Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale.
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La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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Il tramonto di una grande dinastia di Giovanni Celico e Biagio Moliterni
Con
decreto del 1692 il feudo di Tortora, in Calabria Citra, fu messo
“all’asta” e l’aggiudicazione avvenne, qualche anno dopo, a favore di Diego Vitale, figlio di Giuseppe barone di Trecchina, discendente da uno dei rami di una nobile famiglia di Cava dei Tirreni. Un antenato, con lo stesso nome, appunto Diego Vitale,
colonnello di Carlo V, per aver difeso, nel 1528, la città di Cava
dall’assalto delle truppe del Lautrech, aveva ottenuto, con la
franchigia delle gabelle, anche il privilegio di inquartare nelle sue
armi due aquile imperiali, trasmesso al barone di Trecchina e, da
questi, riportato ai successori (affresco esistente nell’androne
del Palazzo ducale di Tortora ove risultano ancora riprodotte le
insegne di combattimento della famiglia Vitale). I Vitale di Tortora, passati all’Ordine Gerosolimitano ed ascritti al Registro dei Cavalieri diMalta di giustizia, ebbero per arma: “d’azzurro alla banda d’oro; al tralcio di vite, pampinoso e fruttiferoal
naturale movente dalla punta, con aquila, sinistrato da un braccio di
carnagione”, poi coperto d’ ermellino, “con in mano due ali indicanti
tre stelle di oro ordinate e addestrato da un’aquila bicipite con le ali
di nero spiegate” e, anche per vincoli matrimoniali, furono imparentati con i Grisone, i Caracciolo, i Grimaldi, i Seripando, i Iovine del Duca di S. Angelo, i Fasanella, i Gagliardi di Bovino, gli Altimari, ecc. Diego Vitale,
di cui sopra, scomparve il 16 aprile del 1728 e gli successe, nel
possesso dei feudi calabro-lucani, essendo premorto il primogenito
Nicolò, marito di Caterina Altomare, il nipote Giuseppe di Nicola, al
quale, deceduto nel 1731, subentrò il fratello Alessandro Maria. Nicolò ed il fratello Aniello Vitale, entrambi mancati giovanissimi, furono, in linea con una antica tradizione di famiglia, “dottissimi giureconsulti”. Il duca Alessandro Maria Vitale
visse, quasi stabilmente, a Tortora ove nacquero, dalla moglie duchessa
Giovanna Maria Pescara del Diano dei marchesi del Castelluccio, molti
dei suoi figli. Dopo Alessandro Vitale subentrò, nel
possesso delle terre di famiglia, Francesco Nicola, secondo duca e
primo marchese di Tortora dal 1782, che impalmò Evarista Giudice di
Domenico, cavaliere napoletano del seggio di Nido, e, a Francesco
Nicola, per successione, Alessandro. Alessandro Vitalenacque
a Napoli il 22 maggio 1772 e fu educato nel Collegio dei nobili,
fondato dal Marchese Giovan Battista Manso, sotto la direzione dei Padri
Somaschi.Diligente nello studio delle lingue e della
poesia, dopo il collegio, approfondì le scienze filosofiche e, infine,
si applicò alla giurisprudenza: terminato il corso, intraprese la
carriera del foro criminale, sotto la direzione del celebre avvocato
dell’epoca Giuseppe Raffaelli. Nel 1796 vestì l’abito di cavaliere di Malta
e, nel corso degli avvenimenti del 1799, fu ricercato, ferito e
cacciato in “orrida prigione”: ottenuta la libertà andò esule in Italia
ed in Francia, da dove ritornò nel 1805. Nell’esercizio della professione difese, con felice esito, diversi “rei politici”
e, nel marzo 1806, fu nominato Commissario di Polizia del Quartiere di
S. Lorenzo a Napoli, e, nel 1807, scelto come Socio ordinario di storia
ed antichità dall’Accademia Ercolanese. A novembre 1808 fu eletto
giudice della Gran Corte Criminale di Teramo, ma, avendovi rinunciato,
fu trasferito ad Avellino e, nel 1814, fu richiamato all’esercizio della
giurisdizione proprio nella Gran Corte Criminale di Napoli. Nel 1791 diede alle stampe, a Napoli, un libretto intitolato
“Rime e prose in onore di Ferdinado I, e Maria Carolina d’Austria
Sovrani delle due Sicilie”, con varie poesie italiane, una elegìa latina
ed un discorso con riflessioni sopra alcuni principali articoli della
legislazione di S. Leucio, emanata da re Ferdinando.In successione, produsse “Le
lettere eroiche di Ovidio tradotte in versi italiani”, in due volumi,
pubblicati a Napoli nel 1807, e “I libri cinque de’ Tristi di Ovidio
similmente tradotti in versi Italiani”, in due volumi, che videro la luce nel 1818. Altre sue opere, purtroppo, sono rimaste inedite. Dal 1820 incominciò a “soffrire un’alienazione mentale” che indebolì, progressivamente, le sue “ facoltà intellettuali”. Dai
medici gli fu consigliato di respirare l’aria di Posillipo, ma, dopo il
trasferimento in quella amena località, invece di migliorare, perse del
tutto il ben dell’intelletto, tanto che, in un momento di grande
sconforto, si lanciò da una finestra e morì il 25 aprile 1821: con lui,
di fatto, si estinse quella nobile schiatta dei feudatari di Trecchina e
Tortora. Alessandro Vitale aveva portato all’altare Carmela Bonito,
di famiglia nobile del seggio di Nido, ricevuta nel S.M.O. di Malta nel
1577, che, dopo la morte appunto del marito, convolò in seconde nozze
con Ferdinando de Vargas Machuca secondogenito di Tommaso. Carmela
Bonito, a ricordo della prima unione, fece scolpire, nel marmo, una
iscrizione, sormontata da un Medaglione con l’effigie, un mezzo busto,
dell’estinto sposo, posta nella Chiesa di S. Maria della Grazie de’ PP.
