Ordini Cavallereschi Crucesignati

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venerdì 16 febbraio 2018

LIONS E ROTARY, I CUGINI....CULTURA E TRADIZIONI - 2007

The International Association of LIONS CLUB

Il bollettino delle nostre riunioni
LIONS CLUB BARI HOST
50°
ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
l’addetto Stampa: Lions Pietro Vitale
Un’evento eccezionale!

Il 17dicembre 2007 presso la Sede Sociale Amministrativa del Lions Club Bari Host è stato organizzato un Intermeeting LIONS – ROTARY.
Il Lions Club Bari Host e il Lions Club “Federico II” insieme con i due Club Rotariani baresi sono stati ospitati per una serata di Cultura e Tradizione. L’incontro è stato programmato dai rispettivi Presidenti Lions: Pasquale Di Ciommo e Adriana Alboreto Tiravanti, con l’adesione di tutti i Soci del Club

L’unione, di fraterna amicizia Rotary - Lions, era già nell’aria da molti anni, i primi passi sono stati mossi organizzando insieme un Concerto musicale di beneficenza, che si perpetua da oltre dieci anni presso l’Hotel Scheraton di
Bari.

Ad ospitare i due Club Rotariani è la sede del prestigioso Parco di Cagno Abbrescia Sala-Arupe, Sede delle riunioni del Direttivo ed amministrativo del Lons Club Bari Host.

I due Club Rotary Bari Castello e Casamassima Terra dei Peuceti, con i loro Presidenti e con tutti i Soci rotariani dei due Clubs hanno dato vita ad un incontro Culturale, in occasione delle prossime festività della natalità. I due Relatori dott. Vinicio Coppola e il dott. Bruno Cardaropoli, hanno intrattenuto i circa 150 presenti in sala con riferimenti culturali parlando dei PRESEPI napoletani.

A Napoli la consuetudine di costruire il presepe per celebrare la ricorrenza del Natale ha tradizioni molto antiche, dato che già nel 1500 era noto il Presepe del Rossellino nella Chiesa di Monteoliveto. Essa, però ha registrato il periodo di massima fioritura tra il 1700 ed il 1800 a causa dell’appoggio entusiastico ricevuto da Carlo di Bordone, che in vari modi favorì artigiani, modellatori e intagliatori di statuine. Egli stesso si dilettava a costruire figurine, che la Regina rivestiva d'abiti preziosi, ed introdusse i sistemi meccanici per far muovere i pastori ed animare così la scena.
Lo scrittore tedesco Goethe (1749-1832) in un suo soggiorno a Napoli restò stupito, com'egli scriveva, del fatto che le più grandi famiglie solevano fare il presepe con sontuoso dispendio di mezzi. In realtà però il presepe napoletano-scrive Alfredo Lombardozzi-ha “due tradizioni: quella colta del presepio artistico del settecento e quella popolare degli artigiani e dei figurini. Tra le due forme d’espressione c’è sempre stato un certo scambio.
Il presepe artistico rappresenta una ricchezza di scene di mercato, di venditori, i portatori di doni, di uomini che danzano la tarantella o sono intenti a lauto pranzo in osteria. Tutti questi personaggi ruotano intorno alla scena sacra della natività, che non si svolge in una grotta, come nei presepi d'altre regioni, ma in un Tempio di stile neoclassico, che più delle volte è un rudere. Lo spazio del presepio, inoltre, è attraversato dal corteo dei Re Magi, che sfoggiano tutta la loro ricchezza in abiti orientali molto raffinati. Le statuette sono in coccio e i volti hanno una molteplicità di espressioni che tendono a mettere in mostra il grottesco e il paradossale dell’esistenza, e nello stesso tempo testimoniano della grande umanità di una cultura.
Le figure del presepe popolare sono, invece, molto più stereotipate, pur non mancando di una loro espressività, soprattutto gestuale. Nella via di San Gregorio Magno, a Napoli, già alcune settimane prima di Natale si assiepano la bancarella dei venditori di presepi che espongono una grande varietà di figure e di pezzi, da quelli più grossolani e di serie a statuette di raffinate fattura. Artistico o popolare che sia, il presepe napoletano ha comunque avuto, e conserva ancora oggi, la proprietà di immettere, nella rappresentazione della scena sacra, che pure mantiene una sua gran dignità, un’infinita serie di scene di vita quotidiana, che testimonia la cultura di una grande città italiana del Meridione”.
Le statuette ed i pastori dei presepi spesso erano opere di artisti celebri come il Sammartino, il Gori, il Trillosh e il De Vivo e sono diventati oggetti ricercati sul mercato dell’antiquariato. Essi sono stati realizzati con materiali diversi: in corallo, in porcellana bianca, cera, in creta, in legno e così via.
Alcuni presepi artistici sono esposti nelle chiese durante il periodo natalizio; gli esempi più belli, in ogni modo, sono conservati nel Museo di San Martino a Napoli e nell’Abbazzia di Montevergine, sede di una mostra permanente.

