Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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giovedì 8 maggio 2008
CORPO DI POLIZIA MUNICIPALE DI BARI
Alle ore 23.00 di ieri sera una pattuglia della Polizia Municipale di Bari ha rinvenuto sul lungomare Imperatore Augusto nella ressa della festa di S. Nicola, un bambino di circa tre anni che si era perso e girovagava da solo.
L’adolescente in preda ad un forte pianto è stato subito affidato ad una collega che abbracciandolo e accarezzandolo, come avrebbe fatto sua madre, è riuscita a calmarlo.
Non riuscendo a trovare i genitori nei dintorni, con un auto di servizio è stato accompagnato al Comando.
Nel contempo sono scattate le ricerche per individuare i genitori. Sono state allertate tutte le pattuglie in servizio, dando una dettagliata descrizione del bimbo.
Sono state avvisate le altre centrali operative delle forze dell’ordine ed i pronti soccorsi degli ospedali della città.
Dopo oltre un’ora, alla mezzanotte e mezzo una pattuglia ha chiesto alla centrale operativa nuovamente la descrizione del bimbo perché aveva contattato i probabili genitori.
Subito scortati da un’auto della Polizia Municipale per attraversare il groviglio di auto intorno alla manifestazione il papà e la sorella maggiore hanno raggiunto il Comando.
Alla vista del figlio il papà ha gridato di gioia: “ grazie a Dio è finito un incubo”.
Poi, il padre, un barese di 30 anni, muratore, residente nel quartiere Stanic, singhiozzando ha dichiarato agli agenti che con la moglie e tutti i nove figli ed altri parenti sono andati alla festa di S. Nicola, ma al ritorno a casa si erano accorti della mancanza del piccolo, che non era salito in macchina.
DI TUTTO UN PO'
La “SINTESI” di Mari 26
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA XLII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 27
Parola di vita di Maggio 2008.. 32
Meditazione: “Pentecoste” – a cura di Mons. Gilberto Augustoni 35
SPECIALE * Lo Spirito Santo vivo e vicino *. 40
Rinascere dall’Alto.. 56
San Domenico Savio: il piccolo gigante dello Spirito. 61
La PREGHIERA… di San Filippo Neri... 74
Maria.. 75
Il Collage Dear Friend,
Credere nell’esistenza dello Spirito Santo? Com’è possibile? Già è difficile credere nell’esistenza di Gesù il Cristo, nell’esistenza di Dio Padre… ma quella dello Spirito! Come lo si può immaginare? Tanti lo rappresentano in forma di colomba… come suggeriscono le Scritture. Ma un Dio con la forma di colomba? Una delle persone della Trinità… Padre, Figlio e Spirito Santo, una colomba? Strano! Infatti è proprio strano, ci sta sotto qualcosa di grande, di indescrivibile. E allora, siamo al punto di partenza: come credere allo Spirito Santo? Lasciamo da parte per il momento il “sotto forma di colomba” e ritorniamo ai termini pratici, esperienziali. Credo che lo Spirito Santo sia più facile percepirLo che rappresentarlo, lo Spirito Santo è l’Amore che lega il Padre al Figlio, un amore così grande, infinito che è in grado di “personificarsi”. Ma l’amore, almeno per un attimo, per quanto è stata infelice la nostra esistenza, l’abbiamo sperimentato: un sorriso, un dono inaspettato, una visita inaspettata, una telefonata, il legame forte con una persona, con una creatura… ecco che per questa via ci avviciniamo allo Spirito Santo. Ci avviciniamo allo Spirito Santo purificandoci dalle scorie, da ciò che appesantiscono e che sfigurano l’amore umano. E’ la stessa essenza! L’amore è da Dio. Anche l’amore umano, piccolo, misero, interessato, carnale ha quella radice. E più viviamo a fondo un tale stato di amore più percepiamo la natura dello Spirito Santo. Ne sentiamo l’affinità, sentiamo l’affinità, la nostra somiglianza con Dio. E più approfondiamo, purifichiamo l’amore in noi, più tutto il nostro essere si avvicina all’Amore, a Dio: la fonte stessa dell’amore! E siamo nella gioia piena, ci realizziamo pienamente, la vita risorge, diventa luce, il tempo non finisce mai, non può finire, è sospeso! Questo è l’Amore, chi non ne ha esperienza? Almeno per un attimo nella vita, partiamo dal fare memoria di questo pur breve istante, crediamo nell’esistenza di questo istante della nostra vita. Puntiamo tutto su quel momento, crediamo che possa essere di più di un momento… diventare tutta la nostra esistenza terrena, per sempre, nonostante tutto, al di là di tutto! Questo è credere nell’Amore, questo è credere nell’esistenza dello Spirito Santo! E credere che ci sia una via perché questo momento bello ed intenso nella nostra vita diventi non semplicemente un momento è credere che esiste una fonte d’Amore inestinguibile alla quale si può attingere è credere nell’esistenza di Dio stesso. E credere in Gesù è credere che vi sia una Via per attingere a questo amore infinito! Anzi, Gesù è il volto di questo amore, ce lo ha mostrato, Gesù ha mostrato il Padre, il Papino adorabile e tenero come lo chiamava Gesù, il Suo amore, il Suo essere vicino a ciascuno di noi percorrendo 2000 anni fa le vie della Palestina, risanando e beneficando tutti e non negando il Suo sangue sulla Croce per salvarci. Per insegnarci ad amare, per guarirci, per stapparci da tutto ciò che non è amore, per strapparci dai nostri egoismi, dal nostro ripiegarci su noi stessi che ci togli vita e felicità. Per darci la misura alta e infinita dell’amore al quale siamo chiamati qui ora, vertiginosa, perché sia vertiginosa la pienezza della nostra vita, la nostra soddisfazione, la nostra gioia! Vertigine e utopia che giunge fino al “siate perfetti come è perfetto il vostro Paparino che è nei cieli” e ancora “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati!”. Come è possibile se non è tutto ciò semplicemente un dono di Dio che si realizza per opera dello Spirito Santo, diversamente sarebbe impossibile! Umanamente impossibile! Tutti sperimentiamo la fragilità… ma non lasciamoci fermare, decidiamo di attendere e di desiderare più intensamente un dono così grande! Dio Padre l’ha promesso… ma come tutti i doni grandi va desiderato con perseveranza o convinzione, a qualsiasi costo! Questa è la nostra Salvezza, questa è l’opera di Dio Amore. E’ in questo nostro ardentemente desiderare, in questo nostro credere in questo amore, ricercarne le radici, la verità, l’essenza che agisce lo Spirito Santo e che scenderà presto “sotto forma di colomba” nella nostra vita a compiere questa meraviglia che ci farà Rinascere dall’Alto! Risorgere. Ma attenzione che scenderà “sotto forma di colomba”: semplicemente, timidamente, delicatamente, leggermente, teneramente… pronto a fuggire se si sente aggredito, ingabbiato, vulnerabile, capace di soccombere se violentato, richiamato e nutrito solo dall’amore.
A proposito, perché non riscoprire i Sacramenti, come appuntamenti dell’Amore di Dio? E mi riferisco in modo speciale alla Messa in cui lo Spirito d’Amore “sotto forma di colomba” discretamente, opera veramente una trasformazione d’amore, in noi, attraverso le Parole d’Amore di Dio udite nelle letture, e di ogni cosa posta spiritualmente sull’altare (dai nostri affetti più cari… al pane ed al vino per l’Eucaristia).
1) La "SINTESI" di Mari
Gesù, Tu che sei Verità,
Donaci di comunicare il Tuo messaggio di speranza, di grazia e di amore
Donaci di essere un microfono di Dio, un messaggero, un profeta.
Dacci un cuore fedele e forte, che mai tremi, né si abbassi
Un cuore coraggioso, sempre pronto a lottare.
Un cuore generoso, che non indietreggia
alla vista degli ostacoli.
Un cuore umile e dolce come il tuo
Beata Vergine Maria,
grazie perché ci inviti tutti a crescere nell’amore di Dio
e a portarlo a tutti coloro che sono lontani da Dio
Donaci di cercare la volontà di Dio
e di fare del bene a coloro che Dio ha messo sul nostro cammino
Grazie perché ci inviti ad essere luce e gioia per tutti!
Sostienici con le tue mani fino alla fine,
e non avremo paura!
2) MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA XLII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla
Tutti ricordiamo l’emozione della prima “e-mail”, sembra ieri! In pochi anni siamo tutti più vicini, che bel dono. Che forza, comunicativa, che diffusione possiamo dare alle idee, oggi; sembra incredibile. E… come sarebbe cambiato il mondo se Gesù avesse avuto a disposizione questi potenti mezzi? Ma Gesù è venuto “nella pienezza dei tempi” e allora, 2000 anni fa, in questa “pienezza” non c’erano tutte le possibilità comunicative di oggi e il suo messaggio è stato evidentemente efficace! Perché? Credo che sia il suo amore infinito a superare il tempo e le difficoltà, a rivoluzionare il mondo e giungere ancora vivo fino ad oggi. E anche noi oggi, se rimaniamo nel Suo Amore, se chiediamo con insistenza il Suo Spirito Santo, il Suo carisma comunicativo, l’Amore, per noi nel nostro piccolo e per i professionisti delle Comunicazioni Sociali, vedremo presto, in questi nuovi mezzi di Comunicazione Sociale, l’efficacia e la bontà nel fare Verità, nel creare ponti fra le apparenti differenze di razze, culture, religioni … fino a scoprirci fratelli e sorelle amati e che la Verità consiste nell’amarsi e nel comunicare amore e con amore.
Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - “I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla” – pone in luce quanto importante sia il ruolo di questi strumenti nella vita delle persone e della società. In proposito, scrivevo nel Messaggio per la Giornata della Pace dello scorso 1° gennaio: “I mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza” (n. 5).
Grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie, ponendo nello stesso tempo nuovi ed inediti interrogativi e problemi. È innegabile l’apporto che essi possono dare alla circolazione delle notizie, alla conoscenza dei fatti e alla diffusione del sapere: hanno contribuito, ad esempio, in maniera decisiva all’alfabetizzazione e alla socializzazione, come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli. I media, nel loro insieme, non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale. Non manca, purtroppo, il rischio che essi si trasformino invece in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. Vi è infine la possibilità che, attraverso i media, vengano proposti e sostenuti modelli di sviluppo che aumentano anziché ridurre il divario tecnologico tra i paesi ricchi e quelli poveri.
L’umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale quanto ho scritto nell’Enciclica Spe salvi circa l’ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze. Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano “la formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore” (ibid.)? Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per “creare” gli eventi stessi.
Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millennio. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’“info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.
Occorre evitare che i media diventino il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. Essi possono e devono invece contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. I nuovi media, telefonia e internet in particolare, stanno modificando il volto stesso della comunicazione e, forse, è questa un’occasione preziosa per ridisegnarlo, per rendere meglio visibili, come ebbe a dire il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana (cfr Lett. ap. Il rapido sviluppo, 10).
L’uomo ha sete di verità, è alla ricerca della verità; lo dimostrano anche l’attenzione e il successo registrati da tanti prodotti editoriali, programmi o fiction di qualità, in cui la verità, la bellezza e la grandezza della persona, inclusa la sua dimensione religiosa, sono riconosciute e ben rappresentate. Gesù ha detto: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). La verità che ci rende liberi è Cristo, perché solo Lui può rispondere pienamente alla sete di vita e di amore che è nel cuore dell’uomo.
Invochiamo lo Spirito Santo, perché non manchino comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità che, fedeli alla consegna di Cristo e appassionati del messaggio della fede, “sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli” (Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Parabole mediatiche, 9 novembre 2002).
3) Parola di vita di Maggio 2008 a cura di Chiara Lubich
"Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà" (2 Cor 3, 17).
Lo Spirito rende liberi nella misura in cui fa scaturire in noi l’Amore. Lo Spirito ci rende liberi nella misura che crea in noi Verità, cioè capacità di amare, ci fa comunicatori d’amore, recettori d’amore, portatori d’amore. Solo Amando pienamente siamo pienamente liberi e realizzati, felici nella nostra esistenza. Solo Amando siamo Veri, siamo pienamente noi stessi, senza paure. Solo amando siamo guariti dai nostri errori, ed è una guarigione così profonda, così piena che nulla ce la potrà strappare, nè morte, nè inganno, nè violenza. E’ l’esperienza di tanti uomini e donne che hanno incontrato l’amore, oggi, in ogni tempo, da Madre Teresa a Giovanni Paolo II, da San Domenica Savio a tutti noi quando sperimentiamo l’amore nella nostra vita. Facciamo che sia una esperienza costante, coltiviamola, diamo spazio al grido che è in ciascuno che ci vorrebbe sempre Amore. Come per rispettare una “legge” scritta in ciascun cuore che dice nient’altro che “amore”. La Parola di Dio è il mezzo con cui possiamo attingere, scoprire, far crescere l’Amore: la Parola di Dio ci fa attingere, scoprire l’amore che Dio ha per ognuno di noi e se ci sentiamo amati, come lo siamo realmente, non possiamo fare altro che amare. E’ la legge dell’amore.
L’apostolo Paolo scrive ai cristiani della città di Corinto a lui particolarmente cari. Era vissuto tra loro per quasi due anni, tra il 50 e il 52. Vi aveva seminato la Parola di Dio, gettando le fondamenta della comunità cristiana, fino a generarla come un padre.
La Parola di Dio per lui non ha più alcun velo perché lo Spirito Santo gliel’ha fatta comprendere alla luce di quanto è avvenuto in Cristo Gesù. Per questo può viverla e annunciarla con piena libertà. Essa gli consente di entrare in comunione con il Signore, di venire trasformato in Lui, fino ad essere guidato dal suo stesso Spirito di libertà.
Gesù Risorto, il Signore, continua, oggi come ai tempi di Paolo, ad agire nella storia, e in particolare nella comunità cristiana, attraverso il suo Spirito. Anche a noi dà di comprendere il Vangelo in tutta la sua novità e lo scrive nei nostri cuori in modo che sia la nostra legge di vita.
Non siamo guidati da leggi imposteci dal di fuori, non siamo schiavi costretti da ordinamenti di cui non siamo convinti e che non condividiamo. Il cristiano è mosso da un principio di vita interiore, che lo Spirito ha posto in lui con il battesimo, dalla sua voce, che ripete le parole di Gesù facendole comprendere in tutta la bellezza, espressione di vita e di gioia: le rende attuali, insegna come viverle e insieme infonde la forza per metterle in pratica.
È lo stesso Signore che, grazie allo Spirito Santo, viene a vivere e ad agire in noi, facendoci Vangelo vivo.
Essere guidati dal Signore, dal suo Spirito, dalla sua Parola: ecco la vera libertà! Coincide con la realizzazione più profonda del nostro io.
Ma si sa che, perché lo Spirito Santo agisca, occorre la piena disponibilità ad ascoltarlo, pronti a cambiare la nostra mentalità, se necessario, e poi aderire pienamente alla sua voce.
È facile lasciarsi rendere schiavi dalle pressioni esercitate dal costume e dal consenso sociale, che possono indurre a scelte sbagliate.
Scopriremo il legame fra la croce e lo Spirito, come fra causa ed effetto. Ogni taglio, ogni potatura, ogni no al nostro egoismo è sorgente di luce nuova, di pace, di gioia, di amore, di libertà interiore, di realizzazione di sé; è porta aperta allo Spirito.
Saremo sempre più liberi dal male, sempre più liberi di amare.
4) Meditazione: “Pentecoste” – a cura di Mons. Gilberto Augustoni
Domenica di Pentecoste - 11 maggio 2008
La Pentecoste è il momento storico registrato dalle Scritture in cui il Signore realizza la promessa di inviare lo Spirito Santo, consolatore ed avvocato, all’umanità ormai redenta dal sacrificio d’amore del Figlio. Lo Spirito che il Signore Dio ci dona è lo Spirito di Gesù (come lo chiama spesso San Luca Evangelista), quello che ha incarnato, guidato, illuminato, legato al Padre con amore grandissimo, sacrificato, e Risorto Gesù stesso. Ma se Dio Padre ci dona lo Spirito del Suo Figlio Gesù, e se noi lo accogliamo non potremo che essere e realizzare, nella nostra vita, ciò che Gesù ha realizzato nella Sua. Ma Lui era Figlio legato al Padre dallo Spirito e anche noi per questo dono diventiamo figli legati al Padre! Non è un dono immenso? Aspetta solo di essere accolto, con un po’ di verità sui nostri errori, cioè su ciò che ci separa dall’amore, infatti come possiamo accogliere l’Amore se non riconosciamo in noi ciò che non è amore? Vale la pena di compiere questo sforzo, accogliere lo Spirito e rinascere a nuova vita. Una Vita piena, soddisfacente, felice.
He pentecosté hemera -cinquantesimo giorno- è la denominazione greca dell'odierna solennità, dalla quale è nato il nostro grecismo "pentecoste", che però non rende adeguatamente il mistero di questo Giorno del Signore, denso di memorie e ricco di grazia per chi lo celebra con cosciente partecipazione.
"Compimento o conclusione", il titolo ebraico di questa festività, sulla quale la nostra pentecoste: storicamente si innesta, sarebbe la titolazione assai più congrua.
Come è avvenuto per la pasqua ebraica, durante la quale Gesù ha istituito l'eucaristia e il sacerdozio, sostituendo alla profezia la verità, all'annunzio il «compimento, così è avvenuto per la nuova pentecoste che celebra anch'essa due compimenti: essa conclude il tempo pasquale e rivive la nuova alleanza promessa di Gesù con la missione dello Spirito santo.
Questa radice storica della nostra pentecoste spiega anche il senso esatto della narrazione di Luca nella prima lettura di questa liturgia, la cui traduzione fedele dice: "Al compiersi del cinquantesimo giorno". Non si tratta di un riferimento all'ora del giorno, poiché in realtà i fatti avvengono sul far del mattino, ma alla settimana di settimane dedicato da Israele alla mietitura e divenuto, con la risurrezione di Cristo, il tempo sacro della Pasqua. Grazie soprattutto alla rinnovata liturgia del Concilio Vaticano II, il popolo di Dio ha ormai acquisito la coscienza che queste sette settimane costituiscono un unico, grande spazio di tempo, dedicato alla celebrazione del mistero pasquale che si chiude col compiersi del cinquantesimo giorno, non però come un malinconico tramonto, bensì come l'albeggiare del nuovo giorno.
Il mistero della pentecoste non può essere compreso se non come una nuova stagione dello spirito che nasce da quella appena conclusa della pasqua.
Al fine di mostrare l'unità e la continuità dell'opera di Dio nella nostra Storia della Salvezza che con la pentecoste inaugura la sua ultima éra, il tempo di pasqua é dedicato all'approfondimento del mistero centrale della nostra redenzione.
Una grandiosa rivisitazione delle "grandi cose che il Signore ha compiuto per noi", al fine di introdurre i nuovi nati dai sacramenti pasquali nei misteri della vita che ora dovevano esprimere nella loro propria vita.
Abbiamo fatto memoria dei dieci giorni che i discepoli, con un gruppo di intimi e Maria, la madre di Gesù, trascorsero nel Cenacolo come Gesù aveva loro raccomandato: di non lasciare Gerusalemme, ma di aspettare in città la promessa del Padre "che io vi manderò tra non molti giorni". "Con la discesa dello Spirito santo riceverete un potere divino e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in Giudea e Samaria e fino ai confini del mondo" (At. 1, 4. 8).
Ora Gesù è stato innalzato sulla croce, è glorificato ritornando al Padre suo ed effonde lo Spirito promesso, riunendo nella nuova alleanza i figli di Dio dispersi.
L'alleanza del Sinai, richiamata oggi dallo scenario descritto da Luca: un improvviso rombo al cielo, un vento gagliardo e lingue di fuoco, è stata una profezia, destinata a perire nella pienezza dei tempi, cedendo il posto all'alleanza nuova, che già i Profeti annunziarono come diversa: non più sancita nel sangue di vittime terrene, ma nello Spirito: Verranno giorni noi quali "...effonderò il mio spirito sopra ogni uomo...perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e le metteranno in pratica, saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio (Gl, 3,1)".
Nella Pentecoste Dio manda lo Spirito Santo, vincolo d'amore del Padre e del Figlio in seno alla Trinità beata. Lo ha mandato per essere il vincolo nel quale tutti i credenti siano raccolti in unità nell'insegnamento degli Apostoli, nella comunione, nella frazione del pane e nella preghiera. Ha mandato lo "Spirito Santo che dà la vita" per suscitare "una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo tratto in salvo".
Ecco i segni della Chiesa, la nuova alleanza, che si manifesta nella Pentecoste di Gerusalemme "ricolma dello Spirito e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale" (LG. 9) di tutti i figli di Dio.
Il prodigio delle lingue: "Pieni di Spirito Santo, gli apostoli cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi"; e la folla stupita si chiedeva: "che è mai questo?", perché ognuno li sentiva parlare nella propria lingua. Luca enumera tra gli ascoltatori stupiti espressamente anche ebrei venuti dalla diaspora per indicare l'universalità della nuova alleanza.
L'unità nella professione di fede: tutto il genere umano, riunito o rappresentato simbolicamente in quella folla, disperso dalla Torre di Babele non solo nella varietà dei linguaggi, ma anche nella convivenza, si trova ora riunito dall'ascolto di un messaggio il quale a tutti proclama i "magnalia Dei", le grandi opere che Dio ha compianto per l'umanità nella Storia della Salvezza giunta al suo vertice. Parole infuocate dallo Spirito, perché tutti furono toccati nel cuore e domandavano agli apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?" E Pietro rispondeva: "Ravvedetevi e fatevi battezzare.... per ottenere il perdono dei vostri peccati, e allora riceverete il dono dello Spirito Santo".
E oggi, nella celebrazione di questa eucaristia, lo Spirito si effonde su di noi, nuovo Israele: perché crediamo, ci pentiamo dei nostri peccati e viviamo come figli di Dio proclamando con la testimonianza della vita le opere che Dio ha compiuto in noi per mezzo del suo Spirito. "Vieni Spirito santo, infiamma il nostro cuore col fuoco del tuo amore".
