Ordini Cavallereschi Crucesignati

Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.

venerdì 7 dicembre 2007

Ricerca sviluppo del Mare Pugliese

COMUNICATO STAMPA
Il “Distretto Produttivo Pugliese del Mare” si è costituito ed ha presentato richiesta di riconoscimento alla Regione Puglia il 30 Novembre scorso ai sensi della legge regionale n.23 del 3 Agosto 2007.
Le attività imprenditoriali e di servizi sono ubicate nella Regione Puglia,presso le più storiche ed importanti città marinare e raccolgono le forze più avanzate e desiderose di un nuovo modello di sistema imprenditoriale.
Il Distretto ha già importanti collaborazioni e relazioni nazionali ed internazionali in Europa,U.S.A.,Canada,Africa,Regione Balcanica e Medio-Oriente; conta 32 Aziende per un fatturato di circa 80 milioni di euro ed occupa direttamente ed indirettamente oltre 250 addetti; aziende e fatturato sono in costante incremento,tanto che Federpesca (organizzazione di riferimento Confindustriale nel comparto) ha aderito al Distretto con le sue aziende ubicate in Puglia.
Il programma e gli obiettivi destinano l’attività distrettuale mettendo “al centro l’impresa” ed espandendo in rete i suoi valori,ricercando opportunità Istituzional-Imprenditoriali con i Paesi che si affacciano sull’Adriatico,sullo Ionio e più in generale nel bacino Mediterraneo; altresì collega la propria sinergica azione a quanto importanti Istituzioni Universitarie e di Ricerca e Sviluppo ( IAM di Bari) già fanno per il comparto agro-ittico-alimentare ed a quanto la città di Bari con la sua Fiera del Levante,le altre Province Pugliesi ed in particolar modo le città di Manfredonia,Molfetta,Mola e Gallipoli già muovono con le loro numerose ed importanti marinerie; auspichiamo che tutte queste nostre Istituzioni vogliano associarsi al Distretto.
Il Distretto persegue lo scopo delle intese strategiche tra Imprese ed Organizzazioni di riferimento; ne ricerca l’adesione e l’unità d’azione quale superamento del “localismo e della microimpresa” che fan trovare indifese e deboli le nostre aziende nella competizione mondiale e nel rapporto con il sistema finanziario e bancario.
2)Segue:Comunicato Stampa del Distretto Produttivo Pugliese del Mare

Il sistema pesca e le transazioni ad esso riferentesi,hanno da tempo dimensioni e caratteristiche globali,già altri Paesi adottano simili sistemi imprenditoriali ottenendone successo e vantaggi; il nostro Paese e l’Unione Europea hanno già delineato lo scenario di riferimento per il prossimo quinquennio e noi vogliamo cogliere tutte le opportunità.
Altresì suggeriamo e proporremo un modello di cogestione per la “Ricerca,Sviluppo Imprenditoriale e di Rapporto con gli Enti di Controllo dello Stato” basato su relazioni continue all’interno del Distretto.
Indiremo a breve una Conferenza Stampa esponendo i prossimi eventi programmatici.


Per il Comitato di Distretto:
dr.Antonio Di Savino

Dio figlio di Maria Vergine

Dear Friend,

fra pochi giorni sarà di nuovo Natale! Non è sconvolgente? E come fa a non esserlo… i regali, le visite ad amici e parenti, le cene con i colleghi i parenti, gli amici! Il periodo natalizio è senza dubbio fra i più stressanti di tutto l’anno… corriamo, corriamo e poi si ha la sensazione che ci rimane poco o nulla in mano. Tutto si conclude con tanta stanchezza e senso di insoddisfazione. Ma questo non è il Natale… è quello che dovrebbe rappresentare il Natale, vale a dire la frenesia, la festa, il donare perché si ha ricevuto qualcosa di grande, di immenso. Anche quest’anno un Bambino si fa attendere e poi nasce per noi. Una gioia che sarà per tutto il popolo. Questa è la festa e la gioia che appaga veramente. L’errore è farsi confondere, farsi abbagliare, è facile! Ma non lasciamoci strappare questa gioia grande, questa nuova vita pronta per te, per me, per ciascuno! Non lasciamoci sfuggire l’occasione di provare nuove emozioni: non diamo per scontato questo bambino che anche quest’anno è nascente! Potremmo donarci veramente delle belle sorprese, Lui potrebbe donarcele. Non lasciamoci confondere come i potenti di 2000 anni fa, che non l’anno accolto, si sono fermati solo alla Sua debolezza di bimbo, hanno avuto pregiudizi e paure immotivate nei suoi confronti. Lui è veramente il Re della Storia, della nostra storia… ma se come i pastori, almeno per un attimo non ci fermiamo e andiamo umilmente verso la Sua culla e ci sforziamo di vedere in Lui il Re Divino, resteremo sempre nelle nostre frenesie, paure, pregiudizi, povertà. Lui vuole guarirci e liberarci, renderci felici, scioglierci il cuore, dare un nuovo respiro alle nostre vite, questo bambino è venuto per te, per me proprio per questo! Ma se non gli apriamo le porte come potrà entrare? Se non ci fidiamo, come potrà agire? Se vediamo in lui SOLO un bimbo povero, come potrà essere RE ONNIPOTENTE. Questo Gesù, venendo a noi nel Natale come povero bimbo in una povera famiglia, ci dice tutto dello stile di Dio Padre: non vuole forzarci, stupirci, strattonarci ad amarlo! Non vuole abbagliarci con la Sua immensa luce o spaventarci con la Sua Onnipotenza… è un bimbo! Chi può spaventare? Chi può abbagliare? Chi può salvare e difendere un bimbo?? Ma questo non è un bimbo qualsiasi, questo è il Figlio di Dio, figlio di Maria Vergine, promesso e preannunziato da Dio Padre da secoli attraverso le Scritture… questo è il Nostro Salvatore! Se accostandoci a questo bimbo, come fecero i Pastori, scorgiamo la Sua Divinità allora la nostra Fede ci salverà, da questo bimbo saremo guariti e liberati, diventerà per noi un fuoco che trasformerà e ci arricchirà, ci riempirà di ogni dono. Analogamente il Pane Eucaristico oppure le Sacre Scritture in cui Gesù è presente e vivo sarà solo un piccolo pezzo di pane o letteratura antica se con la Fede non ci sforziamo di andare oltre, di ammetterne il mistero. E se con la Fede ne cogliamo il mistero, sarà grande dono… il dono di Gesù che ci visita e diventa nostra carne, perché si lascia assimilare da noi e ci trasforma il Lui nelle sembianze di pane e di parola.

