realizzato lo stato di Verità, va realizzato lo stato di Unità del proprio essere, che si ottiene ristabilendo la gerarchia originaria, in cui l’Intelletto, risplendendo di luce meridiana, riprende il comando sulla ragione, sulla volontà, sui sentimenti e sui sensi.
Quindi, realizzato l’Uomo Vero, si dovrà realizzare l’Uomo Reale o Primordiale, per ascendere all’ultima e definitiva tappa del processo conoscitivo iniziatico, rappresentato dall’Uomo Universale, El-insanul-Kamil, così chiamato dall’esoterismo arabo, che corrisponde all’Adamo Qadmon della Qabbalah ebraica, al “Re” Wang del Tao-te-ching, e al Logos della tradizione cristiana.
In conclusione, per poter accedere alla Realtà Vera al Vero Sé Stessi, l’uomo deve rompere il guscio/limite della vita quotidiana, in cui si ripetono banalmente parole, gesti ed atti che non possono dare spessore ad un vivere da Esseri svegli.
“Il primo movimento dell’uomo che cerca la Via deve essere quello di spezzare l’immagine abituale che ha di sé stesso, soltanto allora egli potrà cominciare a dire Io, quando alla parola magica corrisponda l’immaginazione interiore di un sentirsi senza limiti di spazio, di età e di potenza”.(14)
Il mondo in cui ci muoviamo è costellato da miriadi di forze misteriose che manipolano e rendono schiavo l’uomo comune e di tali forze lo Svegliato si deve rendere padrone per potersi riappropriare della sua dignità primordiale: Essere vicario di Dio nell’Universo.
Per aspera ad astra.
Antonio Bosna
Bari, 26 luglio 2013
nel giorno dei Santi Gioacchino ed Anna

NOTE
(1) René Guenon – Il regno della quantità e il segno dei tempi. Ed. Studi tradizionali, Torino, 1969, p. 138
(2) Ibidem: p. 144
(3) Daniele 2,31-45
(4) John Neihardt – Alce Nero parla – Adelphi, 1968
(5) Deuteronomio 6,4-5
(6) Matteo 6, 25-34
(7) Giovanni 17,3
(8) Matteo 10, 37
(9) Marco 8, 35-36
(10) Matteo 7,13-14
(11) Genesi 32,25-29
(12) Genesi 1, 27-28
(13) Tao-te-ching 16
(14) Leo – Barriere in “Introduzione alla Magia” a cura del gruppo di Ur Vol. I
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Pietro Vitale
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venerdì 31 marzo 2017

CONCERTO DELLA QUARESIMA.FANFARA DEL DECIMO RGT "CAMPANIA"

Comando Provinciale Carabinieri Bari
Sala Stampa


MOLFETTA (BA). CONCERTO DI BENEFICENZA IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA CON LA PARTECIPAZIONE DELLA FANFARA DEI CARABINIERI E “L’ORCHESTRA DA CAMERA  F. PERUZZI” A FAVORE DEL PROGETTO “SANGUE SICURO” DI MEDICI CON L’AFRICA PER LA REALIZZAZIONE DI UNA BANCA DEL SANGUE IN SIERRA LEONE.

Ieri sera alle ore 20.00, presso la Cattedrale di Molfetta, davanti a numerose Autorità religiose, civili e militari, ha avuto luogo un concerto di beneficenza a favore del progetto “SANGUE SICURO”  di MEDICI CON L’AFRICA, per la realizzazione di una banca del sangue in Sierra Leone.
L’iniziativa, promossa dalla locale Arciconfraternita di Santo Stefano, con il patrocinio del Comune di Molfetta e la collaborazione della Fondazione “V. Valente”, ha voluto proporre alla cittadinanza il “CONCERTO DELLA QUARESIMA”,  riuscendo a conciliare armonicamente lo spessore artistico e la spettacolarità della Fanfara dei Carabinieri del 10° Reggimento “Campania” e dell’ “Orchestra da Camera F. Peruzzi”, il tutto in favore del  progetto di solidarietà “Sangue Sicuro” in Sierra Leone. In particolare sono state eseguite le tradizionali Marce Funebri che accompagnano le processioni molfettesi al seguito delle sacre immagini che sfilano solenni per le vie della città. Composizioni musicali intrise di tristezza, mestizia e dolore nelle loro note dolci e melodiche, facilmente apprese e rese patrimonio personale dei molfettesi, anche  perché foriere di ricordi, passioni e sentimenti di tempi passati. Mentre la Fanfara dei Carabinieri, composta da 30 maestri di musica,  nata l’8 giugno 1862 con Regio Decreto che ne regola l’impiego in manifestazioni militari, civili e religiose,   ha eseguito numerosi pezzi della tradizione musicale civile e militare, tra cui: “Vecchia Marcia d’Ordinanza”, “Cavalleria Leggera”, “Nabucco”, “Poeta e Contadino”, “Oberto Conte di San Bonifacio”. “La Fedelissima”, “U Canzasiegge”, “Amleto”, “Palmieri”. Infine, per suggellare la solennità dell’evento,  è stato suonato l’”Inno Nazionale Italiano”, accompagnato dal canto di tutti i presenti. 

giovedì 30 marzo 2017

BREXIT, UNA STORIA TORMENTATA, UNA CONVIVENZA DIFFICILE?



