Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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venerdì 21 settembre 2007
La Vita è nel sangue, del dott. Filippo Portoghese
Cari lettori, giorni or sono ho avuto l’onore e il piacere di avvicinare per motivi personali il dott. Filippo Portoghese (Dirigente del Reparto di Urologia presso l’Ente Ecclesiastico Ospedale “Miulli” in Acquaviva). Il dott. Portoghese è anche Direttore di Redazione e Segretario della Rivista S.A.L.U. news (http://www.salu.it/) – Organo ufficiale della società Appulo-Lucana di Urologia. Non vi parlerò ora, delle doti professionali del dott. Portoghese circa il suo prestigioso incarico di Dirigente medico, ma come collega giornalista e autore di un pezzo su SALU news, che è di interesse sociale, oltre che umanitario.
Il dott. Portoghese (è una bella figura d’uomo, attraente, affabile e modesto, alto circa un metro e ottantasei, fisico atletico) mi ha autorizzato di pubblicare su * a il “Palazzuolo” e sul Blog: http://www.corpomilitaresmom.blogspot.com/ il suo articolo apparso sulla Rivista S.A.L.U. news n. 7 – luglio 2007.
E gli scrive:
TRAPIANTO DI RENE SENZA SANGUE PER UN TESTIMONE DI GEOVA.
Gli urologi Pugliesi all’avanguardia negli interventi minivasivi e con risparmio di emotrasfusioni, ad Acquaviva nuove frontiere per il risparmio delle trasfusioni nelle prostatectomie e cistectomie radicali.
L’equipe diretta dal Prof. Francesco Paolo Selvaggi – Direttore della Clinica di Urologia dell’Università di Bari – ha compiuto di recente nel mese di giugno 2007 un delicato intervento di Trapianto di rene in una paziente affetta da insufficienza renale cronica in fase uremica, testimone di Geova.
Come è noto gli appartenenti a questa Religione (riferisce Portoghese) non accettano alcun tipo di emotrasfusioni, pertanto programmare un intervento in cui il tempo vascolare su grossi vasi è preminente rappresenta davvero un rischio.
Per gli appartenenti a questa Religione in Italia circa 235 mila in 3070 Congregazioni – la vita è nel sangue (atti 15.28-29) e una sua alterazione non è ammissibile. Anche se nel 2000 il C.C. ha cambiato gli aspetti più estremi della Religione, ammettendo alcune concessioni, l’Ostacolo Rosso – come citato nel libro di Patrizia Santovecchi I Figli di un Dio Tiranno – rappresenta ancora un serio impedimento per i seguaci della Religione fondata nel 1870 in USA da Russel.
Del resto lo Stato italiano è autore di un specifico progetto di legge (v. Parlamento Italiano aprile 2007) teso alla tutela degli aspetti etici dei seguaci della Torre di Guardia.
Il prof. Selvaggi, coadiuvato dalla sua equipe fra cui il prof. Battaglia, Martino, Limitone, è stato in grado di assicurare preventivamente la paziente (A.M.G.) che in ogni caso non avrebbe effettuato alcuna trasfusione né durante né dopo l’intervento, perfettamente riuscito (…tantum Religio potuti suadere malorum…Lucrezio de Rerum natura I,v.101).
Le manovre chirurgiche sono durate circa tre ore e la degenza post operatoria si è conclusa dopo otto gg. Ovviamente - continua il dott. Portoghese – in questi casi del tutto particolari – come è prassi in ogni Reparto, si cerca di essere oltremodo attenti nei procedimenti emostatici intraoperatori. Anche in Altri Centri – Di Venere di Bari, Acquaviva delle Fonti – sono stati operati casi simili, ottenendo il risultato clinico grazie alle sulturatrici meccaniche, all’Ultracision e al Ligasure, a clips a tenuta stagna, alla macchina cuore polmone e ai vaso expander, presidi sanitari riservati ai Reparti a più alta specializzazione e dove sono compiuti interventi maggiori.
Grazie a queste attrezzature e terapie si riesce a limitare le trasfusioni evitando le perdite ematiche. Per eseguire tali interventi è necessario un grande affiatamento fra l’equipe anestesiologica e quella chirurgica. Questi orientamenti sono gli stessi che hanno spinto all’acquisizione in Puglia della apparecchiatura Robotica da Vinci, attualmente in uso presso la U.O.C. di Urologia dell’Ospedale Miulli.
Si tratta di una sofisticata attrezzatura robotica usata specie nei grossi interventi sul piccolo bacino come Prostatectomie radicali e Cistectomie, che consente di operare tramite una consolle distante dal paziente. L’uso delle pinze e delle forbici da parte dell’operatore avviene in un piano tridimensionale, ci riferisce il prof. Vincenzo Di Santo che dall’ottobre del 2006 utilizza personalmente il da Vinci, permettendo movimenti precisissimi e risparmio completo di sanguinamento. Un aiuto opera invece sul campo dedicandosi alla divaricazione, all’uso delle suture e alla aspirazione. Con questa metodica sono stati già operati in Puglia quasi 80 pazienti con risultati migliori per la continenza, l’erezione e il risparmio di trasfusioni rispetto alla chirurgia open. L’intervento dura circa 3-4 ore e prevede una breve degenza post operatoria. Il catetere viene rimosso dopo 5 gg. Previo esame cistografico.
Anche in campo ginecologico siamo a conoscenza che presso il Di Venere di Bari il Prof. Filippo Maria Boscia persegue gli stessi scopi e ottiene ottimi risultati in Ostetricia e Ginecologia.
lunedì 17 settembre 2007
Richista di pubblicazione su questo sito
Ti sarei veramente grato se potessi pubblicare ,o far pubblicare su altre testate , queste mie semplici parole dedicate a degli amministratori pubblici e professionisti che in questi tempi di “vacche magre” dal punto di vista della morale e dell’etica, sono degni della stima e della fiducia di tutti noi e meritano di essere additati come esempio.
Grazie Giuseppe Cianciola , via Di Tullio 23 70124 Bari 080.5421160
Si è sempre pronti a criticare le istituzioni , a sparare addosso a tutti a tutti quelli che le rappresentano , ma con la stessa franchezza bisogna riconoscere i giusti meriti quando queste invece funzionano , e lo fanno in silenzio , senza tanta pubblicità , ma impegno e fatica per raggiungere l’obbiettivo prefissato .