A Natale regaliamoci la Santità

Dott. Pietro Vitale
Il* “Palazzuolo”
Bisceglie - Bari


2) MESSAGGIO PER L’AVVENTO DEL CARDINALE SEVERINO POLETTO ARCIVESCOVO DI TORINO ”A NATALE REGALIAMOCI LA SANTITA’”

Santo è chi incontra Gesù, chi si lascia incontrare, chi lo cerca con tutto il cuore, chi ha scoperto l’immenso valore dei suoi doni e delle sue promesse. Quale più bel regalo? Il regalo è gioia, per chi lo dona e per chi lo riceve! Quale più grande regalo, gioia… da donare e da ricevere? Gesù è pienezza della vita, è gioia piena! Nulla di teorico, nulla di ideologico, nulla di astratto, tutto da vivere, tutto da sperimentare… è un trapianto vitale! Che si innesta donandolo e ricevendolo dai fratelli e dalle sorelle.

Desidero far giungere a tutti per il tempo d'Avvento, che è preparazione alla grande solennità del Natale del Signore, festa così sentita e cara, questo messaggio per invitarvi a valorizzare i doni del Signore al fine di migliorare, a tutti i livelli, le nostre condizioni di vita.
"Gesù è la nostra pace" (Ef 2, 14) ed è per questo che un rinnovato impegno per accoglierlo ancora una volta a Natale, come unico salvatore di tutti gli uomini, diventa condizione essenziale perché il mondo non perda la speranza di tempi migliori.
Senza entusiasmo non si cammina e non si trasmette nulla, perché viene a mancare la convinzione profonda del valore di ciò che facciamo. Come si fa - aggiungevo - a non essere convinti che l'impegno di annunciare Gesù Cristo a tutti è la ragione prioritaria della nostra vita di credenti ed è l'essenza stessa della missione che Gesù ha affidato alla sua Chiesa?.
Qualcuno a questo punto potrebbe pensare: non è azzardato credere di poter arrivare a tutti con il messaggio del Vangelo? Non è impegno superiore alle nostre forze? Certamente sì, se ci appoggiamo soltanto sui nostri poveri mezzi umani. Ma se ci lasciamo guidare come strumenti nelle mani di Dio e non poniamo ostacoli al suo amore per tutti, specialmente per i lontani, allora non solo è possibile rievangelizzare ma diventa un gioioso dovere morale per me e per tutti i credenti.
Tutto questo è possibile ad una condizione: vivere la santità.
Il Concilio Vaticano II l'ha ribadito in modo chiaro quando nel documento sulla Chiesa afferma il principio della "vocazione universale alla santità" (LG cap. V) con queste parole: "Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita di cui egli stesso è l'autore e il perfezionatore… È dunque chiaro che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità... Nei vari generi di vita e nelle diverse professioni un'unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e obbedienti alla voce del Padre e adorando Dio in spirito e verità, seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria" (LG, 40-41).
Molti pensano che la santità consista nel fare cose straordinarie, perché per loro "ordinario" è sinonimo di mediocre, mentre nel piano di Dio "ordinario" è ciò che è conforme alla natura dell'uomo e delle cose. Perciò è nell'ordinarietà di ogni giorno, vissuta con intensa generosità di fede e di amore, che tutti possiamo vivere la santità.
Per farmi comprendere da tutti, usando parole semplici, a questa domanda rispondo così:
- La santità consiste nel saper in ogni situazione della nostra vita stare dalla parte di Dio,
- La santità è sapere e credere che siamo abitati dalla Santissima Trinità. È questo l'aspetto fondamentale della santità cristiana: prima che dalle nostre opere buone essa è costituita dall'azione santificatrice di Dio che abita in noi. Non siamo noi a santificarci, ma è Dio che ci santifica chiamandoci a vivere in comunione con sé e facendoci partecipi della vita divina, come suoi figli adottivi.
- Perciò la santità è soprattutto opera di Dio. Il Papa ci ha ricordato che la nostra salvezza non sta in una formula, ma in una Persona. La santità essenzialmente è il nostro rapporto di fede e comunione di amore con Gesù Cristo, è vivere della sua vita comunicata a noi attraverso la sua Parola e i sacramenti. La santità-dono è opera esclusiva e gratuita di Dio. C'è poi l'altro versante, quello della santità-impegno, che comprende quanto noi dobbiamo fare in concreto perché i nostri comportamenti morali non siano in contrasto col dono della.
Il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l'inserimento in Cristo e l'inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale..
In questo cammino c'è una gradualità che deve essere percorsa e superata nei suoi diversi stadi, se con sincerità desideriamo tendere a quel vertice di perfezione indicatoci da Gesù: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5, 48).
Il primo grado di santità, quello fondamentale, consiste nell'evitare ogni forma di peccato grave così da custodire in modo permanente il dono della grazia santificante, ricevuta la prima volta nel Battesimo.
Il secondo grado richiede un sincero impegno per eliminare dai nostri comportamenti anche i peccati veniali deliberatamente voluti.
E finalmente si arriva al terzo grado della santità cristiana quando nelle nostre scelte di vita cerchiamo di realizzare sempre ciò che è più perfetto agli occhi di Dio.
Memori della parola di Gesù che ci dice: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15, 5) noi sappiamo che non è possibile realizzare nessun grado della santità cristiana senza un aiuto particolare della grazia di Dio.
- In primo luogo per progredire nella santità è necessario pregare molto. La preghiera è dialogo con Gesù Cristo, reso possibile in noi dall'azione dello Spirito Santo e che ci conduce alla contemplazione del volto del Padre.
- Il cammino di santità è poi garantito dal dono dei sacramenti, specialmente l'Eucaristia e la Riconciliazione. I sacramenti sono "atti di Cristo" attraverso i quali egli compie in noi la sua opera di purificazione e di sostegno
- E finalmente non ci può essere santità senza la ricerca di una pienezza di vita nell'amore a Dio e al prossimo. Santo è colui che ama Dio "con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze e il prossimo come se stesso" (Cf Mc 12, 30-31). Santo è chi testimonia che la fede non è adesione astratta ad un ideale, pur nobile e alto, ma ad una Persona, Gesù Cristo, che ci ha amato fino a dare la vita per noi.
In questo sforzo sincero di vivere nella santità ci conforta la certezza di non essere soli. Ci è vicina con la sua intercessione materna Maria, la donna tutta santa, la piena di grazia. Ci sostiene la preghiera degli Angeli, del nostro Angelo custode e di tutti i Santi, in modo particolare dei nostri numerosi Santi torinesi.

