Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 28 giugno 2008

IL GEN. C.A G. VALOTTO AI MICROFONI DI RADIO WEST

KFOR MNTF-W
Public Affairs Office KOSOVO Villaggio Italia

COMUNICATO STAMPA-Cap. Occhinegro

Il Gen. C.A. Giusepe Valotto in visita in Kosovo
(Pec/Peje) Villaggio Italia , 25 giugno 2008
Il Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto, Comandante del Comando Operativo di vertice Interforze, ha visitato il contingente italiano schierato in Kosovo.
La visita si è focalizzata sulle attività “sul terreno” svolte dalle truppe della Multinational Task Force West, comandata dal Generale di Brigata Agostino Biancafarina.
L’operatività dimostrata è il frutto non solo dell’intenso addestramento svolto in Madrepatria, ma anche del continuo e metodico impegno profuso dai nostri militari impegnati nell’Operazione “Joint Enterprise”.
I risultati sono stati estremamente positivi: il dispositivo interforze e multinazionale ha dimostrato di essere capace di poter assolvere tutti i compiti assegnati all’interno della missione NATO in Kosovo.
Infine, il Generale Valotto ha avuto l’opportunità di salutare, anche a nome del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini, tutti i militari dai microfoni di “Radio West”.

giovedì 26 giugno 2008

IL MALE COSMICO

di Achille della Ragione

L’esistenza del male è stata percepita presto dall’uomo, appena la scintilla dell’intelligenza si è accesa misteriosamente nel suo cervello. Il male non è un concetto, bensì è dotato di una sua oggettività, esiste al di là dell’uomo che lo percepisce, nel vuoto dello spazio siderale come nella coscienza dell’individuo, possiamo rintracciarlo nell’entropia come nel mangiare ed essere mangiati, è un buco nero nel processo della creazione, un abisso che si spalanca davanti all’espletamento del libero arbitrio. Tutte le religioni hanno cercato di spiegarlo come contrapposizione al principio del bene, hanno affermato che essi sono complementari ed indispensabili nel creare l’armonia: l’esistenza dei malvagi dà evidenza ai buoni, nella stessa maniera in cui le ombre concorrono a far risaltare la luce ed il silenzio e le dissonanze contribuiscono ad esaltare una sinfonia. I miti e gran parte della storia della cultura e della politica sono state una riflessione sul male, dal peccato originale, a Caino e Abele, da Giobbe a Prometeo, senza dimenticare il fascino sinistro esercitato dal perverso sull’arte, nella tragedia greca ed in letteratura da Sade a Baudelaire e Conrad. Tutte le filosofie hanno indagato su questa ingombrante presenza nella vita dell’uomo. L’antichità classica ed il cristianesimo hanno tentato di fornire una risposta al problema. Platone riteneva che il male non potesse derivare dalla divinità, perché estraneo alla sua essenza buona e perfetta; egli, con una concezione di straordinaria modernità, vedeva nella materia caos ed imperfezione, che solo parzialmente potevano essere ricondotti all’ordine dall’opera del divino artefice. Agostino, si pose all’infinito l’assillante domanda: “Si Deus est unde malum?”