Ed era proprio questo il clima che si respirava l’altra sera presso la struttura messa a disposizione dal Centro Commerciale IperCoop “La Mongolfiera” di Japigia rappresentata dalla Direttrice Annalisa Evangelista sulla “piazza” dello stesso .
Qui , attraverso un accordo biennale con il Comune di Bari , sono stati ceduti in comodato gratuito alla Circoscrizione Japigia – Torre a Mare la struttura fissa ( che fa da sala riunione , centro di ascolto , deposito per attrezzature sportive e giochi ) , il parco giochi e gli impianti Sportivi (campi di calcetto , pallavolo e basket ) , che a loro volta sono stati affidati in gestione alle Associazioni “Maieutica” e “Lupi di San Francesco”. Quest’ultima gestita dalla Dr.ssa Serafina Grandolfo in collaborazione con il C.S.I. Centro Sportivo Italiano propone la promozione allo sport intesa come educazione allo sport e quindi alla socializzazione e organizza attività sportive su iniziativa della Commissione Servizi Sociali , perfettamente rappresentata dal Dr.Nico Carnimeo persona sensibile e preparata , e della Commissione Sport e Cultura , presente il Dr.Mansueto .
Maieutica è invece una Associazione diretta dalla Dr.ssa Simona Tundo che riunisce i maggiori esperti cui i Servizi Sociali affidano attraverso Bandi di Gara la cura dei casi di minori disagiati o diversamente abili. I progetti prevedono che i ragazzi vengano seguiti sin da piccoli nel loro percorso formativo tramite il sostegno alle famiglie prima , in ambito scolastico successivamente facendo sì che il tutto abbia una continuazione ed evitando che trattandosi di un quartiere di periferia cadano facilmente vittime del degrado . E’ indiscutibile che il lavoro svolto dagli assistenti sociali sia stato fondamentale nell’individuare e segnalare i 64 casi più bisognosi d’aiuto.
La cerimonia di giovedì 6 settembre a conclusione del progetto “soggiorno estivo” che la Circoscrizione Japigia – Torre a Mare organizzava per il terzo anno consecutivo e che voleva essere un premio per la buona volontà dimostrata dai ragazzi. E’ stato così che un gruppo di ragazzi ha usufruito di un periodo di vacanza presso il Lido di S.Francesco alla Rena e l’Acquapark di Japigia.
L’altro gruppo invece è stato ospite di un agriturismo nel Brindisino . Qui la prova per la dr.Tundo e i suoi collaboratori era veramente ardua perché inserita in un programma ambizioso e coraggioso: nella stessa struttura era presente un gruppo di ragazzi della Circoscrizione Murat S.Nicola accompagnati dalla Dr.Campanelli. L’esordio non è stato dei migliori e non lasciava presagire niente di buono : l’ambiente ostile ( gli stessi proprietari non si sono fatti scrupolo nel chiedere di “ghettizzare” i ragazzi ) , la diffidenza fra ragazzi appartenenti a due quartieri che storicamente non si sono mai amati , il marcamento stretto da parte degli assistenti in un rapporto di uno a uno.
Ma il tempo , la bravura degli attivatori nel coinvolgere i ragazzi e farli sentire liberi hanno avuto il sopravvento e gioco, felicità e spensieratezza hanno preso il posto di ansia e preoccupazione.
I ragazzi fra mare , piscina , giochi d’acqua , attività ludica e attività sportiva si sono veramente divertiti come testimoniato dalle immagini racchiuse in un videoclip realizzato dalla dr.Tundo le cui copie sono state distribuite ai tutti i partecipanti . Il tutto sotto lo sguardo compiaciuto dei Presidenti delle due Circoscrizioni Dr.Niceta Tommasi ( assente il dr.Leccese) ed. il Dr Mario Ferorelli.
domenica 16 settembre 2007
Il Piccolo Mondo Antico
“…una discussione può a volte far trionfare la verità, ma più sovente non serve che a inquinare lo spazio…chi insegna deve sapere fino a qual punto l’allievo può discutere senza irritarsi...sono cose da sapere, perché la Fratellanza vive soprattutto di equilibrio!!" (anonimo)
Cari lettori, la storia che vi racconterò ha qualcosa di straordinario, forse oggi non è più concepibile come in alcuni antichi Circoli d’Italia il tenore di vita comportamentale dei tempi andati, i giovani direbbero sei vecchio, e, purtroppo il vecchio molto spesso è relegato in “soffitta” come un oggetto che non serve più. Penso che in tutti i tempi e le epoche in questa nostra breve vita terrena, per poter capire il cosiddetto “nuovo” bisognerebbe conoscere ed interpretare prima il vecchio, e, soltanto leggendo antichi “libri” si possono capire e valutare le esperienze dei “nuovi“. Orbene, avete certamente capito che il tema da trattare sono in Circoli di Società, ed in particolare: Il Circolo Ravennate e dei Forestieri.
Tempo fa, ma non molto, ho avuto il piacere e l’onore in una assise culturale, di conoscere di persona il Comm. Dott. Beppe Rossi, imprenditore ravennate e attuale Presidente del Circolo Ravennate e dei Forestieri. Persona di spiccate qualità manageriali e di grandi sentimenti umanitari, il Rossi è Ufficiale del Corpo Militare del S.M.O.M., Commendatore della Rep. Italiana oltre che attivissimo Lions, ed è stato anche assessore nel Comune di Ravenna ed ha rivestito tante altre cariche. Insomma come si direbbe oggi …una persona di tutto rispetto.