mercoledì 5 dicembre 2007

La Festa dei V.F.F.-S. Barbara a Bari

NOTA STAMPA del 3 dicembre 2007
Martedì 4 dicembre verrà ricordata con particolari manifestazioni in tutta Italia la festività di Santa Barbara, patrona Celeste del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco.
Per la prima volta i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Bari celebreranno l’evento con una messa presso la Basilica Pontificia di S. Nicola unitamente alle Armi di Artiglieria e Genio nonché alla Marina Militare, tutti accomunati da eguale spirito di devozione verso la Martire, Patrona dei rispettivi Corpi.
A partire dalle ore 10:00, con l’ingresso di Autorità ed invitati, gonfaloni e labari, avrà inizio la celebrazione religiosa, resa particolarmente solenne dalla presenza di S.E. Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari, accanto al Prefetto, dr. Schiraldi, ed ai comandanti territoriali dei Corpi di Artiglieria, Genio, Marina e Vigili del Fuoco.
Al termine della cerimonia religiosa i festeggiamenti civili per i Vigili del Fuoco proseguiranno presso il Comando Provinciale di Mungivacca, via Tupputi n. 52, con la deposizione di una corona d’alloro dinanzi al cippo che ricorda i caduti in servizio (ore 12:00) e la consegna delle onorificenze ai Vigili del Fuoco distintisi nel corso dell’anno.
In particolare verrà premiata la squadra di atletica leggera campione d’Europa e Nazionale di corsa nella categoria.
Seguirà un “Vin d’Honeur” ed il tradizionale pranzo con le famiglie del personale in congedo, le vedove e gli orfani dei caduti in servizio.
Nel quadro dei festeggiamenti per Santa Barbara, inoltre, sono state allestite delle vetrine in alcuni dei maggiori negozi del centro di Bari (via Argiro e via Sparano) con cimeli del Corpo, ma anche con testimonianze dell’attività operativa e delle Specialità che contraddistinguono l’impegno professionale dei Vigili del Fuoco.
Infine, sempre martedì 4, si terranno altre due cerimonie per ricordare la Patrona dei Vigili del Fuoco; in mattinata presso il Comune di Santeramo e nel pomeriggio presso il distaccamento dei Vigili del Fuoco nel Comune di Putignano.
Sarà particolarmente gradita la presenza degli organi d’informazione.
NOTA STAMPA del 3 dicembre 2007
Martedì 4 dicembre verrà ricordata con particolari manifestazioni in tutta Italia la festività di Santa Barbara, patrona Celeste del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco.
Per la prima volta i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Bari celebreranno l’evento con una messa presso la Basilica Pontificia di S. Nicola unitamente alle Armi di Artiglieria e Genio nonché alla Marina Militare, tutti accomunati da eguale spirito di devozione verso la Martire, Patrona dei rispettivi Corpi.
A partire dalle ore 10:00, con l’ingresso di Autorità ed invitati, gonfaloni e labari, avrà inizio la celebrazione religiosa, resa particolarmente solenne dalla presenza di S.E. Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari, accanto al Prefetto, dr. Schiraldi, ed ai comandanti territoriali dei Corpi di Artiglieria, Genio, Marina e Vigili del Fuoco.
Al termine della cerimonia religiosa i festeggiamenti civili per i Vigili del Fuoco proseguiranno presso il Comando Provinciale di Mungivacca, via Tupputi n. 52, con la deposizione di una corona d’alloro dinanzi al cippo che ricorda i caduti in servizio (ore 12:00) e la consegna delle onorificenze ai Vigili del Fuoco distintisi nel corso dell’anno.
In particolare verrà premiata la squadra di atletica leggera campione d’Europa e Nazionale di corsa nella categoria.
Seguirà un “Vin d’Honeur” ed il tradizionale pranzo con le famiglie del personale in congedo, le vedove e gli orfani dei caduti in servizio.
Nel quadro dei festeggiamenti per Santa Barbara, inoltre, sono state allestite delle vetrine in alcuni dei maggiori negozi del centro di Bari (via Argiro e via Sparano) con cimeli del Corpo, ma anche con testimonianze dell’attività operativa e delle Specialità che contraddistinguono l’impegno professionale dei Vigili del Fuoco.
Infine, sempre martedì 4, si terranno altre due cerimonie per ricordare la Patrona dei Vigili del Fuoco; in mattinata presso il Comune di Santeramo e nel pomeriggio presso il distaccamento dei Vigili del Fuoco nel Comune di Putignano.
Sarà particolarmente gradita la presenza degli organi d’informazione.

