di Antonio
Laurenzano
L’Europa che si sgretola. E’questa l’immagine legata al
dramma delle migrazioni e alla sua ingovernabilità. Un’emergenza umanitaria che
ha messo a nudo l’ignavia europea, l’assenza di una identità valoriale affondata
da tempo nella ipocrisia e negli egoismi nazionali. E’ inquietante lo scontro
in atto all’interno dell’Unione che ha creato una profonda lacerazione fra le
istituzioni comunitarie e alcuni Paesi con fenomeni distruttivi, non lontani
dai fantasmi del passato.
L’Europa rischia di implodere, sconfitta dai populismi, dai
profeti di terrore e dalla sua stessa incapacità di governare un problema
strutturale, i flussi migratori, destinato a crescere per le dimensioni di una
crisi geopolitica che abbraccia il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa
sub-sahariana. Senza politiche condivise sarà impensabile arginare la fuga di
milioni di disperati che scappano dalla guerra, dalla povertà e dal caos
destabilizzante dei loro Paesi di provenienza.
Dal vertice europeo di Bruxelles di lunedi sono arrivati
segnali allarmanti: accordo solo di principio tra i 28 per la redistribuzione
di 120mila profughi in un contesto nel quale alcuni governi si oppongono
fermamente ad accogliere i rifugiati. E in attesa del decisivo incontro del
prossimo 8 ottobre per la definizione delle quote obbligatorie, sono stati ripristinati
i controlli alle frontiere in mezza Europa. Minato alla base uno dei capisaldi
dell’Ue: la libera circolazione delle persone. A distanza di venti anni,
l’accordo di Schengen è sempre più fragile. Dopo la barriera di filo spinato
della Bulgaria lungo i confini con la Turchia, il vergognoso muro dell’Ungheria
lungo quelli con la Serbia, con drastiche misure detentive per chi … rincorre
il diritto alla vita, da qualche giorno frontiere chiuse e controlli per chi si
muove nell’Unione. E in prima fila, in questa operazione di basso lignaggio
politico, ancora i Paesi dell’Est, quegli stessi Paesi che hanno beneficiato economicamente
dell’allargamento dell’Unione, sancito ad Atene nel 2004.
La cultura postcomunista dei Paesi dell’Europa centrale e
orientale è di fatto refrattaria ai processi di accoglienza e integrazione. Nei
loro Governi e nelle loro opinioni pubbliche non sembra prevalere un sentimento
di appartenenza europea che pure è stato assai forte nell’adesione all’Unione. Non
si sono ancora stemperati i nazionalismi, che anzi esplodono ora che non sono
più sottoposti al giogo sovietico cessato i 9 novembre 1989, con la caduta del
muro di Berlino. Ma sotto quelle macerie, non restarono sepolti solo il comunismo
con i suoi errori storici e i suoi crimini, ma anche l’idea stessa della
solidarietà, quella che ricompone differenze e divisioni, superando paure e
timori. Manganello, detenzione, marchiature di hitleriana memoria di ogni
immigrato sono la risposta di chi, rispolverando vecchi miti e riti
nazionalistici, ha presto dimenticato simpatia, amicizia e aiuti ricevuti
dall’Europa occidentale in questi anni di integrazione
Non è questa la strada per scrivere il futuro del Vecchio
Continente! Nel rispetto della legalità e dei livelli di vivibilità, ponti e
non muri per riaffermare la civiltà millenaria dell’Europa, la centralità della
sua missione storica. Occorre recuperare le ragioni dello stare insieme
nell’Unione, i principi fondanti della costruzione europea per una risposta
univoca alla crisi migratoria: una combinazione di fermezza di fronte al
terrorismo, solidarietà consapevole, pacificazione e contributi allo sviluppo
per i paesi in guerra sull’altra sponda del Mediterraneo, in Siria e dintorni. Senza
una necessaria identità politica e una comune unità d’azione, ben coordinata,
il destino dell’Europa sarà sempre più segnato da esodi biblici incontrollabili
che ne cancelleranno nei prossimi decenni ogni aspirazione a svolgere un
ruolo centrale nella gestione dell’ordine politico-economico mondiale per una
pace duratura.