Ed ora cari lettori del “Palazzuolo” da una recente pubblicazione del Presidente Comm. Dott. Beppe Rossi, un po’ di storia antica del Circolo Ravennate,
La Società del Circolo Ravennate fu legalmente costituita il 20 aprile 1860, come scrive Lorenzo Miserocchi in “Ravenna e i Ravennati nel secolo XIX”, ma ufficialmente venne inaugurato il mese successivo, il 7 maggio. In tale data, dopo appena un mese dal passaggio della Provincia di Ravenna dallo Stato Pontificio al Regno di Sardegna e un anno prima della proclamazione del Regno d’Italia, un gruppo di giovani appartenenti a famiglie nobili, o comunque eminenti della Città, decisa di fondare una Società, che prese il mone di Circolo Ravennate
Essa aveva come scopo”…il geniale ritrovo dei suoi comportamenti in acconcio locale per intrattenervisi quotidianamente colla conversazione, con la lettura di libri e di giornali, con giuochi e col prender parte ai divertimenti e trattenimenti straordinari, come accademie, feste da ballo, ricevimenti”: così enunciava il primo Statuto della Società del Circolo Ravennate, stampato in Ravenna dal Regio Stabilimento Tipografico di G. Angeletti, con òla medesima data di fondazione della Società stessa.
Il promotore, fondatore e Presidente provvisorio del Circolo Ravennate tra il 1859 – 1860, fu il prestigiosissimo Patrizio Torinese S.E. Cav. Avv. Marchese Emanuele Lucerna di Rorà, Governatore delle Province delle Romagne (1858 – 1860), nominato dal Dittatore dell’Emilia, il Capo del Governo Presidente Luigi Carlo Farini, anch’egli coinvolto dal Rorà e da Achille Rasponi come i soci onorari del Circolo. Grande merito di Rorà fu l’aver speso tutta la propria autorità a favore dell’ampiamento e del restauro del Porto di Ravenna. Inoltre fu, come Liberale e Massone proveniente da Torino, un forte fautore in Romagna dell’indipendenza e dell’unità d’Italia.
Da una ricerca di Gaetano Ravaldini per l’Editore Tonini, documentata che primo Presidente del Circolo fu il non ancora venticinquenne Avv. Conte Achille Rasponi (2 maggio 1835 - 22 maggio 1896) – figlio del Conte Giulio e della Principessa Luisa figlia di Giocchino Murat, ardente patriota.
L’appartenenza al Circolo era assai esclusiva come si può capire e veniva limitata ai ceti più abbienti (nobili, imprenditori agricoli e industriali, liberi professionisti affermati), per cui a Ravenna l’Istituzione venne abitualmente chiamata dai Ravennati, “Zircol di Sgnur”, (Circoli dei Signori). Ciò nondimeno il Circolo era tutt’altro che il “Piccolo mondo antico” di Ravenna, poiché in esso si ritrova quella media – alta borghesia civica che dichiaratamente professava i valori illuminati, liberali, ed aveva parteggiato, in molti casi in modo militante, per il movimento risorgimentale anche tramite l’appartenenza alla Carboneria ed alla Massoneria. In tutta la storia del Circolo ritroviamo infatti molti Soci, Consiglieri, Presidenti, tra i più attivi componenti della Loggia Massonica Ravennate “Dante Alighieri”. Gli stessi promotori della Società del Circolo, che pure erano alla guida dell’Amministrazione Municipale, avevano conferito il 21 settembre 1859 a Giuseppe Garibaldi, la cittadinanza onoraria di Ravenna.
Fino all’evento del Fascismo la vita del Circolo trascorse assai tranquillamente tra feste, partite a tresette, scopa, bridge, baccarà con la frequenzione delle famiglie e dei personaggi più importanti affiliati al Circolo: i Rasponi; i Pasolini; i professionisti più affermati, tra i quali il brillante Avv. Paolo Poletti (1879– 1954) scrittore dotto e piacevolissimo; imprenditori e banchieri che tenevano il Circolo come un secondo ufficio. Per le personalità della cultura e dello spettacolo in visita a Ravenna il Circolo era una tappa obbligata, dove trascorrere una serata conviviale: tra queste si ricordano Garbriele D’Annunzio ed Eleonora D’use nei primi anni del novecento. Il Miserocchi, nel 1927, scrive che “il Circolo, in ogni tempo ed in ogni occasione, seguì la sua ben nota tradizione ospitale e gentile verso personalità distinte e congressisti provenienti da qualsiasi parte o per qualsiasi scopo”. Nel 1930 il Circolo cominciò a suscitare la differenza del poter politico ravennate, tanto che il Federale Rambelli, giudicandolo cenacolo antifascista, ne pretese lo scioglimento. In effetti il Circolo non aveva mai assunto carattere politico, ma neppure aveva dimostrato sudditanza verso alcun potere, tanto meno nei confronti del “Regime”. Dunque la Società del Circolo Ravennate fu costretta a rifondarsi e si ricostituì una nuova Associazione denominata Circolo Ravennate e della Caccia, con una connotazione eminentemente sportiva e venatoria, ma la compagine sociale non cambiò, restando saldamente ancorata alla media e alta borghesia liberale. L’unica attività sportiva e venatoria organizzata dal Circolo era la caccia a cavallo alla volpe. Dall’inizio del secolo, la via del Circolo ha visto avvicendarsi un numero limitato di Presidenti, poiché la carica di fatto era considerata vitalizia ad essa venivano chiamate le personalità più prestigiose della Città.