del B. Pietro da Pisa in Napoli, vicino all’Ospedale degli Incurabili,
in una cappella di padronato della famiglia Altimari (1). La lapide
fu collocata nella quarta cappella di sinistra della chiesa di Santa
Maria della Grazie a Caponapoli, presso via Foria (attualmente in
restauro, essendo stata depredata negli anni del dopo-terremoto di molti
dei suoi capolavori). La cappella, originariamente della famiglia
Altimari, come dimostra lo stemma scolpito sull'arco d' ingresso, aveva
sull'altare una Crocifissione di Giovan Bernardo Lama e, alle due
pareti, le tombe dei personaggi illustri di questa stirpe: a destra, il
monumento funebre di Donato Antonio Altimari (1562) presentava il busto
del defunto sull'urna e una decorazione a grottesche con simboli delle
scienze (Donato Antonio era medico e filosofo), e, a sinistra, i
monumenti di Tommaso e Biagio Altimari (1696), con i busti dei due
magistrati vestiti con la toga. In mezzo a questi ultimi fu
collocata, ma non si sa se esiste ancora, per l’appunto, la lapide di
Alessandro Vitale, ritratto con il viso severo, fronte alta, vestito da
magistrato: la “toga, à nel cappotto avvolte le spalle, la goliera sotto
al mento, e pendegli a sinistra la croce di Malta, di cui era
insignito. Gli è sopraccapo l’arme di sua famiglia, sormontata da corona
ducale e lo scudo diagonalmente diviso da una fascia: nel campo
superiore, avvi a sinistra un braccio steso, la di cui mano con l’indice
dito, e col medio mostra tre stelle che sono in alto: in quello
inferiore vedesi un’aquila a due teste, seduta con le ali spiegate”.
D. O. M. MORTALIA * HEIC * CONDVNTVR * VINCVLA QUIBVS * SOLVTVS * EST * ALEXANDER * VITALEPATRICIVS * NEAP * DVX * TVRTVRAE VTILIS * TREQVINAE * DOMINVS * EQUES * HIEROSOL. VIRTVTE * PRVDENTIA * MAGNANIMITATE * SPECTANTISSIMVS QVI * TANTA * ALACRITATE * TVM INGENVAS * ARTES MVSASQUE * INPRIMIS * ITALAS * EXCOLVIT TVM * JVRISPRVDENTIAE * ADYTA A * PRIMA * JVVENTA PENETRAVIT VT * IN * REGIA * SOCIETATE * BORBONICA INTER * ACADEMICOS * HERCVLANENSES ET * IN * NEAP.* CVRIA * INTER * JVDICES * CAPITALES MERITO * FVERIT * ADLECTVS HVIC * FATO * EHEV * NIMIS * ACERBO * EREPTO CARMELA * BONITO * EX * PRINCIPIBVS * CASAPESENNAE CONJVX.* INCONSOLABILIS * AETERNVM * MOERENS LAPIDEM * DOLORIS * TESTEM * P. C. DENATVS * EST * ANNOS * NATVS * IL VII KAL. MAII * AN. * MDCCCXXI.
Questa
iscrizione riporta che il duca di Tortora era patrizio napoletano,
anche se la sua famiglia non era stata mai aggregata tra le patrizie di
quella città. Nel 1834 Carmela Bonito, per provare i sui diritti
sulla cappella, fece incidere la seguente leggenda sulla parete
sinistra, al di sopra della iscrizione prima trascritta: SACELLUM HOC PRIMUM ALEXANDER VITALETURTURAE DUX E VETUSTA STIRPE ALTIMARO HAEREDITARIO JURE ACCEPIT DEINDE UXOR CARMELA BONITO E CASAPESENNAE PRINCIPIBUS PORTUS COMITISSA EX VIRI TESTAMENTO EST ADEPTA CUJUS REI NE MEMORIAM INTERCIDERET LAPIDEM POSUIT ANNO CICICCCCXXXIV (attenzione: Per C si intende la C con l’apertura rivolta verso il lato opposto)
(1)-Carlo
Antonio de Rosa Marchese di Villarosa, Notizie di alcuni cavalieri del
sacro Ordine gerosolimitano illustri per lettere e per belle arti,
Napoli 1841, pp. 545 e 546; Giuseppe Castaldi, Della Regale Accademia
Ercolanese, Napoli? 1840, pp. 248-25; Carlo Padiglione, Memorie storiche
artistiche del Tempio di S. Maria delle Grazie Maggiore a Capo Napoli
con cenni biografici di alcuni Illustri che vi furono sepolti, Napoli
1855, pp. 93-96; Giovanni Celico, Tortora e terre vicine, Editur
Calabria, 1998; M. Battaglini, Il monitore napoletano 1799, Guida
Editore, Na, nella nota n. 2 si citano alcune “allocuzioni”, tra le
quali vi è quella del “cittadino Alessandro Vitale” dal titolo “Alla
Repubblica Napoletana”; C. Colletta, Proclami e sanzioni della
Repubblica Napoletana, Na, 1863, p. 59, ove è riportato il seguente
proclama: “Libertà-Uguaglianza – Municipalità Provvisoria – Comitato
Militare” e a p. 61 nell’elenco dei militari figura, dopo Pietro Paolo
Perrelli, tra i soldati della 4ª Compagnia anche Alessandro Vitale.
CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE A NAPOLI
La quarta cappella della chiesa di S. Maria delle Grazie ove riposavano gli Altimari e Alessandro Vitale
LA FIAMMA
DELLA CONOSCENZA-del Prof. Antonio BOSNA Bellum cano perenne (canto la continua guerra tra la persona inferiore e la
persona superiore che è in ciascuno di noi)
Dedicato a tutti gli allievi ed amici che intendono combattere il Bellum
Iustum, la Grande Guerra Santa.
La
Conoscenza di cui si parla nelle Sacre Scritture di tutti i popoli, nonché
nelle tradizioni orali dei popoli arcaici senza scrittura, è qualcosa di ben
diverso dalla conoscenza così come viene intesa oggi, sia a livello
filosofico-letterario e scientifico, che a livello del modo comune di sentire.
Di solito, per conoscenza si intende qualcosa che viene appreso a livello
mentale e che, quindi, si arresta ad una descrizione esteriore di un oggetto, o
anche di un soggetto, che poi viene racchiusa in un concetto che altro non è
che una rappresentazione mentale, riflesso della vera realtà.
Nella conoscenza così intesa, soggetto conoscente ed oggetto conosciuto
rimangono distinti, poiché il soggetto a livello mentale coglie solo una
sintesi delle qualità appartenenti all’oggetto, secondo modalità che risentono
della propria formazione intellettuale, del proprio carattere e temperamento,
delle condizioni fisiche e psicologiche del momento in cui l’atto conoscitivo
si attua.
A ben vedere ciò che di solito si chiama conoscere è semplicemente una
descrizione del mondo così come è stata trasmessa ad ogni individuo, dal
momento della nascita e per tutto il corso dell’esistenza, dalla cultura a cui,
più o meno consapevolmente egli appartiene.
La descrizione o la rappresentazione della realtà, dunque, non è un vero
conoscere. Tale processo, tale modo di intendere il conoscere, va avanti da
molti secoli a questa parte e costituisce l’elemento più caratterizzante della
così detta “solidificazione” del mondo, per usare una espressione di René
Guénon.
La concezione materialista che è stata in un primo tempo affermata da vari
filosofi, è andata via via ad essere assimilata nel vivere ordinario dalla
stragrande maggioranza degli uomini moderni, senza peraltro un’acquisizione cosciente
di tale processo deleterio.
Poiché come afferma il Guénon “l’ordine umano e l’ordine cosmico non sono in
realtà separati….ma al contrario essi sono così strettamente legati che ognuno
di essi reagisce costantemente sull’altro, e che esiste sempre una
corrispondenza tra i loro rispettivi stati”. (1)
L’uomo materializzandosi, con il dare importanza solo alle cose sensibili, ha
modificato la sua costituzione psichica e fisica, ma è stato anche determinante
nella “solidificazione del mondo”, cioè a chiudere ogni possibilità di contatto
con le realtà sovrasensibili, cosa che in altre epoche era del tutto naturale.
Conseguenza di tutto ciò è che la conoscenza doveva, per forza di cose,
limitarsi solo al mondo che cade sotto i sensi, ed anche il così detto sapere
scientifico moderno non è altro che, anche se sembra il contrario, un sapere
impoverito, poiché basandosi solo sull’osservazione di fenomeni, è costretto a
cambiare continuamente le proprie teorie, in quanto la realtà fenomenica muta
costantemente.
L’importanza, quasi esclusiva, che si dà alla vita ordinaria, alla vita cioè
che viene vissuta solo in funzione dei sensi, delle emozioni e dei sentimenti,
conduce necessariamente a gravi limitazioni dell’individuo umano che sfociano
nel disordine e nella confusione sempre più crescenti della società moderna, in
cui il delitto, la menzogna e l’egoismo ne sono le manifestazioni più evidenti.
Per di più, come più sopra si è detto, il modo materiale di pensare e di vivere
dell’uomo ha dei sicuri riverberi nell’ambiente e così che le frequenti
inondazioni, terremoti, cambiamenti improvvisi del clima, strane epidemie,
disastri aerei, ferroviari e stradali e le varie rivoluzioni e guerre che
scoppiano continuamente in ogni parte del pianeta, sono sicuramente collegabili
alle menti instabili ed agitate degli individui moderni.
Ma “la solidificazione del mondo …. man mano che prosegue diviene sempre più
precaria, poiché la più bassa delle realtà è anche la più instabile … e proprio
attualmente molti indizi stanno a dimostrare che il suo equilibrio instabile è
in qualche modo sul punto di spezzarsi.” (2)
E’ opportuno ricordare che attualmente l’umanità si trova a vivere nella fase
finale di un ciclo cosmico che secondo la tradizione Indù, così come viene
riportata dalle Upanishad e dalla Bhagavad Gita, viene chiamata “Kalì Yuga” o
epoca oscura in cui domina la dea Kalì, che governa sia la trasformazione che
la distruzione.