L'Eccellentissimo Mons. Pompeo Sarnelli

Il più erudito tra i vascovi pugliesi del Seicento
di Pasquale Stipo
Il Dott. Pasquale Stipo è una persona di grande cultura amante della Storia medievale, egli ha scritto moltissimo sulle gesta e la cavalleria Normanno- Sveva - scrittore e giornalista, dedica questa sua opera su Mons. Pompeo Sarnelli alle sue te muse: "Franca, Alessandra e Stefania, le figlie, che con la loro pazienza, lo hanno incoraggiato affinchè egli continuasse a coltivare il suo amore per la storia (n.d.r.). Corrono quest'anno duecentottanta anni dalla morte di Pompeo Sarnelli. Dato l'uomo di cui parlerò appresso, c'è da pensare che la città di Manfredonia che lo vide al seguito dell'Arcivescovo - Cardinale fra Vincenzo Maria Orsini salito al Soglio Pontificio col nome di Papa Benedetto XIII, mobiliti gli studi locali per organizzare celebrazioni degne e per ricordare il suo operato di religioso e di letterario.
Ringrazio il mio fraterno amico Dott. Pietro Vitale, vicedirettore de il * "Palazzuolo" e autore del Blog.per avermi dato la possibilità di comparire con autorevolezza su queste testate.
L'autore - Dott. Pasquale Stipo

La Bibbia Aperta al Vangelo di S. Giovanni

Nella Bibbia, nell’Esodo e nella visione di Zaccaria, viene minuziosamente descritto e si specifica che s’impiegò un talento d’oro puro (un talento equivale a circa 16 Kg. d’oro).
Vediamo ora quale significato simbolico esso racchiude.
Innanzi tutto osserviamo che il metallo con il quale è stato costruito è l’oro. L’oro in simbologia corrisponde alla Luce e alla Verità. Questo mi sembra importantissimo perché qualsiasi altro significato che ad esso si voglia dare sarà sempre fondato sulla Luce e sulla Verità.
Gli altri significati simbolici che possono essergli attribuiti si basano sul numero dei suoi bracci, sette.
Il simbolo è l’espressione di un linguaggio universale ed assume una duplice funzione riassuntiva ed evocativa, funzione che risalta in particolar modo nel candelabro a sette bracci. Volutamente è stato fatto partendo da uno stele centrale da cui si dipartono tre bracci a destra e tre a sinistra, quindi, il fulcro del candelabro è la lampada centrale. Eppure tutte le luci sono sullo stesso piano perfettamente allineate, quindi il sostenitore degli altri non prevale su di essi.
Il braccio centrale può rappresentare l’UNO Universale che sostiene bilateralmente la triade, formando il numero perfetto sette, numero sacro per eccellenza che esprime la perfezione e la potenza divina.
Il sette da cui il settenario, si compone dal quaternario più il ternario. Il quattro (da cui il quadrato) rappresenta la materia nei suoi elementi fondamentali: terra, aria, acqua e fuoco, mentre il tre (da cui il triangolo), rappresenta i valori dello Spirito, e cioè il Padre (ciò che crea), il Figlio (ciò che è creato) e lo Spirito (ciò che è eterno).
Diremo ancora che il numero sette rappresenta il potere magico in tutta la sua forza e lo Spirito assistito da tutte le potenze elementari; la virtù del settenario è assoluta in magia. Il sette in corrispondenza ai sette sigilli del libro del Destino che sostengono sette flagelli a testimonianza dell’ira di Dio, e che soltanto un animo puro può aprire per correggere e superare i sette vizi capitali.
Sette come gli anni che gli Ebrei passarono nel deserto prima di raggiungere la terra promessa. Sette come i giorni per curare la terra. I cicli cosmici omologati ai cicli terreni di sette anni, in cui si lavora la terra per sei anni ed il settimo, l’anno sabbatico, la si lascia riposare.
Giosuè e gli Ebrei marciarono intorno alle mura di Gerico sette giorni con sette sacerdoti che recavano sette trombe, la settima volta si diede fiato alle trombe e le mura crollarono distruggendo la città. E’ forse un caso che Roma capitale della Cristianità sia nata su sette colli?
E’ convinzione primitiva che nel ciclo della vita e della morte sulla terra sia connesso col crescere e decrescere della Luna nel percorrere il suo ciclo infinito nel cielo. I ciclo lunare è formato da quattro fasi, ciascuna delle quali dura sette giorni circa.
I Sumeri basavano su tale ciclo il loro calendario, ed è l’origine del mese di quattro settimane, di sette giorni la settimana, con alcuni giorni supplementari aggiunti alla fine di ogni ciclo per coprire il periodo in cui la Luna non è visibile in cielo.
Se la Luna regola la vita in cielo con un ciclo che si svolge in periodi di sette, allora per il principio “come in alto così in basso” anche sulla Terra la vita deve svolgersi in periodi di sette.
Il corpo umano si rinnova ogni sette anni, secondo gli occultisti, le malattie sono regolate da cicli settenari, con le crisi che si manifestano soprattutto al settimo, quattordicesimo e ventunesimo giorno e durano tre giorni e mezzo.
Vi sono sette colori nello spettro visibile e sette sono le note nella scala musicale, sette i giorni della settimana.
Nel rituale ebraico vi è una modalità di accensione del candelabro particolarmente significativa, chiamata “giorni della Creazione”.

Si accende per prima la prima lampada del Sole (1° giorno, prima lampada a destra), affinché l’orgoglio si tramuti in umiltà. Poi la lampada della Luna (2° giorno, terza lampada a sinistra) perché la forza faccia scomparire la pigrizia; la lampada di Marte (3° giorno, seconda lampada a destra) perché la speranza sostituisca l’ira; la lampada di Mercurio (4° giorno, seconda lampada a sinistra) perché l’invidia si trasformi in carità; la lampada di Giove (5° giorno, terza lampada a destra) affinché la gola diventi temperanza; la lampada di Venere (6° giorno, prima lampada a sinistra) perché la lussuria si tramuti in giustizia. Infine la lampada di Saturno (7° giorno, lampada centrale) perché la prudenza prevalga sull’avarizia.

Questo rituale, come i rituali massonici, costituiscono un mezzo comunicativo primario poiché rendono operante il simbolo, sprigionandone tutta l’essenza e la completezza.
Personalmente ritengo che di tutti i vari significati simbolici attribuiti alla Menorah, il più aderente allo spirito massonico, è quello in cui illuminando la squadra ed il compasso posti sopra alla Bibbia aperta al Vangelo di San Giovanni, si induca il Libero Muratore a non aprire il i sette sigilli dei vizi capitali, decritti nell’Apocalisse, se non è certo della propria fermezza d’animo e quindi, di poter superare le passioni profane e conoscere pienamente la Luce.