Negli anni trenta alla Presidenza fu eletto il Comm. Giuseppe Focaccia, importante industriale calzaturiero. Negli anni quaranta il Presidente era il Comm. Dr. Ettore Frattasi, Presidente dell’associazione provinciale degli Agricoltori. Fu un militante della Loggia Massonica “Dante Alighieri”. Con la guerra di liberazione e l’occupazione di Ravenna da parte delle truppe alleate, i locali del Circolo furono requisite e divennero uffici e Circolo Ufficiali degli stessi alleati, ed il Vicepresidente del Circolo Avv. Massimo Stanghellini Perilli, già affermato professionista e conoscitore perfetto della lingua inglese, fu nominato legale di fiducia del Governo provvisorio alleato. Nel dopoguerra il Circolo fu ricostruito con il nome di Circolo Cittadino. Il primo Presidente , dal 1948, fu il Comm. Ing. Giuseppe Benelli (1903- 1191), conosciuto per il suo impegno civile, Presidente dell’Associazione provinciali degli Industriali (1947 – 1966), agricoltore ed imprenditore nel campo dello spettacolo: era il proprietario di uno dei locali cinematografici storici di Ravenna. “La Sala Italia” in via Cairoli. Gli succedette alla Presidenza, nel 1952, il Comm. Avv. Massimo Stanghellini Perilli, principe del Foro ravennate, legale di fiducia dei più rilevanti gruppi bancari ed imprenditoriali. E’ stato uno dei principali protagonisti della vita culturale, sociale ed economica di Ravenna e della Romagna, autore di una vasta produzione letteraria. Fu poi eletto Presidente, nel 1955 fino al 1958, il Comm. Giuseppe Vittorio Merendi, Agente generale dell’Ina Assicurazioni. In quell’anno lo stesso Presidente Merendi, insiema a Massimo e Vittorio Stanghellini Perilli ed a molti altri importanti Soci, uscì dal Circolo Cittadino
Per promuovere la rifondazione del Circolo Ravennate. Solo nel 1958 si tornò, dunque, all’antica denominazione, di Circolo Ravennate, con l’aggiunta “e dei forestieri” . Tale scelta fu patrocinata dall’Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Ravenna e sostenuta dal suo Presidente Dr. Mario Giuliani Ricci, il quale, essendo anche Socio e Consigliere del Circolo, fiancheggiò con l’Azienda l’apertura del Circolo ai “Forestieri” e la conseguente crescita d’ammissioni tra i Soci di non Ravennati, per testimoniare il carattere ospitale ed aperto dei Cittadini di Ravenna. Il Circolo rinacque, dunque, anche per cercare di dar vita ad una Associazione maggiormente esclusiva ed elegante e nel contempo più aperta agli esterni ed alle donne, in particolare alle moglie dei Soci, fin dall’epoca fascista, estromesse dalla partecipazione alla vita associativa del sodalizio: venivano così recuperati i principi fondanti dell’altra tradizione liberal-democratica ottocentesca del Circolo Ravennate. Il Circolo è sempre stato la Sede in cui i Soci, in molte occasioni con le Signore, si trovavano per conversare, leggere, giocare, divertirsi, organizzare gite sociali, cenare. Ma è pure il luogo d’incontro dei Soci con personalità della cultura, dello spettacolo e del giornalismo, già presenti a Ravenna o appositamente invitate: tra le più importanti si ricordano, negli anni sessanta. Enza Pound; negli anni settanta Giorgio Gaslini negli anni più recenti Riccardo Muti, Vittorio Gassman e Gigi Proietti; Vittorio Zucconi, Piero Ottone, Sergio Zavoli, Luca Goldoni, Igor Man, Corrado Augius, Carlo Lucarelli, Leo Turrini, Vittorio Sgarbi, Lilli Gruber. Frequenti gli incontri letterari con scrittori ravennati e romagnoli, e l’allestimento di mostre d’arte, nelle sale del Circolo, dedicate ad artisti locali ma pure di diversa estrazione. Meno consuete le presenze al Circolo di personalità non ravennati, provenienti dal mondo politico e delle Istituzioni, tra le quali si ricordano i Ministri Galloni, Zanone, Prodi, il Presidente Commissione Finanze e Tesoro della Camera Giorgio La Malfa, il Segretario Nazionale del Pri Francesco Nucara, l’Ambascitore Usa in Italia Maxwell Rab. Anche sul versante sportivo il Circolo è spesso stato un luogo d’incontro di giornalisti e campioni di tutte le discipline:tra essi i partecipanti alla manifestazione internazionale di vela Match Race. Il ristorante ha costantemente costituito un fiore all’occhiello del Circolo e la sede di socializzazione per i propri Soci e per i loro ospiti ed ha trovato per alcuni anni serate d’apertura del terrazzo particolarmente prestigiose. Le sale del Circolo hanno tradizionalmente ospitato i partecipanti, provenienti dai vari paesi del mondo, ai Corsi universitari di cultura ravennate e bizantina, e sempre sono state aperte a visitatori e studiosi provenienti dall’Italia e dall’estero. Soprattutto negli anni sessanta e settanta l’ambiente del Circolo imponeva il rispetto di una rigida etichetta: obbligatori la giacca, la cravatta e la sera l’abito scuro, lo smoking per le feste sociali, il biglietto d’invito della Direzione per gli ospiti accompagnati dai Soci. Ma anche alcuni Soci, negli anni sessanta, settanta e ottanta del novecento, hanno tenuto il Circolo come la seconda casa per il tempo libero, rendendolo quotidianamente vitale e facendone un’autentica rappresentazione della vita civile medio – alta “borghesia” ravennate, protagonista delle attività economiche, imprenditoriali e professionali, della Città. Infine non si può trascurare l’apporto imprescindibile delle Signore nell’organizzare gli eventi e nell’animazione del Circolo.
Oggi, “E’ Zircol di Sgnur, còme che il ciamèva.
Mò indòv’è-i piò i “Sgnur” – Sgnur”?
I “Vir – Sgnur” j’è scumpèrs da un pèz!
Incù u j’è i “Signor d’bajòc”,
sèmpar impurtànt, mò j’è un etar quél.
E’ mònd 1’è cambiè, parchè l’avèva da cambiè,
e Ravèna l’è la mej Zitè de mònd!
Il Presidente Onorario del Circolo, Avv. Massimo Stanghellini Perilli, esprime la bella soddisfazione, al compimento dei suoi novantacinque anni d’età e dai settantacinque anni d’anzianità d’iscrizione al Circolo, alla benemerita volontà di un Ravennate vero, il Presidente del nostro Circolo, l’amico Beppe Rossi, che ha ricostruito la storia di un’Istitiuzione Cittadina, il Circolo, specchio fedele della vita sociale di Ravenna. Così la lunga vicenda del Circolo Ravennate e dei Forestieri, tanto ben composta dal Presidente Rossi, finisce per testimoniare la vissuta evoluzione della storia civile della storia civile della nostra amatissima Ravenna e di aver colmato una lacuna nella storia moderna e contemporanea.