Epoca preconizzata anche da Esiodo che parla dell’attuale Età come quella del
Ferro, o anche dall’Edda Scandinava che la indica come l’Età del Lupo, chiamata
anche “Ragna-rokkr” oscuramento degli dei; o anche dal Profeta Daniele quando
spiega al Re Nabucodonosor il significato del sogno, fatto da questi, di una
statua dalla testa di oro, dal petto e dalla braccia di argento, dal ventre e
dalle cosce di bronzo, dalle gambe di ferro e dai piedi in parte di ferro ed in
parte di creta. La statua di terribile aspetto che il re stava osservando, ad
un tratto viene frantumata da una grossa pietra che si stanca da un monte,
significando ciò la fine di questa epoca, mentre dopo il Dio del Cielo farà
sorgere un nuovo regno, il regno Messianico, che non sarà mai distrutto. (3)
Tale dottrina delle quattro età del mondo che vanno via via decrescendo da una
prima età luminosa in cui l’uomo aveva un contatto sovrasensibile con il mondo
trascendente, all’ultima in cui avviene una quasi totale interruzione di tale
contatto, con la conseguente materializzazione dell’esistenza dell’uomo, la si
ritrova anche nella tradizione orale dei pellerossa Sioux d’America, riportata
nella narrazione che ne fa lo stregone Alce Nero all’etnologo statunitense John
Neihardt. (4)
In tale narrazione l’epoca primordiale viene descritta come un Toro che si
regge sulle sue quattro zampe, mentre nelle altre tre successive il Toro perde
via via una zampa fino all’ultima, l’attuale, in cui il Toro si regge su di una
zampa sola, situazione questa estremamente precaria che, non potendo durare a
lungo, porterà alla caduta ed alla rovina del Toro stesso.
Come ben si vede, in tutte queste tradizioni, che si rifanno a popoli diversi e
distanti tra loro, sia nello spazio che nel tempo, c’è concordia nel ritenere
che l’attuale epoca sia caratterizzata da una inversione dei valori e da un
sempre più crescente disordine, il quale porterà alla fine questo mondo e dopo
un periodo di caos, alla restaurazione della prima età dell’oro.
Trovandoci noi a vivere in quest’epoca pericolosa, come potremmo riattizzare la
Fiamma della Conoscenza, grazie alla quale ci potremmo salvare dalla
distruzione totale ormai già in atto? Non c’è bisogno di essere profeti di
sventura per rendersi conto che l’attuale modo di vivere della stragrande
maggioranza degli uomini, meccanico e materializzato, sembra quello che San
Paolo definisce da “cadaveri ambulanti”.
Dio è morto, affermava il filosofo Nietzsche alla fine del secolo XIX; a
maggior ragione potremmo aggiungere noi: è morto l’uomo, perché se Dio che è il
Principio e la causa prima di ogni esistente è morto, come potrebbe continuare
a vivere l’uomo, essere precario e di vita breve?
Accendere in noi la Fiamma della Conoscenza, non è qualcosa che possa dipendere
da una semplice volontà umana, spesso mossa da semplici motivi sentimentali e
nel vagheggiamento di una certa superiorità, la quale risulta essere solo un
rifugio in un’atmosfera di sogno.
Perseguire un ideale di Conoscenza è la cosa più alta e più vera che l’uomo
possa realizzare; è un impegno severo che implica la partecipazione massima di
tutte le componenti dell’individuo: dell’intelligenza, della memoria, della
volontà, del sentimento e dei sensi.
Il sentiero della Conoscenza conduce a ciò, che con linguaggio teologico, viene
espresso nello Shema Israel “ascolta Israele: il Signore è nostro Dio, il
Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutte le forze”. (5)
Si tratta di una dedizione totale a ciò che è “l’unica cosa necessaria”, tutto
il resto, anche se legittimo, è paglia!
Di solito, quando si parla di queste cose, ci si sente rispondere, quando non
si è presi per visionari o sognatori, che non si ha tempo perché troppo
impegnati nella vita pratica; oppure si dice che di queste cose ci si occuperà
nel periodo di vacanza o quando, addirittura, si andrà in pensione!
Ma come non accorgersi che la nostra stessa vita non ci appartiene, chi potrà
mai garantirci che domani apriremo gli occhi?
A tal proposito, il Salvatore è molto esplicito quando afferma:“Perciò vi dico:
per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche
per il vostro corpo, di quello che indosserete: la vita forse non vale più del
cibo e il corpo più del vestito?...di tutte queste cose si preoccupano i
pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima
il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno data in
aggiunta”. (6)
La via della Conoscenza è la via che conduce al Santo Graal, cioè al cuore
dell’Essere, a ciò che veramente l’uomo è: l’immagine eterna di Dio “questa è
la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato Gesù
Cristo”. (7)
Per giungere a tanto, è indispensabile che si verifichino tre condizioni
essenziali:
Una vera vocazione;
Una diuturna disciplina di tutto il proprio essere;
Il ricevere l’insegnamento da un Maestro a cui si deve obbedienza e
venerazione.
Per quanto riguarda il primo punto: cioè, se si sia in possesso di una vera
vocazione, è della massima importanza partire da un esame attento di sé e di
come è stata condotta la propria vita fino al momento presente. Se con
sincerità si giunge a sentire un senso di inutilità, di non senso e quasi di
disgusto di sé, questo può essere un segno che il cammino iniziatico di
Conoscenza può essere intrapreso.
