Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 3 ottobre 2013

LA CRISI ECONOMICA E LE NUOVE POVERTA'

di Antonio Laurenzano

L’Italia fra povertà e timori. E’ in forte chiaro scuro la fotografia del Censis sulla situazione socio-economica del Paese. Sempre più in alto il tasso di insicurezza delle famiglie italiane: si sta affievolendo la percezione del futuro in una realtà sociale che cambia in maniera irreversibile, e in senso peggiorativo.
Un’ansia collettiva generata da una serie di fenomeni, vecchi e nuovi, il primo dei quali legato alla crisi occupazionale: la fine del lavoro “inteso come fondamento della sussistenza economica e della stabilità della famiglia” , con il conseguente impoverimento delle risorse e degli stili di vita familiari. Un quadro complesso all’interno del quale c’è l’angoscia del presente, la paura del futuro. E’ la “nuova povertà” che avanza! Una povertà causata dal rampantismo selvaggio a livello economico e sociale. Persone lontanissime dall’immaginario del bisogno e dell’emarginazione costrette a bussare alle porte dell’assistenza sociale con bisogni concreti. Una povertà intesa non più come condizione economica , ma come senso di insicurezza, di instabilità, una zona grigia sempre più ampia dove povertà è anche fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, malattia, inadeguatezza a un sistema dominato dalla competitività e dalla produttività.
In Italia l’impoverimento si sta così spostando dalle minoranze improduttive alle moltitudini precarie, persone che pur lavorando non sono più in grado di vivere autonomamente e di dare una risposta alle proprie aspettative. Sta cioè crollando il sistema che si è sedimentato nell’ultimo ventennio. Prima l’emergenza povertà riguardava soprattutto gli extracomunitari, ora invece coinvolge tanti italiani e moltissime famiglie proprio perché è cambiata la società. Sono cambiati i meccanismi di crescita e sviluppo.
Il fenomeno della povertà va studiato dunque non solo in termini statistici, quindi quantitativi, ma anche in relazione al cambiamento delle condizioni delle famiglie: oggi una persona è povera anche se ha un lavoro fisso, una casa e uno stipendio. Le “nuove povertà” vengono a determinarsi sulla base di fattori di cambiamento, demografico e sociale, che si sviluppano all’interno della società. E’ vasta la platea dei nuovi poveri che possono raggrupparsi in quattro grandi categorie sociali: anziani soli (problemi di salute), giovani coppie (precarietà lavorativa), genitori single (separati e divorziati), disoccupati (lavoratori a termine, esodati). Tutti accomunati in una fragilità delle condizioni reddituali che rappresentano, soprattutto per i giovani, l’impossibilità di progettare un futuro.
Povertà, solitudine, emarginazione: sono i volti della crisi che mettono a nudo il malessere del sistema sociale. Un malessere sempre più diffuso che colpisce la persona in quanto tale, la cui sorte e le cui vicende non possono vederci indifferenti, distratti, perché l’uomo che si vede abbandonato al suo destino non sempre riesce a superare le difficoltà quotidiane, lasciandosi andare a gesti insani e irreparabili.
Nel settore pubblico sono in grosso affanno le politiche di assistenza, latitante ogni serio dibattito sul reddito minimo garantito e sul reddito di cittadinanza. La crisi economica sta dicendo chiaramente che il meccanismo di copertura del welfare classico non è più sostenibile. Ma di povertà si muore!...
Occorre, per questo, una rinnovata presa di coscienza da parte della politica di questo Paese per un diverso approccio a una realtà che sta assumendo la connotazione di una vera e propria questione umanitaria. Essere consapevoli che la dignità di ogni essere umano è inviolabile e che l’umanità non si salverà se non c’è solidarietà e se non si mette finalmente l’economia al servizio dell’Uomo. Non basta la pura assistenza perché occorrono, all’interno di una rete di protezione sociale, interventi organici di politica del lavoro, politica di sostegno alla famiglia, politica per gli anziani, soprattutto politica per l’inserimento dei giovani nel mondo della ricerca, delle professioni, del lavoro. Restituire cioè la speranza di un futuro fatto di equità e giustizia sociale al quale ciascuna persona ha diritto in nome della vita.