5) SPECIALE * Lo Spirito Santo vivo e vicino *
Lo Spirito Santo è vivo e vicino! Aspetta che noi ci decidiamo per la via dell’amore per farci rinascere dall’Alto. Renderci un cuore nuovo, che palpita, che è gioioso, soddisfatto, appagato dalle relazione con i fratelli e le sorelle, unito a Dio. Come è possibile se non attraverso un miracolo ed il miracolo è operante da quando Gesù, al culmine del Suo atto d’Amore al Padre e all’umanità, un istante prima di morire in croce effonde lo Spirito. Espressione, compimento massimo, perfezione d’amore, questo lo Spirito. Discreto, silenzioso, tenace… come l’amore! Cosa ci dona quest’amore quando lo accogliamo? L’Amore non può che donare amore! E l’amore che dona? Sarà utile? L’amore dona gioia, pienezza, soddisfazione, vitalità… eternità. Chi non l’ha mai provato un istante solo? L’amore dona guarigione profonda… guarigione da ciò che non è amore, e ciò che non è amore ci rende infelici, insoddisfatti, irrequieti, deboli, mortali… chi non lo sperimenta? E la guarigione più grande è quella che lo Spirito d’Amore compie nelle relazioni, relazioni con il proprio io intimo, con gli altri, con Dio. Lo Spirito, se lo assecondiamo e non ci opponiamo alla sua azione “amorizzante”, rende le nostre relazioni, sempre più piene e ricche d’amore; e a ben pensarci non è forse la cosa più desiderabile? Non è forse l’essenza stessa del Paradiso? Lo Spirito, così facendo non ci prepara forse per il Paradiso, ce lo fa pregustare, intuire, desiderare, vivere fin da oggi?
Chi è lo Spirito Santo nella storia della salvezza e chi è la Trinità?
Lo Spirito Santo è per natura stessa, e lo si desume dalla sua presentazione storica nella Bibbia, la parte di Dio che desidera stare nascosta, è la parte di Dio discreta.
E' un po' come Maria nella storia della salvezza per cui non assume una dimensione eclatante, trionfalistica, esplosiva, eccetto rari casi necessari storicamente: la prima discesa dello Spirito Santo, alcuni episodi paradigmatici nella storia della chiesa come corpo mistico e nella storia della chiesa nella vita dei santi, sia quelli manifesti che nascosti.
In genere lo Spirito Santo tende a stare discreto perché vuole portare alla luce i veri protagonisti della storia della salvezza: in primis Gesù Cristo che è la Via, la Verità e la Vita, il primogenito del Padre; immediatamente dopo la persona del Padre, da cui ogni paternità in Cielo ed in terra; in ultimo l'uomo in quanto somiglianza e quindi risposta a Dio.
La sostanza del Vangelo non è che Gesù sia venuto per la nostra salvezza, quello è qualcosa che accade perché c'è stato il peccato: Gesù è venuto per la nostra salvezza? Sì!
Questo fatto è la sostanza del vangelo? No!
Gesù si sarebbe comunque incarnato, in tempi diversi rispetto alla pienezza dei tempi che è avvenuta circa duemila anni fa, indipendentemente dal fatto che l'uomo avesse o non avesse peccato. Gesù, il Verbo, si sarebbe incarnato nel seno di una vergine, Maria di Nazareth, anche se non sappiamo come e quando sarebbe avvenuto, per manifestare il Padre, perché soltanto il Figlio rivela il Padre.
San Giovanni nel vangelo è molto chiaro, soltanto il Verbo fatto carne rivela il Padre, quindi né Adamo né Eva avevano l'immagine piena della paternità di Dio; avevano comunque una immagine di Dio chiara, netta e distinta, come diceva chiaramente Sant'Ireneo, ma erano bambini, non avevano ancora la rivelazione piena della paternità di Dio che avviene soltanto in Gesù Cristo!
Ecco perché lo Spirito Santo vuole stare nascosto, perché desidera fondamentalmente rivelare la figliolanza divina "attraverso", "per" ed "in" Gesù Cristo.
Ed è per questo che Gesù sostanzialmente è stato ucciso, perché non è stato riconosciuto come Figlio di Dio e quindi non è stata riconosciuta in qualche maniera anche la nostra natura filiale con Dio.
Non solo Gesù rivela il Padre ma addirittura lo rivela con una modalità che allora era considerata una bestemmia; non lo chiama soltanto Padre, come altre volte nella Bibbia è stato chiamato in qualche maniera in previsione dell'incarnazione, ma lo chiama addirittura Abbà, che dall'ebraico non si può tradurre con una parola della lingua italiana, lo si può spiegare come l'atteggiamento affettivo, dialogico, filiale, di un gesto più che di un parola: cioè l'abbandono che il bambino ha nelle mani e nelle braccia del Padre.
L'opera fondamentale dello Spirito Santo è proprio questa: fare in modo che il credente, pian piano, passi, appunto, da credente a figlio, diventi figlio, diventi totalmente figlio. Ma non figlio di un padre padrone, ma figlio dell'Abbà cioè del Padre teneramente amato e del Padre che teneramente e profondamente e visceralmente, con viscere di misericordia, lo ama!
Amati con viscere di misericordia!
Questo nei salmi era già presente ed anche più tardi negli scritti sapienzali e con i profeti successivamente ancora, in cui Dio è colui che è carico di viscere di misericordia, in ebraico si pronuncia così "kilè olàm hasdò", per noi "eterna è la sua misericordia", cioè "eterno è il suo Amore viscerale per noi".
Ora è ovvio che Dio non è pari a noi ma è l'Amore di Dio che rende noi pari a Lui, così come era ed è l'Amore di Gesù che rendeva e rende tuttora amici i suoi che gli stavano e stanno vicini! E' l'Amore di Dio che ci abilita a questo! Ad un rapporto paritario, in un certo qual modo, con Lui.
Cosa vuol dire viscerale?
Viscerale s'intende un legame quasi simbiotico, che c'è (anche se non in questo caso perché perfettamente sano ed equilibrato) tra una mamma e il proprio figlio. Allo stesso modo e molto di più, perché è un discorso che noi facciamo per analogia nello Spirito Santo, è Dio che ci ama in maniera viscerale come se fossimo una cosa sua.
Cosa opera lo Spirito Santo nella storia della salvezza?
E' opera dello Spirito Santo portare il credente alla coscienza non psicologica o mentale ma esistenziale, del cuore inteso in senso biblico, che è l'esperienza della paternità profonda di Dio, di una intimità fortissima che già è.
Questa è la vita nella grazia! Questa è la vita nello Spirito Santo!
La vita cristiana non è un "fare alcune cose e non farne delle altre", è sostanzialmente fare esperienza di questo Amore viscerale e profondo, potremmo dire dell'ontologia naturale di Dio che esiste già nel nostro cuore e che attende di essere rivelato e portato alla luce ed esplicato nella storia. Questa è la somiglianza.
Come opera lo Spirito Santo nella storia della salvezza?
Noi sappiamo che nella nostra persona sono presenti due livelli molto importanti: quello psichico e quello spirituale. Non siamo però divisi, questi due livelli non possiamo tenerli distinti, separarli con un coltello: "fino a qui c'è il livello psichico e da qui parte quello spirituale". Noi siamo una persona e quindi una "unità".
Tra i bisogni che noi abbiamo nella nostra vita oltre a quelli prettamente fisiologici (mangiare, bere, dormire), esistono due bisogni di natura strettamente psichica e spirituale che sono molto importanti e forse più importanti di quelli di natura fisiologica: sono il bisogno di AFFETTIVITA' e di IDENTITA'.
Questi bisogni ci caratterizzano come esseri umani ed esseri relazionabili, perché la relazione avviene tra più identità ed in genere è sempre una relazione affettiva.
Per noi sono essenziali la dimensione affettiva e la dimensione dell'identità, addirittura si potrebbe dire che l'unica dimensione essenziale è quella affettiva essendo quella dell'identità quasi una "derivata" dalla prima.
Dio è Padre, è Figlio, è Spirito Santo, sono tre persone, tre autonomie, distinte, ma si vogliono così tanto bene che sono una cosa sola!
Il fatto che noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio significa che siamo fatti ad immagine e somiglianza della Sua dimensione affettiva, relazionale e del Suo modo di essere identità.
Ecco perché Dio crea non un uomo, ma l'umanità, crea la prima coppia.
Noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio che è perfetta affettività e perfetta identità.
In Dio i bisogni di affettività ed identità sono equilibrati e perfetti nell'eternità perché Dio è Amore, Amore perfetto che ama perfettamente e viene amato perfettamente! E' identità perfetta, perché il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio e lo Spirito Santo è lo Spirito Santo! Ognuno ha la sua identità ma nessuno reclama questo ruolo con gelosia: ognuno vive questo ruolo nell'amore, anzi l'amore che c'è tra il Padre e il Figlio è talmente forte nell'eternità che è una persona egli stesso e non potrebbe essere altrimenti: è lo Spirito Santo! Ecco perché lo Spirito Santo ha un ruolo discreto e nascosto: è l'Amore che rivela l'Amore.
Il Super io è molto importante, le regole sono molto importanti perché altrimenti uno rischia di distruggersi (es. della presa elettrica e della curiosità dei bimbi).
Il problema è che nel mondo le regole, se dietro non c'è amore, e talvolta non c'è, sono difficili da sopportare.
Quando si sopportano? Si sopportano se uno ha imparato e ha fatto esperienza, prima che delle regole, dell'amore; se i genitori oltre alle regole hanno fatto percepire tanto, tanto amore e se le regole sono state date per "proteggere" il bambino.
Inoltre, quando manca la dimensione di amore nel bambino, questo difficilmente da grande riuscirà ad avere una sana esperienza di Dio, perché difficilmente riuscirà ad incontrare Dio Padre se nella sua famiglia c'è stata una confusione di ruoli.
Questa ferita che noi ci portiamo dietro, di percepire Dio in maniera sbagliata è causata dal peccato originale, dentro di noi c'è un aspetto che percepisce Dio come un nemico, come uno che ti vuole fregare.
Perché è importante il bisogno di identità? Perché soltanto quando una persona ha maturato veramente il bisogno di identità, è capace di donarsi. Perché soltanto nella coscienza di ciò che io sono posso decidere responsabilmente di essere un dono! "IO" un dono, se non c'è l'IO di identità non c'è il dono ma c'è la simbiosi. Ora purtroppo questo non avviene così automaticamente e in modo così netto nel tempo tanto è vero che noi ci portiamo tante ferite e tanti rapporti simbiotici (nelle amicizie, con il partner, nei gruppi di crescita cristiana), per cui le nostre relazioni non sempre sono nella coscienza di "IO dono per gli altri", ma "gli altri funzionali a me" per cui esiste una simbiosi, non esiste amore!
Soltanto colui che veramente si possiede, si dona.
Il nostro cammino di conversione è un cammino di conversione nell'amore e nella capacità di donarci e quindi nella capacità di essere io distinto dagli altri, capace di donarmi nello Spirito Santo agli altri e nella modalità con cui lo fa Dio cioè ...gratis!
Tutto quello che stiamo dicendo, tutta questa opera di conversione avviene fondamentalmente attraverso lo Spirito Santo il quale opera in forma misteriosa, in forma storica e in forma concreta attraverso i mezzi che Dio ha voluto ancora presenti e sussistenti, perfettamente forti nello Spirito Santo che sono: la Parola, la comunità, i sacramenti, la direzione spirituale e comunitaria.
Perché se tu non fai questa esperienza, rimani soltanto con una concezione a livello mentale, catechetico-mentale, che non fa altro che rafforzare una cattiva interpretazione della visone di Dio!
Chi è colui che spezza e corregge la visione di Dio nel tuo cuore e quindi nella tua testa?
E' sostanzialmente e storicamente per noi ora lo Spirito Santo!
Perché è lo Spirito Santo che rende continua e viva nella chiesa la vita di Gesù, e poiché Gesù è il figlio di Dio, è il "collirio" che ti dà la capacità di correggere l'esatta visione di Dio.
Ti porta la visione corretta di Dio, che non è Super io, non è regola ma è sostanzialmente Padre!
E quindi non è soltanto giustizia, non è soltanto comandamento regola, ma è Amore che genera la giustizia e la regola, è misericordia; è Amore viscerale, è le viscere di misericordia che genera la regola per te!
Porta la sua libertà liberante, non rende schiavi: è la regola per la regola che rende schiavi, è il super-io che rende schiavi, è il super-io condizionato da una immagine di Dio distorta che rende schiavi ...
E' lo Spirito Santo che ci rende liberi perché corregge l'immagine di Dio!
Dal momento stesso in cui Gesù è asceso al cielo, lo Spirito Santo ha la responsabilità piena di portare tutti i figli di Dio, tutti i credenti alla coscienza della paternità divina!
E questo avviene storicamente attraverso un "sacramento" privilegiato che è la chiesa, la comunità, l'esperienza dell'annuncio e dell'amore insieme all'annuncio, e della regola insieme all'annuncio.
La chiesa innanzitutto non è un'esperienza di ciò che si fa e di ciò che non si fa, di ciò che salva e di ciò che non salva; la chiesa è chiamata ad essere un'esperienza nello Spirito Santo dell'Amore del Padre!
Tutti quanti sono chiamati a fare un'esperienza di misericordia e a dare un'esperienza di misericordia.
Vi sono altri gesti sacramentali tra cui potremmo citare la direzione spirituale che è un servizio specifico che il fratello fa al fratello affinché cresca nella coscienza dell'Amore di Dio per lui. Nella direzione spirituale vi è la possibilità di svelare la capacità che il fratello ha di amare Dio e i fratelli come Dio ama, cioè come figlio, cioè come colui che diventando sempre più libero diventa sempre più cosciente di sé al fine di donare se stesso fino ad arrivare alla lavanda dei piedi, alla piena coscienza di Gesù che si dona.
L'esperienza dell'amore ci può venire anche da persone che non appartengono direttamente alla chiesa e che comunque vi appartengono soltanto nel mistero cioè in un ambito più allargato. Ecco perché Gesù è molto chiaro nel vangelo dicendo che "coloro che non sono contro di noi sono per noi" e che spesso le apparenze ci ingannano, questo perché non sempre quelli che non sono nel "terreno circondato della chiesa" non possono essere strumenti "usati" dallo Spirito Santo.
Questo dobbiamo ricordarcelo: è lo Spirito Santo colui che allarga gli steccati, è lo Spirito Santo colui che rafforza la chiesa, che dà identità alla chiesa, è lo Spirito Santo colui che non fa della chiesa un'entità che taglia col mondo ma ne fa un'entità che taglia con ciò che è mondano e immanente per trasformarlo.
Ecco perché tante persone non sono sante canonicamente elette, anche di altre religioni, ma in qualche maniera, e questo lo sa solo Dio, rispondendo alla loro retta coscienza, forse sono più vicine a Dio di quanto lo siamo noi, pur cresciuti in un ambiente cristiano, cattolico, apostolico e romano. Perché hanno risposto alla grazia dello Spirito nelle loro possibilità, molto più fedelmente e molto più fecondamente di noi! Ci vuole molto poco a parlare di amore, ma l'Amore è un'altra cosa!
Lo SPIRITO SANTO ti dà l'esperienza di un amore così viscerale alla chiesa che è l'esperienza dei santi, l'esperienza di Gesù, di Maria.
Cristo ha amato la sua chiesa anche quando sapeva che nella prassi e non nella sostanza, la sua chiesa cattolica si sarebbe discostata, con tante miserie che possiamo conoscere analizzando la storia della chiesa, dal vangelo. Pur non sbagliando mai nei dogmi, qualche volta pastoralmente ha sbagliato, ha avuto tante deficienze non definite, papi, contro - papi, nepotismi e tanti atteggiamenti pastorali sbagliati.
Gesù ha amato e ama questa chiesa!
Cosa fa lo Spirito Santo? Ti fa amare la chiesa come la ama Gesù!
Paradossalmente è questo che spinge i santi come San Francesco a dire: "se i sacerdoti mi perseguitassero, io voglio amarli come miei signori, tanto più, quanto più mi perseguitano, perché soltanto essi amministrano il sangue e il corpo di Gesù Cristo!" La misura della maturità nel cammino nello Spirito Santo si vede da quanto e come tu ami la chiesa. Non la chiesa ideale, quella della tua testa, ma la chiesa così come è con tutte i suoi limiti e anche le sue contraddizioni, sapendo che in realtà, sostanzialmente è un patrimonio di ricchezza e di deposito della fede e dell'esperienza unica che ti dà l'esperienza nello Spirito del Padre.
Ti porta ad assumere i difetti dei tuoi fratelli nell'amore; a chiamarli per nome, ma a viverli in qualche maniera come cosa tua, come tue membra ferite. Nessuno di noi smette di avere cura di un membro al quale sente dolore, lo dice chiaramente San Paolo nel paragone del corpo. Così quando qualcuno di noi ha cura delle proprie membra malate, così ha cura dei fratelli, delle sorelle nella fede, e soffre per questo e prega per questo. Ha una forma di preghiera e di sofferenza ancora più grande che l'interventismo. A volte l'interventismo non serve, serve soltanto il silenzio, lo stare da parte, per dare spazio a Dio: questa è un'ulteriore maturità nello Spirito Santo. Quando noi, pur avendo fatto tutto quello che potevamo fare, senza violenza ma con chiarezza e con fermezza, vediamo che le situazioni non cambiano in una comunità, in un fratello, in una situazione comunitaria, a volte matrimoniale, assumersi queste situazioni nel silenzio vuol dire aver raggiunto una grande maturità nello Spirito e che lo Spirito sta lavorando grandemente in noi: diamo come Gesù pienamente potenza a Dio! Cioè riconosciamo il nostro limite; noi abbiamo fatto quello che potevamo, è Dio che farà! Sarà stata nel silenzio, sarà stata da parte ed è per questo che la chiesa è quella che è, grazie anche al silenzio di Maria che ha imparato dal suo figlio Gesù; il quale si è fatto somma impotenza per rendere pienamente potente la grazia di Dio!
E' una logica che Satana non capisce perché Satana in genere ha una logica interventista, è per questo che fa i danni, è per questo che non guarisce ed è per questo che non è discreto, è per questo che è subdolo, è per questo che Satana tende a scimmiottare Dio: vuole essere Dio senza avere l'umiltà di Dio, non può! Non ce l'ha, ha scelto di non averla. Invece questa è l'esperienza di Gesù, del figlio di Dio, ed è questa ancora l'esperienza della maturità della vita nello Spirito, è la vita nello Spirito che ti porta ad avere fiducia; infatti talmente forte è l'esperienza di abbandono al Padre che anche quando il Padre non lo capisci, "io, Padre, non ti capisco e quello che vedo è in apparente contraddizione, però mi fido di te, mi fido più di quello che vedo, mi fido più delle mie capacità , mi fido più della forza delle mie mani, perché anche la forza delle mie mani, la capacità critica e la capacità di fermezza che tu mi hai dato di dire ciò che dovevo dire e di fare ciò che dovevo fare era un tuo dono! Questo se tutto è un tuo dono ... fa tu!"
Dio ama essere responsabilizzato da me in questo, cioè di vedere nella creatura una profonda fiducia, perché è l'amore che cambia la storia, è la santità che cambia la storia, è l'umiltà che cambia la storia, è la discrezione nello Spirito Santo che cambia la storia!
Conoscere lo Spirito Santo vuol dire imparare a conoscere veramente le profondità di Dio, "quelle cose che né orecchio udì, né occhio ha mai visto: quelle Dio ha riservato a coloro che lo amano", che è la sua chiesa.
Quando e come lo Spirito Santo si rivela nella storia dell'umanità?
La presenza dello Spirito Santo più "esplosiva" è quella di Pentecoste: non ha uguali nella storia dell'umanità anche se poi tante Pentecoste, sia personali che comunitarie, possono accadere in qualche maniera.
L'esperienza della creazione in sé è un'esperienza dello Spirito. Lo Spirito Santo è sempre stato presente. Lo Spirito Santo è "la maniera discreta con cui Dio opera nella storia." In cui Dio, dalla pace della sua comunione di amore trinitaria, effonde, va ed esce fuori da sé e comunica con la creazione. Ora, se è vero che è sempre stato presente, è vero anche che c'è un momento nella storia della salvezza che fa da cardine, che fa da discernimento, che è l'incarnazione! Lo Spirito Santo non è stato mai così presente nella storia come nel momento stesso in cui è sceso nel seno di Maria perché rimanesse incinta, appunto dello Spirito, e concepisse Gesù. Quello è stato il momento più alto, ovviamente è un picco che culmina nella discesa dello Spirito Santo, un continuo: l'incarnazione, la passione e morte, la resurrezione di Gesù, l'ascensione al cielo, la discesa dello Spirito e l'esperienza della vita della chiesa.
Qual è la predisposizione migliore per conoscere meglio lo Spirito Santo?
Forse cercare di scorgere nella nostra vita quella presenza discreta che altrimenti ci passerebbe sopra? Forse dobbiamo coscientizzare quei passaggi discreti dello Spirito nella nostra vita? Sicuramente sì! Assecondare nella fede i passaggi discreti dello Spirito.
Lo SPIRITO SANTO sostanzialmente opera nella discrezione. Opera nella quotidianità, opera nel silenzio, opera nella fede. Non opera sicuramente nella platealità, non opera nella richiesta necessaria della guarigione, della taumaturgia.
Sicuramente l'esperienza dello SPIRITO SANTO è un'esperienza di gioia nella discrezione. Ed è discrezione gioiosa.
Quando San Paolo dice "lo SPIRITO SANTO vi guiderà alla verità tutta intera", parla di una esperienza dello SPIRITO SANTO che la comunità ha fatto, può essere anche una esperienza non fatta nella comunità, ma comunque confermata nella comunità.
Questo è essenzialmente un cammino di conversione per fare in modo che ciò che noi "conosciamo" intellettivamente possa anche diventare un fatto esperienziale.
La nostra conoscenza teologica deve andare di pari passo con un vero rapporto personale ed intimo con il Dio della rivelazione, altrimenti rischiamo di cadere nella "schizofrenia spirituale".
