Conti pubblici : ultimatum dell’Ue
di Antonio Laurenzano
Corsa ad ostacoli per i conti
pubblici dopo l’ultimatum dell’Ue: manovra correttiva entro aprile o procedura
d’infrazione. La Commissione europea è tornata a strigliare l’Italia e a
chiedere al Governo Gentiloni di rispettare i parametri europei sul debito e di
approvare urgenti misure di bilancio di almeno lo 0,2% del Pil per correggere
il profondo rosso dei nostri conti. Perentorio il rapporto sul debito pubblico
italiano presentato a Bruxelles: ridurre il deficit strutturale per evitare sanzioni
per “squilibrio macroeconomico”, riconducibile al debito eccessivo e alla bassa
competitività. Un rischio sui mercati che potrebbe penalizzare l’Italia in
termini spread e interessi sul debito ben oltre la richiesta correzione dei
conti.
L’esecutivo comunitario, pur
riconoscendo al Belpaese qualche timido progresso nel modernizzare l’economia,
punta il dito sui numerosi ritardi nell’adozione di riforme strutturali,
accentuati anche dal precario quadro politico nazionale. Secondo la Commissione
europea, infatti, in Italia permarrebbero ancora “importanti lacune, in
particolare sulla concorrenza, la tassazione, la lotta alla corruzione e la
riforma della contrattazione collettiva”. Dopo aver concesso, in deroga alle
regole, 19 miliardi di flessibilità negli ultimi due anni ai quali si sommano
altri 7 per il 2017 per il post-terremoto, la Commissione ha chiesto a Roma di
rientrare almeno di 3,4 miliardi per invertire la dinamica del debito che supera
il 132,5% del Pil, rispetto al 60% prescritto dai parametri di Maastricht. Uno
scenario condizionato dalle debolezze strutturali del sistema Italia che
continuano a frenare la capacità di
crescere e di reagire agli shock economici, complicando il percorso verso la
riduzione dell’elevato debito e il recupero di una maggiore presenza sui
mercati.
Le regole comunitarie
inserite nel Patto di bilancio europeo (“fiscal compact”) prevedono il pareggio di bilancio, il divieto di
superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% e, in
particolare, l’obbligo per i Paesi ad alto debito di ridurre l’indebitamento di
un ventesimo all’anno. Se lo Stato disattende le raccomandazioni e continua a
non ottemperare alla richiesta di rientrare nei parametri il Consiglio europeo,
su proposta della Commissione, può decidere sanzioni economiche fino allo 0,2%
del Pil per disavanzo eccessivo, fino allo 0,1% per gli squilibri macroeconomici.
Per l’Italia nessuna alternativa: ridurre il deficit di bilancio dal 2,3 al
2,1% ed evitare il peggioramento della situazione finanziaria.
Dal Ministero dell’Economia
Pier Carlo Padoan ha proposto a Bruxelles la correzione di bilancio con il
Documento di economia e finanza da presentare in aprile. Sperando che non sia
un altro capitolo del libro dei sogni, la manovra farà leva su nuove misure di
contrasto all’evasione fiscale, sui tagli alla spesa e interventi sulla
imposizione indiretta. Tra le ipotesi sul tappeto l’estensione dello spilt
payment Iva con versamento dell’imposta all’erario sulle forniture alle
pubbliche amministrazioni direttamente dall’Ente fruitore del bene o servizio. “E’
interesse nazionale ridurre il debito”, ha rilevato Padoan, nella prospettiva dell’
azzeramento della politica monetaria della Bce con il “Quantitative easing” (Qe) e il conseguente rialzo degli interessi
con effetto domino sui conti pubblici. E quello dei tassi è un terreno ad alto
rischio per l’Italia che nel 2017 ha in calendario aste di titoli per circa 450
miliardi di euro e che paga oggi 70 miliardi di interessi l’anno per finanziare
il suo cronico debito pubblico!
Evidente dunque l’impegno di
rispettare parametri e regole comunitarie da parte dell’Italia, un Paese
fondatore che continua a considerarsi in credito e non in debito rispetto a
Bruxelles dove regna sovrana la miopia politica in presenza di Brexit e di un
diffuso euroscetticismo. E’ ora di rilanciare una “robusta politica industriale
europea” mettendo al centro dell’agenda Ue investimenti, crescita e occupazione
in un’ idea di Europa che sia più attenta all’economia reale e meno alla guerra
dei decimali “per dare certezza alle
imprese e garantire prosperità ai cittadini”, come ha auspicato il Presidente
di Confindustria Boccia nel recente incontro con il Presidente
dell’Europarlamento Tajani. Per l’Ue una nuova dimensione economica all’altezza
del mercato che rappresenta, il più ricco del mondo, finalizzata a restituire
credibilità alle istituzioni e promuovere una immagine di Europa competitiva e
vicina ai cittadini. E’ in gioco il futuro dell’Unione europea.
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