Giacindo Dragonetti -1765

Rare volte capita nella storia italiana che l'unità d'intenti tra le diverse ragioni e le personalità più diverse si realizzi, ma quando si raggiunge questi risultati, sono meravigliosi.
La più recente, la più nota e la più elevata, in campo culturale, si attuò tra il ricco industriale milanese, Treccani, e il grande filosofo siciliano,Giovanni Gentile, che generò un'opera colossale, tutt’oggi valida, anche se concepita in tempi di acceso nazionalismo: l’Enciclopedia Italiana, seconda a nessun’altra produzione del genere. Essa tuttavia fu preceduta almeno da un'opera geniale, ma dimenticata: Delle virtù e dei premi di Giacinto Dragonetti, pubblicata nel 1765. In quel tempo riscosse molto successo: non solo ebbe molte edizioni in varie città italiane, ma anche numerose traduzioni: in francese, in inglese, in russo e in spagnolo. Poi l’oblio.
L'antecedente dell'opera qui considerata è costituito da Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria: pubblicata nel 1764 e posta all'Indice nel 1776. In questo libro di Beccaria si era già preoccupato di prevenire i delitti: “E' meglio prevenire i delitti che punirli. Questo è il fine principale di ogni buona legislazione che è l'arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o d'infelicità possibile.” (cap. XLI ) Tra i vari mezzi che il celebre scrittore enumera, si trova anche quello delle ricompense: “ Un altro mezzo di prevenire i delitti è quello di ricompensare le virtù. Su di questo proposito osservo un silenzio universale nelle leggi di tutte le nazioni del dì d'oggi.” (cap. XLIV).
Proprio partendo da questo spunto ,viene impostato il trattato di Giacinto Dragonetti. Infatti il principio basilare della speculazione del Marchese abruzzese, nato a L'Aquila nel 1738 (il medesimo della nascita di Beccaria a Milano ) e morto a Napoli nel 1818, consiste nell'affermare che:“Nulla di più assurdo del considerare uguali le azioni degli uomini.” (p.I) (1) A ciò aggiunge : “La scarsezza delle virtù è ai giorni nostri un effetto della mancanza di premi.” (p.II)
Fondamentale è il concetto di virtù di tipico stampo illuministico: “ Si diede il nome di virtù a tutte le azioni che riguardano l'interesse degli altri o a quella preferenza del bene altrui sul proprio.” (p.6) A ciò aggiunge : “La scarsezza di virtù è ai giorni nostri un effetto della mancanza di premi.” (p. II).
Questa affermazione avrebbe senz'altro fatto inorridire Kant, secondo il quale la virtù è premio a se stessa, tuttavia bisogna notare che la società umana è fondata sul reciproco riconoscimento degli uomini dei loro vizi e delle loro virtù.
Il libro non poteva evitare di essere scandaloso,come quando rifacendosi a Rousseau, invoca un'equa ripartizione delle terre: “ Rendeteci, illegittimi possessori, quelle terre che ci avete usurpate e che siete nell'impossibilità di coltivare. Allora ci vedrete più di voi impegnati per la Patria, che ora odiamo per essere il teatro del nostro avvilimento.” ( 32 sg. )
Nell'ardente Napoletano, il Dragonetti era suddito di quel regno, non mancò né la retorica né un'ardita immaginazione, come in questa acuta definizione di commercio : “ E' il commercio una comunicazione reciproca che gli uomini tra loro si fanno della produzione delle loro terre, e delle loro industrie.” ( p. 93 ) Questo stesso stile non impedisce all'Autore un cenno di elogio a Federico II Holhenzollern, dopo quello tributato al Ginevrino. (p. 47 )
Che cosa accomunò il freddo speculatore lombardo ,qual fu il Beccaria, col fantasioso ed entusiasta Napoletano? Il senso civico quale si può desumere dalle loro biografie.
Beccaria nel 1771 venne nominato consigliere del Supremo Consiglio di Economia, nella Lombardia austriaca, che costitui il coronamento della sua carriera e la sua fine di scrittore. Sembrò infatti che si fosse spenta in lui quell'ispirazione che l'aveva guidato negli anni di gioventù, ma in quel suo anonimato rimase vivo il desiderio di servire i suoi compatrioti. In questa fede morì nel 1794 a Milano. Dragonetti invece morì a Napoli nel 1818, dopo aver ricoperto cariche importanti, cui impresse il suo sigillo di progressista.
Quale il fondo di verità della dottrina di Dragonetti? Lo possiamo incontrare nella psicologia comportamentista, sorta nel Novecento negli Stati Uniti, di cui fu inconsapevolmente precursore e uno sconosciuto antecedente.
Non so se sono risuscito a scrivere qualcosa d'interessante. Non sono stato certo brillante, ma prego il paziente lettore se non di essere grato a me, di esserlo al mio amico, Cel. Gra., che mi ha suggerito l'idea, che può essere sviluppata più adeguatamente e approfonditamente da altri. (1) Le citazioni del Dragonetti sono tratte dalla pubblicazione Delle virtù e delle pene, conservato alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano: Sala Fosc. 02.0046 bis/5. Le pagine indicate a lato rispecchiano questa edizione compiuta a Venezia nel 1757.
Tratto dai quaderni di Serenamente