Un'altra prerogativa dello SPIRITO SANTO, per cui è importante farne un'esperienza costante, è che non soltanto lo Spirito ci rettifica il contatto e il nostro rapporto con le cose e con gli affetti, parliamo non soltanto delle cose accessorie ma anche delle cose fondamentali, quindi anche con gli affetti fondamentali, ma ci rettifica, man mano, anche la nostra visione di Dio.
Infatti, Gesù chiaramente preannunciando la discesa dello SPIRITO SANTO a Pentecoste, parlando agli apostoli, gli dice appunto "egli (lo Spirito) vi guiderà alla verità tutta intera".
E il cristiano è colui che, si mette in ascolto e dice ogni volta a Dio "fammi andare oltre ... anche se non ti capisco, fammi andare oltre, correggimi il tuo volto, fammi vedere il tuo volto, non permettere alla mia povertà, alle mie categorie, al mio limite, di imprigionare il tuo volto quando invece sono fatto per l'eternità, sono fatto per ampliarle". Questa è l'opera dello Spirito Santo che è l'opera della figliolanza divina! Su questo possiamo trovare infiniti riferimenti biblici.
Citiamo la preghiera che San Francesco rivolge al crocifisso di San Damiano, che è frutto veramente dello Spirito Santo:
O Altissimo e Glorioso Iddio,
illumina le tenebre del cuore mio,
dammi fede diritta, speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda,
dammi anche fede e discernimento,
per compiere la tua vera e santa volontà
Amen
6) Rinascere dall’Alto
Rinascere dall’Alto è veramente ritornare bambini. Liberi, spontanei, pieni di vita. Già ai tempi di Gesù l’affermazione “dovete rinascere dall’alto”, e ancora “se non rinascete dall’Alto non potete vedere il Regno di Dio”, creava imbarazzo. Creava, negli uditori, nei discepoli di Gesù, degli interrogativi di senso… ma i bambini si fidano, non si pongono troppi interrogativi di senso. Si buttano! E ci buttiamo se sentiamo l’amore e decidiamo di riceverlo, ci buttiamo come segno di fiducia, come per ricambiare l’amore che sentiamo. E’ dono, è esperienza: possiamo capire facilmente se siamo o no rinati dall’Alto, nello Spirito, e se non lo siamo non ci resta che chiedere nella preghiera questo dono. Di porci nella condizione per riceverlo, purificandoci accrescendo in noi il poco amore che siamo in grado di dare, cacciando da noi ciò che non è conforme all’amore, credere nella presenza viva di Gesù nei Sacramenti, fare esperienza di comunione, di comunità, di Chiesa, relazionarsi con la Fonte dell’Amore, Dio Padre e leggere nelle Scritture le Sue lettere d’amore agli uomini e alle donne di ogni tempo.
Rileggere spiritualmente il brano del VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 3,1-10) vuol dire prendere in considerazione uno dei passi più commentati dagli antichi Padri, che lo hanno sentito fondamentale circa la necessità del battesimo (soprattutto relativamente a "rinascere in acqua"), e più ancora circa la necessità di vivere e agire secondo lo Spirito (rinascere dallo Spirito). Interessante qui ricordare che, secondo molti esegeti, l'espressione "rinascere dall'acqua" sarebbe un'interpretazione dell'evangelista, mentre tutta la forza e l'autorità rivelativa del testo va colta nell'espressione certissimamente di Gesù: "rinascere dallo Spirito" (v.5).
L'incontro di Gesù con Nicodemo viene subito dopo la narrazione del fatto che molti Ebrei credono in Gesù perché vedono i segni che Egli opera, ma il Signore non è persuaso della qualità della loro fede interessata, imperfetta, legata ai "segni" e non alla sua Persona portatrice di salvezza (cfr. 2,23; 3,2).
La vita diventa un'esistenza veramente cristiana (non solo di nome) e a maggior ragione la vita diventa un'esistenza consacrata a Dio (di fatto e non formalmente), se avviene questa continua rinascita, "ri-generazione" il cui protagonista è lo Spirito Santo, non il nostro volontarismo. "Nascere dallo Spirito" significa essenzialmente nascere alla vita nuova: quella che ha i parametri della fede della speranza della carità, quella che ha gli occhi di Cristo sugli eventi e sulle persone, la sua logica che è quella del Vangelo. Ci è d'aiuto sapere che i Padri hanno molto riflettuto su questo brano.
ORIGENE distingue bene i cristiani: coloro che sono nati semplicemente "dall'acqua" e coloro che "sono nati dallo Spirito" in quanto hanno ricevuto di fatto "lo Spirito di adozione" e sono impregnati di Vangelo (cfr. ORIGENE, In Mattheum 11,23,26-27).
AGOSTINO pure afferma che non basta nascere dall'acqua, ma è indispensabile nascere dallo Spirito, intendendo una conversione vera, una trasformazione che non avviene di colpo, ma è il continuo rinnegare (non verbis, sed factis = non a parole, ma coi fatti) la mentalità corrente e secolarizzata che ci pervade da ogni parte (cfr. AGOSTINO, De baptismo contra Donatistas, 6,12,19).
Che cos'è "nascere dallo Spirito" se non quel "nascere da Dio" che, secondo il Prologo (cfr. Gv.1,13), è proprio di chi crede nel nome (= nella Persona, presenza, potenza!) del Verbo, vera luce degli uomini venuta in questo mondo? (Cfr. Gv.1,4b). La nostra meditazione ci porta così a convincerci che solo rendendoci docili allo Spirito Santo ci rinnoviamo in una fede forte, autentica che è adesione piena alla Persona di Cristo, totale fiducia di poter compiere - in Lui e per mezzo di Lui - la volontà del Padre. "È nato da Dio" chiunque crede che Gesù è il Cristo (1 Gv. 5,1). E il fatto di vivere come nati da Dio avviene attraverso un dinamismo delicato e forte: quello che opera il "seme" della Parola di Dio (cfr. 1 Gv.3,9). È la quotidiana familiarità con la Parola che ci consente il quotidiano rinascere dallo Spirito in Cristo. C'è un'azione di Dio che è prioritaria in questa nascita: è l'azione della sua grazia che viene dalla Parola, dai sacramenti, dalla preghiera; e c'è una risposta dell'uomo in questo cambiamento (conversione = metànoia) che è il diventare bambini. Ai "maestri in Israele" (ai "sapienti di questo mondo") la rinascita è preclusa come a Nicodemo, perché "la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio" (1 Cor.3,19). È possibile solo a chi smette la sua autosufficienza, bravura spirituale, il proprio credersi, tutto sommato, migliore degli altri. Rinascere è possibile a chi, chiusi gli occhi della carne, apre gli occhi del totale abbandono. "IN VERITÀ, IO LO DICO A VOI: A MENO CHE NON DIVENTIATE COME BAMBINI, NON POTRETE ENTRARE NEL REGNO DEI CIELI" (Mt.18,3; cfr. anche Mc.10,15; Lc.18,17). Rinascere, ridiventare bambini è possibile solo attraverso lo Spirito Santo (Ruhat - pneuma), il grande protagonista della santificazione. Ezechiele l'aveva predetto: "VI DARÒ UN CUORE NUOVO, METTERÒ DENTRO DI VOI UNO SPIRITO NUOVO (...) PORRÒ IL MIO SPIRITO NELL'INTIMO DEL LORO CUORE" (Ez.36,26).
Quel che Gesù dice a Nicodemo è, oggi, rivolto personalmente a me.
Credo con tutto il mio essere che: rinascere è possibile, è un dono d'amore; la conversione (come cambiamento di mentalità e appunto rinascita) è irrimandabile; il Padre vuole darmi lo Spirito Santo e me lo dà, di fatto, se glielo chiedo, perché avvenga questo rinascere?
C'è in me una forte, decisa volontà di consegnarmi allo Spirito di Dio perché sia lui ad abbattere difese, paure, sfiducia, mondanità e il rassegnato tran-tran nel quotidiano?
Nella preghiera, chiedo una conoscenza più esperienziale dello Spirito Santo in me, facendolo entrare più vitalmente nella mia attenzione.
Ricordo che lo Spirito (Ruhat) è il soffio vivificante della mia persona. Realizzo un esercizio di respirazione pregata. Respirare mi dà sollievo, novità di vita...se lo faccio con consapevolezza di preghiera. Se respiro nello Spirito Santo, il respiro mi diventa simbolo vitale. Nell'inspirazione ricevo il flusso dallo Spirito vivificante dell'Amore; nell'espirazione consegno quel che scaturisce da me: le mie negatività, ma anche affetti, desideri, propositi; un flusso che si abbandona a Lui, si purifica e si perde in Lui. Dico: "TU a ME, IO a TE.". Ripetere a lungo, con fiducia, con abbandono, con la semplicità del bambino evangelico.
7) San Domenico Savio: il piccolo gigante dello Spirito
Che bell’esempio San Domenico Savio di docilità allo Spirito! Non ha perso tempo, è andato al sodo, ha cercato subito la pienezza, la gioia vera. E questa pienezza era contagiosa in lui per i suoi amici, lui che “faceva consistere la santità nello stare molto allegri!”. San Giovanni Bosco ne ha fatto presto un capolavoro, a soli quindici anni raggiunse i vertici possibili della relazione d’amore che una creatura può instaurare con il suo Creatore e con i suoi fratelli. In questo suo “stare molto allegri” era già in Paradiso, pronto per il paradiso, la testimonianza stessa dell’esistenza del Paradiso. Inturbabile, forte, come il suo amore per Gesù e Maria: aveva raggiunto la sorgente di questo amore infinito ed era diventato lui stesso sorgente inesauribile!
Ricordato il 6 Maggio
Riva di Chieri, Torino, 2 aprile 1842 - Mondonio, Asti, 9 marzo 1857
Domenico nasce nel paese di Riva di Chieri il 2 aprile del 1842. Il Papà si chiamava Carlo, di mestiere faceva il fabbro, la mamma Brigida. Domenico, in famiglia veniva chiamato Minot, aveva due anni quando la famiglia decise di trasferirsi andando ad abitare a Murialdo.
La buona condotta di Domenico, la sua conoscenza del catechismo fecero in modo che venisse ammesso alla Prima Comunione all'età di sette anni. Per quei tempi era qualcosa di straordinario se si considera che l'età richiesta per questo sacramento era di 11 - 12 anni. L'8 aprile domenica di Pasqua per la prima volta ricevette Gesù Eucaristia. Alla sera di quello stesse giorno scrisse i famosi propositi. "Ricordi fatti da me Savio Domenico l'anno 1849 quando ho fatto la Prima Comunione essendo di 7 anni. 1° Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza. 2° Voglio santificare i giorni festivi. 3° I miei amici saranno Gesù e Maria. 4° La morte ma non peccati".
Nel 1852, Domenico frequenta la scuola di Castelnuovo, dove maestro è don Allora. Per poter andare a scuola Domenico deve percorrere a piedi, tra andata e ritorno, circa 8 chilometri al giorno.
Nel 1854, nel mese di ottobre, don Bosco con i suoi ragazzi si trovava presso la sua casa dei Becchi. Don Cugliero gli aveva parlato di un ragazzo desideroso di studiare e molto buono. Lunedì 2 ottobre di buon mattino, Domenico accompagnato dal papà si presenta a don Bosco. Don Bosco voleva conoscere questo ragazzo di cui don Cugliero diceva un gran bene, si misero un po' a discutere su vari argomenti, al termine della chiacchierate Domenico chiese a don Bosco: "ebbene, cosa gliene pare?". "Mi pare ci sia della buona stoffa" rispose don Bosco. Domenico riprese: " A cosa può servire questa buona stoffa?", la risposta del santo dei giovani fu a tema, si poteva fare un bell'abito per il Signore. Domenico riprese: "Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto, mi prenda con lei e farà un bell'abito per il Signore".
Il gioco piaceva tanto a Domenico. Era il primo nelle ricreazioni, anche se a volte per far fare i compiti a qualche compagno ne faceva a meno. Era quello che oggi potremmo definire un leader, un animatore. Quando riusciva a procurarsi qualche premio, magari vinto da lui, faceva delle piccole gare a quiz sul catechismo, interrogava quei ragazzi più discoli e poi provvedeva a premiarli e così a farseli amici.
Una sera, durante le preghiere, fu colpito dal pensiero che don Bosco stava dando come impegno di vita, invitava tutti a farsi santi. Questo è quello che Dio vuole da ciascuno di noi, ed un gran premio è preparato per ognuno che riuscirà. L'idea di farsi santo gli tornava spesso in mente, cercava in tutti i modi di comprendere quale poteva essere la strada per arrivare a questa ambitissima meta per un cristiano. Iniziò col fare delle penitenze come ad esempio dormire ad inverno inoltrato senza coperte. Quando don Bosco lo venne a sapere lo richiamò. Non era quello il modo corretto, pensò lui a dargli la ricetta: 1° Esatto adempimento dei propri doveri; 2° far del bene agli altri e del male a nessuno; 3° sempre allegri. Don Bosco chiese a Domenico come stile di vita, per farsi santo, una moderata e costante allegria.
Domenico entrava in intenso dialogo con Dio, a tal punto da dimenticare tutto il resto. Un giorno mancò per tutta la mattinata, lo cercarono da tutte le parti ma senza risultato. Avvisarono don Bosco, che forse intuì dove poteva essere. Lo trovò in chiesa dietro l'altare nei pressi del tabernacolo, se ne stava come assorto quasi in un altro mondo, Don Bosco lo chiamò, gli fece notare che l'ora del pranzo era già passata, Domenico era rimasto li diverse ore senza rendersene conto.
In oratorio ognuno era amico di Domenico, a questi diceva una frase che è il riassunto della ricetta di don Bosco per diventare santi: "Noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri".
In un'altra occasione Domenico chiese a don Bosco che voleva andare a casa, la mamma aveva bisogno di lui. Don Bosco gli chiese come sapesse di questa malattia, Domenico rispose che lo sapeva e basta, poi aggiunse: "La madonna vuol guarirla". Don Bosco intuì che c'era in lui qualcosa di straordinario, di non umano, ed acconsentì. Domenico si recò a fare visita alla madre, giunto a casa, le vicine cercarono di non farlo entrare nella camera della madre, ma lui riuscì a farlo. La madre era meravigliata della sua presenza inaspettata, nel salutarla le appese al collo un nastro di color rosa a cui era appeso un pezzetto di seta cucito come un abitino. La mamma guarì il 12 settembre, in quello stesso giorno dava alla luce Caterina, sorellina di Domenico. A motivo di questo Domenico Savio è protettore delle partorienti.
Il Papa Pio IX, proclamava l'8 dicembre 1854 il dogma della Immacolata Concezione. Domenico voleva onorare la Madre di Gesù. Chiese aiuto a qualche compagno più grande, ed insieme a loro tracciò un regolamento per un gruppo speciale che in onore della madonna seguisse la via verso la santità.
Loro impegno era, oltre la frequenza assidua dei sacramenti, lo scegliersi tra i ragazzi dell'oratorio, quelli più "difficili", specialmente tra i nuovi arrivati, e quindi impegnarsi nel condurli al Bene.
Ma qualcosa non andava bene nella salute di Domenico. Spesso si sentiva fiacco, con poca forza, ed era costretto a restare a letto. Don Bosco chiese un consulto medico. Si pensò di farlo andare a casa, forse il respirare l'aria del paese natio gli avrebbe fatto bene.
Giunto a casa, sembrò che le cose andassero per il meglio, ma ben presto fu costretto a rimettersi a letto. Fu chiamato il medico, questi come rimedio gli praticò dei salassi (fuoriuscita del sangue dalle vene ottenuta con delle incisioni).
La situazione si aggravò. Gli fu amministrata la comunione e ricevette l'olio dell'unzione. Chiese al padre di aiutarlo a recitare le preghiere del cristiano. Terminate le preghiere parve addormentarsi, ma poi si destò e con voce chiara e serena esclamò: "Oh! Che bella cosa io vedo", e senza fare alcun movimento spirò. Era il 9 marzo del 1857, Domenico non aveva ancora compiuto 15 anni.
La notizia della morte di Domenico, fu comunicata a don Bosco dal papà del Savio. Un'ondata di tristezza si abbatté su Valdocco. Tanti compagni lo piansero. Il ricordo di Domenico era l'argomento di discussione tra i suoi compagni. Nel maggio del 1857, appena due mesi dopo la sua morte, durante le preghiere della sera, un giovane chiese a don Bosco: "Quale fu il mezzo usato da Domenico Savio per diventare così buono?". Don Bosco ci pensò su un attimo, poi diede una risposta semplice e breve: "Ubbidienza e gran confidenza nel direttore spirituale".
Il cammino verso la santità riconosciuta dalla Chiesa, è scandito da alcune tappe. Il 4 aprile del 1908, sì da inizio al processo di canonizzazione
Il 9 luglio del 1933 è dichiarato Venerabile, l'anno dopo don Bosco è proclamato santo.
Il 5 marzo del 1950 la Chiesa lo proclama Beato. Il 1950 è anno di grazia per la famiglia salesiana, infatti, Madre Mazzarello è proclamata santa.
Il 12 giugno del 1954 è sabato, nella basilica di San Pietro in Roma, Pio XII dichiara Santo Domenico Savio. E' il più giovane santo non martire della Chiesa Cattolica nei suoi 2000 anni di storia.
Oltre che per i prodigi eclatanti che lo hanno innalzato alla gloria degli altari, San Domenico Savio è venerato da decenni dalle gestanti di tutto il mondo per le grazie ottenute con il cosiddetto “abitino”. Specie nel caso di parto difficile, si mette al collo della mamma in attesa un’immagine del Santo, racchiuse in una piccola confezione di seta appesa ad un nastro pure di seta, immagine già benedetta ed impreziosita da una reliquia. Questo è l’abitino, fatto di vari colori (rosa, azzurro e bianco) che, sovente, a parte felicemente concluso, viene portato dalle mamme nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice, presso la tomba di Domenico, divenuto per questo anche il “Santo delle culle”. Questa usanza gentile nasce da un avvenimento straordinario, riferito sotto giuramento ai giudici ecclesiastici da Teresa Savio, sorella del Santo. Occasione per la devozione dell’abitino, dunque, fu la nascita di una sorellina di Domenico, avvenuta sei mesi prima della sua morte. Nella circostanza, ispirato dalla Vergine di cui era devotissimo, il Santo partì da Torino per far visita alla madre, in grave travaglio e pericolo a causa del parto imminente e le mise al collo di nascosto un nastro rosa cui era attaccato un pezzo di seta piegato in due, con il volto di Maria, cucito come un “abitino”. Le difficoltà e i problemi della mamma svanirono d’incanto e la sorellina venne felicemente alla luce. L’evento prodigioso operato da Domenico per intercessione della Madonna rivela così un’altra missione, tenera e sublime, affidata da Dio al Santo, iniziata con sua madre e, che per suo espresso volere, continua nel tempo con gli “abitini” indossati dalle partorienti. Purtroppo, il primo prezioso “abitino” del Santo è andato perduto, ma il patrocinio di Domenico per le mamme e per le culle risplende anche oggi.
8) La PREGHIERA… di San Filippo Neri
L’allegria scanzonata di San Filippo sembra ancora riecheggiare nelle via di Roma, del mondo. La sua spensieratezza, il suo amore per la gioventù, per i poveri, il suo estro creativo non potevano che venire da un amore grande. Amore tanto grande e tanto forte, infinito, incontenibile nel petto di un uomo, e lo fu realmente: il suo cuore palpitava così forte quando attingeva a questo amore che un giorno gli ha rotto pure un paio di costole. Il suo cuore pieno d’amore consentiva ad altri cuori di venire in contatto con l’infinito amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Lo rendeva visibile, tangibile, anche per chi ne era lontano, tanto da spingerli a cambiare vita, a scegliere senza compromessi la Via dell’Amore, a desiderare di rinascere in Spirito Santo d’Amore.
Ricordato il 26 maggio
Firenze, 1515 - Roma, 26 maggio 1595
Fondò l'Oratorio che da lui ebbe il nome. Unì all'esperienza mistica, che ebbe le sue più alte espressioni specialmente nella celebrazione della Messa, una straordinaria capacità di contatto umano e popolare. Fu promotore di forme nuove di arte e di cultura. Catechista e guida spirituale di straordinario talento, diffondeva intorno a sè un senso di letizia che scaturiva dalla sua unione con Dio e dal suo buon umore. (Mess. Rom.)
Ti prego vivamente di farmi avere secondo il tuo esempio
una vera devozione allo Spirito Santo,
ti prego di ottenermi i suoi sette doni,
affinché il mio cuore sia pronto
e ardente alla fede e alla virtù.
9) Maria
La Mamma celeste vuole che viviamo nell’amore, ci chiede di deciderci per l’amore, di scegliere l’Amore. Questa è l’unica vera e sola via della gioia della pace. La Mamma ci vuole veramente felici, ci vuole uniti alla fonte della vita, ci vuole vivi. Cercare la volontà di Dio è realizzare questo piano di amore, questo piano di autorealizzazione e di felicità piena per noi! Compiere la volontà di Dio, i piani d’amore che Dio ha per noi è l’esperienza più piena di libertà e di felicità, perché Dio che “ci ha amati così tanto da immolare il Suo Figlio Gesù”, non può che volerci il massimo del bene. Non può che volerci più bene di ogni creatura e di quanto possiamo volercene noi stessi! Bisogna solo fidarsi, aprirgli le porte, provare, sperimentare. Non potrà che essere gioia!
“Figli miei, siete scelti perché nel vostro tempo una grande grazia di Dio è scesa sulla terra. Non esitate, accoglietela. Anche oggi vi invito tutti a crescere nell’amore di Dio, figlioli, crescete nell’amore di Dio e portatelo a tutti coloro che sono lontani da Dio. Cercate la volontà di Dio e fate del bene a coloro che Dio ha messo sul vostro cammino e siate luce e gioia. Desidero che apriate i vostri cuori e che mi riceviate come Madre. Io con il mio amore vi insegnerò la semplicità della vita; io sarò con voi. Le mie mani vi sosterranno. Vi ringrazio. Pregate per i sacerdoti.”.
La Madonna nel messaggio di questa sera ci invita a crescere nell’amore di Dio.
Crescere nell’amore significa aprirsi a Dio, lasciare che il suo amore risplenda e penetri in noi. Questo può accadere solo nella preghiera perché la preghiera è come il canale attraverso il quale Dio dona la sua grazia su questa terra.