IL FISCO E LA LOTTA ALL'EVASIONE

Parte la “campagna d’autunno”: con il redditometro caccia all’evasore. Le incognite.
di Antonio Laurenzano
Un … “amore impossibile” quello fra fisco e contribuente! Diffidenza ma soprattutto incomunicabilità alla base di un rapporto che è andato nel tempo sempre più deteriorandosi. E’ rimasto purtroppo inascoltato l’appello lanciato da Ezio Vanoni, storico Ministro delle finanze degli Anni Cinquanta, per “un ordinamento tributario conoscibile nelle forme e comprensibile nei contenuti”. La mancanza di certezza della legge tributaria intesa come prevedibilità delle conseguenze giuridiche e fiscali è divenuta ormai una triste costante. Da una parte il Legislatore fiscale costretto a rincorrere l’evoluzione dei rapporti economici per individuare i presupposti di nuova ricchezza e quindi nuovo imponibile da sottoporre a tassazione, dall’altra parte il malcapitato contribuente vittima spesso di un caos legislativo che non facilita certo l’interpretazione e la corretta applicazione della normativa.
Da anni si opera in presenza di una frantumazione della legislazione tributaria, di un proliferare della normativa che è causa non solo di uno scadimento qualitativo della legislazione ma anche della potenziale ignoranza della legge, con grave pregiudizio di ogni principio di diritto! Una situazione abnorme che provocò nel 1988 la ben nota sentenza della Corte costituzionale in materia di “ignoranza inevitabile”, un implicito riconoscimento del diritto del contribuente in presenza di una legislazione criptica e contraddittoria.
Dubbi e timori si addensano ora con la nuova offensiva del Fisco. Con grande risonanza mediatica, sta per iniziare la “campagna d’autunno”: caccia all’evasore attraverso il redditometro. Un restyling dell’accertamento sintetico. Si tende così a ricostruire, con effetti dall’anno d’imposta 2009, la ricchezza presunta del contribuente in base alle spese sostenute (effettive e figurative) e rapportarla con quanto dichiarato. Una sfida, quella del Fisco, che si inserisce in una stagione normativa che non conosce tregua, con una semplificazione tutta ancora da scrivere e una crescente pluralità dei livelli di tassazione nella prospettiva del federalismo fiscale.
La lotta all’evasione fiscale è la ragione d’essere di un sistema tributario: chi non versa il dovuto fruisce di una rendita che altera la concorrenza. Ma, osserva a riguardo Enrico De Mita, ordinario di Diritto Tributario alla Cattolica di Milano, “una vera democrazia si regge su un fisco equo: fiscalismo ed evasione sono due vizi che si sorreggono a vicenda nell’ambito di un problema di cultura che tocca il rapporto difficile fra cittadini e autorità”. Bisogna arginare la “finanza creativa” del ministro di turno, riducendo leggi e decreti, e abbassare il prelievo attraverso aliquote sopportabili sia per le imprese che per le famiglie per propiziare una vera “tax compliance”. Riduzione che difficilmente arriverà a causa del crescente debito pubblico: il male di fondo della nostra finanza pubblica.
Tanti segnali a conferma che l’ordinamento tributario italiano presenta gravi difetti per la mancanza di equità, efficienza, trasparenza e certezza, cioè i presupposti di ogni corretta azione di accertamento, individuati da Adam Smith, economista scozzese del XVIII secolo, con buona pace dello Statuto del contribuente, approvato nel 2000 con l’intento di garantire chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie. Un patto fra fisco e contribuente più volte violato!
E allora quali sono le prospettive del redditometro e della relativa azione di contrasto ai fenomeni evasivi ed elusivi? E’ chiaro che il successo dell’operazione, la sua credibilità, poggia necessariamente sul recupero di un rapporto fisco-contribuente leale, senza pregiudizi: contraddittorio e cooperazione significano inibire all’Amministrazione finanziaria “scorciatoie” di comodo con atti …”preconfezionati” e legittimare un equilibrato e razionale riparto dell’onere della prova. Affidare cioè al buonsenso l’azione di accertamento della capacità contributiva e di spesa superiore al reddito dichiarato, avendo ben presente che talune spese (incrementi patrimoniali) non sono sostenute con il reddito conseguito nell’anno ma con il risparmio. In caso contrario, si rischia di colpire non gli evasori ma i risparmiatori!
L’Amministrazione finanziaria,attraverso le numerose ed efficienti banche dati, dispone di un patrimonio informativo davvero notevole che le consente, in prima battuta, di eseguire una selezione “intelligente” e preventiva per individuare i contribuenti da sottoporre a controllo, in un’ottica di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Un incrocio dei dati che se correttamente elaborati costituisce una gabbia per l’evasore. Si ponga quindi fine alla incessante richiesta di informazioni (spesometro, beni ai soci, finanziamenti dei soci, elenchi black list, intrastat acquisti) che creano alle imprese costi non riscontrabili in altri Paesi del’Unione.
Conciliare gettito tributario e diritti dei contribuenti è la grande sfida del Fisco italiano. Una sfida di civiltà giuridica.