Nel mio ultimo incontro con il Presidente Beppe Rossi. Dopo la riapertura delle ferie estive del Circolo dei Ravennati e dei Forestieri, “con i miei collaboratori abbiamo avuto un programma di attività molto intenso, incontri con autori di libri locali nazionali (da Vittorio Sgarbi a Corrado Augias, Nevio Galeati, Danilo Montanari, Ivan Simonini. Un momento di particolare partecipazione – continua Rossi – si è registrato in occasione dell’assegnazione del riconoscimento del premio annuale al ravennate lontano, toccato quest’anno a Umberto Paolucci, vice Presidente della Microsoft Corporation”. Il Circolo conta oggi duecento Soci, la presidenza di Rossi ha coinciso con nuovo impulso e ha fortemente ringiovanito la base sociale con l’inserimento di giovani professionisti, imprenditori, manager. Il Circolo svolge dunque anche una funzione di centro culturale e aggregazione civica, ma svolge anche un’attività benefica: “Abbiamo raccolto 2.00 euro per la missione che si occupa di bambini in Tanzania – dice Rossi – 3.00 euro per le strutture di Don Ugo, 1.500 euro per l’assistenza ai bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Ravenna, altri fondi per la Croce Rossa Italiana, anche se la beneficenza non rientra specificatamente nelle attività del Circolo. Nel periodo di chiusura del Circolo sono stati realizzati alcuni lavori di restauro degli affreschi e ammodernamento, e il recupero del Palazzo Rasponi, che comprende anche la Ca de Ven. e la realizzazione del vano ascensore che verrà installato nel prossimo gennaio.
Onore al merito dunque al Presidente del Circolo, Comm. Dott. Beppe Rossi, che ha saputo leggere tra le righe antichi “libri” di “Pietra” traghettandoli con saggezza verso la “Luce”. Conclusione dell’incontro tra antico e moderno, il Presidente Rossi a sorpresa ha voluto invitare formalmente e con consorte, presso la Sede del Circolo Ravennate e dei Forestieri, il vicedirettore de Il “Palazzuolo”, per un weekend.
Il S.O.M.I. d'Italia
Frammenti (da Ermete Trismegisto)
Amici carissimi de * a il “Palazzuolo”, dopo aver “ascoltato” e letto i frammenti del grande Ermete Trismegisto, ora ascoltate me:
Un antico e nobile Sovrano Ordine, riemerso (da Piazza del Gesù, 47 - Roma) e di cui a pieno titolo, tutti gli aderenti, innalzano in piena Armonia d’intenti le Colonne in Puglia, precisamente nel Capoluogo barese, è denominato: S.O.M.I.
Il S.O.M.I. è una Istituzione di Uomini Liberi e di buoni costumi, fondata, dal filantropo e G.M., Dott. Cav. Silvio Vigorito di Selymbria; gli aderenti dell’Ordine si riunivano inizialmente durante il periodo della clandestinità (1935) in via Fregene in Roma. L’Ordine di Tradizione del R.S.A.A. risalente ai Cavalieri di San Giovanni di Scozia è riemerso a pieno titolo da una costola di Piazza del Gesù come ho poc’anzi accennato.
Gli aderenti del S.O.M.I. si chiamano “Muratori” perché simbolicamente sono dei muratori intenti alla costruzione ideale di un Tempio, del Tempio della virtù, che dura da millenni, e che fu più volte distrutto.
Sono Muratori pazienti, coscienti, illuminati, nell’allestimento della Pietra su Pietra, con il loro filo a piombo, la loro livella, il loro compasso, la loro squadra.
Sono Muratori e sanno allineare e sovrapporre senza contrasti, ma con armonia, pietre di diversa grandezza, colore ed origine. E’ la creazione dell’armonia nel mondo con gli angoli smussati, con gli spiriti uniti e cementati dalla malta della fratellanza, illuminata dalla fiamma della libertà.
“Nel Sovrano Ordine sono banditi il rancore, la esecrazione, la vendetta: QUI vi è amore, tolleranza, comprensione, uguaglianza, libertà di pensiero, scrupolo nel giudizio, intendimento sentito di far bene nell’austera religione del dovere, della giustizia e della civiltà”.
Qui le più nobili espressioni dell’animo umano trovano la loro migliore palestra e la loro straordinaria testimonianza. Ci si entra con amore di uomo e con fede di studioso perché qui si praticano le idee e la morale, che non basta leggere ascoltare e ripetere, ma che occorre praticare con spontaneità di esercizio e con convinzione di studio interpretativo nel sistema estremamente difficile della vita terrena e nella complessa spiritualità dell’Eterno. Qui si affonda il seme di quella pianta robusta che è la serenità consapevole e che è radice di sostegno nelle inevitabili amarezze del nostro tempo. Bussando alla porta e se vi sarà aperto per entrare nell’Ordine per il vostro tirocinio del periodo catartico, voi, all’inizio, probabilmente comprenderete poco dell’Associazione, forse anche nulla.
Non preoccupatevi, perché è logico e così dovrebbe essere, perché così è stato anche per coloro che oggi hanno raggiunto i più alti gradi…Non capire implica che ci sia qualcosa da capire. Non capire ammette uno stimolo necessario perché l’intelligenza partecipi e non resti passiva. Non capire indica una coscienza di quel che sia il comprendere. Non importa se per ora il postulante è allo stadio negativo di partenza.
Orbene, se a questa oscura consapevolezza accompagnerete anche un po’ di curiosità e di ansia di sapere, anche l’ignoto non sarà più inaccessibile e vi aprirà le porte di quei misteri che – ripeto – non sono tali, ma concetti che – interpretati – vi faranno scendere piano piano a quello stato supremo che può essere raggiunto soltanto attraverso gli sforzi tenaci della sublimazione intima.
Chiedendo di entrare nel S.O.M.I. Voi schiuderete la porta della vostra vita interiore, conoscerete dunque la potenza di quel silenzio che aduna in sé il tesoro delle proprie riflessioni.
Dal momento in cui Voi siete entrato in questo Tempio, voi siete già un uomo che pensa più di tanti altri uomini e quindi siete già sulla via della conoscenza, il che vuol dire, tendere sempre più possedere sé stessi. Infondo la vita non è altro che una gara da vincere, una gran periodo di prova. Se fosse qualcosa di meno, il lungo e continuo progresso dell’umanità sarebbe un vegetare primo di significato.
L’alpinista vuol conquistare la vetta del monte, non possederla….Siete sulla buona strada….Continuate!
dai quaderni di Serenamente - Alberto VACCA
Caricaaat! Savoia!!!