Il Mito dell'Acobaleno

L’arcobaleno, identificato anticamente con la dea Iris, figlia di Thaumas, la meraviglia, è un fenomeno che ha sempre suscitato negli uomini lo stupore e quindi l’interrogazione filosofica, che nasce dallo stupore. Il fenomeno dell’arcobaleno ha messo alla prova la sagacia dei fisici e dei teologi attraverso i secoli. Si tratta di spiegare il versetto 14 de capitolo IX della “Genesi”, in cui si racconta che Dio traccia nel cielo l’arcobaleno come segno dell’alleanza stretta con gli uomini, per evitare che sull’umanità si abbatta un altro diluvio.
Gli esegeti e i fisici, nel commentare questo passo delle Scritture, si sono posti essenzialmente questo problema: l’arcobaleno è un segno naturale? Una risposta positiva implica parecchi arcobaleni tra la creazione del mondo e il diluvio.
Quale senso bisogna accordare all’arcobaleno: un significato naturale o soprannaturale? San Tommaso d’Aquino ritiene che l’arcobaleno sia un segno naturale: per provocare una pioggia continua di quaranta giorni bisogna che si siano ammassate parecchie nuvole. Se si vede un arcobaleno significa che non ci sarà un diluvio nei mesi a venire, dato che l’arcobaleno è un segno che le condizioni per provocare un diluvio non possono realizzarsi.
Nel XVII secolo si sviluppa una riflessione sistematica sull’arcobaleno con i grandi commentatori della “Genesi”. Tra il 1590 e il 1610 essi diventano dei veri best-sellers nelle librerie europee. In questi commenti si riflette sulla natura dell’arcobaleno e sul suo significato. La spiegazione che Cartesio darà dell’arcobaleno deve certamente molto ai suoi predecessori, ma è decisamente innovativa nell’uso degli strumenti matematici, nell’analizzare il passaggio dalla nuvola alla goccia d’acqua, studiata come una piccola sfera. Cartesio, per spiegare la luce dell’arcobaleno, accanto al fenomeno della riflessione della luce, che Aristotele e i commentatori medievali conoscevano, utilizza anche quello di rifrazione.
La spiegazione del cromatismo raggiungerà la sua perfezione con Newton. Insomma: l’arcobaleno viene progressivamente demitizzato. L’inizio dell’VIII discorso de “Le meteore”, dedicato da Cartesio all’arcobaleno, costituisce l’esatto capovolgimento dei commenti classici. Questi cominciano tutti col ricordare che Iris è figlia di Thaumas e con l’invito a contemplare le meraviglie della natura. Al contrario, Cartesio comincia il suo discorso con questa affermazione: “benché l’arcobaleno sia stato ammirato da tutti gli uomini, nessuno è arrivato a darne una spiegazione soddisfacente”. E fornisce la sua spiegazione scientifica. L’arcobaleno mi sembra un esempio veramente interessante per spiegare la secolarizzazione del sapere attraverso una sua matematizzazione. Infatti il ragionamento di Cartesio sull’arcobaleno è un ragionamento d tipo geometrico, che sottrae al fenomeno ogni spessore mitico – rimprovero che Keats muoverà a Newton – e permette agli uomini di ragionare al tempo stesso da poeti e da fisici, ma certo non più da teologi.

L’arcobaleno, nel mito, è l’idea di una via che connetta la terra al cielo, ovvero il mondo grossolano della manifestazione materiale e il mondo sottile della manifestazione spirituale, sembra un pensiero mitico molto antico, che ritroviamo, in varie forme, in molte culture differenti. L’idea che in una remota antichità gli dèi interagissero con gli uomini sembra assai comune: i Greci ritenevano che i loro eroi dell’età del bronzo fossero figli di dèi e di donne mortali, segno che nel tempo mitico l’interscambio tra cielo e terra era cosa abituale. Nella Bibbia si narra che, nei tempi precedenti il Diluvio, i “figli di dio” scendessero sulla terra per unirsi alle “figlie degli uomini”. Si ritiene tuttavia che tale interscambio fosse più agevole in una precedente età del bronzo.
Dall’idea che in un lontano passato sia esistito un legame di comunicazione tra il cielo e la terra, deriva per conseguenza l’idea che tale legame sia stato in seguito spezzato. Nella mitologia cinese il legame tra il cielo e la terra venne interrotto da uno dei primissimi sovrani, Zhuan Xiu, che in tale modo instaurò una sorte di ordine cosmico nel quale gli spiriti non potevano più scendere dal cielo e visitare la terra e gli uomini non potevano più salire in cielo per confondersi con gli dèi. Lo stesso mito compare in Tibet, dove il legame tra il cielo e la terra è rappresentato da una corda (o scala) dmu, lungo la quale si effettuava un continuo interscambio tra i due livelli dell’esistenza.
I primi sovrani del Tibet li si diceva scesi dal cielo lungo la corda dmu: quando essi morivano, i loro corpi ritornavano in cielo trasformati in arcobaleni. L’ottavo sovrano del Tibet, Gri-gum btsan-po, tagliò la corda dmu e interruppe ogni contatto tra il cielo e la terra; egli fu il primo sovrano che lasciò sulla terra un cadavere. Il legame tra il cielo e la terra assume nella varie culture aspetti differenti. Abbiamo visto che nel mito tibetano è esemplificato da una corda. E’ la scala di Giacobbe nel racconto biblico (e diventerà l’albero sefirotico nelle speculazioni della Qabbalah). In altre civiltà può essere rappresentato come una montagna, un albero, una torre o un arcobaleno. La rappresentazione come arcobaleno sembra essere molto antica, a giudicare dalla sua diffusione in tutto il mondo. Pure sgombrando il campo da tutte le mitizzazioni dell’arcobaleno, che non sempre corrispondono al motivo di una connessione tra il cielo e la terra, rimangono tuttavia degli esempi come il ponte Ĉinvat nel mito iranico, o addirittura l’Ame-no-hashi-date, il “ponte fluttuante del cielo” del mito nipponico, sul quale Izanami e Izanagi scesero dal cielo per creare le isole del Giappone. Anche dove l’arcobaleno non rappresenta una vera e propria strada, permane tuttavia l’idea del simbolo di una tramite tra gli dèi e gli uomini, come accade nel mito biblico dove l’arcobaleno è “la firma” del patto che Dio strinse con Noè, o come nel mito greco, dove è Iris, la dea dell’arcobaleno, che funge quale messaggera degli dèi presso i mortali.