Se invece si prova una qualche forma di appagamento per ciò che appartiene al
modo ordinario di vivere, aldilà se si stratta di cose lecite o illecite,
allora vuol dire che si è ancora immersi in uno stato di sonnambulismo. Si
ricordi: “chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il
figlio o la figlia più di me non è degno di me.” (8), e ancora: “se qualcuno
vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua,
perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria
vita per causa mia e del Vangelo la salverà. Che giova infatti all’uomo
guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?”. (9)
La Fiamma della Conoscenza si accende quando queste parole penetrano sino al
midollo, allora si è pronti ad iniziare il Santo Viaggio, attraverso la “Via
Stretta” la via difficile che pochi osano percorrere perché costellata di spine
e triboli di ogni genere. Difatti il Salvatore afferma :“Entrate per la porta
stretta perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione,
e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e
angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la
trovano!”. (10)
Se, invece, ci soffermiamo solo a discussioni da salotto letterario su cose di
questo genere, si perde solo tempo e si aggrava la propria situazione. Si dice
che il pensiero dell’uomo moderno è “pensiero debole” per cui tutto viene visto
in superficie e la vita viene sprecata correndo da un’emozione ad un’altra, da
una distrazione ad un’altra, da una preoccupazione ad un’altra, non
accorgendosi così che in tal modo ci si avvia alla dissoluzione del proprio
essere, a quella che è stata definita la “seconda morte” ovverosia la morte
dell’anima!
Per quanto riguarda la seconda condizione essenziale per poter intraprendere il
cammino iniziatico: la continua disciplina di tutto il proprio essere, è da
dirsi che questa varia da individuo ad individuo, poiché ognuno parte da una
situazione diversa che è la sintesi della propria storia personale vissuta sino
a tale momento.
In linea generale può dirsi che è fondamentale sapersi mettere a nudo, cioè
avere una venerazione per la Verità, per poter osservare con chiarezza il
proprio caos interiore.
Di solito ogni individuo porta con sé uno stato di divisione tra le varie
componenti del proprio io di superficie. La constatazione di tale intima
divisione crea sofferenza, ma in questa non bisogno soffermarsi a lungo,
altrimenti la spaccatura interna si allarga sempre di più in noi.
Piuttosto risulta molto utile ed efficace l’OSSERVAZIONE DISTACCATA DI SE’,
esercitandosi spesso ad andare indietro con la memoria fino al momento della
propria nascita e per chi è più progredito in tale esercitazione a penetrare
nel ventre della propria madre ed anche oltre…
Inoltre, è opportuno apprendere a saper ricordare ed analizzare i propri sogni
cercando di comprendere ciò che si cela sotto il loro simbolismo.
Nell’attività onirica, la mente è svincolata dalla condizione spaziale della
veglia, e il tempo scorre secondo modalità differenti, per cui se spesso i
sogni appaiono confusi è perché noi siamo troppo legati allo stato di veglia a
cui l’uomo moderno, in particolare, ha dato importanza esclusiva.
Bisogna, invece, imparare a considerare che l’uomo totale è qualcosa di molto
più grande e ricco di potenzialità più di quanto non si creda.
Nel sogno, come nel sonno profondo senza sogni, entriamo in dimensioni diverse
del nostro essere e la loro esplorazione conduce all’esperienza della totalità
dell’Essere.
Nella disciplina iniziatica va inclusa un’altra esercitazione fondamentale: la
CONTINUA VIGILANZA SU DI SE’.
Portando l’attenzione costante sull’attività della mente e dei propri stati
d’animo, si scopre che in noi ciò che domina è il pensiero passivo. L’uomo
ordinario non dovrebbe dire “io penso”, ma “in me si pensa”; non “io amo”, ma
“in me si ama”, non “io soffro”, ma “in me si soffre” e così via.
Prendendo coscienza di tale passività, nonché di tutti i gesti automatici che
compiamo durante la giornata e di tutte le parole usuali che proferiamo, se
tale consapevolezza è purificata da ogni emozione, si può giungere al distacco
da tutto ciò che non si è.
L’uomo totale non può identificarsi con gli errori e le deficienze della
propria vita, poiché il segmento della vita terrestre ha come connotato
essenziale la “limitazione” che ci deriva dalle influenze del mondo esterno,
dalla cultura a cui si appartiene, dall’educazione ricevuta, dalla propria
costituzione psico-fisica, e dalle influenze ereditarie.
Il vero Io, il nostro essere divino e immortale è aldilà di tutte queste
condizioni ed emerge quando tutta la polvere che si è accumulata in noi viene
rimossa.
Si tratta di un lungo e faticoso processo di disidentificazione da ciò che si è
in modo passivo aggiunto in noi durante la vita; in altre parole, bisogna
giungere a cancellare la propria storia personale, spesso espresso nel simbolo
del cambiamento del proprio nome, come nell’episodio della lotta di Giacobbe
con Dio “…Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora.
Vedendo che non riusciva a vincerlo lo colpì all’articolazione del femore e
l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò mentre continuava a lottare con
lui. Quegli disse :”Lasciami andare perché è spuntata l’aurora” Giacobbe
rispose:”Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!” gli domandò :”Come ti
chiami?” rispose :”Giacobbe” riprese :”non ti chiamerai più Giacobbe, ma
Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini ed hai vinto”. (11)
Fondamento della disciplina interiore è l’Amore per la Verità.
E’ della massima importanza comprendere che quando una persona mente, uccide sé
stessa e il suo atto si ripercuote negativamente sia sull’ambiente sociale che
su quello cosmico.
Il primo stadio della Conoscenza si raggiunge quando si è veri con sé stessi e
veri con gli altri.
Infine, la terza condizione per poter intraprendere il cammino iniziatico di
autoconoscenza, come si è detto, è il ricevere l’insegnamento da un maestro.