Il merito di questo pezzo, dell’ultima carica di cavalleria (Isbuschenskij) va attribuito al giovane Capitano di cavalleria Dott. Andrea Pantano, presentatomi dal Ten. Medico (Corpo Militare S.M.O.M.) Dott. Ricciotti Valenti, commilitoni di complemento, nel lontano 1964/68 presso il Comando Gruppo Squadroni del 7° Reggimento di Cavalleria (G.E.D.) “Lancieri di Milano” – Monza (Mi)
Ho promesso al giovane Capitano, di pubblicare sul il “Palazzuolo” il pezzo di taglio decisamente giornalistico da lui composto, memoria storica e patrimonio dell’umanità, che resti sempre viva nei nostri cuori. Vietato dimenticare! Le gesti eroiche. Il sacrificio tributato a quei giovani “Leoni” dell’Arma di Cavalleria, Ufficiali Sup.,Ufficiali, Sottufficiali, Militi e i nobilissimi Cavalli che, quella mattina del 24 agosto del 1942 immolavano le loro vite in uno sterminato campo di girasoli al grido: CARICAAAT! “SAVOIA!!” per i più alti e nobili ideali che le vicende di Storia militare ricordi.
Presso il Reggimento “Savoia Cavalleria” (3°), di stanza a Grosseto dal 1995, il giorno 16 settembre ’06 il Comandante di “Savoia”, il Col. Claudio Fazari, ha commemorato il 64° Anniversario della Carica di Isbuschenskij!!
Pertanto un vivo ricordo va ai Nostri Caduti!!
A ISBUSCHENSKIJ!!
L’ULTIMA GRANDE CARICA DELLA CAVALLERIA ITALIANA.
Rievocazione storica tratta dal libro L’ultima Carica
di Andrea Pantano
nel cuore della terra dei cosacchi, presso le rive del don era la mattina del 24 agosto del 1942.
la pattuglia del sergente comolli usci’, com’era stato stabilito, alle ore 3 e 30 dopo aver dato ai cavalli un po’ di biada ed aver cercato invano dell’acqua con cui abbeverarli.
l’aria era ancora fredda e gli uomini del reggimento dormivano avvolti nei pastrani.
a quota 213, dopo un paio di chilometri, ad una cinquantina di metri di distanza, la pattuglia vide qualche cosa che si muoveva e luccicava in mezzo a un campo di girasoli.
erano i primi bagliori dell’alba che si infrangevano su un elmetto nemico, ed ecco all’improvviso il fragore dei primi colpi rompere la pace del mattino.
al reggimento dormivano quasi tutti, solo qualche gruppo di soldati stava rigovernando i cavalli o sorbendo il caffe’: la sveglia venne data dalle prime raffiche di mitragliatrice.
gli ufficiali saltarono giu’ dalle loro brande, i soldati si alzarono rapidamente da terra e, raccolte le loro armi, corsero a recuperare i cavalli.
il 3° reggimento “savoia cavalleria” veniva minacciato da un forte contingente di 2000 siberiani, arrivati durante la notte e preparatisi a sferrare l'attacco alle prime luci dell’alba.
2000 siberiani contro 700 cavalieri del “savoia”, il comandante di reggimento il colonnello bettoni cazzago conte alessandro non ebbe dubbi: attaccare.
nell’area schiocco’ un ordine: “2^ squadrone a cavallo!”.
lo squadrone usci’ dal quadrato rombando e quando il capitano de leone grido’ “sciabl-man!” a tutti fu chiaro cosa li attendeva.
il neo-promosso maggiore manusardi guardo quella scena con rabbia: lo squadrone, che fino a pochi giorni prima era stato suo, andava adesso a caricare.
ad un tratto senti di non poter resistere: “datemi un cavallo!” grido’.
gli corse incontro casanova reggendo per le briglie il magnifico bergolo. manusardi salto’ in volteggio in sella e raggiunse lo squadrone.
alle prime luci del mattino sul fianco sinistro del nemico come un uragano piomba il 2^ squadrone, un attimo d'attesa, poi: “trottooo!” e subito dopo: “galoppooo!”.
e poi ancora un grido al quale rispose un coro fragoroso: “caricaaat!”, “savoia!”; il boato copri’ il frastuono della carica e giunse nitido fino al reggimento.
il galoppo divenne allora carriera sfrenata ed i plotoni irruppero come un fiume straripante sulle linee nemiche gridando, sciabolando, sparando, lanciando bombe a mano.
i cavalli sembravano guariti dalla fatica e rampavano schiumanti, saltando trincee e nidi di mitragliatrici, cacciandosi a frotte verso l’obbiettivo indicato dallo sprone e scomparendo entro enormi nubi di polvere, seguiti dal tuono dello zoccolio e dal crepitare furioso delle armi.
molti venivano colpiti e dalle loro ferite, per centinaia di metri, zampillava il sangue vermiglio ad ogni tempo di galoppo.
“sembrava incredibile, ma c’erano cavalli gia’ morti che continuavano a galoppare come fantasmi schiantandosi poi al suolo, di colpo, come querce colpite dalla folgore” racconto’ poi il cavaliere gallotti.
al comando, il capitano abba, ad un certo punto, aveva gridato: “li stanno ammazzando tutti: bisogna impegnare i russi sulla fronte”.
il col. bettoni giunto alla stessa conclusione lo mando’ all’attacco con il 4^ squadrone appiedato e subito dopo ordino’ al capitano marchio comandante del 3^ squadrone a cavallo di caricare.
nel campo di girasoli galoppava il tenente gotta: il suo palu’ aveva il mantello grigio sforacchiato in piu’ punti e dai fori zampillava il sangue.
bruni vide la scena e’ grido al collega: “attento, il cavallo ti muore sotto!”. allora gotta scese di sella e chiamo’ l’attendente, ma palu’ eccitato dalle ferite e dal fragore si libero’ con uno strattone e riprese la sua corsa furiosa, nel senso della carica, scomparendo nel polverone.
il cap. marchio, intanto, era stato raggiunto da un cavaliere che gli aveva preso il cavallo per le briglie. l’ufficiale, infatti, aveva entrambe le braccia ferite, che gli ciondolavano dalle spalle ed era costretto a galoppare reggendosi solo con le ginocchia.
