Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 2 marzo 2017

LA COMMISSIONE EUROPEA E' TORNATA A STRIGLIARE L'ITALIA-CONTI PUBBLICI, ULTIMATUM DELL'EU



Conti pubblici : ultimatum dell’Ue
                                                           di  Antonio Laurenzano
Corsa ad ostacoli per i conti pubblici dopo l’ultimatum dell’Ue: manovra correttiva entro aprile o procedura d’infrazione. La Commissione europea è tornata a strigliare l’Italia e a chiedere al Governo Gentiloni di rispettare i parametri europei sul debito e di approvare urgenti misure di bilancio di almeno lo 0,2% del Pil per correggere il profondo rosso dei nostri conti. Perentorio il rapporto sul debito pubblico italiano presentato a Bruxelles: ridurre il deficit strutturale per evitare sanzioni per “squilibrio macroeconomico”, riconducibile al debito eccessivo e alla bassa competitività. Un rischio sui mercati che potrebbe penalizzare l’Italia in termini spread e interessi sul debito ben oltre la richiesta correzione dei conti.
L’esecutivo comunitario, pur riconoscendo al Belpaese qualche timido progresso nel modernizzare l’economia, punta il dito sui numerosi ritardi nell’adozione di riforme strutturali, accentuati anche dal precario quadro politico nazionale. Secondo la Commissione europea, infatti, in Italia permarrebbero ancora “importanti lacune, in particolare sulla concorrenza, la tassazione, la lotta alla corruzione e la riforma della contrattazione collettiva”. Dopo aver concesso, in deroga alle regole, 19 miliardi di flessibilità negli ultimi due anni ai quali si sommano altri 7 per il 2017 per il post-terremoto, la Commissione ha chiesto a Roma di rientrare almeno di 3,4 miliardi per invertire la dinamica del debito che supera il 132,5% del Pil, rispetto al 60% prescritto dai parametri di Maastricht. Uno scenario condizionato dalle debolezze strutturali del sistema Italia che continuano a frenare la capacità  di crescere e di reagire agli shock economici, complicando il percorso verso la riduzione dell’elevato debito e il recupero di una maggiore presenza sui mercati.
Le regole comunitarie inserite nel Patto di bilancio europeo (“fiscal compact”) prevedono il  pareggio di bilancio, il divieto di superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% e, in particolare, l’obbligo per i Paesi ad alto debito di ridurre l’indebitamento di un ventesimo all’anno. Se lo Stato disattende le raccomandazioni e continua a non ottemperare alla richiesta di rientrare nei parametri il Consiglio europeo, su proposta della Commissione, può decidere sanzioni economiche fino allo 0,2% del Pil per disavanzo eccessivo, fino allo 0,1% per gli squilibri macroeconomici. Per l’Italia nessuna alternativa: ridurre il deficit di bilancio dal 2,3 al 2,1% ed evitare il peggioramento della situazione finanziaria.  
Dal Ministero dell’Economia Pier Carlo Padoan ha proposto a Bruxelles la correzione di bilancio con il Documento di economia e finanza da presentare in aprile. Sperando che non sia un altro capitolo del libro dei sogni, la manovra farà leva su nuove misure di contrasto all’evasione fiscale, sui tagli alla spesa e interventi sulla imposizione indiretta. Tra le ipotesi sul tappeto l’estensione dello spilt payment Iva con versamento dell’imposta all’erario sulle forniture alle pubbliche amministrazioni direttamente dall’Ente fruitore del bene o servizio. “E’ interesse nazionale ridurre il debito”, ha rilevato Padoan, nella prospettiva dell’ azzeramento della politica monetaria della Bce con il “Quantitative  easing” (Qe) e il conseguente rialzo degli interessi con effetto domino sui conti pubblici. E quello dei tassi è un terreno ad alto rischio per l’Italia che nel 2017 ha in calendario aste di titoli per circa 450 miliardi di euro e che paga oggi 70 miliardi di interessi l’anno per finanziare il suo cronico debito pubblico!
Evidente dunque l’impegno di rispettare parametri e regole comunitarie da parte dell’Italia, un Paese fondatore che continua a considerarsi in credito e non in debito rispetto a Bruxelles dove regna sovrana la miopia politica in presenza di Brexit e di un diffuso euroscetticismo. E’ ora di rilanciare una “robusta politica industriale europea” mettendo al centro dell’agenda Ue investimenti, crescita e occupazione in un’ idea di Europa che sia più attenta all’economia reale e meno alla guerra dei decimali  “per dare certezza alle imprese e garantire prosperità ai cittadini”, come ha auspicato il Presidente di Confindustria Boccia nel recente incontro con il Presidente dell’Europarlamento Tajani. Per l’Ue una nuova dimensione economica all’altezza del mercato che rappresenta, il più ricco del mondo, finalizzata a restituire credibilità alle istituzioni e promuovere una immagine di Europa competitiva e vicina ai cittadini. E’ in gioco il futuro dell’Unione europea.     
  






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