(Se Dio esiste da dove proviene il male?), giungendo alla conclusione che il male è una forma di non essere del bene, una privatio. Altri pensatori hanno proseguito le loro speculazioni fino ad ipotizzare una reversibilità tra filosofia della storia ed antropologia, che ha caratterizzato l’illusione dell’idealismo classico tedesco ed infine l’esperimento nichilistico di Nietzsche, da cui ha preso spunto Hitler, mentre la cupa follia del Novecento diveniva realtà con i campi di concentramento, apoteosi del male alla pari degli altri eccidi che hanno caratterizzato il XX secolo. La triste circostanza che questi aberranti episodi di discesa agli inferi siano avvenuti mentre la civiltà occidentale sembrava all’apogeo ha dimostrato il totale fallimento della cultura umanistica e la desolante illusione di ogni visione ottimistica della storia. Ogni intervento divino nelle vicende umane è stato assente, a dimostrazione lampante della sua indifferenza al nostro destino o della sua impotenza a fronteggiare le forze del male. La presenza del male nella vita dell’uomo è una cosa ovvia e da tutti accettata, ogni giorno dobbiamo fare i conti con esso e con le sue manifestazioni più eclatanti, tra le quali il dolore fisico occupa un posto di rilievo. Per poterlo percepire la natura ha previsto fibre nervose specifiche e mediatori chimici specializzati sia nell’uomo che negli animali. Il significato del dolore ci sfugge, anche se noi non riusciamo a sfuggire ad esso. Quando spostiamo la nostra attenzione dalle vicende umane al mondo che ci circonda pure scorgiamo il male, o almeno ciò che ci sembra sia il male: un leone che azzanna un’antilope e si ciba della sua carne, togliendo una mamma ai suoi cuccioli, ci sembra una riprovevole crudeltà, ma la natura, che certamente è più saggia di noi, ha previsto queste modalità nei carnivori, i quali vivono distruggendo il corpo di altri animali. Se poi andiamo a cercare il male cosmico nelle pieghe dell’universo le difficoltà di reperirlo con precisione aumentano e l’unica bussola che possa guidarci è l’intuizione che esso esista anche tra stelle e pianeti. Tutte le sacre scritture ci parlano di una creazione e tale concetto non è in contrasto con le più moderne vedute scientifiche, anzi è in perfetta sintonia con l’ipotesi del Big bang, la più accreditata a spiegare la nascita dell’universo. Nel cosmo noi individuiamo un ordine che prevede delle leggi, alle quali obbediscono i pianeti nel loro moto gravitazionale così come le più piccole molecole e la presenza di tali leggi ci fa supporre la presenza di un programma e di un programmatore. Viceversa altri pensano che materia ed energia, sorte in uno stato informe o esistenti ab aeterno, si siano autoregolamentate, facendo emergere, per puro caso, tutte le leggi di unità e di ordine che gli strumenti della fisica ci permettono di intravedere e di misurare. Il principio dell’entropia tende ad escludere che la materia esista da sempre, mentre il calcolo delle probabilità ci ammonisce come l’idea che l’ordine riscontrato nell’universo abbia avuto origine per caso è estremamente improbabile. Ma questa querelle non ci interessa in questa sede, perché in entrambe le ipotesi riusciamo ad intravedere in azione un principio del male. Nella prima ipotesi, scorgiamo nel caos che caratterizza alcuni punti della materia indirizzandoli verso il disordine, una precisa volontà di contrastare le leggi immutabili che sottendono all’armonia del cosmo. Nella seconda ipotesi, se il caso sovrintende da solo a generare regole ed accadimenti, vediamo dispiegarsi in tutta la sua potenza un principio malefico. Possiamo concludere che se il bene è armonia il male è caos, se il bene è ordine il male è disordine, se il bene è equilibrio il male è asimmetria, se il bene è aggregazione il male è separazione.
Tratto da La Circolare Spigolosa-Direttore Matteo C. Sullivan
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mercoledì 25 giugno 2008

SABOTAGGIO ALL'ACQUEDOTTO PUGLIESE

Dott. Gaetano Marabello (Pres. Comitato Scientifico del blog international)