fu a quel punto che il comandante di gruppo il maggiore litta modignani mando’ il suo aiutante, il tenente ragazzi, per dire al colonnello che, poiche’ tutto il suo gruppo stava caricando, anch’egli con gli addetti al comando intendeva caricare.
litta non attese neppure la risposta e parti’ con la decina di uomini che gli erano rimasti.
il tenente ragazzi, contravvenendo agli ordini ricevuti, lo raggiunse galoppando.
sono 650 cavalieri che si lanciano come un uragano sulle trincee avversarie, le spezzano, le travolgono e via come il vento.
benche’ i siberiani combattano valorosamente non possono reggere all’impeto irresistibile della carica e dopo un violentissimo scontro durante il quale subiscono pesantissime perdite sono costretti a cedere.
si udirono le grida di vittoria lanciate dai superstiti del 3^ squadrone mettendo in fuga gli ultimi nemici.
erano le ore 9 e 30.
a mano a mano che gli uomini tornavano, bettoni li abbracciava commosso: “savoia” ha caricato!” dicevano gli ufficiali; “savoia” ha caricato!” rispondeva bettoni, ma era anzioso di conoscere con esattezza le sue perdite.
sul campo di battaglia era incominciata la raccolta dei feriti e dei caduti.
il campo restava pero’ disseminato di una quantita’ di cavalli uccisi.
le perdite per il “savoia” ammontavano a 32 morti di cui 3 ufficiali, 52 feriti di cui 5 ufficiali e piu’ di 100 coraggiosissimi e gloriosissimi cavalli.
i russi avevano lasciato sul campo 150 morti, 300 feriti e 500 prigionieri.
man mano che un camion era carico di feriti faceva ritorno al comando.
dopo i primi arrivi bettoni sembro’ non rassegnarsi a quella vista e ando’ a sedersi sul predellino della sua auto con il voto tra le mani.
casanova lo vide e gli offri’ un caffe’ che bettoni rifiuto’ forse per la prima volta in vita sua: “aveva le lacrime agli occhi e chiese: “casanova, pensi che i genitori e i parenti di questi ragazzi capiranno che io non avevo altra scelta?”.
poco dopo arrivarono degli ufficiali di cavalleria tedesca che dalle alture vicine avevano visto tutto e per la prima volta manifestavano un’ammirazione mista ad incredulita’ nei confronti degli italiani.
si avvicinarono a bettoni e scattando sugli attenti espressero la loro ammirazione: “herr colonel, noi queste cose non le sappiamo piu’ fare. e’ meraviglioso!”.
bettoni ringrazio’, poi raduno’ i suoi uomini e fece spiegare ancora una volta lo stendardo, e ordino’ di presentare le armi in direzione di quota 213 non mancando di ricordare che il “savoia cavalleria” compiva proprio in quei giorni il suo 250° (duecentocinquantesimo) anno di vita.
il comandante di reggimento colonnello bettoni cazzago conte alessandro il 31 agosto cosi’ scriveva alla sua famiglia:
“e’ oggi il dodicesimo giorno che non togliamo la sella ai nostri cavalli; dal giorno 20 non abbiamo avuto un giorno di riposo….
ma “savoia” si e’ ricoperto di sangue e di gloria.
e salvo’ una situazione ultragrave per le armi italiane.
il secolare sacrificio della cavalleria si e’ rinnovato anche nelle steppe del don.
i prigionieri erano massacrati dalle sciabolate nel viso, sul petto…..
ma quali, quanti episodi di eroismo dovrei raccontarvi.
quello che nel 1942 potrebbe sembrare leggenda si e’ verificato in un alone di bellezza unica…..
vi daro’ in altra lettera particolari di episodi che fanno pensare se in quel giorno “savoia” fosse composto di leoni…
oggi, come vi dissi, sono in linea, pronto ad attaccare domani mattina. sono sereno.
dio protegga “savoia” e il suo comandante.
dopo dodici giorni di combattimento siamo piu’ leoni di prima.
non sono stanco.
dormo quello che posso, mangio con appetito.
non state in pena.
non ho ancora scritto ai litta perche’ non so se sono stati avvertiti. alberto sara’ la fiamma di “savoia”! se lo merita.
per dirvi che cosa sia stata questa azione, vi diro’ che si e’ verificato quello che mai e’ successo al mondo.
tutti gli ufficiali e molti cavalieri furono decorati sul campo.
vi stringo al cuore con tenerezza”.
Gruppo Squadroni Lancieri di Milano,
in copertina:
riproduzione della cartolina reggimentale stampata nel 1900 a ricordo della consegna della Bandiera al Reggimento da parte delle Signorie Milanesi “quale attestato di simpatia e quale oggetto prezioso della Città di Milano” (foglio n. 646 del Ministero della Guerra in data 28 marzo 1860).
Ricompense allo Stendardo
Medaglia di bronzo al Valor Militare:
“per la condotta tenuta durante la campagna del 1860 e pel fatto d’armi di Sinigaglia”
3 ottobre 1860.
“per l’abnegazione e l’elevato sentimento del dovere spiegati nella giornata del 19 giugno sul Piave, per le brillanti qualità militari riaffermate nelle successive azioni del 23 e 24 giugno sul Piave Vecchio e nella rapida e irruenta avanzata nell’ottobre e novembre 1918 dal Piave a Palmanova e Cervignano”.
5 giugno 1920.
Croce di guerra al Valor Militare:
“in una situazione particolarmente difficile opponeva al nemico la insuperabile barriera dei suoi Lancieri appiedati, spazzando in duri combattimenti, l’impeto avversario e rinnovando, uno slancio del contrassalto e nella tenacia della resistenza, l’antica tradizione di gloria”.
Valle Ostrenj, 9-12 aprile 1941
Citazioni:
Bollettino n. 1123 del 21 giugno 1918
“…Squadroni dei Lancieri di Milano e dei Lancieri di Vittorio Emanuele II, intervenendo arditi e decisi nella lotta a occidente di Zenson per arrestarvi il tentativo di sfondamento nemico del giorno 19, hanno aggiunto una nuova pagina di gloria nella storia dei loro Reggimenti e dell’Arma di Cavalleria”.