L’amore di Dio trova la risposta nella fede dell’uomo. Solo l’adempimento della volontà di Dio ci conduce al regno celeste. Gesù dice: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). La volontà di Dio è più importante della nostra volontà. Adempire o cercare la volontà di Dio non significa rinunciare alla nostra libertà; viceversa significa liberarsi dalla schiavitù del peccato. Questo significa liberarsi dalla schiavitù degli idoli: potere, denaro, guadagno, dominio sugli altri, menzogna, ecc. Tutti questi idoli tolgono la vita, Dio la dona. Adempiendo la volontà di Dio entriamo in un rapporto di amicizia con Dio. Alla fine del messaggio la Madonna ci invita a fare del bene a tutti e ci invita ad essere la luce e la gioia per tutti. Luce e gioia possono essere solo quelli che ogni giorno testimoniano l’amore di Dio, come ha fatto per esempio Madre Teresa di Calcutta. Essere testimoni significa abbandonarsi totalmente nelle mani di Dio. Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, Regina della Pace, ci aiuti per portare in ogni luogo il messaggio della pace, della gioia, del perdono, il messaggio che cambierà tutto il mondo.
E' sempre suggestivo questo momento di fede e di devoto omaggio a Maria, che conclude il mese di maggio, mese mariano. Avete recitato il Santo Rosario camminando verso questa Grotta di Lourdes, che si trova al centro dei Giardini Vaticani. Qui, davanti all'immagine della Vergine Immacolata, avete deposto nelle sue mani le vostre intenzioni di preghiera, meditando sul mistero che oggi si celebra: la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta.
In questo avvenimento, narrato dall'evangelista Luca, traspare una più profonda "visitazione": quella di Dio al suo popolo, salutata dall'esultanza del piccolo Giovanni - il più grande tra i nati di donna (cfr Mt 11,11)."Magnificat anima mea Dominum / et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo" (Lc 1,46-47). Così canta la Vergine di Nazaret, che contempla il trionfo della divina misericordia. In Lei prorompe l'intima esultanza per i disegni di Dio, il Quale predilige gli umili e i piccoli e li colma dei suoi beni. E' questo il giubilo nello Spirito Santo, che farà esultare il cuore stesso del Redentore, commosso perché al Padre piace rivelare ai piccoli i misteri del Regno dei cieli.
"Magnificat anima mea Dominum"! Così cantiamo anche noi questa sera, con l'animo colmo di riconoscenza verso Dio. Lo ringraziamo perché in questo mese di maggio del Grande Giubileo, ci ha dato modo di sperimentare con speciale intensità la presenza della Madre del Redentore, presenza assidua e orante, come nella prima Comunità di Gerusalemme. Possa il suo cantico di lode diventare quello di ogni anima cristiana per il grande mistero dell'amore di Dio, che, in Cristo, "ha visitato e redento il suo popolo" (Lc 1,68)!
Ritornando nelle vostre case, portate la gioia di quest'incontro e mantenete fisso lo sguardo dell'animo su Gesù, nella speranza di poter essere un giorno con Lui, uniti nella stessa gloria. Vi accompagni Maria con materna sollecitudine nel vostro cammino!
Una immensa gioia, incontenibile al solo pensiero che “chi spera nel Signore non sarà deluso” e che è più desiderabile sperare dal Signore se non ricevere da Lui lo Spirito Santo? Pienezza di vita, gioia, di potenza! Un turbine discreto ma incontenibile, un essere “rivestiti di potenza dall’alto” un “rinascere dall’alto” un “vedere il Regno di Dio”. Come se si aprisse la porta su un’altra dimensione, già presente ma non ancora visibile! Però essenziale: “le cose essenziali sono invisibili agli occhi” si legge nel Piccolo Principe. Credere nello Spirito Santo, nell’amore di Dio è attingere alla fonte della cosa più essenziale: l’Amore. Perché l’essenza di Dio è l’amore e lo Spirito è la personificazione tangibile dell’amore che circola fra il Padre e il Figlio nel Dio Trino ed unico. Attingere a questo amore è attingere alla natura stessa di Dio, è ritornare ad essere Sua immagine e Somiglianza: pura relazione d’amore!
Con tutto il nostro cuore, con tutte le nostre forze e con tutto il nostro amore pregheremo per te, per i tuoi cari, per tutta la nostra umanità, per ogni creatura affinché possa aprire il cuore all’Amore, al dono di Dio che è l’amore ed esserne ricolma fino a diventarne sorgente!
Un caloroso abbraccio fraterno,
Mari e MAX
La “SINTESI” di Mari
Maggio 2008
Gesù, Tu che sei Verità,
guidaci a capire come comunicare con Dio e con gli uomini
donaci di rispondere al Tuo comando:
«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura»
Donaci di comunicare il Tuo messaggio di speranza, di grazia e di amore
Donaci di essere un microfono di Dio, un messaggero, un profeta.
Effondi su di noi il Tuo spirito...perché possiamo seguire i Tuoi decreti
e osservare le Tue leggi e metterle in pratica,
donaci di essere il Tuo popolo
donaci un altro cuore, poni nel nostro interno uno spirito nuovo;
strappa dal nostro corpo il cuore di pietra per darci un cuore di carne
Ascoltaci, te ne preghiamo!Che la tua volontà sia il nostro desiderio, la nostra passione, il nostro amore.Dacci un cuore fedele e forte, che mai tremi, né si abbassiUn cuore coraggioso, sempre pronto a lottare.Un cuore generoso, che non indietreggia alla vista degli ostacoli.Un cuore umile e dolce come il tuo
AMEN
Beata Vergine Maria,
grazie perché ci inviti tutti a crescere nell’amore di Dio
e a portarlo a tutti coloro che sono lontani da Dio
Donaci di cercare la volontà di Dio
e di fare del bene a coloro che Dio ha messo sul nostro cammino
Grazie perché ci inviti ad essere luce e gioia per tutti!
Insegnaci la semplicità della vita e la ricchezza della Misericordia
E guidaci a Tuo Figlio
Sostienici con le tue mani fino alla fine,
e non avremo paura!
AMEN
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀBENEDETTO XVIPER LA XLII GIORNATA MONDIALEDELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Domenica, 4 maggio 2008
I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla
Cari fratelli e sorelle!
1. Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - “I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla” – pone in luce quanto importante sia il ruolo di questi strumenti nella vita delle persone e della società. Non c’è infatti ambito dell’esperienza umana, specialmente se consideriamo il vasto fenomeno della globalizzazione, in cui i media non siano diventati parte costitutiva delle relazioni interpersonali e dei processi sociali, economici, politici e religiosi. In proposito, scrivevo nel Messaggio per la Giornata della Pace dello scorso 1° gennaio: “I mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza” (n. 5).
2. Grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie, ponendo nello stesso tempo nuovi ed inediti interrogativi e problemi. È innegabile l’apporto che essi possono dare alla circolazione delle notizie, alla conoscenza dei fatti e alla diffusione del sapere: hanno contribuito, ad esempio, in maniera decisiva all’alfabetizzazione e alla socializzazione, come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli. Senza il loro apporto sarebbe veramente difficile favorire e migliorare la comprensione tra le nazioni, dare respiro universale ai dialoghi di pace, garantire all’uomo il bene primario dell’informazione, assicurando, nel contempo, la libera circolazione del pensiero in ordine soprattutto agli ideali di solidarietà e di giustizia sociale. Sì! I media, nel loro insieme, non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale. Non manca, purtroppo, il rischio che essi si trasformino invece in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. Vi è infine la possibilità che, attraverso i media, vengano proposti e sostenuti modelli di sviluppo che aumentano anziché ridurre il divario tecnologico tra i paesi ricchi e quelli poveri.
3. L’umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale quanto ho scritto nell’Enciclica Spe salvi circa l’ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze. Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano “la formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore” (ibid.)? La loro straordinaria incidenza nella vita delle persone e della società è un dato largamente riconosciuto, ma va posta oggi in evidenza la svolta, direi anzi la vera e propria mutazione di ruolo, che essi si trovano ad affrontare. Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per “creare” gli eventi stessi. Questo pericoloso mutamento della loro funzione è avvertito con preoccupazione da molti Pastori. Proprio perché si tratta di realtà che incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana (morale, intellettuale, religiosa, relazionale, affettiva, culturale), ponendo in gioco il bene della persona, occorre ribadire che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente praticabile. L’impatto degli strumenti della comunicazione sulla vita dell’uomo contemporaneo pone pertanto questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili.
4. Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millennio. In maniera non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della famiglia, e nell’ambito delle grandi questioni contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco dimensioni costitutive dell’uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’“info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.
5. Occorre evitare che i media diventino il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. Essi possono e devono invece contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. Si può anzi dire che la ricerca e la presentazione della verità sull’uomo costituiscono la vocazione più alta della comunicazione sociale. Utilizzare a questo fine tutti i linguaggi, sempre più belli e raffinati di cui i media dispongono, è un compito esaltante affidato in primo luogo ai responsabili ed agli operatori del settore. E’ un compito che tuttavia, in qualche modo, ci riguarda tutti, perché tutti, nell’epoca della globalizzazione, siamo fruitori e operatori di comunicazioni sociali. I nuovi media, telefonia e internet in particolare, stanno modificando il volto stesso della comunicazione e, forse, è questa un’occasione preziosa per ridisegnarlo, per rendere meglio visibili, come ebbe a dire il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana (cfr Lett. ap. Il rapido sviluppo, 10).
6. L’uomo ha sete di verità, è alla ricerca della verità; lo dimostrano anche l’attenzione e il successo registrati da tanti prodotti editoriali, programmi o fiction di qualità, in cui la verità, la bellezza e la grandezza della persona, inclusa la sua dimensione religiosa, sono riconosciute e ben rappresentate. Gesù ha detto: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). La verità che ci rende liberi è Cristo, perché solo Lui può rispondere pienamente alla sete di vita e di amore che è nel cuore dell’uomo. Chi lo ha incontrato e si appassiona al suo messaggio sperimenta il desiderio incontenibile di condividere e comunicare questa verità: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi – scrive san Giovanni -, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita […], noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta” (1Gv 1, 1-3).
Invochiamo lo Spirito Santo, perché non manchino comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità che, fedeli alla consegna di Cristo e appassionati del messaggio della fede, “sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli” (Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Parabole mediatiche, 9 novembre 2002).
Con questo auspicio a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2008, Festa di San Francesco di Sales.
BENEDICTUS PP. XVI
DALLA LETTERA APOSTOLICA
IL RAPIDO SVILUPPO
DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II
Comunicare con la forza dello Spirito Santo
13. Per i credenti e per le persone di buona volontà la grande sfida in questo nostro tempo è sostenere una comunicazione veritiera e libera, che contribuisca a consolidare il progresso integrale del mondo. A tutti è chiesto di saper coltivare un attento discernimento e una costante vigilanza, maturando una sana capacità critica di fronte alla forza persuasiva dei mezzi di comunicazione.
Anche in questo campo i credenti in Cristo sanno di poter contare sull'aiuto dello Spirito Santo. Aiuto ancor più necessario se si considera quanto amplificate possano risultare le difficoltà intrinseche della comunicazione a causa delle ideologie, del desiderio di guadagno e di potere, delle rivalità e dei conflitti tra individui e gruppi, come pure a motivo delle umane fragilità e dei mali sociali. Le moderne tecnologie aumentano in maniera impressionante la velocità, la quantità e la portata della comunicazione, ma non favoriscono altrettanto quel fragile scambio tra mente e mente, tra cuore e cuore, che deve caratterizzare ogni comunicazione al servizio della solidarietà e dell'amore.
Nella storia della salvezza Cristo si è presentato a noi come «comunicatore» del Padre: «Dio, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,2). Parola eterna fatta carne, Egli, nel comunicarsi, manifesta sempre rispetto per coloro che ascoltano, insegna la comprensione della loro situazione e dei loro bisogni, spinge alla compassione per la loro sofferenza e alla risoluta determinazione nel dire loro quello che hanno bisogno di sentire, senza imposizioni o compromessi, inganno o manipolazione. Gesù insegna che la comunicazione è un atto morale: «L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio, poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,35-37).
14. L'apostolo Paolo ha un chiaro messaggio per quanti sono impegnati nella comunicazione sociale — politici, comunicatori professionisti, spettatori: «Bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri [...] Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef 4,25.29).
Agli operatori della comunicazione, e specialmente ai credenti che operano in questo importante ambito della società, applico l'invito che fin dall'inizio del mio ministero di Pastore della Chiesa universale ho voluto lanciare al mondo intero: «Non abbiate paura!».
Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono «tra le cose meravigliose» — «inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno.
Non abbiate paura dell'opposizione del mondo! Gesù ci ha assicurato «Io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).
Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza! Il divino Maestro ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo sempre viva, in questo mondo che passa, l'eterna prospettiva del Cielo, prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai direttamente raggiungere: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo: queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9).
A Maria, che ci ha donato il Verbo della vita e di Lui ha serbato nel cuore le imperiture parole, affido il cammino della Chiesa nel mondo d'oggi. Ci aiuti la Vergine Santa a comunicare con ogni mezzo la bellezza e la gioia della vita in Cristo nostro Salvatore.
A tutti la mia Benedizione!
Dal Vaticano, 24 gennaio 2005, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
IOANNES PAULUS II
http://www.vatican.va/
Microfoni di Dio
Ciascuno di voi deve essere un microfono di Dio. Ciascuno di voi deve essere un messaggero, un profeta. Finché ci sarà un battezzato, la Chiesa continuerà a esistere, e sarà quell’unico battezzato che rimane nel mondo ad avere davanti al mondo la responsabilità di mantenere alta la bandiera della verità del Signore e della sua giustizia divina. Per questo fa male pensare alla codardia di tanti cristiani e al tradimento di altri battezzati. Ma, cosa state facendo, battezzati, nel campo della politica? Dov’è il vostro battesimo? Battezzati nelle professioni, nel campo operaio, nel mercato. Dovunque vi sia un battezzato, lì c’è la Chiesa, lì c’è un profeta, lì bisogna dire qualcosa in nome della verità che illumina le menzogne della terra. Non siamo codardi. Non nascondiamo il talento che Dio ci ha dato fin dal giorno del nostro battesimo e viviamo davvero la bellezza e la responsabilità di essere un popolo profetico.
Oscar Romero
Parola di vita di Maggio 2008
"Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà" (2 Cor 3, 17).
L’apostolo Paolo scrive ai cristiani della città di Corinto a lui particolarmente cari. Era vissuto tra loro per quasi due anni, tra il 50 e il 52. Vi aveva seminato la Parola di Dio, gettando le fondamenta della comunità cristiana, fino a generarla come un padre[1].
Pochi anni più tardi, quando torna a visitarli, alcuni screditano in pubblico la sua autorità di apostolo[2]. È l’occasione per riaffermare la grandezza del suo ministero. Egli annuncia il Vangelo non di propria iniziativa, ma perché mosso da Dio. La Parola di Dio per lui non ha più alcun velo perché lo Spirito Santo gliel’ha fatta comprendere alla luce di quanto è avvenuto in Cristo Gesù. Per questo può viverla e annunciarla con piena libertà. Essa gli consente di entrare in comunione con il Signore, di venire trasformato in Lui, fino ad essere guidato dal suo stesso Spirito di libertà.
"Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà"
Gesù Risorto, il Signore, continua, oggi come ai tempi di Paolo, ad agire nella storia, e in particolare nella comunità cristiana, attraverso il suo Spirito. Anche a noi dà di comprendere il Vangelo in tutta la sua novità e lo scrive nei nostri cuori in modo che sia la nostra legge di vita.
Non siamo guidati da leggi imposteci dal di fuori, non siamo schiavi costretti da ordinamenti di cui non siamo convinti e che non condividiamo. Il cristiano è mosso da un principio di vita interiore, che lo Spirito ha posto in lui con il battesimo, dalla sua voce, che ripete le parole di Gesù facendole comprendere in tutta la bellezza, espressione di vita e di gioia: le rende attuali, insegna come viverle e insieme infonde la forza per metterle in pratica.
È lo stesso Signore che, grazie allo Spirito Santo, viene a vivere e ad agire in noi, facendoci Vangelo vivo.
Essere guidati dal Signore, dal suo Spirito, dalla sua Parola: ecco la vera libertà! Coincide con la realizzazione più profonda del nostro io.
"Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà"
Ma si sa che, perché lo Spirito Santo agisca, occorre la piena disponibilità ad ascoltarlo, pronti a cambiare la nostra mentalità, se necessario, e poi aderire pienamente alla sua voce.
È facile lasciarsi rendere schiavi dalle pressioni esercitate dal costume e dal consenso sociale, che possono indurre a scelte sbagliate.
Per vivere la Parola di vita di questo mese è necessario imparare a dire un no deciso al negativo che affiora dal nostro cuore ogni volta che siamo tentati di assuefarci a modi di agire che non sono secondo il Vangelo; imparare a dire un convinto sì a Dio ogni volta che sentiamo che egli ci chiama a vivere nella verità e nell’amore.
Scopriremo il legame fra la croce e lo Spirito, come fra causa ed effetto. Ogni taglio, ogni potatura, ogni no al nostro egoismo è sorgente di luce nuova, di pace, di gioia, di amore, di libertà interiore, di realizzazione di sé; è porta aperta allo Spirito.
In questo tempo di Pentecoste Egli potrà elargirci con più abbondanza i suoi doni; potrà guidarci; saremo riconosciuti per veri figli di Dio.
Saremo sempre più liberi dal male, sempre più liberi di amare.
"Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà"
È la libertà che ha trovato un funzionario delle Nazioni unite, durante il suo ultimo incarico in uno dei Paesi dei Balcani. Le missioni che gli vengono affidate rappresentano un lavoro gratificante, sebbene estremamente impegnativo. Una grande difficoltà sono i prolungati momenti lontano dalla famiglia. Anche quando torna a casa è faticoso lasciare sulla porta il fardello del lavoro nel quale è coinvolto, e dedicarsi con animo libero ai bambini e alla moglie.
Improvvisamente il trasferimento in un’altra città, sempre nella stessa regione, ove è impensabile portare con sé la famiglia perché, nonostante gli accordi di pace appena firmati, le ostilità continuano. Cosa fare? Cosa vale di più, la carriera o la famiglia? Ne parla a lungo con la moglie, con la quale da tempo condivide una intensa vita cristiana. Chiedono luce allo Spirito Santo e insieme cercano la volontà di Dio per la loro famiglia. Infine la decisione: lasciare un lavoro così ambito. Decisione davvero insolita in quell’ambiente professionale. "La forza per questa scelta – racconta lui stesso – è stata frutto dell’amore reciproco con mia moglie, che non mi ha mai fatto pesare i disagi che le procuravo. Da parte mia, avevo cercato il bene della famiglia, al di là delle sicurezze economiche e della carriera e avevo trovato la libertà interiore".
Chiara Lubich
I Fioretti di Don Giovanni Bosco – In piazza del Popolo a Roma (1858) - I racconti della quotidianità, per comprendere un grande Santo
Nel 1858 quando fu per la prima volta a Roma, il Santo, essendo stato invitato dal Cardinal Tosti a indirizzare alcune parole ai giovani dell' Ospizio di San Michele, entrò in discorso con l'Eminentissimo intorno al miglior sistema nella educazione della gioventù.
Con rincrescimento aveva osservato in vigore in quell'istituto il sistema repressivo e rispose francamente:
E' impossibile educare i giovani se questi non hanno confidenza nei superiori.
E come può guadagnare questa confidenza? gli domandò il Cardinale.
Col cercare che essi si avvicinino a noi, togliendo ogni causa che da noi li allontani.
E come avvicinarli a noi?
Avvicinandoci noi a loro, cercando di adattarci ai loro gusti, facendoci simili a loro. Vuole che facciamo una prova? Mi dica, in qual punto di Roma si può trovare un bel numero di ragazzi?...
In piazza termini... in piazza del Popolo.
Ebbene, andiamo in piazza del Popolo.
E vi andarono.
Don Bosco scese di carrozza e il Cardinale stette a osservare.
V'era infatti un gruppo di giovani che don Bosco cercò di avvicinare, ma i birichini fuggirono.
Li chiamò con buone maniere e quelli, dopo qualche esitanza, tornarono.
Allora li regalò di qualche cosuccia, domandò notizie delle loro famiglie, chiese a qual gioco si divertissero, li invitò a ripigliarlo, si fermò e presiedere ai loro trastulli, vi prese parte egli stesso.
Altri giovani che stavano a guardare corsero attorno al prete, che li accoglieva amorevolmente e aveva per tutti una buona parola e un regaluccio.
Quando fu per allontanarsi lo seguirono fino alla carrozza e non lo volevano più lasciare.
Meditazione: “Pentecoste” – a cura di Mons. Gilberto Augustoni
Domenica di Pentecoste 11 maggio 2008
Prima Lettura At 2, 1-11
Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare.
Dagli atti degli apostoli
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.
Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 103
Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra.
Benedici il Signore, anima mia:
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Quanto sono grandi, Signore, le tue opere!
La terra è piena delle tue creature.
Se togli lo Spirito, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo Spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
Seconda Lettura 1 Cor 12, 3b-7. 12-13
Tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo.
Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune.
Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.
E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.
VANGELO Gv 20, 19-23
Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi: ricevete lo Spirito Santo.
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
Omelia tenuta dal cardinale Gilberto Agustoni
la domenica di Pentecoste in Cattedrale a Lugano
3 giugno 2001
Cari fedeli,
He pentecosté hemera -cinquantesimo giorno- è la denominazione greca dell'odierna solennità, dalla quale è nato il nostro grecismo "pentecoste", che però non rende adeguatamente il mistero di questo Giorno del Signore, denso di memorie e ricco di grazia per chi lo celebra con cosciente partecipazione.
"Compimento o conclusione", il titolo ebraico di questa festività, sulla quale la nostra pentecoste: storicamente si innesta, sarebbe la titolazione assai più congrua.
Israele celebrava in questo giorno la chiusura della stagione della mietitura, contando 50 giorni dalla pasqua come prescriveva la Legge di Mosé, e faceva insieme anche memoria dell'alleanza che il Signore aveva concluso con il suo popolo nel deserto.