L’attraversamento del Ponte dell’Arcobaleno è una metafora mitica dell’evoluzione della coscienza. Richiamarsi a un mito significa inserire il nostro lavoro personale in un contesto più vasto, un contesto che rende più profondo il significato della nostra lotta personale. Ristabilire il Ponte dell’Arcobaleno significa ricollegarsi alla nostra parte divina, ancorandola nel mondo che ci circonda e sanando le scissioni che tanto affliggono la nostra esistenza terrena. Dal punto di vista mitologico l’arcobaleno è sempre stato un segno di speranza, un collegamento tra il cielo e la terra, un segno di armonia e di pace. Un tempo si credeva che le divinità, gli spiriti e i mortali attraversassero le sue fasce di colore sia durante che dopo la vita, proteggendo l’invisibilità del Cielo e della Terra.
Per il mito scandinavo è un “ponte divino”, gettato a connettere il cielo e la terra. Il suo nome è Bifröst. E’ anche presente il motivo della rottura del ponte, anche se questa non è localizzata in un’epoca remota, bensì nel futuro escatologico, quando i figli di Mùspell verranno, guadando i fiumi tempestosi, a combattere contro gli dèi; quel giorno il mondo intero arderà nel fuoco ed il ponte BiFROST andrà in pezzi.
Perché questo strano spostamento nel futuro? Il mito della rottura del collegamento tra il cielo e la terra, sembra connesso al motivo dei cicli cosmici: in molti sistemi mitologico questa rottura, in un lontano passato, avrebbe segnato la fine dell’epoca mitica in cui gli uomini e gli dèi interagivano fianco a fianco e l’inizio del tempo attuale in cui tale comunicazione non è più agevole. In altre parole, quando vi era un collegamento tra il cielo e la terra, gli uomini avevano più facile accesso alla sapienza delle cose divine e profonde: tale sapienza oggi è perduta.
Nel mito del progredire delle età cosmiche, quale troviamo dall’India alla Scandinavia, il passaggio dall’età del’oro all’età dell’argento, dall’età del bronzo all’età del ferro, è vista anche come una perdita progressiva della conoscenza, da parte dell’uomo, dei sacri misteri. Assistiamo dunque ad un progressivo allontanamento del cielo dalla terra, dello spirituale dal materiale, a cui corrisponde una lenta e costante involuzione e desacralizzazione dell’uomo.
Nel racconto del diluvio universale nella Bibbia, Dio pone l’arcobaleno come sigillo della sua alleanza con gli uomini r con la natura, promettendo che non ci sarà mai più un diluvio universale. Ponte fra cielo e terra, corrisponde al dominio sulle acque Superiori, a completamento dell’Arca, che domina la acque Inferiori; per R. Guénon, Arcobaleno e Arca sono le due metà dell’Uovo Cosmico, mentre in India ed in Mesopotamia i sette colori dell’Iride rappresentavano i sette Cieli.
L’arcobaleno è anche un simbolo ascensionale; il Cristo in gloria, bizantino o romano, è rappresentato spesso in mezzo ad un arcobaleno. Quell’arcobaleno è il simbolo visibile dell’avvenuta riconciliazione di Dio con l’umanità tramite Noè, primo ad erigere un tempio a Dio.
L’arcobaleno come simbolo archetipo, compare in molte mitologie di ogni parte del mondo. Nella mitologia hindu la dea Maya creò il mondo da sette veli dei colori dell’arcobaleno. Nel mito egiziano sono le sette stole di Iside, nel mondo cristiano i sette veli di Salomè, peri Babilonesi era la collana di Ishtar tempestata di pietre iridate e per i Greci Iride alata che portava sulla terra, i messaggi degli dèi agli esseri umani.
Nel mito celtico l’orcio d’oro alla fine dell’arcobaleno rappresenta una sorta di Santo Graal, la coppa perduta del rinnovamento e della pienezza spirituale.
La bandiera arcobaleno è anche simbolo della città di Cuzco, capitale dell’impero Incas. Fu scelta, dall’imperatore del tempo, perché in quella vallata ogni volta che pioveva si formavano degli arcobaleni brillantissimi. L’arcobaleno, proprio perché annuncia il sole dopo il brutto tempo, simboleggia la speranza
I colori dell’arcobaleno sono anche utilizzati come simboli della “convivialità delle differenze” per la loro caratteristica fisica.di trasformarsi in luce bianca se fatti roteare velocemente. La simbologia spiega il significato di ogni colore: il rosso indica la vita, l’arancio è la salute, il giallo ricorda il sole, il verde rappresenta la natura, l’indaco l’armonia, il blu è l’arte e il viola lo spirito.
Al di là delle tante leggende, è bello pensare, che tutti, dell’arcobaleno, ne accettino i molti significati: l’unione di colori diversi, la pace tra terra e cielo, la speranza di un futuro migliore.
Tratto dai quaderni di Serenamente.

martedì 4 dicembre 2007

Gnostici in estinzione?

da un articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo del 7 Ottobre u.s. ampliato con altre notizie prese da Internet

