EUROPA: ANDARE OLTRE LA CRISI!
La
politica economica dell’Ue: rigore e recessione- Le speculazioni
dei mercati- La road map per il futuro dell’Italia : fisco,
investimenti, occupazione- Uscire dall’euro?: ”un prezzo
altissimo!”
di Antonio
Laurenzano
L’Europa,
questa Europa non fa più sognare! Il “modello europeo” è da
tempo avvolto in una fitta cortina di incertezze e contraddizioni. Un
modello che alimenta inquietudini, crea insicurezze. Alle radici del
disagio c’è l’impotenza della politica economica dell’Unione,
la mancanza cioè di una reale governance economica e monetaria. Ne
parliamo con l’economista Alberto Quadrio Curzio, Professore
emerito di Economia politica all’Università Cattolica di Milano,
editorialista de Il Sole 24 Ore.
-L’attuale crisi
finanziaria ed economica ha messo in evidenza le anomalie della
governance istituzionale della UEM. Una pericolosa asimmetria fra
politica monetaria e politica economica. Quale scenario è
auspicabile affinchè l’euro non collassi?
La BCE si è trovata
in una situazione molto difficile che l’ha costretta a svolgere
delle funzioni di supplenza non previste dai suoi statuti e tuttavia
necessarie per l’emergenza. Tuttavia, riprendendo quanto Carlo
Azeglio Ciampi, disse in occasione delle celebrazioni dei dieci anni
dei attività della BCE, “la costruzione istituzionale dell’Unione
europea deve arrivare a disporre dell’intera panoplia degli
strumenti di Governo dell’economia: di bilancio, dei redditi, delle
strutture materiali e immateriali. Una moneta solida e una politica
monetaria efficace, anche perché attuata da una banca centrale
autonoma nel perseguire una missione precisa, danno stabilità;
prevengono e dissipano incertezze.”
-La recessione
economica in atto con la caduta dei livelli occupazionali sta
causando in Europa un crescente antieuropeismo. L’euro e l’Europa
rischiano di diventare la bandiera dei risentimenti, dei disagi
sociali, del populismo, della facile demagogia. Quando si esce da
questa crisi?
Una situazione di
crisi che si avvia al sesto anno configura di gran lunga la peggiore
crisi del dopoguerra che nata nella finanza (americana)si è poi
traslata in quella europea(sui titoli di stato)diventando anche crisi
economica ed infine sociale. Le istituzioni europee che funzionavano
bene in condizioni di normalità hanno cominciato a traballare ed i
mass media invece di assumere un atteggiamento costruttivo e
propositivo hanno alimentato i risentimenti. Così i paesi del nord
hanno accusato quelli del sud di malagestio e quelli del sud hanno
ribattuto accusando quelli del nord di egoismo. Il tutto ha fatto
crescere l’euroscetticismo e addirittura l’anti europeismo.
-In particolare, come
risponde a chi, anche in Italia, auspica l’uscita dall’euro e un
ritorno alla sovranità monetaria? Quale prezzo pagheremmo con il
ritorno alle sovranità nazionali?
L’uscita
dell’Italia (come di qualsiasi altro Paese dell’UEM) dall’euro
sarebbe molto dannosa. Sebbene i costi si potrebbero stimare solo
dopo che l’evento si è verificato, i danni sarebbero altissimi in
quanto si bloccherebbero tutte le relazioni commerciali, industriali
e finanziarie del nostro Paese con il resto dell’Europa e questo
inevitabilmente avrebbe ripercussioni sull’economia reale: crescita
minore, aumento della disoccupazione e via discorrendo. Il tutto
condito di controlli sui movimenti dei capitali e alla fine anche di
protezionismo. L’illusione di recuperare sovranità e con questa
gradi di libertà porterebbe esattamente all’opposto con minore
libertà economica ed anche con minore benessere per tutti.
-E’ sempre più
diffuso in Europa un sentimento anti-tedesco. La Germania con il
rigore e l’austerità imposta ai suoi partner con il fiscal compact
è ritenuta la causa della crisi economica in atto. Nel mondo per
superare la crisi e incentivare la crescita si investe, in Europa si
taglia! Qual è il Suo giudizio?
L’esperienza
ci dice che dalle recessioni profonde si esce non tanto o non solo
con le liberalizzazioni, quanto con la spesa pubblica orientata
soprattutto a investimenti infrastrutturali e ambientali nonché in
ricerca e sviluppo che migliorano la qualità di processi e prodotti.