Come è avvenuto per la pasqua ebraica, durante la quale Gesù ha istituito l'eucaristia e il sacerdozio, sostituendo alla profezia la verità, all'annunzio il «compimento, così è avvenuto per la nuova pentecoste che celebra anch'essa due compimenti: essa conclude il tempo pasquale e rivive la nuova alleanza promessa di Gesù con la missione dello Spirito santo.
Questa radice storica della nostra pentecoste spiega anche il senso esatto della narrazione di Luca nella prima lettura di questa liturgia, la cui traduzione fedele dice: "Al compiersi del cinquantesimo giorno". Non si tratta di un riferimento all'ora del giorno, poiché in realtà i fatti avvengono sul far del mattino, ma alla settimana di settimane dedicato da Israele alla mietitura e divenuto, con la risurrezione di Cristo, il tempo sacro della Pasqua.
Grazie soprattutto alla rinnovata liturgia del Concilio Vaticano II, il popolo di Dio ha ormai acquisito la coscienza che queste sette settimane costituiscono un unico, grande spazio di tempo, dedicato alla celebrazione del mistero pasquale che si chiude col compiersi del cinquantesimo giorno, non però come un malinconico tramonto, bensì come l'albeggiare del nuovo giorno.
Il simbolismo del numero 50 è infatti quello di una giunzione: da un lato conclude il tempo pasquale, dall'altro apre al futuro, alla nuova creazione inaugurata dallo Spirito che dà la vita, inviato dal Risorto dopo il suo ritorno al Padre. Perciò il mistero della pentecoste non può essere compreso se non come una nuova stagione dello spirito che nasce da quella appena conclusa della pasqua.
Al fine di mostrare l'unità e la continuità dell'opera di Dio nella nostra Storia della Salvezza che con la pentecoste inaugura la sua ultima éra, il tempo di pasqua é dedicato all'approfondimento del mistero centrale della nostra redenzione. Una didascalia della Chiesa, madre e maestra impareggiabile, destinata principalmente ai neofiti quando il Catecumenato era un'istituzione fiorente nella Chiesa. Una grandiosa rivisitazione delle "grandi cose che il Signore ha compiuto per noi", al fine di introdurre i nuovi nati dai sacramenti pasquali nei misteri della vita che ora dovevano esprimere nella loro propria vita. Una catechesi ispirata dalla divina pedagogia usata da Gesù stesso durante i quaranta giorni, spesi per preparare gli apostoli alla loro missione di testimoni autentici della sua risurrezione che sfocia nella Pentecoste di fuoco con la rilettura del discorso di addio di Gesù nell'Ultima Cena: "quello che vi dico ora, voi non lo potete capire ora, ma lo capirete poi"; "ve lo dico ora, perché quando succederà, vi ricordiate che io ve l'ho predetto".
Allora suonava come un misterioso avvertimento che si dipana mano a mano che gli eventi si compiono. Abbiamo fatto memoria dei dieci giorni che i discepoli, con un gruppo di intimi e Maria, la madre di Gesù, trascorsero nel Cenacolo come Gesù aveva loro raccomandato: di non lasciare Gerusalemme, ma di aspettare in città la promessa del Padre "che io vi manderò tra non molti giorni". "Con la discesa dello Spirito santo riceverete un potere divino e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in Giudea e Samaria e fino ai confini del mondo" (At. 1, 4. 8).
E al compiersi del cinquantesimo giorno, lo Spirito, effuso come primo dono dal Risorto sugli apostoli la sera stessa di Pasqua, si manifestò solenne-mente: la Chiesa che si rivela alla moltitudine cosmopolita presente per la festa a Gerusalemme, il Signore stipula la nuova alleanza nello Spirito.
San Giovanni, l'evangelista dello Spirito, ricorda le parole che Gesù pronunciò in occasione dell'ultima Festa delle Capanne. Ritto in piedi Gesù esclamò: "Chi ha sete venga a me e beva... fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno"; e commenta: "Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato" (Gv. 7, 37-3g). Ora Gesù è stato innalzato sulla croce, è glorificato ritornando al Padre suo ed effonde lo Spirito promesso, riunendo nella nuova alleanza i figli di Dio dispersi.
Insegna il Concilio Vaticano II: "Il Padre ha voluto riunire i credenti in Cristo nella santa Chiesa: .... costituita negli ultimi tempi si è manifestata nell'effusione dello Spirito e conoscerà un glorioso compimento alla fine dai secoli" (LG, 2).
L'alleanza del Sinai, richiamata oggi dallo scenario descritto da Luca: un improvviso rombo al cielo, un vento gagliardo e lingue di fuoco, è stata una profezia, destinata a perire nella pienezza dei tempi, cedendo il posto all'alleanza nuova, che già i Profeti annunziarono come diversa: non più sancita nel sangue di vittime terrene, ma nello Spirito: Verranno giorni noi quali "...effonderò il mio spirito sopra ogni uomo...perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e le metteranno in pratica, saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio (Gl, 3,1)"; "darò loro un altro cuore, porrò nel loro interno uno spirito nuovo; strapperò dal loro corpo il cuore di pietra per dare loro un cuore di carne" (Ez. 11, 19).
Nella Pentecoste Dio manda lo Spirito Santo, vincolo d'amore del Padre e del Figlio in seno alla Trinità beata. Lo ha mandato per essere il vincolo nel quale tutti i credenti siano raccolti in unità nell'insegnamento degli Apostoli, nella comunione, nella frazione del pane e nella preghiera. Ha mandato lo "Spirito Santo che dà la vita" per suscitare "una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo tratto in salvo": per generare "quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio"(cf. 1Pt. 2, 9-12).
Ecco i segni della Chiesa, la nuova alleanza, che si manifesta nella Pentecoste di Gerusalemme "ricolma dello Spirito e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale" (LG. 9) di tutti i figli di Dio.
Il prodigio delle lingue: "Pieni di Spirito Santo, gli apostoli cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi"; e la folla stupita si chiedeva: "che è mai questo?", perché ognuno li sentiva parlare nella propria lingua. Luca enumera tra gli ascoltatori stupiti espressamente anche ebrei venuti dalla diaspora per indicare l'universalità della nuova alleanza.
L'unità nella professione di fede: tutto il genere umano, riunito o rappresentato simbolicamente in quella folla, disperso dalla Torre di Babele non solo nella varietà dei linguaggi, ma anche nella convivenza, si trova ora riunito dall'ascolto di un messaggio il quale a tutti proclama i "magnalia Dei", le grandi opere che Dio ha compianto per l'umanità nella Storia della Salvezza giunta al suo vertice.
Perché il racconto di Luca prosegue con il discorso di Pietro: una confessione appassionata della sua fede in Cristo, il Risorto, l'affermazione coraggiosa della missione affidata agli apostoli: sarete miei testimoni in Gerusalemme, in Giudea, nella Galilea, fino ai confini del mondo. Parole infuocate dallo Spirito, perché tutti furono toccati nel cuore e domandavano agli apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?" E Pietro rispondeva: "Ravvedetevi e fatevi battezzare.... per ottenere il perdono dei vostri peccati, e allora riceverete il dono dello Spirito Santo". Era l'alba del cinquantesimo giorno, che segna l'inizio dell'ultima stagione della Storia della nostra Salvezza.
Cari Fratelli e Sorelle, canta la Chiesa: "Oggi si sono compiuti i cinquanta giorni, oggi lo Spirito Santo si è manifestato nel fuoco"! Non è un'iperbole, non è una frase ad effetto: è la verità. lo Spirito mandato dal Padre nella Pentecoste, presenza di Cristo nella sua Chiesa fino alla fine dei tempi, è sempre vivo e operante nella liturgia mediante la parola che lo Spirito rende efficace perché compia ciò che significa.
Oggi, nella celebrazione di questa eucaristia, lo Spirito si effonde su di noi, nuovo Israele: perché crediamo, ci pentiamo dei nostri peccati e viviamo come figli di Dio proclamando con la testimonianza della vita le opere che Dio ha compiuto in noi per mezzo del suo Spirito. "Vieni Spirito santo, infiamma il nostro cuore col fuoco del tuo amore".
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SEQUENZA
Vieni, Santo Spirito,manda a noi dal cieloun raggio della tua luce.
Veni, Sancte Spíritus,
et emítte cǽlitus
lucis tuæ rádium.
Vieni, padre dei poveri,vieni, datore dei doni,vieni, luce dei cuori.
Veni, pater páuperum,
veni, dator múnerum,
veni, lumen córdium.
Consolatore perfetto,ospite dolce dell'anima,dolcissimo sollievo.
Consolátor óptime,
dulcis hospes ánimæ,
dulce refrigérium.
Nella fatica, riposo,nella calura, riparo,nel pianto, conforto.
In labóre réquies,
in æstu tempéries,
in fletu solácium.
O luce beatissima,invadi nell'intimoil cuore dei tuoi fedeli.
O lux beatíssima,
reple cordis íntima
tuórum fidélium.
Senza la tua forza,nulla è nell'uomo,nulla senza colpa.
Sine tuo númine,
nihil est in hómine
nihil est innóxium.
Lava ciò che è sordido,bagna ciò che è arido,sana ciò che sanguina.
Lava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium.
Piega ciò che è rigido,scalda ciò che è gelido,drizza ciò ch'è sviato.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.
Dona ai tuoi fedeliche solo in te confidanoi tuoi santi doni.
Da tuis fidélibus,
in te confidéntibus,
sacrum septenárium.
Dona virtù e premio,dona morte santa,dona gioia eterna.
Da virtútis méritum,
da salútis éxitum,
da perénne gáudium
SPECIALE * Lo Spirito Santo vivo e vicino *
Immagine e Somiglianza
Ci sono diverse categorie che riprendono la distinzione logica e non semantica (di significato) tra immagine e somiglianza (per l'uomo della Bibbia infatti dire somiglianza o dire immagine vuol dire ripetere e rafforzare lo stesso concetto).
In sostanza secondo la "Scolastica" la distinzione indica che abbiamo una identità ontologica comune con la natura divina (immagine), ma abbiamo anche la stessa capacità operativa (somiglianza), che per noi si dispiega nel tempo mentre per Dio lo è nell'eternità.
La teologia medievale ha elaborato che l'immagine appartiene all'uomo e non può essere distrutta. Nemmeno i nostri peccati più efferati, la nostra infedeltà più assurda può cancellare l'immagine.
La somiglianza è l'adeguamento storico che l'uomo ha a questa immagine: dipende dal suo sforzo, dalla sua libera collaborazione, dall'impegno che vi mette con i sacramenti, con la grazia, con l'ascolto e con l'azione dello Spirito Santo nella propria vita.
Ecco perché esiste l'inferno... l'inferno è la creatura che ha l'immagine, cioè fa parte della natura di Dio, ma ha scelto nella somiglianza di non adeguarsi a questa immagine. Questo è il dolore dell'inferno. L'inferno non è una situazione in cui Dio ci mette ma che noi scegliamo (contro le accuse ariane di alcuni che affermano che "è impossibile che Dio ti mandi all'inferno"), Dio non ti manda all'inferno sei tu che decidi di andarci.
Il dolore infinito è che tu con il tuo peccato, con la tua scelta di non adeguarti all'immagine, scegli di stare lontano da ciò che sei in merito all'"uguaglianza" con la natura divina.
Chi è lo Spirito Santo nella storia della salvezza e chi è la Trinità?
Lo Spirito Santo è per natura stessa, e lo si desume dalla sua presentazione storica nella Bibbia, la parte di Dio che desidera stare nascosta, è la parte di Dio discreta.
E' un po' come Maria nella storia della salvezza per cui non assume una dimensione eclatante, trionfalistica, esplosiva, eccetto rari casi necessari storicamente: la prima discesa dello Spirito Santo, alcuni episodi paradigmatici nella storia della chiesa come corpo mistico e nella storia della chiesa nella vita dei santi, sia quelli manifesti che nascosti.
In genere lo Spirito Santo tende a stare discreto perché vuole portare alla luce i veri protagonisti della storia della salvezza: in primis Gesù Cristo che è la Via, la Verità e la Vita, il primogenito del Padre; immediatamente dopo la persona del Padre, da cui ogni paternità in Cielo ed in terra; in ultimo l'uomo in quanto somiglianza e quindi risposta a Dio.
Qual è la vera sostanza della venuta di Gesù?
La sostanza del Vangelo non è che Gesù sia venuto per la nostra salvezza, quello è qualcosa che accade perché c'è stato il peccato, il peccato originale e tutto ciò che deriva dal peccato originale: Gesù è venuto per la nostra salvezza? Sì!
Questo fatto è la sostanza del vangelo? No!
Gesù si sarebbe comunque incarnato, in tempi diversi rispetto alla pienezza dei tempi che è avvenuta circa duemila anni fa, indipendentemente dal fatto che l'uomo avesse o non avesse peccato. Gesù, il Verbo, si sarebbe incarnato nel seno di una vergine, Maria di Nazareth, anche se non sappiamo come e quando sarebbe avvenuto, per manifestare il Padre, perché soltanto il Figlio rivela il Padre.
San Giovanni nel vangelo è molto chiaro, soltanto il Verbo fatto carne rivela il Padre, quindi né Adamo né Eva avevano l'immagine piena della paternità di Dio; avevano comunque una immagine di Dio chiara, netta e distinta, come diceva chiaramente Sant'Ireneo, ma erano bambini, non avevano ancora la rivelazione piena della paternità di Dio che avviene soltanto in Gesù Cristo!
Ecco perché lo Spirito Santo vuole stare nascosto, perché desidera fondamentalmente rivelare la figliolanza divina "attraverso", "per" ed "in" Gesù Cristo.
Ed è per questo che Gesù sostanzialmente è stato ucciso, perché non è stato riconosciuto come Figlio di Dio e quindi non è stata riconosciuta in qualche maniera anche la nostra natura filiale con Dio.
Per l'Ebreo era difficilissimo, come difficile lo è paradossalmente per i mussulmani, concepire una immagine di presenza amorosa e vicinanza con Dio tale che Lui non è soltanto l'Assoluto, l'Onnipotente, colui che tutto può, colui che tutto crea, ma è anche ... il Padre.
Come è difficile per l'Islam (questo purtroppo è il suo limite), così lo è per gli Ebrei, per questo Gesù è stato ucciso.
Non solo Gesù rivela il Padre ma addirittura lo rivela con una modalità che allora era considerata una bestemmia; non lo chiama soltanto Padre, come altre volte nella Bibbia è stato chiamato in qualche maniera in previsione dell'incarnazione, ma lo chiama addirittura Abbà, che dall'ebraico non si può tradurre con una parola della lingua italiana, lo si può spiegare come l'atteggiamento affettivo, dialogico, filiale, di un gesto più che di un parola: cioè l'abbandono che il bambino ha nelle mani e nelle braccia del Padre.
Infatti potremmo tradurlo con un gesto affettuoso: i figli abbracciati al proprio papà che gli dicono "caro papà mio, caro papino, caro babbino, caro babbone". E' un modo che rivela tutta una esistenza di intimità, di abbandono. Questa era ancora una bestemmia più grande per la mentalità dell'Ebreo.
L'opera fondamentale dello Spirito Santo è proprio questa: fare in modo che il credente, pian piano, passi, appunto, da credente a figlio, diventi figlio, diventi totalmente figlio. Ma non figlio di un padre padrone, ma figlio dell'Abbà cioè del Padre teneramente amato e del Padre che teneramente e profondamente e visceralmente, con viscere di misericordia, lo ama!
Amati con viscere di misericordia
Questo nei salmi era già presente ed anche più tardi negli scritti sapienzali e con i profeti successivamente ancora, in cui Dio è colui che è carico di viscere di misericordia, in ebraico si pronuncia così "kilè olàm hasdò", per noi "eterna è la sua misericordia", cioè "eterno è il suo Amore viscerale per noi".
E' talmente vera l'esperienza del popolo riguardo a questo amore viscerale, che lo celebrava anche nella liturgia. Infatti il salmo che dice "eterna è la sua misericordia con noi" ripete costantemente questa frase come un ritornello dialogico. Ecco perché la liturgia non è mai l'espressione solamente di qualcuno, di una casta, o l'espressione di un coro, ma un'espressione dialogica, cioè l'espressione potremmo dire del salmo responsoriale in cui c'è colui che proclama, che può essere un coro o comunque la funzione ministeriale del presbitero, del diacono, dei ministranti e il popolo che riconosce questo Amore e lo ripete come un ritornello. Questo è molto importante anche nella concezione che ha lo Spirito Santo della liturgia, che non è soltanto mistero come si dava il privilegio espressivo prima del concilio, in cui gli altari erano addirittura girati per cui il celebrante stava di spalle per esprimere il mistero della consacrazione e dell'incarnazione che avveniva nuovamente con la transustanziazione delle specie (diventano vera ed attuale presenza del Cristo Glorificato: il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo) ma diventa dialogo "tra pari". Ora è ovvio che Dio non è pari a noi ma è l'Amore di Dio che rende noi pari a Lui, così come era ed è l'Amore di Gesù che rendeva e rende tuttora amici i suoi che gli stavano e stanno vicini! Perché in realtà il rapporto di amicizia con Gesù non era possibile evidentemente, c'era uno scarto infinito, ma è Gesù che chiama "amici" e chiamando "amici" rende i suoi vicini, profondamente intimi, addirittura anche i suoi nemici, compreso Giuda!
E' l'Amore di Dio che ci abilita a questo! Ad un rapporto paritario, in un certo qual modo, con Lui.
Cosa vuol dire viscerale?
Viscerale s'intende un legame quasi simbiotico, che c'è (anche se non in questo caso perché perfettamente sano ed equilibrato) tra una mamma e il proprio figlio. E' un legame che la natura umana maschile difficilmente riesce ad inquadrare in quanto è fondamentalmente legato all'ontologia, all'essere della donna che porta nel suo seno il bambino.
Allo stesso modo e molto di più, perché è un discorso che noi facciamo per analogia nello Spirito Santo, è Dio che ci ama in maniera viscerale come se fossimo una cosa sua. Tantissimi sono i riferimenti che ci dicono questo: le viscere di amore e di misericordia, l'amore sponsale che Dio ha per il suo popolo, il dramma del profeta Osea a cui bisogna rimandare tutte le volte che Dio dice che noi siamo come la pupilla dei suoi occhi. Questo vuol dire che noi facciamo profondamente parte della famiglia della natura di Dio.
Cosa opera lo Spirito Santo nella storia della salvezza?
E' opera dello Spirito Santo portare il credente alla coscienza non psicologica o mentale ma esistenziale, del cuore inteso in senso biblico, che è l'esperienza della paternità profonda di Dio, di una intimità fortissima che già è, e che attende di rivelarsi nella storia attraverso la somiglianza, la risposta responsabile della creatura che capisce, riconosce questo Amore e vive e cerca di vivere in questo Amore.
Questa è la vita nella grazia! Questa è la vita nello Spirito Santo!
Quindi i comandamenti e tutte le indicazioni, diciamo parenetiche anche delle lettere pastorali di San Paolo (cioè quelle di carattere morale), hanno funzione soltanto alla luce di questo che stiamo dicendo. La vita cristiana non è un "fare alcune cose e non farne delle altre", è sostanzialmente fare esperienza di questo Amore viscerale e profondo, potremmo dire dell'ontologia naturale di Dio che esiste già nel nostro cuore e che attende di essere rivelato e portato alla luce ed esplicato nella storia. Questa è la somiglianza.
Come opera lo Spirito Santo nella storia della salvezza?
Altra premessa che bisogna fare è questa: tutte le categorie che noi utilizziamo sono categorie povere perché esprimono un qualcosa che è ben aldilà dei concetti e che è un dono nella grazia, perché abbiamo comunque bisogno di immagini, di cose semplici. Proviamo ad immaginare che la nostra persona sia fatta ad immagine e somiglianza di Dio e che questa immagine e somiglianza si esprima attraverso due bisogni fondamentali: non soltanto della vita storica, espressiva, quotidiana, della vita psichica, ma della vita ancora più profonda che è la vita intra-psichica, che è la vita spirituale. Noi sappiamo che nella nostra persona sono presenti due livelli molto importanti: quello psichico e quello spirituale. Non siamo però divisi, questi due livelli non possiamo tenerli distinti, separarli con un coltello: "fino a qui c'è il livello psichico e da qui parte quello spirituale". Noi siamo una persona e quindi una "unità".
La nostra vita psichica si esprime attraverso una corporeità perché se io non avessi corporeità voi adesso non sentireste nulla. Una persona si esprime attraverso i gesti, attraverso uno sguardo o gli atteggiamenti e a volte parla anche senza utilizzare le parole.
Tra i bisogni che noi abbiamo nella nostra vita oltre a quelli prettamente fisiologici (mangiare, bere, dormire), esistono due bisogni di natura strettamente psichica e spirituale che sono molto importanti e forse più importanti di quelli di natura fisiologica: sono il bisogno di AFFETTIVITA' e di IDENTITA'.
Questi bisogni ci caratterizzano come esseri umani ed esseri relazionabili, perché la relazione avviene tra più identità ed in genere è sempre una relazione affettiva, (infatti un bambino può anche essere nutrito, ma se non viene amato, sotto esperimenti ormai provati ed assodati, il bambino muore, non basta il nutrimento fisico, ma ha bisogno del nutrimento che è l'amore, l'amore dei genitori e l'amore delle figure genitoriali, se i genitori sono assenti cioè delle figure di riferimento che lo fanno sentire amato).
Per noi sono essenziali la dimensione affettiva e la dimensione dell'identità, addirittura si potrebbe dire che l'unica dimensione essenziale è quella affettiva essendo quella dell'identità quasi una "derivata" dalla prima.
Questo è vero perché siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio e "Dio è Amore" come ci dice anche San Giovanni nella 1a lettera, poi, come ci dice anche la Sacra Scrittura, Dio è Padre, è Figlio, è Spirito Santo, sono tre persone, tre autonomie, distinte, ma si vogliono così tanto bene che sono una cosa sola!
Vediamo quanto è importante l'aspetto dell'identità anche nella Trinità, quanto è importante che le persone siano "diverse", perché anche Dio non può stare solo ... in un certo senso, Dio fa famiglia dentro di sé.