Tale figura, poco o niente conosciuta dal mondo occidentale moderno, non è solo
di quella persona che abbia accumulato saggezza nel corso degli anni, ma
essenzialmente si tratta di un soggetto che abbia a sua volta ricevuto una
trasmissione dell’insegnamento spirituale da un altro maestro che è collegato
ad una catena iniziatica che si ricollega misteriosamente al mondo delle
origini.
A questo punto sorge un problema: poiché maestri di questo genere sono molto
difficili da ritrovare nella società moderna e quei pochi che sono rimasti si
sono occultati, si dice che i Rosa Croce si siano ritirati in una sede asiatica
sin dal XVII secolo, stando così le cose, chi potrebbe avere titolo ad
impartire l’insegnamento che conduce alla Conoscenza?
Due considerazioni vanno tenute presenti: la prima è che in Occidente l’unica
organizzazione spirituale legittima, pur nei limiti del processo di
secolarizzazione nel suo seno, è la Chiesa Cattolica.
In essa la dottrina ed i riti, i quali permangono nella loro struttura
iniziatica, nonostante la popolarizzazione avvenuta da Costantino Imperatore in
poi, discendono direttamente da Gesù Cristo, il Verbo di Dio.
E’ vero che gli elementi misterici dei riti, che ne sono la parte essenziale,
spesso vengono affogati da tutta una serie di espressioni sentimentali ed anche
dissacranti, vedi il battimano in chiesa, le riprese fotografiche durante i
matrimoni, battesimi e cresime, per non parlare dei canti insipidi e mielosi
che vengono usati e che non hanno nulla di sacro.
Inoltre, le chiese spesso vengono utilizzate come musei o per organizzare
dibattiti e conferenze…..
Aldilà di tali evidenti storture, la partecipazione attenta ai riti e la
meditazione sui simboli che emergono dalle Sacre Scritture, danno una
possibilità di accesso alla Conoscenza di cui stiamo parlando.
Una seconda considerazione va fatta: accanto alla catena dei Maestri visibili,
esiste anche quella dei Maestri invisibili con i quali in situazioni del tutto
speciali si può prendere contatto.
Tra i vari casi di tali situazioni ne possiamo citare solo due: il primo si ha
quando, dopo un lungo ed intenso meditare sugli aspetti simbolici, sia della
realtà fisica, sia del contenuto dei sogni, e sia sulle Sacre Scritture,
all’improvviso si ottiene una certa apertura di coscienza, potremmo dire
un’illuminazione, in cui si fanno palesi vari significati oscuri
dell’esistenza.
Tale stato di grazia viene accompagnato da un senso vivo di libertà, di
distacco, di pace e di luminosità.
Nella tipologia dei sogni si possono distinguere almeno tre categorie: vi sono
i sogni karmici, cioè quelli che riflettono i desideri e le pulsioni dello
stato di veglia e che risentono inoltre dei processi fisiologici
dell’individuo; più rari sono i sogni lucidi, in cui si ha coscienza di
sognare, espressione di uno stato avanzato di vita spirituale; infine vi sono i
sogni profetici, del tutto eccezionali, nei quali si ha un reale contatto con
il mondo trascendente.
In un sogno della seconda o della terza categoria indicate è possibile avere un
contatto e, quindi, un insegnamento da un Maestro invisibile.
La trasmissione dell’insegnamento sia durante i sogni, che durante lo stato di
veglia di una coscienza allargata, su considerato, non avviene però nella forma
usuale della logica.
Vi è una parte del nostro essere profondo che usa strumenti superiori alla
logica razionale, si tratta della intuizione intellettuale, da non confondersi
con l’intuito dei sensi, attraverso la quale si ha un rapporto immediato, fuori
dalle categorie spazio-temporali, con la Realtà Unica, con l’Uno che è insieme
l’Essere e ciò che è aldilà dell’Essere e che contiene tutte le possibilità
della manifestazione universale.
L’uomo è un microcosmo, cioè la sintesi di tutto l’Universo creato, difatti nel
Genesi, l’uomo viene creato da Dio alla fine del processo creativo: “Facciamo
l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza…”(12) e a cui il Creatore
consegna tutto l’Universo su cui dovrà esercitare il dominio, potestà perduta
dopo la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, ma riconquistata dal sacrificio del
Cristo che rappresenta, tra l’altro, l’Uomo Universale a cui ogni persona che
compie il cammino iniziatico dovrà ricongiungersi.
In un altro contesto culturale, quello metafisico del Tao-te-ching, un testo
cinese attribuito a Lao Tse, la realizzazione del vero Io viene associata
all’esperienza del Vuoto “chi realizza il Vuoto estremo trova ciò che (aldilà
dal mutevole e dal particolare) sussiste immobile e calmo”. (13)
Mentre, nelle Upanishad indiane, l’Io vero, o Io assoluto, sintesi di essere e
conoscere, viene identificato con l’Atman, che è l’individuazione del Brahman,
il Principio primo da cui traggono la realtà tutti gli esseri visibili ed
invisibili.
Dell’Atman, però, l’uomo ordinariamente non ha coscienza, poiché esso risiede
nella “caverna del cuore”, cioè nel così detto quarto stato, turya, che è
aldilà del sonno profondo senza sogni.