La mia impressione è che se non riusciremo ad andare in questa
direzione, potremmo dover convivere con la recessione ancora per
molti anni. La Germania per ora si sta avvantaggiando della crisi in
termini di tassi di interesse sempre più bassi sui suoi titoli di
Stato ma se la recessione degli altri Paesi continua,crolleranno le
sue esportazioni.
-Secondo l’ex
Cancelliere Schmidt “la Grande Germania sta perdendo il senso
della storia, del suo riscatto europeo e della solidarietà con i
partner”? E’ lecito chiedersi quale Europa per il futuro: quella
equilibrata e solidale delle origini o quella germanizzata di oggi?
C’è
del vero in tutte queste osservazioni, ma bisogna distinguere due
questioni: la posizione della Germania, senza il cui beneplacito
nella Uem e nella Ue non si fa nulla (il che è
comprensibile visto che si tratta di un Paese con un pil e
una popolazione che pesano tra il 27% e il 28% del totale di
Eurolandia); la situazione delle istituzioni in atto e in potenza
dell’Europa. La Germania è stata lenta durante la crisi e ciò ha
attirato parecchie critiche al cancelliere Merkel ma alla fine ha
sempre preso delle decisioni europeiste. Certo che la Merkel non è
Kohl.Per questo il problema è che il suo atteggiamento potrebbe
causare danni enormi per i ritardi nelle decisioni mentre i contagi
si estendono molto più velocemente. E’ necessario dunque procedere
sempre attraverso una logica solidale e con maggiore rapidità
-Europa: un’opera
incompiuta! Più Europa, più Unione per vincere la sfida della
globalizzazione. Il Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi ha
auspicato il recupero dei valori fondanti dell’Ue: solidarietà e
sussidiarietà. Condivide questa lettura della realtà europea?
Concordo pienamente.
Sono sempre più attuali i due grandi principi – e cioè quelli di
sussidiarietà e solidarietà – su cui la Costruzione europea è
cresciuta negli Ideali, nelle Istituzioni, nella Società, nella
Economia. Ho avuto modo di constatare come valori e ideali da un lato
e, dall’altro, ragione e realismo, saggezza e pragmatismo possano
cooperare in persone che, pur avendo diversi riferimenti valoriali,
intendono promuovere nella ragionevolezza un rinnovato umanesimo
tipico della civiltà europea.
-Il recente
salvataggio di Cipro con un prelievo forzoso sui depositi bancari
voluto dalle autorità monetarie di Francoforte l’ha convinta? Non
potrebbe aver creato un pericoloso precedente esportabile in altri
Paesi?
La bancarotta di Cipro
e la sua uscita dall'euro, con imprevedibili conseguenze per
l'Eurozona (Uem), è stata fortunatamente evitata. Si è attuata la
ricapitalizzazione dell'intero sistema finanziario con la chiusura
della banca più disastrata (Laiki) gravando le perdite sugli
azionisti, sugli obbligazionisti e sui depositanti per importi
superiori ai 100mila euro. È questa una nuova forma di "bail
in" che rappresenta per la Uem una novità assoluta che non
convince in quanto decisioni di questa natura dovrebbero essere
adottate in contesti giuridico-istituzionali meno improvvisati.
-Come riassumerebbe la
“ricetta” per azzerare lo spread in Italia e rilanciare il
progetto europeo?
Per l’Europa si
tratta di associare alla stabilità finanziaria il rilancio
dell’economia reale da cui dipendono la crescita e l’occupazione.
Per me senza investimenti europei in green growth infrastrutturale
l’Europa rischia molto essendo ormai a 25 milioni di disoccupati.
Ma l’Italia rischia ancora di più perché dal 2008 al 2012 ha
visto crescere il tasso di disoccupazione di 5 punti percentuali ed
oggi è al 12%.La base produttiva si sta deteriorando con il
fallimento di molte imprese. il rilancio senza un spinta europea è
difficile .Per questo io ho sostenuto che nel secondo semestre del
2012 il Governo Monti doveva chiedere come ha fatto la Spagna un
prestito al fondo europeo o l’apertura dell’ombrello BCE per gli
interventi sui titoli di Stato a scadenza triennale. Al proprio
interno le ricette per l’Italia sono note ma tra queste darei
priorità alla riduzione del carico fiscale su imprese e lavoro.
Messaggio
chiaro e forte! E’ tempo di decisioni responsabili per tornare
all’economia reale, quell’economia che crea lavoro e distribuisce
la ricchezza prodotta, che non si lascia soffocare dalla grande
finanza e dai suoi pericolosi intrecci speculativi.