Il fatto che noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio significa che siamo fatti ad immagine e somiglianza della Sua dimensione affettiva e del Suo modo di essere identità.
Ecco perché Dio crea non un uomo, ma l'umanità, crea la prima coppia.
Noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio che è perfetta affettività e perfetta identità.
Bisogni di affettività e identità.
In Dio questi bisogni di affettività ed identità sono equilibrati e perfetti nell'eternità perché Dio è Amore, Amore perfetto che ama perfettamente e viene amato perfettamente! E' identità perfetta, perché il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio e lo Spirito Santo è lo Spirito Santo! Ognuno ha la sua identità ma nessuno reclama questo ruolo con gelosia: ognuno vive questo ruolo nell'amore, anzi l'amore che c'è tra il Padre e il Figlio è talmente forte nell'eternità che è una persona egli stesso e non potrebbe essere altrimenti: è lo Spirito Santo! Ecco perché lo Spirito Santo ha un ruolo discreto e nascosto: è l'Amore che rivela l'Amore. Noi abbiamo questi bisogni fondamentali di affettività e di identità, rappresentati nel disegno da una palla che sta a galla nell'acqua e noi siamo quella sfera (vd catechesi Abba).
Siamo a galla fra due situazioni esistenziali: quella cosciente (sopra la superficie dell'acqua) e quella non cosciente (sotto la superficie dell'acqua).
Di solito quella non cosciente chiamata anche inconscio è molto più grande della situazione visibile, immediata, che è il nostro conscio, la nostra razionalità, il nostro razionale strutturato dall'evidenza.
Il nostro inconscio nasconde tanti aspetti: l'aspetto strutturale con cui siamo nati, l'aspetto esperienziale su cui siamo cresciuti (la nostra storia, le nostre esperienze passate, quelle con i nostri genitori, l'esperienza nel seno di nostra madre, l'esperienza culturale e sociale nella quale siamo cresciuti).
In realtà è una sfera molto più ampia, molto più nascosta.
Dalla parte inconscia nasce questa spinta forte di affettività e di identità.
Sin da bambini si struttura una "forza" di controllo di queste energie; la fase di controllo di questi due grandi bisogni, si chiama "Super io".
Questi non è altro che quel mondo fatto di regole ed "introiettato", quel qualcosa sopra l'inconscio e la coscienza, che aiuta il bambino a muoversi nel mondo.
Il Super io è molto importante, le regole sono molto importanti perché altrimenti uno rischia di distruggersi (es. della presa elettrica e della curiosità dei bimbi).
Il problema è che nel mondo le regole, se dietro non c'è amore, e talvolta non c'è, sono difficili da sopportare.
Quando si sopportano? Si sopportano se uno ha imparato e ha fatto esperienza, prima che delle regole, dell'amore; se i genitori oltre alle regole hanno fatto percepire tanto, tanto amore e se le regole sono state date per "proteggere" il bambino.
Inoltre, quando manca la dimensione di amore nel bambino, questo difficilmente da grande riuscirà ad avere una sana esperienza di Dio, perché difficilmente riuscirà ad incontrare Dio Padre se nella sua famiglia c'è stata una confusione di ruoli.
Questo crea conflitti di identità e purtroppo difficilmente avrà una sana esperienza di Dio oltre che una non corretta acquisizione della propria identità pisco-sessuale.
Questa ferita che noi ci portiamo dietro, di percepire Dio in maniera sbagliata è causata dal peccato originale, dentro di noi c'è un aspetto che percepisce Dio come un nemico, come uno che ti vuole fregare.
Quando il Super io ha un eccessivo controllo, senza amore, non ci fa assumere bene questi due bisogni.
Se pensiamo a noi come a questa sfera, per il famoso principio di Archimede, noi riceviamo una spinta dall'alto e una spinta uguale e contraria dal basso. (es. del gioco con la palla al mare).
Abbiamo su questi due bisogni due spinte: una dal Super io e una dal basso dall'inconscio, che possono essere di diverso tipo (sessuale genitale nel bambino, nell'adulto guardando una bella ragazza, l'istinto sessuale non è un peccato, dipende poi come si reagisce di fronte a questo bisogno).
Quando non c'è un controllo giusto di questi bisogni, ma un controllo eccessivo, questa palla è spinta verso il basso.
Dicevamo che se la palla viene spinta sotto l'acqua acquista una forza enorme dal basso verso l'alto (principio di Archimede), poiché però la forza non è uniforme, la palla tende a scappare di lato.
La stessa cosa succede più o meno nella nostra vita psichica e spirituale: se questi bisogni non vengono assunti bene, ne vengono fuori altri: depressione, ira, masturbazione, vita disordinata nei bisogni fisiologici, crisi di pianto, perfezionismo, masochismo, sadismo, criticismo, dominio, somatizzazione.
Perché esiste una spinta dall'alto verso il basso? Il bambino è un immenso bisogno di amore e di identità che si esprime come? Nella ricerca-desiderio di essere amato e di capire chi è, di capire se stesso. Questo è un processo che nasce dal seno materno e si esprime crescendo fino all'età adulta attraverso la coscienza di sé e il taglio di sé da altro che non è se stessi, quello che si chiama appunto desatellizzazione.
Il bambino nel momento del parto, quando viene alla luce, compie il primo taglio grosso, enorme, traumatico, necessario, di desatellizzazione: non sta più in una situazione simbiotica nel seno della madre, esce fuori alla vita, e questo è indispensabile perché la creatura sia se stessa e nel tempo diventi adulta. E' la prima volta che prende coscienza di sé come qualcosa di distinto dalla madre. Questo processo avviene pian piano, anche attraverso le attività di nutrimento e di affetto essenziali mediante il seno della madre. All'inizio il bambino ha la percezione che sia tutt'uno con il seno materno, poi pian piano si distacca da questo e prende coscienza delle proprie manine, dei propri piedini, del proprio mondo che lo circonda e vede la mamma come qualcos'altro che è vicino ma distante da sé.
Questo bisogno di identità continua perché il bambino è sempre pieno di curiosità, perciò è necessario porre delle regole: il bambino potrebbe, per esempio mettere le sue dita nella presa elettrica non sapendo di farsi del male. Per lui è un bisogno di capire, di curiosare, è il bisogno primario che ha di auto distinguersi dalla realtà e di capirsi. Le regole sono importanti perché permettono al bambino di non distruggersi. E' fondamentale che ci sia una coscienza al di fuori di lui che l'aiuti con delle regole a fare delle cose che non gli facciano del male ma servano per conoscersi. Per lo stesso motivo servono i giochi, andando avanti nell'età superiore ai due e tre anni, occorre l'esperienza con altri bambini, con altre persone che lo aiutino a capire che esistono altri da sé. Questo è il principio di identità. Man mano crescendo (non cresce mai in situazioni di mammismo o di vitellonaggio) porta all'età adulta cioè alla coscienza di sé distanti da.
Perché è importante il bisogno di identità? Perché soltanto quando una persona ha maturato veramente il bisogno di identità, è capace di donarsi. Perché soltanto nella coscienza di ciò che io sono posso decidere responsabilmente di essere un dono! "IO" un dono, se non c'è l'IO di identità non c'è il dono ma c'è la simbiosi. Ora purtroppo questo non avviene così automaticamente e in modo così netto nel tempo tanto è vero che noi ci portiamo tante ferite e tanti rapporti simbiotici (nelle amicizie, con il partner, nei gruppi di crescita cristiana), per cui le nostre relazioni non sempre sono nella coscienza di "IO dono per gli altri", ma "gli altri funzionali a me" per cui esiste una simbiosi, non esiste amore!
Si maschera così bene questa simbiosi che sembra amore, ma non è amore, è semplicemente il nostro bisogno immaturo di identità che appunto non è maturato. Poiché non è maturo questo bisogno, non matura neanche la capacità di amare, di essere io dono per gli altri!
Soltanto colui che veramente si possiede, si dona.
Il nostro cammino di conversione è un cammino di conversione nell'amore e nella capacità di donarci e quindi nella capacità di essere io distinto dagli altri, capace di donarmi nello Spirito Santo agli altri e nella modalità con cui lo fa Dio cioè ...gratis!
Questo è un cammino che dura tutta la vita! E che non finisce ad un certo punto, ce lo insegna la vita dei Santi. La conversione è perenne in questo, lo stesso San Francesco, qualche tempo prima di morire, ha dovuto compiere un ulteriore salto di riconoscenza di identità, di desatellizzazione capendo che i frati, che erano stati da lui generati nel vangelo, nell'osservanza del vangelo, non erano cosa sua, ma erano cosa di Dio. E quando lui vide che alcune cose non andavano secondo il suo progetto, nell'ambito dell'ordine appena creato dopo la regola del 1223, e che l'ordine stesso andava a scatafascio per tante cose o comunque si distanziava dal carisma originario, si rivolse a Dio, che gli rispose : "tu fai quello che ti è chiesto, l'ordine non appartiene a te, ma appartiene a me!". Francesco prima di morire ha fatto, ancora una volta, una esperienza di conversione, di crescita, di identità: ha capito che lui era distinto e non unito simbioticamente alla sua creatura, ma la sua creatura era qualcosa di altro da lui: proprietà di Dio! Non si smette mai, come Francesco prima di morire nell'apice della santità, di convertirsi, e di essere sempre più desatellizzati, sempre più autonomi. Tutto quello che stiamo dicendo, tutta questa opera di conversione avviene fondamentalmente attraverso lo Spirito Santo il quale opera in forma misteriosa, in forma storica e in forma concreta.
In una forma misteriosa attraverso la grazia (che non è una forma quantificabile), in una forma storica attraverso le esperienze e in una forma concreta attraverso i mezzi che Dio ha voluto ancora presenti e sussistenti, perfettamente forti nello Spirito Santo che sono: la Parola, la comunità, i sacramenti, la direzione spirituale e comunitaria, e tutta l'esperienza che ci viene dall'esercizio di queste appena elencate e tutta l'esperienza data dalla comunità e in sommo grado dai pastori, quindi dal servo dei servi, dei servi di Dio che è il Papa, dal Vescovo e da coloro che il Vescovo e la chiesa manda come preposti alla nostra guida comunitaria, anche nell'aspetto personale rappresentato dai fratelli e dalle sorelle nella fede che svolgono un ministero di direzione spirituale (la direzione spirituale, anche se è legata strettamente alla confessione, non sempre necessita di questo, anche una sorella che ha l'abilitazione dal Vescovo, dalla comunità, o per esperienza come una suora o una sorella laica che è più avanti nel cammino di fede può esercitarla, è ovvio che non potrà confessare).
Noi abbiamo delle ferite interiori a causa del peccato originale e che quindi fanno parte della nostra storia di viventi. Sappiamo che il peccato originale nasce con Adamo ed Eva (coppia primigenia), i quali hanno scelto liberamente, in una forma di equilibrio che a noi è nascosta ma estremamente somma, di non fidarsi di Dio, ma di cadere nelle paure e nei fantasmi e quindi sostanzialmente nella superbia istigata da Satana. Ora, in seguito a queste ferite, gli aspetti direttivi cioè di controspinta dall'alto verso il basso dei nostri bisogni di affettività e di identità non sempre sono nell'amore ma sono prettamente regole e basta! Ovviamente qui ragioniamo per chiaroscuri perché nella realtà non è mai così. Più che avere la figura del Padre abbiamo una figura direttiva che spinge al formarsi di regole dentro di noi, che introiettiamo e che fanno parte di noi stessi: il super-io. Queste regole ci aiutano a non fare danni nel comportamento sociale (es. una regola imparata da piccoli su indicazione della mamma o del babbo, ci accompagnerà tutta la vita come una regola giusta). Non sempre queste regole (date dai genitori, dalla società o anche dalle figure significative, dagli insegnanti, da coloro che hanno una proprietà direttiva) sono accompagnate dall'amore, perché le persone che svolgono questa funzione di indicazione di contenimento dei bisogni di affettività e di identità, non sempre sono persone completamente equilibrate, perciò ci danno delle indicazioni e delle regole che non sono sempre colmate e sostenute e non hanno sempre l'afflato dell'amore ma hanno a volte l'afflato della regola per la regola. Come l'esempio che ci viene dal personaggio della sig.ra Rottermeier nel cartone animato di Heidi "... tu non dovere fare questo!" Quando queste indicazioni, così direttive, nella nostra vita sono forti, si riflettono poi anche nell'ambiente di lavoro, quando diventiamo adulti, o in figure quasi "oggettive" come il governo, i politici; allora abbiamo una reazione perché non percepiamo davanti alla regola, soprattutto se non c'è ovviamente, la dimensione dell'amore ma soltanto la dimensione della repressione!
Quindi noi spesso siamo schiavi nella nostra vita di convenzioni direttive che non ci fanno assumere responsabilmente i bisogni di identità e di amore. Ora se la spinta dall'alto verso il basso dei bisogni direttivi è talmente forte che non è equilibrata nell'amore, determina il fuoriuscire di questi istinti, come l'affettività e l'identità, lateralmente con delle forme di compensazione che spesso portano a quello che chiamiamo strutture di peccato. Una compensazione può essere: la masturbazione, una vita disordinata, una forma di accidia, di voglia di non voler vivere, di non reagire alla vita, agli stimoli anche belli che la vita ha, potrebbe essere anche una lussuria che non riguarda soltanto l'aspetto dei sensi legati alla genitalità ma anche il cibo, una lussuria riguardante il potere, il comperare le cose, il voler possedere sempre l'ultimo cellulare, la macchina, cioè essere schiavi di una serie di convenzioni. Questo nasce dal nostro bisogno di identità, di amore che viene disordinato da una spinta irregolare, una spinta data dalla struttura esterna che nel tempo abbiamo introiettato dentro di noi, nata dalle regole ma senza amore. Queste a sua volta alimentano non soltanto dimensioni di peccato ma anche dimensioni di ferite psicologiche; potremmo dire anche, parallelamente all'accidia, un aspetto che non è legato al peccato, non sempre almeno, ma è legato alla ferita psichica (depressione), può essere l'anoressia che è tipica soprattutto della donna; ancora vi può essere la violenza fisica o verbale tipica più che altro dell'uomo, la violenza della donna è tipica sotto la sfera affettiva. Non ci sono soltanto dimensioni di peccato ma anche dimensioni psichiche che vengono ferite da questa non percezione corretta delle regole. Queste a loro volta, nel momento stesso in cui ci accorgiamo che abbiamo infranto la regola, non fanno che rafforzare la regola stessa cioè il super-io, nasce così il senso di colpa.
Praticamente una cattiva direttività, una cattiva regola non fa altro che aumentare il senso di colpa, non la coscienza di colpa che è un'altra cosa, che è un dono dello Spirito, come vedremo.
Quindi a sua volta instaura un ciclo di morte, un nucleo di morte che non si spezza mai nella vita della persona, perché una regola fatta senza amore non fa che aumentare le fughe, (quelle che abbiamo elencato sopra).
Le fughe non fanno altro che aumentare il senso di colpa e rafforzare la regola, la quale a sua volta rafforza ancora di più la fuga e così via. E' un nucleo di morte!
Questo è l'effetto principale del peccato originale e cioè che noi siamo schiavi di una immagine distorta della regola e quindi sostanzialmente di una immagine di Dio. Ecco perché una cattiva catechesi che punta molto sulla regola e non punta sull'esperienza dell'amore, (e parlo di esperienza perché non basta dire che Dio è Amore, non basta dire che Dio ti ama, che è importante, ma è importante fare esperienza fisica che Dio veramente ti ama), ti comunica un'immagine di Dio distorta.
Perché se tu non fai questa esperienza, rimani soltanto con una concezione a livello mentale, catechetico-mentale, che non fa altro che rafforzare una cattiva interpretazione della visone di Dio!
Chi è colui che spezza e corregge la visione di Dio nel tuo cuore e quindi nella tua testa?
E' sostanzialmente e storicamente per noi ora lo Spirito Santo!
Perché è lo Spirito Santo che rende continua e viva nella chiesa la vita di Gesù, e poiché Gesù è il figlio di Dio, è il "collirio" che ti dà la capacità di correggere l'esatta visione di Dio.
Ti porta la visione corretta di Dio, che non è Super io, non è regola ma è sostanzialmente Padre!
E quindi non è soltanto giustizia, non è soltanto comandamento regola, ma è Amore che genera la giustizia e la regola, è misericordia; è Amore viscerale, è le viscere di misericordia che genera la regola per te!
Ora noi sappiamo che anche nell'esperienza umana più spicciola, una stessa regola, una stessa legge se vissuta nell'amore ha una valenza diversa, non porta più il suo peso psichico, anzi il suo peso porta la sua libertà di responsabilità! Porta la sua libertà liberante, non rende schiavi: è la regola per la regola che rende schiavi, è il super-io che rende schiavi, è il super-io condizionato da una immagine di Dio distorta che rende schiavi ...
E' lo Spirito Santo che ci rende liberi perché corregge l'immagine di Dio! Non ci dà più l'immagine di Dio padre-padrone, ma ci porta dalla tirannia alla visione corretta, quella visione per cui Gesù è venuto, per cui il verbo è venuto nel mondo, perché Gesù è venuto in mezzo a noi, per cui il Verbo dell'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo si è incarnato e ha generato Gesù! Ha generato Gesù nel seno di Maria per correggere la nostra ferita, il nostro peccato originale, per portare a compimento quello che è veramente scritto nella storia dei tempi, nel cuore di Dio e cioè che noi siamo figli suoi!
Non ha scelto gli angeli, non ha scelto altri, ha scelto l'uomo! Per fare in modo che veramente l'uomo sperimentasse di essere suo figlio! Questa è azione dello Spirito Santo!
Dal momento stesso in cui Gesù è asceso al cielo, lo Spirito Santo ha la responsabilità piena di portare tutti i figli di Dio, tutti i credenti alla coscienza della paternità divina!
E questo avviene storicamente attraverso un "sacramento" privilegiato che è la chiesa, la comunità, l'esperienza dell'annuncio e dell'amore insieme all'annuncio, e della regola insieme all'annuncio. Non può non avvenire che nella chiesa. La chiesa innanzitutto non è un'esperienza di ciò che si fa e di ciò che non si fa, di ciò che salva e di ciò che non salva; la chiesa è chiamata ad essere un'esperienza nello Spirito Santo dell'Amore del Padre! La chiesa ha questa funzione privilegiata in tutti i suoi membri: parliamo quindi di chiesa militante e di chiesa docente, di chiesa che istruisce, di chiesa che conferma, di chiesa che guida, di chiesa che vive. Non soltanto quindi la chiesa di tutti i credenti battezzati, ma la chiesa di tutti i credenti battezzati che hanno un servizio di ministerialità, di servizio, di conferma nella fede: in sostanza parliamo di Pietro, parliamo del Papa, dei Vescovi, dei sacerdoti, dei diaconi e di tutti coloro che sono mandati. Tutti quanti sono chiamati a fare un'esperienza di misericordia e a dare un'esperienza di misericordia.
Questa è l'opera principale dello Spirito Santo che avviene attraverso la chiesa. Potremmo dire che gli stessi sacramenti e la stessa Parola di Dio, hanno "senso" non autonomo ma perché c'è la chiesa, se non ci fosse la chiesa che ci ha annunciato la Parola, il Kerigma, non avremmo il Kerigma stesso. E' la comunità, è l'esperienza nello Spirito Santo dei figli di Dio che genera altri figli di Dio attraverso il Kerigma! E' la chiesa che amministra come serva e come fede i sacramenti che sono indispensabili nella vita cristiana; parliamo innanzitutto dei sacramenti dell'iniziazione (battesimo, cresima-confermazione, Eucarestia), del sacramento della riconciliazione. Sono questi i doni che sono nella chiesa per opera dello Spirito Santo.
Vi sono altri gesti sacramentali tra cui potremmo citare la direzione spirituale che è un servizio specifico che il fratello fa al fratello affinché cresca nella coscienza dell'Amore di Dio per lui. Nella direzione spirituale vi è la possibilità di svelare la capacità che il fratello ha di amare Dio e i fratelli come Dio ama, cioè come figlio, cioè come colui che diventando sempre più libero diventa sempre più cosciente di sé al fine di donare se stesso fino ad arrivare alla lavanda dei piedi, alla piena coscienza di Gesù che si dona.
Questa è opera dello Spirito Santo! Soltanto lo Spirito ci salva, corregge l'immagine del Padre, ci dona l'immagine corretta del Padre quindi ci toglie dalla tirannia, spezza le catene antiche e ci offre la salvezza vera! Lo Spirito Santo opera in maniera diretta attraverso tutti i mezzi che abbiamo detto: la Parola, il Kerigma, la Grazia in una maniera misteriosa, attraverso la storia, attraverso gli affetti, attraverso le esperienze gioiose e dolorose della nostra vita, le esperienze che segnano il limite, attraverso l'esperienza della comunità, della chiesa che è il contenitore necessario affinché questa esperienza nello Spirito Santo si faccia, attraverso l'esperienza della coscienza individuale, attraverso l'esperienza della preghiera personale, di quella comunitaria che sono come due facce della stessa medaglia ma necessarie.
Però lo Spirito Santo opera anche attraverso circostanze storiche, potremmo dire parallele: quando la chiesa, davanti a situazioni particolari, si serve di specialisti psichici (ovviamente con molto equilibrio). Questi specialisti lavorano sotto il punto di vista mentale per liberare e per aiutare le persone a liberarsi dai problemi e dai legami dell'anoressia, della depressione, nei confronti dei farmaci. Quando la chiesa opera in questa maniera, non fa altro che obbedire al Dio della vita e lavorare nello Spirito Santo. Ovviamente ci vuole tanto discernimento: non è automatico che tutta la psicologia venga dallo Spirito Santo, la cosa è mista, confusa. La stessa cosa dicasi per l'azione farmacologica, anch'essa non viene tutta dallo Spirito Santo. Però nello stesso momento in cui noi diamo un'aspirina ad una persona che ha mal di testa, in qualche maniera facciamo un gesto d'amore, facciamo un gesto di vita e quindi in qualche maniera obbediamo allo Spirito Santo e aiutiamo la persona a fare un'esperienza di liberazione: questo fanno i medici.