Chi intende intraprendere il cammino iniziatico della Conoscenza, andando
dall’esteriore, l’io di superficie, all’interiore, l’Io vero; o, in altri
termini, dal molteplice all’Uno, per usare il linguaggio di Plotino, deve
percorrere un itinerario di distacco da ciò che non si è. In tal modo,
attraverso un’attenta concentrazione si comprende che: ciò che deriva dai
sensi, dalle emozioni, dai sentimenti, dagli istinti e dalle tendenze
ereditarie, non fa parte della costituzione del vero Io.
Conoscere il vero Io è tornare allo stato primordiale che è uno stato di
Sapienza e di Potenza insieme e che può manifestarsi in un’esperienza di Luce
sfolgorante in un attimo intemporale.
Se la Fiamma della Conoscenza è veramente accesa in noi, dopo aver realizzato
lo stato di Verità, va realizzato lo stato di Unità del proprio essere, che si
ottiene ristabilendo la gerarchia originaria, in cui l’Intelletto, risplendendo
di luce meridiana, riprende il comando sulla ragione, sulla volontà, sui
sentimenti e sui sensi.
Quindi, realizzato l’Uomo Vero, si dovrà realizzare l’Uomo Reale o Primordiale,
per ascendere all’ultima e definitiva tappa del processo conoscitivo
iniziatico, rappresentato dall’Uomo Universale, El-insanul-Kamil, così chiamato
dall’esoterismo arabo, che corrisponde all’Adamo Qadmon della Qabbalah ebraica,
al “Re” Wang del Tao-te-ching, e al Logos della tradizione cristiana.
In conclusione, per poter accedere alla Realtà Vera al Vero Sé Stessi, l’uomo
deve rompere il guscio/limite della vita quotidiana, in cui si ripetono
banalmente parole, gesti ed atti che non possono dare spessore ad un vivere da
Esseri svegli.
“Il primo movimento dell’uomo che cerca la Via deve essere quello di spezzare
l’immagine abituale che ha di sé stesso, soltanto allora egli potrà cominciare
a dire Io, quando alla parola magica corrisponda l’immaginazione interiore di
un sentirsi senza limiti di spazio, di età e di potenza”.(14)
Il mondo in cui ci muoviamo è costellato da miriadi di forze misteriose che
manipolano e rendono schiavo l’uomo comune e di tali forze lo Svegliato si deve
rendere padrone per potersi riappropriare della sua dignità primordiale: Essere
vicario di Dio nell’Universo.
Per aspera ad astra.
Antonio Bosna
Bari, 26
luglio 2013
nel giorno dei Santi Gioacchino ed Anna
NOTE
(1) René Guenon – Il regno della quantità e il segno dei tempi. Ed. Studi
tradizionali, Torino, 1969, p. 138
(2) Ibidem: p. 144
(3) Daniele 2,31-45
(4) John Neihardt – Alce Nero parla – Adelphi, 1968
(5) Deuteronomio 6,4-5
(6) Matteo 6, 25-34
(7) Giovanni 17,3
(8) Matteo 10, 37
(9) Marco 8, 35-36
(10) Matteo 7,13-14
(11) Genesi 32,25-29
(12) Genesi 1, 27-28
(13) Tao-te-ching 16
(14) Leo – Barriere in “Introduzione alla Magia” a cura del gruppo di Ur Vol. I
MOLFETTA
(BA). CONCERTO DI BENEFICENZA IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA CON LA
PARTECIPAZIONE DELLA FANFARA DEI CARABINIERI E “L’ORCHESTRA DA CAMERA
F. PERUZZI” A FAVORE DEL PROGETTO “SANGUE SICURO” DI MEDICI CON L’AFRICA
PER LA REALIZZAZIONE DI UNA BANCA DEL SANGUE IN SIERRA LEONE.
Ieri
sera alle ore 20.00, presso la Cattedrale di Molfetta, davanti a
numerose Autorità religiose, civili e militari, ha avuto luogo un
concerto di beneficenza a favore del progetto “SANGUE SICURO” di MEDICI
CON L’AFRICA, per la realizzazione di una banca del sangue in Sierra
Leone.
L’iniziativa,
promossa dalla locale Arciconfraternita di Santo Stefano, con il
patrocinio del Comune di Molfetta e la collaborazione della Fondazione
“V. Valente”, ha voluto proporre alla cittadinanza il “CONCERTO DELLA
QUARESIMA”, riuscendo a conciliare armonicamente lo spessore
artistico e la spettacolarità della Fanfara dei Carabinieri del 10°
Reggimento “Campania” e dell’ “Orchestra da Camera F. Peruzzi”, il tutto
in favore del progetto di solidarietà “Sangue Sicuro” in Sierra Leone.
In particolare sono state eseguite le tradizionali Marce Funebri che
accompagnano le processioni molfettesi al seguito delle sacre immagini
che sfilano solenni per le vie della città. Composizioni musicali
intrise di tristezza, mestizia e dolore nelle loro note dolci e
melodiche, facilmente apprese e rese patrimonio personale dei
molfettesi, anche perché foriere di ricordi, passioni e sentimenti di
tempi passati. Mentre la Fanfara dei Carabinieri, composta da 30 maestri
di musica, nata l’8 giugno 1862 con Regio Decreto che ne regola
l’impiego in manifestazioni militari, civili e religiose, ha eseguito
numerosi pezzi della tradizione musicale civile e militare, tra cui:
“Vecchia Marcia d’Ordinanza”, “Cavalleria Leggera”, “Nabucco”, “Poeta e
Contadino”, “Oberto Conte di San Bonifacio”. “La Fedelissima”, “U
Canzasiegge”, “Amleto”, “Palmieri”. Infine, per suggellare la solennità
dell’evento, è stato suonato l’”Inno Nazionale Italiano”, accompagnato
dal canto di tutti i presenti.