All’inizio del 1941, mentre la guerra infuriava sui vari fronti, gli inglesi sapevano bene quale fosse il più grande acquedotto europeo. Si trovava in Italia e soddisfaceva le esigenze idriche di parte del Meridione. Un attacco ben centrato a questa struttura avrebbe potuto produrre un incalcolabile effetto propagandistico e ripercuotersi sul morale della popolazione. E, in più, avrebbe costretto da allora l’avversario ad immobilizzare una parte del suo potenziale nell’attività di prevenzione.
Lo spunto per l’azione partì da una ditta inglese che, avendo collaborato a suo tempo alla realizzazione dell’opera, possedeva gli opportuni elementi di conoscenza dei suoi punti deboli. Va detto che, poiché dalla nostra regione partivano molti dei convogli diretti in zona d’operazioni, un’interruzione del flusso di acqua avrebbe avuto effetti dirompenti. Fu quindi approntata in tutta segretezza una compagnia di commandos dello “Special Air Service” (SAS), da paracadutare presso un ponte di un affluente dell’Ofanto, il torrente Tragino, sito al confine tra la Campania e la Basilicata. Si pensò di utilizzare per il lancio otto aerei “Whitley MK V”, in uso nella prima scuola di paracadutismo di Ringway. L’operazione, denominata “Colossus”, prese avvio il 4 febbraio con destinazione Malta. Da lì, nel tardo pomeriggio di sei giorni dopo, mentre due bombardieri dello stormo partirono per un’azione diversiva su Foggia, gli altri sei veivoli con una quarantina di parà a bordo s’alzarono in volo diretti contro il ponte. Il malore di un militare costrinse però un “Whitley” a partire in ritardo, compromettendo in parte la missione perché a bordo c’era l’ufficiale incaricato di minare la struttura. Le prime cinque squadre di sabotatori presero terra quindi con forte anticipo. Rastrellarono sia alcuni contadini che un militare del luogo e li costrinsero, sotto la minaccia delle armi, al recupero del materiale esplosivo aviotrasportato lanciato nei paraggi. Poiché la sesta squadra non arrivava e i tempi stringevano, si decise di procedere ugualmente per non rischiare di vedere sfumare l’effetto sorpresa. Se non che, dato che la base del pilone centrale era immersa nell’acqua, gli inglesi dovettero rinunciare a minarla come sarebbe stato necessario per produrre i danni maggiori. Ripiegarono allora su un pilone laterale con un artificiere improvvisato, che non se la cavò del tutto male. Il piano fu completato facendo saltare pure un vicino ponte ferroviario, sì da impedire poi ad eventuali squadre di operai di affluire sul posto per rimediare. Per le ragioni che si son dette, il brillamento delle cariche di tritolo non provocò il disastro programmato perché ne derivò solo un arresto del flusso di acqua limitato a qualche giorno. Più persistente fu invece la psicosi del paracadutista nemico, che da quel momento serpeggiò tra le gente. A quel punto, i sabotatori affidarono i prigionieri ad un loro compagno che, rimasto ferito nell’atterraggio, non poteva certo seguirli nella fuga di 60 chilometri verso Paestum dove un sommergibile doveva recuperarli. Il militare inglese non riuscì tuttavia ad impedire la fuga del soldato italiano catturato, che lanciò l’allarme. E così i gruppetti in cui si erano suddivisi gli uomini del commando furono man mano facilmente catturati. Solo uno di loro riuscì ad aprire prima il fuoco, uccidendo due italiani. Avviati a Sulmona, i prigionieri furono ovviamente interrogati. E così con somma sorpresa venne fuori che tra di loro c’erano addirittura due italiani. Si chiamavano Nicol Nastri e Fortunato Picchi. Il primo se la cavò con la prigionia perché aveva preso la cittadinanza inglese, mentre l’altro finì davanti al plotone d’esecuzione per esser fucilato alla schiena. Non gli era servito dotarsi di documenti falsi o qualificarsi come “signor Pierre Dupont, francese libero”. Secondo quanto risulterà a fine guerra, venne infatti scoperto perché s’era messo a “fischiettare sommessamente il motivo di una vecchia canzonetta napoletana”. Si venne a sapere che, allo scoppio delle ostilità, Picchi viveva già da decenni a Londra. Qui, da antifascista conclamato aveva fatto richiesta di arruolamento, anche se aveva voluto mantenere la sua cittadinanza. Pur avendo già quarantasei anni, era riuscito persino ad entrare nel commando paracadutista in questione. Si giustificò adducendo di aver rivestito il semplice ruolo dell’interprete, ma per le leggi di guerra era null’altro che un traditore della patria. E, benché il comune di Carmignano in cui era nato abbia provato in seguito a rivalutarne la figura, egli restò “dopotutto un traditore del suo paese” anche per un suo commilitone del SAS, disposto a riconoscergli al massimo la tempra dell’idealista.
Ma l’operazione “Colossus” era destinata a provocare altre tragedie più o meno grandi persino attraverso due oggetti appartenuti ai suoi protagonisti. Nel primo caso, si trattava di un fazzoletto, su cui era ricamata una mappa, e riguardò il capitano Agostino Piscitelli che aveva interrogato Picchi scoprendone l’identità. Questo ufficiale dei carabinieri, pur avendo fatto solo il suo dovere, a fine guerra fu tradotto davanti alla Corte d’Assise Straordinaria, cavandosela per il rotto della cuffia vista l’aria che tirava in quel momento. Un suo collega in cerca di qualche benemerenza dell’ultima ora lo aveva infatti vilmente denunziato, avendone raccolto la confidenza secondo cui aveva sequestrato al Picchi il fazzoletto. L’altra tragedia riguardò il generale Nicola Bellomo, ben noto ai baresi per la difesa del porto dopo l’otto settembre. Era stato proprio lui a contribuire alla cattura della squadra del commando inglese, responsabile di aver aperto il fuoco contro gli italiani e di averne uccisi due. Nell’occasione, il generale, mentre si prodigava per sottrarre i prigionieri dal linciaggio popolare, si prese la colt dell’ufficiale nemico che guidava il manipolo. Fu la sua rovina. Quella stessa pistola egli aveva indosso anche in seguito, allorché due prigionieri inglesi fuggiti da Torre Tresca finirono uccisi nel corso del rastrellamento successivo. Fu accusato dagli inglesi di averla usata proprio in quel frangente, sparando ai due fuggiaschi. Accusa opinabile, perché, in ogni caso, egli avrebbe agito secondo le leggi di guerra che consentono di far fuoco contro i soldati nemici che tentano di sottrarsi dalla prigionia. In realtà, forse, quell’arma dava sui nervi agli imperturbabili sudditi di Sua Maestà. Ricordava infatti loro che la tanto decantata operazione “Colossus” si era risolta, in fin dei conti, in un mezzo fiasco.