Magari il servizio del medico fosse vissuto così, ci sarebbe sicuramente meno durezza negli ospedali e ci sarebbe una guarigione più rapida e più efficace di tante malattie.
Perlomeno perché: primo si guarderebbe la malattia con occhi diversi e seconda cosa, sapendo che tante malattie dipendono molto dal nostro stato affettivo e dall'esperienza che noi facciamo dell'amore, questa cosa verrebbe tenuta maggiormente in considerazione. L'esperienza dell'amore ci può venire anche da persone che non appartengono direttamente alla chiesa e che comunque vi appartengono soltanto nel mistero cioè in un ambito più allargato. L'esperienza dell'amore ci può venire anche da persone che hanno coscienza dell'umanità e che ci fanno vivere una vera esperienza dell'Amore di Dio e quindi anche di chiesa, perché "dove due o più persone sono riunite nel nome di Cristo (e non parliamo soltanto del nome esplicito ma anche di nome implicito), lì Dio è presente!" Quindi Dio è presente anche se un ateo fa un gesto, ci dà un tozzo di pane perché abbiamo bisogno di nutrirci. Ecco perché Gesù è molto chiaro nel vangelo dicendo che "coloro che non sono contro di noi sono per noi" e che spesso le apparenze ci ingannano, questo perché non sempre quelli che non sono nel "terreno circondato della chiesa" non possono essere strumenti "usati" dallo Spirito Santo. Spesso non siamo disposti ad accogliere queste persone come dei fratelli, grazie ai quali noi possiamo fare l'esperienza di Gesù tra noi. In questa maniera ci priviamo di fare questa esperienza: nel rapporto personale tra me credente e un fratello ateo, in cui c'è una comunione di affetto sana non simbiotica e c'è un aiuto reciproco nella carità, lì Gesù è presente, eccome se è presente!
E questa è opera dello Spirito Santo!
Questo dobbiamo ricordarcelo: è lo Spirito Santo colui che allarga gli steccati, è lo Spirito Santo colui che rafforza la chiesa, che dà identità alla chiesa, è lo Spirito Santo colui che non fa della chiesa un'entità che taglia col mondo ma ne fa un'entità che taglia con ciò che è mondano e immanente per trasformarlo.
La funzione della chiesa è una funzione missionaria, è feconda. Giovanni Paolo II lo ha dimostrato fino a perdere la salute e con la fatica perché ha parlato a tutti in ogni circostanza ed in ogni luogo più di chiunque altro nel mondo, annunciando il kerigma. Ha dimostrato che gli steccati del vangelo non sono steccati, che la salvezza è aperta ad ogni uomo e che è per ogni uomo e in qualche maniera è presente già nel cuore di ogni uomo: è la "capax dei", è la capacità che l'uomo ha già di accogliere Dio e di vivere nella retta coscienza. Ecco perché tante persone non sono sante canonicamente elette, anche di altre religioni, ma in qualche maniera, e questo lo sa solo Dio, rispondendo alla loro retta coscienza, forse sono più vicine a Dio di quanto lo siamo noi, pur cresciuti in un ambiente cristiano, cattolico, apostolico e romano. Perché hanno risposto alla grazia dello Spirito nelle loro possibilità, molto più fedelmente e molto più fecondamente di noi! Ci vuole molto poco a parlare di amore, ma l'Amore è un'altra cosa!
Es.: Se l'ateo mi dà un panino in una situazione di difficoltà ed io che sono credente, nella stessa situazione oggettiva di difficoltà non ho dato il pane al mio fratello, non mi salva il fatto che io sia credente e battezzato, anzi quella è una responsabilità in più, io ho fatto morire in me stesso l'esperienza d'amore, non ho aiutato l'azione dello Spirito e Dio parla come vuole! Gli esempi sono tanti... dalle professioni di fede che vengono fatte nella Bibbia dagli animali perché gli uomini tacciono, quando Gesù annuncia che se non fossero stati gli uomini a proclamare "Osanna al figlio di David" lo avrebbero fatto le pietre... non si può zittire la coscienza che Dio ha e che opera nel mondo attraverso lo Spirito!
Lo Spirito Santo è colui che ci aiuta a fare un'esperienza corretta dell'Amore di Dio e lo fa attraverso la chiesa, e lo fa per liberare l'uomo dai condizionamenti, dalle fughe, dalle debolezze, dalle catene o perlomeno per rendere le stesse catene, catene vissute diversamente, con amore, con orgoglio, con dignità. Lo stesso San Paolo aveva una catena di cui non sappiamo l'identità. Tante sono state le ipotesi dei biblisti ma sempre vane: una catena che lo legava, una spina nella carne; in realtà lo stesso San Paolo quando è stato arrestato a Roma, stava agli arresti domiciliari: nell'antica Roma consistevano in una catena che legava il carceriere e il carcerato per le caviglie, lunga quel tanto che permettesse nell'ambito dell'ambiente una autonomia al carcerato di fare i suoi bisogni. Però era legato, era incatenato. Questo non impediva a Paolo di annunciare il vangelo, lui stesso lo diceva nei suoi scritti asserendo che il vangelo non è incatenato, anzi potremmo dire che il vangelo di Paolo, la parola di Paolo non era incatenata proprio perché lui era incatenato! Lo Spirito Santo poi ci dà la capacità di vedere come adirittura alcune catene che non vengono tolte da noi, in realtà diventano di una fecondità ancora maggiore come se noi non avessimo affatto quella catena. E questa è opera dello Spirito Santo, e questo avviene soltanto se lo Spirito Santo ti fa fare una esperienza profonda dell'Amore del Padre per te! Allora che tu sia incatenato o no, che tu sia libero o no, che tu sia schiavo o no, diventi libero in realtà quando fai la libertà dalla vera schiavitù.
Quando chiediamo a Dio delle guarigioni e pensiamo che Dio non ci abbia esaudito perché la malattia non ci è stata tolta, forse Dio ci sta dando l'opportunità di guardare a quella guarigione con occhi diversi, cioè ci ha chiamati ad una identità e ad una stima ancora più grande. Ci ha chiamati ad un servizio di amore ancora più grande che forse noi non immaginiamo nemmeno.
La ricerca del taumaturgico, della guarigione per la guarigione, vuol dire mettersi fuori strada, vuol dire fare una esperienza di discepolato di Dio, ma in qualche maniera siamo ancora noi che, guidati dalle nostre paure, dai nostri fantasmi, dal Super io, dalle regole, dall'immagine distorta che abbiamo di Dio nel nostro cuore, vogliamo manipolare Dio!
Mentre Dio non si può manipolare perché Dio è Dio! Dio si può solo ascoltare. E noi possiamo soltanto essere discepoli di Dio, anche se Lui ci elegge a suoi amici, a suoi partner, Lui è sempre Dio! Lui è colui che ci dà l'essere, questa è la realtà. Allontanarsi da questa realtà, cercare di manipolare Dio, di gestire Dio come cercano di fare la magia, la chiromanzia, e ogni forma divinatoria (che talvolta si mischiano anche in certi ambienti del Rinnovamento nello Spirito, per questa ricerca del magico, per questa ricerca dell'apertura a caso della parola di Dio, non fatta come apertura profetica, ma come bisogno di manipolare Dio, di rassicurare le nostre difficoltà), rivela che non è in noi il desiderio di ascoltare Dio ma di manipolarlo. Quando succede questo, Dio appare muto, in realtà non lo è ma sta parlando e ci sta dicendo "guarda che sei fuori strada, che questa non è un'esperienza nello Spirito, ma un'esperienza in cui tu ancora desideri essere schiavo delle tue catene. Io non ti posso liberare se tu desideri ancora essere schiavo delle tue catene, perché io non voglio un burattino, ma una persona responsabile che desidera con me la libertà, la pienezza dell'identità e la pienezza dell'amore, cioè la pienezza di ciò che sei per essere veramente un dono, non soltanto per me, ma anche per gli altri, per i tuoi fratelli. Questa è esperienza dello Spirito.
Conoscere lo Spirito Santo e farne esperienza è indispensabile per entrare in questa dimensione corretta di Dio, per liberarci dalle catene, per entrare nell'esperienza corretta della patenità di Dio. Una esperienza corretta di guarigione, di preghiera, di discepolato, di chiesa.
Lo SPIRITO SANTO ti dà l'esperienza di un amore così viscerale alla chiesa che è l'esperienza dei santi, l'esperienza di Gesù, di Maria. Gesù ha amato la sua chiesa sapendo anche che sarebbe stata eretica (parola che viene dal greco, è un modo per indicare la scelta che facevano alcuni credenti nei primi secoli della vita della chiesa, sciegliendo di dissociarsi dalla comunità. Magari "fossimo tutti eretici", l'eresia etimologicamente è una cosa buona, nella prassi come la intendiamo ovviamente non lo è. Magari fossimo eretici per Dio, per lo SPIRITO SANTO, per la chiesa cattolica apostolica e romana, significherebbe che faremmo la scelta di tagliare con la mondanizzazione).
Cristo ha amato la sua chiesa anche quando sapeva che nella prassi e non nella sostanza, la sua chiesa cattolica si sarebbe discostata, con tante miserie che possiamo conoscere analizzando la storia della chiesa, dal vangelo. Questo lo diciamo perché chi studia storia della chiesa e lo fa con amore, con passione, sa benissimo che la chiesa cattolica è l'unica depositaria in pienezza, fra le chiese "sorelle", del patrimonio che deriva dalla chiesa apostolica. Però pur non sbagliando mai nei dogmi, qualche volta pastoralmente ha sbagliato, ha avuto tante deficienze non definite, papi, contro - papi, nepotismi e tanti atteggiamenti pastorali sbagliati.
Gesù ha amato e ama questa chiesa!
Cosa fa lo Spirito Santo? Ti fa amare la chiesa come la ama Gesù!
Paradossalmente è questo che spinge i santi come San Francesco a dire: "se i sacerdoti mi perseguitassero, io voglio amarli come miei signori, tanto più, quanto più mi perseguitano, perché soltanto essi amministrano il sangue e il corpo di Gesù Cristo!" Questo non vuol dire non avere occhio, o non chiamare le cose per nome. E' ovvio che se una persona, compreso un sacerdote, fa una cosa sbagliata, è una cosa sbagliata. Ma l'amore per la chiesa ti fa vedere le cose in maniera diversa, ti fa avere un senso di appartenenza totalmente diverso alla chiesa, questo è importante: la misura della maturità nel cammino nello Spirito Santo si vede da quanto e come tu ami la chiesa. Non la chiesa ideale, quella della tua testa, ma la chiesa così come è con tutte i suoi limiti e anche le sue contraddizioni, sapendo che in realtà, sostanzialmente è un patrimonio di ricchezza e di deposito della fede e dell'esperienza unica che ti dà l'esperienza nello Spirito del Padre. La maturità nello Spirito Santo porta anche a questa coscienza di chiesa. Se vuoi vedere quanto sei maturo "nello Spirito Santo", vedi qual è la tua dimensione di chiesa.
Quale esperienza fai tu di chiesa.
Quale amore hai tu per la chiesa.
Mettiamo che la chiesa ti perseguitasse, mettiamo che la chiesa per una serie di circostanze storiche, potremmo dire sociologiche, la chiesa ti perseguitasse e tu sostanzialmente (non si può mai dire in senso assoluto), stessi nel giusto e la chiesa stesse sbagliando. Vuoi sapere quanto ami la chiesa, quanto l'esperienza dello Spirito Santo è in te? Vedi quanto dai la vita per questo! Da quanto tu veramente ami, sei obbediente nella fede a questo. Anche se questo ti dilania, ti spezza dentro, come il martirio più grande di ogni martirio, perché questa è l'esperienza di Gesù che viene ucciso fuori dalle mura di Gerusalemme. Ma egli non ha smesso di amare la sua chiesa, viene esiliato, portato fuori, e muore per la sua chiesa. L'esperienza della maturità nella fede si vede da quanto tu hai la coscienza e l'amore per questa chiesa concreta, fatta di volti concreti, di persone concrete, di persone ferite come te, di persone nel peccato come te, di persone con i loro limiti come te! Vuoi sapere quant'è la tua maturità nello Spirito? Guarda quanto tu ami questa chiesa! Ecco perché lo Spirito Santo è indispensabile anche come rivelatore di questa esperienza, lo Spirito Santo è l'esperienza che si fa nella chiesa della presenza del Padre e lo Spirito Santo è colui che porta nell'esperienza del Padre ad amare profondamente per Cristo, la chiesa.
Così si capisce veramente l'esperienza di chiesa-sposa aldilà delle brutture, delle macchie, non semplicemente semantiche o mistiche-aleatorie, parliamo anche di brutture concrete, che sono anche davanti ai tuoi occhi, anche profonde contraddizioni.
Quanto assumi queste contraddizioni nell'amore?
Ora perchè l'esperienza dello SPIRITO SANTO deve farti assumere queste contraddizioni? Perché solo l'esperienza dello SPIRITO SANTO ti fa assumere le tue contraddizioni, e se tu assumi nello SPIRITO SANTO tutte le tue contraddizioni ed anche quelle che non vuoi vedere, è normale e naturale che tu assumi tutte le contraddizioni dei fratelli: non le vedi e non le chiami per nome, ma le assumi nell'amore come se fossero ferite tue.
E' importante a questo proposito menzionare una manipolazione giornalistica che è stata fatta nella G.M.G.. Davanti allo scoppiare dei casi di pedofilia dei sacerdoti, i giornalisti avevano scritto "il Papa si vergogna dei preti-pedofili"; il Papa non aveva detto questo, lo aveva detto in un senso comunitario e non soltanto come il pastore, come io provo, ma noi proviamo come chiesa: "proviamo vergogna per questo!" E quando ha detto questo il Papa, non lo ha detto come cosa distante da sé, ma come cosa che era sua, come se il Papa, pur non essendo pedofilo avesse detto al mondo (pur ovviamente non essendolo) "mi vergogno di essere pedofilo."
Ed è una cosa ben diversa assumersi il peccato dei fratelli in questo: questa è opera dello Spirito Santo, come Gesù che si è assunto il peccato per i fratelli, non ha preso distanza dal peccato, ha preso distanza operativa, questo è ovvio. Ha preso vicinanza empatica col dramma, rimettendolo alla misericordia di Dio, ha condannato in sostanza, come il famoso detto che diciamo ha condannato il peccato e non il peccatore. La manipolazione giornalistica è stata proprio quella di dire che il Papa, per un bisogno manicheo che ha la società di dividere il bene dal male, di trovare sempre il caprio espiatorio, "il Papa si allontana dai sacerdoti che hanno peccato!" E' una stupidaggine! Il Papa ha manifestato il suo dolore come cosa propria. Questa è la maturità nello Spirito che ti porta a questa coscienza di chiesa.
Ti porta ad assumere i difetti dei tuoi fratelli nell'amore; a chiamarli per nome, ma a viverli in qualche maniera come cosa tua, come tue membra ferite. Nessuno di noi smette di avere cura di un membro al quale sente dolore, lo dice chiaramente San Paolo nel paragone del corpo. Così quando qualcuno di noi ha cura delle proprie membra malate, così ha cura dei fratelli, delle sorelle nella fede, e soffre per questo e prega per questo. Ha una forma di preghiera e di sofferenza ancora più grande che l'interventismo. A volte l'interventismo non serve, serve soltanto il silenzio, lo stare da parte, per dare spazio a Dio: questa è un'ulteriore maturità nello Spirito Santo. Quando noi, pur avendo fatto tutto quello che potevamo fare, senza violenza ma con chiarezza e con fermezza, vediamo che le situazioni non cambiano in una comunità, in un fratello, in una situazione comunitaria, a volte matrimoniale, assumersi queste situazioni nel silenzio vuol dire aver raggiunto una grande maturità nello Spirito e che lo Spirito sta lavorando grandemente in noi: diamo come Gesù pienamente potenza a Dio! Cioè riconosciamo il nostro limite; noi abbiamo fatto quello che potevamo, è Dio che farà! Così hanno fatto tutti i credenti in Cristo nella storia della chiesa, così hanno fatto i santi, così ha fatto San Francesco che ha restituito l'ordine a Dio quando vedeva che le cose non andavano come dovevano andare. Ed era la sua creatura. Così ha fatto sicuramente Maria davanti alle difficoltà apostoliche alle quali sarà stata presente, alle divisioni, al concilio di Gerusalemme, a tante problematiche e a tante diversità di vedute della prima chiesa apostolica. Sarà stata nel silenzio, sarà stata da parte ed è per questo che la chiesa è quella che è, grazie anche al silenzio di Maria che ha imparato dal suo figlio Gesù; il quale si è fatto somma impotenza per rendere pienamente potente la grazia di Dio!
E' una logica che Satana non capisce perché Satana in genere ha una logica interventista, è per questo che fa i danni, è per questo che non guarisce ed è per questo che non è discreto, è per questo che è subdolo, è per questo che Satana tende a scimmiottare Dio: vuole essere Dio senza avere l'umiltà di Dio, non può! Non ce l'ha, ha scelto di non averla. Invece questa è l'esperienza di Gesù, del figlio di Dio, ed è questa ancora l'esperienza della maturità della vita nello Spirito, è la vita nello Spirito che ti porta ad avere fiducia; infatti talmente forte è l'esperienza di abbandono al Padre che anche quando il Padre non lo capisci, "io, Padre, non ti capisco e quello che vedo è in apparente contraddizione, però mi fido di te, mi fido più di quello che vedo, mi fido più delle mie capacità , mi fido più della forza delle mie mani, perché anche la forza delle mie mani, la capacità critica e la capacità di fermezza che tu mi hai dato di dire ciò che dovevo dire e di fare ciò che dovevo fare era un tuo dono! Questo se tutto è un tuo dono ... fa tu!"
Dio ama essere responsabilizzato da me in questo, cioè di vedere nella creatura una profonda fiducia, perché è l'amore che cambia la storia, è la santità che cambia la storia, è l'umiltà che cambia la storia, è la discrezione nello Spirito Santo che cambia la storia!
Concludendo: è l'esperienza dello Spirito Santo che ci porta ad avere l'esperienza della paternità di Dio, l'esperienza della maturità cristiana e l'esperienza veramente liberante. Conoscere lo Spirito Santo vuol dire imparare a conoscere veramente le profondità di Dio, "quelle cose che né orecchio udì, né occhio ha mai visto: quelle Dio ha riservato a coloro che lo amano", che è la sua chiesa. E' lo Spirito Santo che le rivela, lo Spirito Santo le rivela non soltanto all'inizio, nell'entusiasmo di una conversione, ma nel cammino fatto di alti e bassi, di cadute, di rialzamenti, di esperienze di misericordia, di esperienze di chiesa nel cammino della propria vita.
Quando e come lo Spirito Santo si rivela nella storia dell'umanità?
La presenza dello Spirito Santo più "esplosiva" è quella di Pentecoste: non ha uguali nella storia dell'umanità anche se poi tante Pentecoste, sia personali che comunitarie, possono accadere in qualche maniera.
L'esperienza della creazione in sé è un'esperienza dello Spirito. Lo Spirito Santo è sempre stato presente. Lo Spirito Santo è "la maniera discreta con cui Dio opera nella storia." In cui Dio, dalla pace della sua comunione di amore trinitaria, effonde, va ed esce fuori da sé e comunica con la creazione. Ora, se è vero che è sempre stato presente, è vero anche che c'è un momento nella storia della salvezza che fa da cardine, che fa da discernimento, che è l'incarnazione! Lo Spirito Santo non è stato mai così presente nella storia come nel momento stesso in cui è sceso nel seno di Maria perché rimanesse incinta, appunto dello Spirito, e concepisse Gesù. Quello è stato il momento più alto, ovviamente è un picco che culmina nella discesa dello Spirito Santo, un continuo: l'incarnazione, la passione e morte, la resurrezione di Gesù, l'ascensione al cielo, la discesa dello Spirito e l'esperienza della vita della chiesa. E' tutto un avvenimento legato, è l'incarnazione, la stessa chiesa è incarnazione. Però, se dobbiamo essere proprio precisi, dal punto di vista anche della natura dello Spirito Santo, Maria quando ha detto "si" ha avuto la certezza nella fede, ma non ha visto quello che accadeva e nessuno nella storia ha visto. La vita è una camminata normale. In una città sperduta nel mondo che è Nazareth, un paesino fra i paesini, con una fanciulla tra le tante. Anche se Maria sappiamo che statura morale avesse (nel senso ontologico non in quello della prassi soltanto), Maria, la piena di grazia, l'immacolata per grazia. E' un momento discreto, così opera lo Spirito Santo, tu non lo vedi: questo è il criterio con cui opera lo Spirito Santo. Il momento più alto nella storia dell'umanità è la creazione del cosmo. Quel momento che fa tremare di amore il paradiso, che è un momento sempre presente, che fa tremare di paura, di lacrima, purtroppo, coloro che vivono in una condizione infernale. Quel momento è un momento discreto e nascosto: è l'incarnazione, è il criterio con cui si giudica e viene giudicata tutta la storia dell'uomo e la chiesa non è altro che una esperienza di questa incarnazione dello SPIRITO SANTO. Lo SPIRITO SANTO ti porta a vivere una esperienza di incarnazione. Che è questa! Una esperienza sostanzialmente discreta. Questa la direbbe molto lunga su tante esperienze plateali, ma soprattutto la ricerca del plateale, la ricerca della sensazione nella vita spirituale.
Qual è la predisposizione migliore per conoscere meglio lo Spirito Santo?
Forse cercare di scorgere nella nostra vita quella presenza discreta che altrimenti ci passerebbe sopra? Forse dobbiamo coscientizzare quei passaggi discreti dello Spirito nella nostra vita?
Sicuramente sì! Assecondare nella fede i passaggi discreti dello Spirito.
Certo nella nostra vita, come nella vita di tanti santi, possono accadere fatti "straordinari", che sfuggono alla comprensione razionale o perlomeno sfuggono perché sono aldilà, non perché non siano razionali, perché tutto è razionale, semplicemente sono controllabili dalla mente di Dio e non dalla nostra che è limitata, ed ha una visione limitata delle cose.