Orbene, è sempre più grande il desiderio di famiglia e di amore il giorno d’oggi per tutti noi; avvicinarsi al Presepe, con il suo messaggio dell’uomo per l’uomo, ed alle “nostre” tradizioni dell’Italia meridionale, non solo permette di “leggere” nell’animo umano ma contribuisce alla “rinascita” interiore di ogni essere umano.

Da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza nordica che incontra sempre più adesioni. Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste. Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti. Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro. Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in un feticcio luccicante colmo di doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte. Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri. Il presepe diverrà in tal modo il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.
Buon Natale e un felice anno nuovo a tutti Voi.

mercoledì 14 febbraio 2018

L'INDIFFERENZA DELLA GENTE ALLA VITA COMUNITARIA



                                            ASTENSIONISMO, INCOGNITA DEL VOTO
                                                     di Antonio Laurenzano
Conto alla rovescia per l’appuntamento elettorale. Fra un sondaggio e un altro, l’incognita di fondo resta quella legata alla partecipazione al voto. Al di là delle ricette magiche dei candidati premier, il vero protagonista di una campagna elettorale caratterizzata finora da grande confusione dialettica rischia di diventare il partito dell’astensione. Secondo gli ultimi rilevamenti, la governabilità del Paese è nelle mani del 35-40% di elettori che brancola nell’incertezza, non avendo ancora maturato alcuna volontà di deporre la scheda nell’urna. Sono oltre 16 milioni le persone che potrebbero non recarsi a votare, e l’astensione giovanile rappresenta il dato più allarmante: la metà degli under 25 resterà a casa  per totale dissonanza. L’esito finale delle elezioni e quindi  gli equilibri politici con le future  Intese e alleanze di governo è sempre più condizionato dal “silenzioso” quarto schieramento politico in campo, il primo partito italiano, il “partito del non voto”!
Per la mancanza di un interlocutore capace di recepire le istanze dei cittadini e trasformarle in azioni compiute, in obiettivi raggiunti, si allunga l’onda astensionista, ampia e poco omogenea, che da destra a sinistra conquista consensi crescenti. Un fenomeno che esprime in primis delusione e sfiducia nei partiti e che indebolisce le istituzioni, come ha sottolineato nel suo appello agli italiani il presidente Mattarella.  Un appello  alla partecipazione che si infrange contro il disinteresse, “l’indifferenza della gente alla vita comunitaria” , secondo il sociologo Giuseppe De Rita. Un elettorato che dalla rabbia contro i privilegi della casta è passato alla indignazione e alla delegittimazione della classe politica, respingendo ai partiti le strumentali promesse elettorali, sollecitandone invece una incisiva azione di moralizzazione  della vita pubblica. Nessuna improvvisazione sui problemi di fondo del Paese, ma la richiesta di un responsabile  programma di rilancio della politica intesa come autentico servizio alla comunità nel precario quadro socio-economico nazionale.
Tramontate le ideologie, scomparsi dalla scena  i “cavalli di razza”  con partiti in crisi di uomini e di idee, prende il sopravvento l’anti-politica, il rifiuto cioè di ogni appartenenza, di ogni identificazione ideologica che in passato ha rappresentato una scelta di campo, una fede da abbracciare sposando a volte dogmatismi e rigidità ideologiche. Allentato ogni costruttivo rapporto con il territorio, oggi i partiti, privi di un solido ancoraggio a ideali e programmi, da “polo di attrazione e di intermediazione” di interessi anche economici, si sono ridotti a fare da … marketing alla demagogia spicciola e all’ingannevole populismo senza tracciare una rotta politica ben precisa, di lungo respiro. E’ scomparsa la bussola istituzionale! Il rischio è di consegnare il … timone del  comando ai padroni della rete (per lavaggi mentali di massa) e alla finanza internazionale ( per opache ingerenze sulla sovranità nazionale) o, ancor peggio, alla ingovernabilità.  
La presentazione delle liste elettorali di questi giorni, pomo della discordia nei partiti, alimenta ulteriormente le fughe astensioniste a conferma che il fenomeno dell’astensione non è la conseguenza di un estraniamento sociale e politico, ma un comportamento consapevole che esprime la distanza dalla politica, la protesta contro la mala gestione della cosa pubblica, la sfiducia verso il ruolo dei partiti, verso la loro scarsa rappresentatività della volontà popolare. Un astensionismo tra disaffezione e riscatto sociale.
Se è vero che la febbre dell’astensionismo indebolisce la salute della democrazia e mina alle radici la credibilità delle istituzioni, è auspicabile un cambio di rotta da parte di chi si candida a governare il Paese, cominciando finalmente a parlare dei veri problemi sentiti nel quotidiano dai cittadini:  lavoro, fisco, scuola, sanità, burocrazia, sicurezza. Affrontare cioè problemi comuni e assegnarne la soluzione a un premier credibile che Ipr Marketing individua in una “figura solida, affidabile, capace e coerente” , “un candidato in grado di mostrare coraggio in ogni sede istituzionale”. Il tempo della ricreazione è finito! Si attendono segnali forti per rivitalizzare il modello democratico attraverso una responsabile governance e soprattutto una politica economica e sociale che possa finalmente restituire dignità al Paese e un sogno da inseguire alle nuove generazioni. Pericoloso scommettere su forme neo-autoritarie e spesso senza ritorno!...