            BREXIT,  ADDIO  ALL’ UNIONE  EUROPEA
di  Antonio  Laurenzano
Dopo la solenne “Dichiarazione di Roma” firmata in Campidoglio dai 27 Capi di Stato e di governo in occasione dei 60 Anni dei Trattati del 1957, al Presidente del Consiglio europeo Tusk  è stata consegnata a Bruxelles la “lettera di addio” dall’Ue del Regno Unito. Si è così concretizzata la volontà popolare espressa nel referendum dello scorso giugno quando il 51,9% dei cittadini del Regno votò a favore del “divorzio”. Si chiude la lunga stagione delle ambiguità iniziata nel 1973 con l’ingresso nell’Unione della Gran Bretagna, una storia tormentata, una convivenza difficile. Con un Pil  alla fine degli Anni Cinquanta fra i più bassi d’Europa e il tasso di disoccupazione tra i più alti, Londra puntò sull’Europa e indirizzò la domanda di adesione all’allora Cee che venne rifiutata in due occasioni prima di essere accolta. Un matrimonio d’interessi spesso in crisi: una prima volta nel 1984 quando la Lady di ferro, Margaret Thatcher, pretese dalla Comunità europea il riconoscimento della clausola “our money back”, la restituzione  dei contributi versati per la politica agricola comune (Pac). Ancora più clamorose e deflagranti la presa di posizione britannica nel 1988 contro la “federalizzazione” dell’Europa, con buona pace del pensiero di Winston Churchill, nonché l’opt-out dalla moneta unica, dalla Convenzione di Schengen e dal social chapter, caro a Jacques Delors, Presidente della Commissione europea.
Una presenza ingombrante nell’Ue quella del Regno Unito, da sempre “con i piedi in Europa ma con la testa oltre Oceano”. Un partner critico, arrogante nelle sue incessanti rivendicazioni sovrane, geloso del crescente potere politico ed economico della Germania, uno dei sei Paesi fondatori dell’Unione.
Inizia ora un lungo e complesso negoziato che in due anni dovrà regolamentare i tanti rapporti in essere fra Londra e Bruxelles. Nei prossimi giorni il governo di Theresa May presenterà un testo di legge con l’elenco delle oltre 19 mila norme comunitarie recepite nel sistema legislativo britannico che il Parlamento dovrà modificare o abrogare. Il 29 aprile a Bruxelles il Consiglio europeo, in seduta straordinaria, concorderà le linee guida del “trattato di ritiro” che dovrà poi essere ratificato dal Parlamento di Strasburgo. La trattativa per le condizioni della Brexit si prospetta non semplice. Le posizioni sono abbastanza rigide, con la prevalenza a Londra di una “hard Brexit” del Regno Unito non solo dall’Ue ma anche dal mercato unico. Da Bruxelles si precisa : mai un accordo che mantenga la libera circolazione di merci,servizi e capitali, ma non delle persone. Se nessuno recederà da queste posizioni vi sarà il ritorno delle tariffe e delle dogane ai confini fra il Regno Unito e l’Ue. Ma la ciliegina è quella che Bruxelles intende mettere sulla torta da… regalare ai sudditi di Sua Maestà Britannica: il pagamento di 60 miliardi di euro che Londra dovrebbe pagare per onorare tutti i contratti sottoscritti da Stato membro dell’Unione, per finanziare il bilancio comunitario (la programmazione in corso copre i sette anni dal 2014 al 2020), compresi i programmi di coesione e le spese amministrative (fra le altre, le pensioni dei funzionari europei di nazionalità britannica). Il rischio è che i negoziati si arenino su questo punto già nella fase iniziale e che alla fine dei due anni il Regno Unito esca dall’Ue senza un accordo quadro, con gravi conseguenze sui tanti interessi in gioco.
A pochi giorni dalla sfida lanciata a Roma per un’Europa migliore, un’Europa dei popoli più vicina alle istanze socio-economiche  dei cittadini, esce dalla “casa europea” un condomino “invisibile” sul piano politico, contrario a ogni forma di integrazione dell’Unione, ma molto “visibile” su quello economico. Con  l’uscita della Gran Bretagna l’Europa perde la sua seconda economia, il 25% del suo Pil, la City, la sua prima piazza finanziaria, una grande potenza militare.  “Un momento triste, un momento storico”, sul quale pende minacciosa la richiesta del Parlamento scozzese di un referendum bis sulla secessione da Londra in risposta alla Brexit. Una implicita richiesta di indipendenza della Scozia dal Regno Unito alla quale potrebbe seguire quella dell’Irlanda del Nord che preme per ricongiungersi con l’Irlanda.  
La premier britannica ha auspicato una “partnership speciale” con l’Ue che preveda una efficace cooperazione sul piano economico e della sicurezza, nonché la reciprocità per la tutela degli interessi di  tutti i cittadini. Ma l’incertezza regna sovrana! Come risponderanno i mercati? Quali gli effetti sull’import-export? Quale sarà l’andamento dei tassi di crescita? Per l’Europa un difficile banco di prova: selezionare priorità e interessi condivisi, rafforzare il debole spirito unitario, individuare un credibile assetto istituzionale, disegnare un equilibrato  sviluppo economico per azzerate il diffuso euroscetticismo. Per Londra, alla fine, un’amara verità: nel mondo globale l’isolamento non è più …. splendido!       

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