Però lo SPIRITO SANTO sostanzialmente opera nella discrezione. Opera nella quotidianità, opera nel silenzio, opera nella fede. Non opera sicuramente nella platealità, non opera nella richiesta necessaria della guarigione, della taumaturgia.
Sicuramente l'esperienza dello SPIRITO SANTO è un'esperienza di gioia nella discrezione. Ed è discrezione gioiosa.
Quando San Paolo dice "lo SPIRITO SANTO vi guiderà alla verità tutta intera", parla di una esperienza dello SPIRITO SANTO che la comunità ha fatto, può essere anche una esperienza non fatta nella comunità, ma comunque confermata nella comunità. Perché la prima esperienza che San Paolo ha fatto nello SPIRITO SANTO, che è sulla via di Damasco, non è un'esperienza fatta nella comunità poiché andava ad uccidere e a perseguitare dei cristiani! Però è un'esperienza che aveva bisogno della confermazione della comunità perché fosse autentica: tale conferma gli fu data appunto da Anania. Ed in questo caso viene alla luce il criterio evangelico secondo il quale la profezia è imperfetta e il profeta sta al discernimento dei profeti, delle guide, che sono gli apostoli e i loro successori.
E' importante fare quelle premesse fatte all'inizio: categorie di immagine e somiglianza, l'esperienza nello Spirito è un'esperienza che fa in modo che recuperiamo la nostra immagine e la riportiamo allo splendore che è la somiglianza. Possiamo dire che la vita nello Spirito è una vita nella somiglianza e che questi sono sforzi nostri nello Spirito per entrare nel mistero dello Spirito. Poi quello che lo Spirito vuole rivelare alla comunità, alla chiesa e alla coscienza del singolo e alla chiesa nel tempo è molto di più. Quindi sono sempre categorie che vanno bene adesso, più in là potranno essere superate: inconscio, io, Super io, sono categorie, sono limiti nostri, sono modi nostri di balbettare la realtà divina. Questo è essenzialmente un cammino di conversione per fare in modo che ciò che noi "conosciamo" intellettivamente possa anche diventare un fatto esperienziale. Quello che a noi interessa non è il cammino del Rinnovamento nello Spirito a questo riguardo, ma il nostro cammino personale, la nostra conversione personale. La nostra conoscenza teologica deve andare di pari passo con un vero rapporto personale ed intimo con il Dio della rivelazione, altrimenti rischiamo di cadere nella "schizofrenia spirituale".
Quando Paolo dice che la Parola di Dio scende fino alle midolla, cioè scende fino alle profondità del cuore, e questa è un'opera dello Spirito Santo, non fa altro che parlare di terapia "psico-spirituale". San Paolo ovviamente non aveva le categorie che abbiamo noi di inconscio, io, super-io e della moderna scienza psicologica ma non vuol dire che lui e la comunità non avessero delle categorie psicologiche: la comunità in conversione profonda, non era una comunità che sviscerava mentalmente (quindi che faceva una esperienza tipicamente greca) il mistero di Dio, piuttosto lo viveva alla "maniera" ebraica della conoscenza: e cioè con "intimità", nel "fare l'amore con Dio", di entrare in intimità sponsale con Dio. E' lo Spirito Santo che ti porta alla sponsalità con Dio, all'intimità. Qui apriamo un discorso già fatto ma sempre attuale: nessuno può essere sposo di un'altra persona se prima non è sposo di Dio!!! E nessuno può essere fecondo con un'altra persona verso un figlio, se prima non ha partorito nello Spirito Santo, Gesù, nella coppia. Non è un fatto mistico, è un fatto vero, è un'esperienza, è un'esperienza più vera dell'aria che respiri! Non è un'esperienza miracolistica, è un'esperienza discreta, quotidiana, è un'esperienza di conversione, di conversione personale a due, e questo non avviene se la persona non è desatellizzata, cioè se non è guarita in forma accettabile o comunque cerca di essere guarita, perché nessuno è guarito ovviamente.
Diversamente è altamente "dissonante" se una persona che ha delle patologie, e magari si unisce in matrimonio e non vuole cambiare; questo è il problema, perché nessuno aspetta di guarire dalle sue patologie per sposarsi. Spesso noi incontriamo delle persone che hanno le stesse patologie nostre, però non c'è un'esperienza di conversione, di scardinamento di queste cose, non c'è l'esperienza nello SPIRITO SANTO.
Un'altra prerogativa dello SPIRITO SANTO, per cui è importante farne un'esperienza costante, è che non soltanto lo Spirito ci rettifica il contatto e il nostro rapporto con le cose e con gli affetti, parliamo non soltanto delle cose accessorie ma anche delle cose fondamentali, quindi anche con gli affetti fondamentali, ma ci rettifica, man mano, anche la nostra visione di Dio.
Infatti, Gesù chiaramente preannunciando la discesa dello SPIRITO SANTO a Pentecoste, parlando agli apostoli, gli dice appunto "egli (lo Spirito) vi guiderà alla verità tutta intera". Ora questo è un processo che avviene a Pentecoste ma in realtà prefigura tutto un cammino che la chiesa in quanto corpo mistico, militante e in quanto ogni singolo membro (esistenzialmente ogni membro ha la sua storia), percorre appunto nel proprio cammino storico.
E' opera dello Spirito se il popolo di Israele pian piano ha camminato verso una corretta visione di Dio. Il popolo d'Israele, inizialmente, non era monoteista, è passato da una polilatria ad una monolatria, dal credere a più dei ha creduto ad uno solo fra tanti. Questa è la monolatria: Signore dei signori! Pian Piano arriva al monoteismo, cioè arriva a capire e a fare esperienza, grazie anche al vitello d'oro, che c'è un solo Dio, che tutti gli altri non sono dio, sono nulla, sono invenzioni dell'uomo, sono costruzioni dell'uomo, costruiti dalla sua mente, dai suoi fantasmi, sono proiezioni, sono paure, etc.
Non solo, è lo SPIRITO SANTO che guida a fare un'esperienza corretta di come è questo Dio, di come si presenta, tramite l'esperienza dei profeti. Abbiamo già citato il profeta Osea, l'esperienza che fa del tradimento perché si innamora e prende in moglie una prostituta e quindi si prostituisce al tempio praticamente ogni giorno e soffre terribilmente di questo. Quindi fa l'esperienza del tradimento e dell'amore profondo verso questa donna. Per analogia il profeta è portato ad essere segno di come Dio ama il suo popolo e di come Dio in qualche maniera "vive una forma di gelosia", che non è gelosia come patologia psichica umana, ma una forma di appartenenza: "tu non sei più il mio popolo, tu non sei più la mia diletta", poi Dio torna sui suoi passi: "ti chiamerò invece mio popolo , mia diletta." C'è questo gioco affettivo che vive lo stesso profeta, è segno analogico di come Dio vive il rapporto con il suo popolo. Questo per portare un esempio, ma ce ne sono molti altri.
Quindi lo Spirito Santo attraverso la storia ha guidato pian piano alla corretta visione di Dio. Perché? In prefigura dell'incarnazione in cui si deve rivelare pienamente il volto del Padre attraverso il suo Figlio, bisogna che il popolo sia preparato. Ovviamente questa è sempre una preparazione nella libertà tant'è vero che il popolo eletto poi in gran parte non lo ha riconosciuto, non ha voluto riconoscere questo aspetto paterno, amoroso, misericordioso, questo aspetto dell'Abbà, portato da Gesù del volto di Dio. Quindi il cammino che fa lo Spirito Santo, in sintesi, è il cammino anche di purificazione della nostra immagine di Dio. L'unica immagine che non viene modificata dallo Spirito ma viene ampliata nei contenuti è quella della paternità. Se noi già facciamo dall'inizio un'esperienza di paternità, stiamo comunque in una retta fede, ovvio che poi lo Spirito ci insegnerà come Dio vive la paternità nei nostri confronti nel tempo, però è lo Spirito Santo che abbatte tutte le visioni di Dio che si allontanano da questa paternità. Le abbatte, le corregge e le modifica. Ecco perché non basta aver fatto un incontro, non basta far parte di un cammino, non basta aver ricevuto dei sacramenti, per fare un'esperienza di vita cristiana, non basta, perché quello è un "incipit".
C'è il rischio che, se l'esperienza di Dio, il volto di Dio non viene correttamente modificato attraverso la gioia, la sofferenza, la storia, gli avvenimenti, la coscienza, i sacramenti, attraverso la fedeltà nostra alla fedeltà di Dio, si abbia una immagine di Dio non corretta. Questo può generare in noi un cammino di fede che in apparenza è corretto, ma in realtà non è entrato nel profondo della nostra umanità cioè non ci ha cambiato, ci ha semplicemente rivestito ma dentro siamo, come diceva Gesù dei farisei, pieni di marcio come quei sepolcri imbiancati. Quindi dobbiamo sempre stare attenti che, la forma della fede non ci salva, ci salva la corretta ricerca costante del vero volto di Dio! E il cristiano è colui che, capendo questo, si mette in ascolto e dice ogni volta a Dio "fammi andare oltre ... anche se non ti capisco, fammi andare oltre, correggimi il tuo volto, fammi vedere il tuo volto, non permettere alla mia povertà, alle mie categorie, al mio limite, di imprigionare il tuo volto quando invece sono fatto per l'eternità, sono fatto per ampliarle". Questa è l'opera dello Spirito Santo che è l'opera della figliolanza divina! Su questo possiamo trovare infiniti riferimenti biblici.
Al termine di questo "santo lavoro", citiamo la preghiera che Francesco rivolge al crocifisso di San Damiano, che è frutto veramente dello Spirito Santo:
O Altissimo e Glorioso Iddio,
illumina le tenebre del cuore mio,
dammi fede diritta, speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda,
dammi anche fede e discernimento,
per compiere la tua vera e santa volontà
Amen
"... dammi fede diritta", cioè fede vera, sicura, questo è importante nel cammino, cioè fede corretta. E' la capacità di vedere con gli occhi della mente e del cuore correttamente il volto di Dio!
"... speranza certa", quindi una speranza che viene nutrita nonostante le difficoltà della vita.
"... carità perfetta", quindi amore pieno, capacità di amore pieno.
"... umiltà profonda", questo è il nocciolo. Umiltà profonda vuol dire autocoscienza, se non c'è questa tutte le altre cose slittano, coprono i problemi e non li avviano a risoluzione ed a guarigione!
Veni Sancte Spiritus. Veni per Maria. Amen.
Alberto Ridolfi con il prezioso aiuto della moglie Morena.
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La verità ci parla dentro senza suono di parole
"Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Re 3,10).
"Io sono il tuo servo, dammi intelligenza affinchè comprenda i tuoi insegnamenti" . Fa' che il mio cuore si volga alle tue parole, stillino su me come rugiada......
Non mi parli Mosè o alcun altro Profeta: Tu invece parlami, o Signore Iddio inspiratore e illuminatore dei Profeti; perchè Tu da solo, senza il loro consenso, puoi penetrare tutto il mio spirito; essi senza di Te, non conseguiranno nulla.
Possono si, dar suono di parole, non nutrimento di spirito: elegante è il loro parlare;
se Tu taci non riscalda il cuore: linguaggio letterale il loro, ma tu schiudi l'intelligenza;
presentano misteri, ma Tu dai la chiave per intenderli;
espongono precetti, ma Tu dai modo di eseguirli;
mostrano la via, ma Tu aiuti a camminare.
Essi operano soltanto sull'esteriore, ma Tu ammaestri e illumini i cuori.
Essi irrigano la superficie, ma Tu doni la fecondità.
Essi tuonano con parole, e Tu fai intendere le cose udite.
Non mi parli dunque Mosè; ma Tu, mio Dio e mio Signore, Tu, eterna verità, parlami; chè non ne debba morire e rimanere senza frutto se, ammaestrato solo esteriormente, non venissi acceso nel mio interno. E non sia motivo di condanna l'aver udita la tua parola e non averla messa in pratica; l'averla conosciuta ma non amata; creduta ma non osservata.
Parla dunque, o Signore: ecco il tuo servo ti ascolta, perchè "Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami per un po' di sollievo all'anima mia, per la riforma di tutta la mia vita, a gloria, a lode, a perpetuo onore Tuo.
Tratto da "Imitazione di Cristo"
Anonimo
Rinascere dall’Alto
TESTO DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 3,1-10)
1C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, un capo dei Giudei. 2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbi, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".
3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". 4Gli disse Nicodemo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?". 5Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6 Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. 7Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. 8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito". 9Replicò Nicodemo: "Come può accadere questo?". 10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?"
Rileggere spiritualmente questo brano vuol dire prendere in considerazione uno dei passi più commentati dagli antichi Padri, che lo hanno sentito fondamentale circa la necessità del battesimo (soprattutto relativamente a "rinascere in acqua"), e più ancora circa la necessità di vivere e agire secondo lo Spirito (rinascere dallo Spirito). Interessante qui ricordare che, secondo molti esegeti, l'espressione "rinascere dall'acqua" sarebbe un'interpretazione dell'evangelista, mentre tutta la forza e l'autorità rivelativa del testo va colta nell'espressione certissimamente di Gesù: "rinascere dallo Spirito" (v.5).
CONTESTO
L'incontro di Gesù con Nicodemo viene subito dopo la narrazione del fatto che molti Ebrei credono in Gesù perché vedono i segni che Egli opera, ma il Signore non è persuaso della qualità della loro fede interessata, imperfetta, legata ai "segni" e non alla sua Persona portatrice di salvezza (cfr. 2,23; 3,2).
STRUTTURA
Sono due i nuclei narrativi:
vv. 1-2 Si dice dell'identità di Nicodemo, un "capo dei Giudei" e della sua andata da Gesù durante la notte, per indagare sul "mistero" della sua persona.
vv. 3-10 Il racconto (qui non lo prendiamo tutto in considerazione) s'impernia sull'alternarsi di domanda e risposta. Dalla modalità serrata del dialogo ( di una profondità unica ) balza evidente la forza rivelativa del rinascere dallo Spirito.
APPROFONDIMENTO DEL TESTO
vv. 1-2 È presentato Nicodemo: uomo famoso tra gli ebrei, rabbi fariseo, capo del Sinedrio (cfr.7,50) e ricco (cfr. 19-39). Va di notte a incontrare Gesù, ignorando che solo Lui è la "luce del mondo" (cfr. Gv.8,12), che solo Lui illumina le nostre "notti" esistenziali. Non senza una certa presunzione che trapela dall'espressione "Noi sappiamo", dice di credere che Gesù è da Dio, appunto perché i segni rivelano che Dio è dalla sua parte.
v. 3 Gesù risponde con una prima parte rivelativa: "Se uno non nasce dall'alto, non può vedere il Regno di Dio".
v. 4 Scatta l'incomprensione pesante di Nicodemo: "Può un uomo rinascere se è già vecchio?"
vv. 5-8 Gesù risponde con una seconda affermazione rivelativa preceduta dalla solenne espressione: "In verità, in verità io te lo dico: se uno non nasce (d'acqua) e di Spirito Santo nessuno può entrare nel Regno di Dio".
vv.9-10 Si ripete l'incomprensione di Nicodemo. "Come può succedere?", chiede lui. E Gesù: "Tu sei maestro in Israele (hai il dottorato in queste cose) e non comprendi?". Quel che nel testo si evidenzia con forza è che il cambiamento risulta possibile solamente per l'intervento dello Spirito Santo. Senza di Lui c'è ermetica chiusura e tenebra. L'immagine del vento inafferrabile, impalpabile, evocatore del mistero, è efficacissima. Gesù se ne serve per esprimere la natura dello Spirito che appartiene al mistero, alla libertà di Dio e anche per alludere al mutamento misterioso e profondo che avviene nel cuore di chi rinasce dallo Spirito. In effetti si tratta di capire che l'uomo appartiene alla sfera della carne (sarx) e non ce la fa a raggiungere il mondo di Dio. Diventa creatura capace di un cammino spirituale solo se di continuo rinasce per la forza dello Spirito Santo. Certo! Perché "ciò che è nato dalla carne, è carne, mentre chi è nato da Dio ha il seme di Dio (la Parola) operante in lui" (cfr. 1 Gv. 3,9). Anche nei Sinottici leggiamo che è possibile credere in Cristo solo se c'è Rivelazione, non per la carne e per il sangue (cfr. Mt.16,17). Ma chi "non vede il Regno" di Dio (v.3), "non vedrà la vita" (v.36).
MEDITIAMO ATTUALIZZANDO
La vita diventa un'esistenza veramente cristiana (non solo di nome) e a maggior ragione la vita diventa un'esistenza consacrata a Dio (di fatto e non formalmente), se avviene questa continua rinascita, "ri-generazione" il cui protagonista è lo Spirito Santo, non il nostro volontarismo. "Nascere dallo Spirito" significa essenzialmente nascere alla vita nuova: quella che ha i parametri della fede della speranza della carità, quella che ha gli occhi di Cristo sugli eventi e sulle persone, la sua logica che è quella del Vangelo. Ci è d'aiuto sapere che i Padri hanno molto riflettuto su questo brano.
ORIGENE distingue bene i cristiani: coloro che sono nati semplicemente "dall'acqua" e coloro che "sono nati dallo Spirito" in quanto hanno ricevuto di fatto "lo Spirito di adozione" e sono impregnati di Vangelo (cfr. ORIGENE, In Mattheum 11,23,26-27).
AGOSTINO pure afferma che non basta nascere dall'acqua, ma è indispensabile nascere dallo Spirito, intendendo una conversione vera, una trasformazione che non avviene di colpo, ma è il continuo rinnegare (non verbis, sed factis = non a parole, ma coi fatti) la mentalità corrente e secolarizzata che ci pervade da ogni parte (cfr. AGOSTINO, De baptismo contra Donatistas, 6,12,19).
Che cos'è "nascere dallo Spirito" se non quel "nascere da Dio" che, secondo il Prologo (cfr. Gv.1,13), è proprio di chi crede nel nome (= nella Persona, presenza, potenza!) del Verbo, vera luce degli uomini venuta in questo mondo? (Cfr. Gv.1,4b). La nostra meditazione ci porta così a convincerci che solo rendendoci docili allo Spirito Santo ci rinnoviamo in una fede forte, autentica che è adesione piena alla Persona di Cristo, totale fiducia di poter compiere - in Lui e per mezzo di Lui - la volontà del Padre. "È nato da Dio" chiunque crede che Gesù è il Cristo (1 Gv. 5,1). E il fatto di vivere come nati da Dio avviene attraverso un dinamismo delicato e forte: quello che opera il "seme" della Parola di Dio (cfr. 1 Gv.3,9). È la quotidiana familiarità con la Parola che ci consente il quotidiano rinascere dallo Spirito in Cristo. C'è un'azione di Dio che è prioritaria in questa nascita: è l'azione della sua grazia che viene dalla Parola, dai sacramenti, dalla preghiera; e c'è una risposta dell'uomo in questo cambiamento (conversione = metànoia) che è il diventare bambini. Ai "maestri in Israele" (ai "sapienti di questo mondo") la rinascita è preclusa come a Nicodemo, perché "la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio" (1 Cor.3,19). È possibile solo a chi smette la sua autosufficienza, bravura spirituale, il proprio credersi, tutto sommato, migliore degli altri. Rinascere è possibile a chi, chiusi gli occhi della carne, apre gli occhi del totale abbandono. "IN VERITÀ, IO LO DICO A VOI: A MENO CHE NON DIVENTIATE COME BAMBINI, NON POTRETE ENTRARE NEL REGNO DEI CIELI" (Mt.18,3; cfr. anche Mc.10,15; Lc.18,17). Rinascere, ridiventare bambini è possibile solo attraverso lo Spirito Santo (Ruhat - pneuma), il grande protagonista della santificazione. Ezechiele l'aveva predetto: "VI DARÒ UN CUORE NUOVO, METTERÒ DENTRO DI VOI UNO SPIRITO NUOVO (...) PORRÒ IL MIO SPIRITO NELL'INTIMO DEL LORO CUORE" (Ez.36,26).
LA PAROLA M’INTERPELLA
Quel che Gesù dice a Nicodemo è, oggi, rivolto personalmente a me.
Credo con tutto il mio essere che: rinascere è possibile, è un dono d'amore; la conversione (come cambiamento di mentalità e appunto rinascita) è irrimandabile; il Padre vuole darmi lo Spirito Santo e me lo dà, di fatto, se glielo chiedo, perché avvenga questo rinascere?
C'è in me una forte, decisa volontà di consegnarmi allo Spirito di Dio perché sia lui ad abbattere difese, paure, sfiducia, mondanità e il rassegnato tran-tran nel quotidiano?
PER LA PREGHIERA
Chiedo una conoscenza più esperienziale dello Spirito Santo in me, facendolo entrare più vitalmente nella mia attenzione.
1) Ricordo che lo Spirito (Ruhat) è il soffio vivificante della mia persona. Realizzo un esercizio di respirazione pregata così:
io respiro, lo so, lo sento, (mi fermo);sento l'inspirazione come un dono.Posso attingere aria continuamente.È qui per me. Ne provo benessere.Avverto l'espirazione per quel che è: un mandar fuori l'anidride carbonica, quindi una liberazione, una distensione.Mi soffermo in questa esperienza.
Ora percepisco il respiro, il ritmo di inspirazione ed espirazione e penso a Dio Amore, al suo soffio vitale che è lo Spirito Santo.Ecco: da Lui ricevo il soffio (Ruhat - inspirazione).A Lui consegno ogni mia tensione, peso,affanno, negatività;me ne libero (espirazione).
2) Respirare mi dà sollievo, novità di vita...se lo faccio con consapevolezza di preghiera. Se respiro nello Spirito Santo, il respiro mi diventa simbolo vitale. Nell'inspirazione ricevo il flusso dallo Spirito vivificante dell'Amore; nell'espirazione consegno quel che scaturisce da me: le mie negatività, ma anche affetti, desideri, propositi; un flusso che si abbandona a Lui, si purifica e si perde in Lui.
3) La breve verbalizzazione orante potrebbe essere proprio nell'accompagnamento del respiro:"TU a ME, IO a TE."Ripetere a lungo, con fiducia, con abbandono, con la semplicità del bambino vangelico.
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[1] Cf 1 Cor 3, 6.10; 4, 15.
[2] Cf 2 Cor 2, 5-11; 7, 12.