Dopo la solenne “Dichiarazione di
Roma” firmata in Campidoglio dai 27 Capi di Stato e di governo in occasione dei
60 Anni dei Trattati del 1957, al Presidente del Consiglio europeo Tusk è stata consegnata a Bruxelles la “lettera di
addio” dall’Ue del Regno Unito. Si è così concretizzata la volontà popolare
espressa nel referendum dello scorso giugno quando il 51,9% dei cittadini del
Regno votò a favore del “divorzio”. Si chiude la lunga stagione delle ambiguità
iniziata nel 1973 con l’ingresso nell’Unione della Gran Bretagna, una storia
tormentata, una convivenza difficile. Con un Pilalla fine degli Anni Cinquanta fra i più
bassi d’Europa e il tasso di disoccupazione tra i più alti, Londra puntò
sull’Europa e indirizzò la domanda di adesione all’allora Cee che venne
rifiutata in due occasioni prima di essere accolta. Un matrimonio d’interessi spesso
in crisi: una prima volta nel 1984 quando la Lady di ferro, Margaret Thatcher, pretese
dalla Comunità europea il riconoscimento della clausola “our money back”, la
restituzionedei contributi versati per
la politica agricola comune (Pac). Ancora più clamorose e deflagranti la presa
di posizione britannica nel 1988 contro la “federalizzazione” dell’Europa, con
buona pace del pensiero di Winston Churchill, nonché l’opt-out dalla moneta
unica, dalla Convenzione di Schengen e dal social chapter, caro a Jacques
Delors, Presidente della Commissione europea.
Una presenza ingombrante nell’Ue quella
del Regno Unito, da sempre “con i piedi in Europa ma con la testa oltre Oceano”.
Un partner critico, arrogante nelle sue incessanti rivendicazioni sovrane,
geloso del crescente potere politico ed economico della Germania, uno dei sei
Paesi fondatori dell’Unione.
Inizia ora un lungo e complesso
negoziato che in due anni dovrà regolamentare i tanti rapporti in essere fra
Londra e Bruxelles. Nei prossimi giorni il governo di Theresa May presenterà un
testo di legge con l’elenco delle oltre 19 mila norme comunitarie recepite nel
sistema legislativo britannico che il Parlamento dovrà modificare o abrogare.
Il 29 aprile a Bruxelles il Consiglio europeo, in seduta straordinaria,
concorderà le linee guida del “trattato di ritiro” che dovrà poi essere ratificato
dal Parlamento di Strasburgo. La trattativa per le condizioni della Brexit si
prospetta non semplice. Le posizioni sono abbastanza rigide, con la prevalenza
a Londra di una “hard Brexit” del Regno Unito non solo dall’Ue ma anche dal
mercato unico. Da Bruxelles si precisa : mai un accordo che mantenga la libera
circolazione di merci,servizi e capitali, ma non delle persone. Se nessuno
recederà da queste posizioni vi sarà il ritorno delle tariffe e delle dogane ai
confini fra il Regno Unito e l’Ue. Ma la ciliegina è quella che Bruxelles
intende mettere sulla torta da… regalare ai sudditi di Sua Maestà Britannica:
il pagamento di 60 miliardi di euro che Londra dovrebbe pagare per onorare
tutti i contratti sottoscritti da Stato membro dell’Unione, per finanziare il
bilancio comunitario (la programmazione in corso copre i sette anni dal 2014 al
2020), compresi i programmi di coesione e le spese amministrative (fra le
altre, le pensioni dei funzionari europei di nazionalità britannica). Il
rischio è che i negoziati si arenino su questo punto già nella fase iniziale e
che alla fine dei due anni il Regno Unito esca dall’Ue senza un accordo quadro,
con gravi conseguenze sui tanti interessi in gioco.
A pochi giorni dalla sfida
lanciata a Roma per un’Europa migliore, un’Europa dei popoli più vicina alle
istanze socio-economichedei cittadini, esce
dalla “casa europea” un condomino “invisibile” sul piano politico, contrario a
ogni forma di integrazione dell’Unione, ma molto “visibile” su quello economico.
Con l’uscita della Gran Bretagna
l’Europa perde la sua seconda economia, il 25% del suo Pil, la City, la sua
prima piazza finanziaria, una grande potenza militare. “Un momento triste, un momento storico”, sul
quale pende minacciosa la richiesta del Parlamento scozzese di un referendum
bis sulla secessione da Londra in risposta alla Brexit. Una implicita richiesta
di indipendenza della Scozia dal Regno Unito alla quale potrebbe seguire quella
dell’Irlanda del Nord che preme per ricongiungersi con l’Irlanda.
La premier britannica ha
auspicato una “partnership speciale” con l’Ue che preveda una efficace
cooperazione sul piano economico e della sicurezza, nonché la reciprocità per
la tutela degli interessi ditutti i
cittadini. Ma l’incertezza regna sovrana! Come risponderanno i mercati? Quali
gli effetti sull’import-export? Quale sarà l’andamento dei tassi di crescita?
Per l’Europa un difficile banco di prova: selezionare priorità e interessi
condivisi, rafforzare il debole spirito unitario, individuare un credibile
assetto istituzionale, disegnare un equilibrato sviluppo economico per azzerate il diffuso
euroscetticismo. Per Londra, alla fine, un’amara verità: nel mondo globale l’isolamento
non è più …. splendido!