Salvate gli ultimi Gnostici: parte dal New York Times l’appello a favore dei Mandei (o Sabei) dal’aramaico mandeo = battezzato, una delle più antiche, piccole e meno conosciute tra le minoranze irachene.
Erano 60 mila nel 2003, quando gli USA attaccarono l’Iraq, sono oggi cinquemila e la loro cultura, vecchia di duemila anni, rischia di estinguersi con la prossima generazione anche se piccole comunità Mandee vivono anche in Europa e nel Nuovo Mondo.
I Mandei parlano un aramaico simile al dialetto del Talmud babilonese e abitano da secoli nelle paludi del Sud dell’Iraq. Sono gli ultimi Gnostici sopravvissuti dall’antichità.
Il loro libro sacro è il “Sidra Rabba” o “Ginza”, cioè “Tesoro”.
Il Mandeismo è una religione monoteista ed è la più antica religione gnostica ancora esistente (dal greco antico “gnosis”, vuole dire “conoscenza”).
La visione del mondo dei Mandei si basa su un dualismo gnostico, che divide il mondo in due livelli: secondo i Mandei, l'uomo vive nella parte di mondo dominato dall'oscurità che però abbandona nel momento della morte. Dopo la morte, ogni anima passa attraverso diverse “stazioni di controllo” fino a trovare la redenzione nel regno della luce.
I Mandei credono in un messaggero che condurrà le anime dal mondo dell'oscurità nel Regno della Luce e così darà inizio alla fine del mondo. Quando il messaggero avrà assolto il suo compito, esisterà solo il Regno della Luce e il tempo della sofferenza sarà giunto al suo termine.
I Mandei sono legati anche alla figura del Battista, infatti le cerimonie più importanti dei Mandei sono il funerale, la festa dei morti e il battesimo.
La cerimonia del battesimo risale a Giovanni Battista, che è considerato l'ultimo profeta dei Mandei. Ogni Mandeo è battezzato più volte nel corso della sua vita, ma sarebbe auspicabile ricevere il battesimo ogni domenica poiché, secondo la concezione mandea, durante la cerimonia del battesimo (“Masbütä”) più che in ogni altra circostanza ci si avvicina al Regno della Luce. Grazie alla rituale immersione si ottiene infatti il perdono dei peccati, la guarigione da malattie e la cacciata dei demoni.
La genesi dei Mandei assomiglia molto a quella cristiano-ebraica. Anche per i Mandei Adamo ed Eva sono i primi uomini ma, a differenza dei cristiani, per i Mandei Eva non nasce da una costola di Adamo. Eva è invece un dono del Regno della Luce ad Adamo, e ciò spiega la parità dei diritti tra uomo e donna. I neonati ricevono inoltre il cognome della madre e la storia dei Mandei vanta anche diverse sacerdotesse.
Antiche tracce della loro esistenza si trovano già in Mesopotamia nel terzo secolo d.C.
Il Medio Oriente e la Mesopotamia sono lontani ma anche sempre vicini alla nostra storia ed alla nostra cultura sia classica che religiosa, infatti, la più vecchia Chiesa Cristiana non si trova dove ti aspetteresti di trovarla, ma all’interno dell’Islam, infatti, in Iran, vicino a Tabriz, c’è la Chiesa di San Taddeo Apostolo fondata nell’80 d.C., circa due secoli prima della più vecchia chiesa italiana.
La Chiesa, chiamata comunemente Qara Kelisa (Chiesa Nera) è tuttora meta di pellegrinaggi, prevalentemente provenienti dall’Armenia e dalle comunità cristiane iraniane. Proprio a Tabriz vive una numerosa comunità cristiana, ovviamente minoritaria.
Qara Kelisa è di rito Armeno e, proprio l’Armenia, fu il primo Stato che, nel 301 d.C., si dichiarò ufficialmente cristiano, ben dodici anni prima che Costantino, con l’Editto di Milano del 313 d.C., consentisse ai Cristiani libertà di culto; culto che poi Teodosio, con l’Editto di Tessalonica del 380 d.C., dichiarò unica religione dell’Impero.
tratto dai Quaderni di Serenamente.

Dal Libro dei Morti

dal “Libro dei Morti” degli Egizi

Io sono il passato e il domani
sono sempre esistito e sempre esisterò:
io rinascerò ancora.

Sono l’energia radiosa,
l’Essenza che diventa anima e dona il soffio vitale;
sono frammento della Divinità
che dall’Oriente all’Occidente si cela nell’Universo tutto.

Sono la Luce che splende anche nel buio dell’avello,
sono mente e cuore di coloro
che si sono rialzati nella carne.
Io vivo in tutti i corpi
mentre insieme andiamo tenendoci per mano.

La Forza che mi circonda
è la stessa che sostiene la mia anima
e protegge il mio cammino.

Il Dio del Cielo è in me ed io sono in Lui:
i Suoi valori sono i miei valori.
Io appartengo a Colui che eternamente mi ricrea.

Entro dal Passaggio come uomo che non comprende:
ma il mio fatale andare mi porterà alla Verità,
mentre le mie sembianze saranno sempre
quelle di uomini e donne.
Tratto dai quaderni di Serenamente

lunedì 3 dicembre 2007

Buon Natale-Cuore Immacolato di Maria Santissima

Carissimo Pietro,scusaci infinitamente per il ritardo!sicuramente , come desideri! visto che lo diffondi desideriamo farti partecipe di un segreto riguardante il collage: dietro allo scritto che essendo un collage mettiamo materialmente poco di nostro, che è poco attraente, poco colorato, poco multimediale... poco moderno, c'è la preghiera quotidiana di mia moglie e mia unita a quella, fondamentale, delle Carmelitane di Moncalieri (Torino), c'è l'offerta quotidiana nell'Eucarestia per le persone che lo ricevono, che lo accolgono, che non lo accolgono o che solamente vengono raggiunte dallo scritto affinche abbiano sempre la protezione del Signore Gesù e siano costantemente consacrate al Cuore Immacolato di Maria Santissima. Avendo toccato con mano la potenza della preghiera e l'Onnipotenza di Dio, consideriamo questa la vera richezza del collage.Ringraziandoti, cogliamo l'occasione per rinnovare il nostro ricordo nella preghiera, per te, la tua famiglia, le persone a te più care, perchè tu abbia sempre salvezza e protezione dal Signore Gesù e da Maria Santissima, chideremo supporto alle Monache di clausura del Carmelo di Moncalieri affinchè, la preghiera per te, la tua famiglia, le persone a te più care, sia veramente efficace.Buon Natale del Signore Gesù! Egli viene sicuramente! Ci auguriamo e preghiamo perchè tutti siano pronti ad accoglierLo, egli viene a portare gioia vera, luce, pace, verità, gusto (sapienza) della vita.Un abbraccio Fraterno e buon 2008, Mari e MAXAt 19.28 08/11/2007, you wrote:
Caro Max,ho ricevuto il - Collage della Parola - e vorrei pubblicrlo su il mio Blog: www.corpomilitaresmom.blogspot.com - desidero avere la Tua autorizzazione come autore. Cordialità, Pietro Vitale
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