lunedì 23 giugno 2008

LA KFOR ITALIANA DONA VESTIARIO E GIOCATTOLI

KFOR MNTF-W
Public Affairs Office
KOSOVO Villaggio Italia

COMUNICATO STAMPA - Cap. D. Occhinegro

(Djakovica - Gjakove) Aeroporto AMIKO – 23 giugno 2008 Si è svolta oggi una donazione, a cura del contingente italiano in Kosovo, comandato dal Generale di Brigata Agostino Biancafarina, di vestiti e giocattoli devoluti da strutture del nostro paese.
La Task Force Ercole, di base a Djakovica su base 21° Gruppo Squadroni “Orsa Maggiore” che ha sede in sardegna, si occuperà della distribuzione.
L’attività è stata coordinata con la Cooperazione Civile Militare e i Liaison Monitoring Teams la donazione sarà svolta presso i villaggi di Maque, Pala Barda e Bez.
I villaggi individuati, ed in particolare quello di Pala Barda, si trovano nelle vicinanze dell’Aeroporto Italiano denominato AMIKO. Le condizioni di vita degli abitanti con particolare riferimento a i bambini è di grave indigenza.
Nel villaggio di Pala Barda, composto da varie etnie ROM, mancano tutti i servizi e l’unico gioco che conoscono i bambini è rappresentato dall’impastare con i piedi nudi il fango con cui vengono realizzati i mattoni per i ricoveri della notte. Con questo gesto i militari italiani, ancora una volta, dimostrano la particolare propensione ad aiutare chi è meno fortunato.
Alla donazione parteciperà il Comandante della Task Force Ercole il Tenente Colonnello, in patria comandante del 21° Gruppo Squadroni “Orsa Maggiore”, Vincenzo Di Mitrio che ha fortemente voluto, realizzato e condotto questa attività.
Cap. Domenico Occhinegro
dom.occhinegro@esercito.difesa.it