Bollettino n. 193 del 17 dicembre 1940“…Negli ultimi aspri combattimenti si è particolarmente distinto il Reggimento Lancieri di Milano
L'Eterno Fuoco dei Lions
Il “Fuoco” Eterno dei Lions
Cosa c’entra il fuoco con i Lions? Cari amici Lions, lasciatemi esternare alcune riflessioni su Prometeo. Cosa ha a che fare Prometeo con i Lions. In realtà, la nostra tradizione di Lions non è facile comprendere la figura mitica di Prometeo. Capire il significato Lionistico di Prometeo significa conoscere meglio noi stessi, il ruolo e la funzione, della nostra Libera Associazione, non governativa.
Prometeo fu una figura di rilievo dell’antichità in quanto benefattore dell’umanità, secondo alcuni narratori fu il creatore del genere umano stesso; i Miti più familiari sono quelli che lo indicano come protettore degli uomini presso gli dei.
Come'è noto, Prometeo è colui che ha rubato il fuoco agli dei e lo ha donato agli uomini; per amor del vero, però, gli uomini possedevano già il fuoco prima che gli venisse tolto da Zeus. In una disputa tra dei, Prometeo fu incatenato ad una roccia in quanto conosceva un segreto a proposito di Zeus, ma rifiutava di rivelarglielo. Quindi Zeus mandava tutti i giorni a lui un’aquila che gli divorava il fegato, destinato però a ricrescere durante la notte, cosicché il tormento riprendeva ogni giorno. Ma il nostro Titano rimase chiuso nel suo silenzio.
Nella storia antica il fuoco è il simbolo di molti aspetti della vita e dell’universo ma, soprattutto, sta ad indicare la luce della saggezza e della forza, elementi atti per modificare il mondo nella sua totalità.
Ogni uomo e in particolare i Lions possiedono non soltanto quella che chiamiamo la luce, ma qualcosa di più, la forza, l’energia di conoscere e di fare,
per se stessi e per gli altri, e, conseguentemente di modificarsi, in quanto tutti gli uomini possiedono sin dall’origine questa forza creatrice che li pone nella condizione di poter modificare la materia mondana e di modellarla secondo i nostri intendimenti di uomini Lions per il bene del mondo.
Il fuoco, però, non è solo questa saggezza, infatti, Prometeo era il conoscitore delle arti e, in questo senso, è una figura solare che indica agli uomini la possibilità di manipolare la materia. La modificazione e la trasformazione non si riferisce solo alla materia, cioè a ciò che si costituisce non solo come corpi, bensì come soggetti capace di pensare. La modificazione a cui allude Prometeo, quindi, è anche quella psichica per la quale è necessario un fuoco, cioè un’energia che permette di trasformarsi.
Il fuoco, amici Lions, non è energia bruta, ma guidata dalla conoscenza, per questo l’uomo è creatore del cosmo in senso materiale è concreatore dell’universo in senso ermetico; e perciò per il Lions significa operare per modificare se stesso. lo possiamo fare e dobbiamo, i nostri simili ci guardano, in particolare i bisognosi, non per questo siamo l’Associazione di Service più prestigiosa e grande del mondo.
Prometeo nel suo significato primario è il simbolo della techne, della scienza che permette all’uomo di divenire il “costruttore” di se stesso, il simbolo dell’”homo faber”, nel senso sapiensale ed ermetico, ma, intendiamoci, in quello di colui che si adopera per costruire il mondo degli uomini; una funzione questa che è fondamentale per i Lions. Il Lions ritiene, secondo me, di essere “homo faber”, non soltanto perchè i Service sono lavori “architettonici”, cioè pensati e disegnati, perché sono mirati a modificare materialmente nel bene, e, nel bene avviene la trasformazione di tutto ciò che noi Lions, uniti e affratellati, tocchiamo con mani.
Cari amici Lions, penso che noi dovremmo riappropriarci dei nostri antichi doveri e dei concetti speculativi di antica memoria, per l’umanità ed il mondo intero, pensare ed operare secondo gli insegnamenti lasciati in eredità dal nostro fondatore Melvin Jones.
Conferenza stampa - Cefalonia
CEFALONIA
“Se ciò che avrete fatto sarà ancora vivo ed apprezzato quando nessuno ormai si ricorderà di avervi conosciuto, allora si potrà dire che avete ben seminato e ben costruito”. (proverbio)
Alle ore 10.30 del 21/aprile 2006, si è tenuta presso il Senato Accademico, Dipartimento di Scienze Storiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Bari, la Conferenza Stampa: LA TRAGEDIA DELLA DIVISIONE “ACQUI” A CEFALONIA.
Invitato assieme agli organi del mondo dell’informazione per l’evento alla presenza del Prof. Giovanni Girone, Magnifico Rettore dell’Univerità di Bari; il Gen. D. Francesco Paolo Spagnolo, Comandante R.F.C. “Puglia” E.I.; L’avv. Antonio Sanseverino, Presidente Nazionale dell’Associazione Superstiti Reduci e Famigliari dei Caduti della Divisione “Acqui”; il Prof. Vito Gallotta, per le fonti e documentazione Storica.
A turno gli illustri personaggi anno illustrato nelle proprie specificità di ricordi, di memorie e di azioni, il dramma della Divisione “Acqui”, rimarcando unanime e talvolta mettendo in vivo risalto tutti quei momenti di uomini e compagni d’armi che non sono più tornati nelle proprie case, ai propri affetti, di uomini provenienti da tutte le regioni d’Italia. Per pochi studiosi e commendatori di storia patria, testimoniare ancora oggi quei tragici momenti forse è meglio non indagare oltre..…(perché abbiamo perso la guerra?) ancora per i suoi lati oscuri e interrogativi. Le azioni di guerra di Rodi e di Cefalonia, una storia per alcuni ancora tutta da riscrivere.
L’Università di Bari, d’intesa con la Presidenza dell’Associazione Superstiti, Reduci e Famiglia dei Caduti della Divisione “Acqui”, con il Comitato Reclutamento Puglia dell’Esercito Italiano e con il Patronato del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, organizza per il 28 ed il 29 aprile 2006 una commemorazione storica della tragedia di Cefalonia.
Non è casuale la scelta di Bari per questo evento storico. Infatti all’interno del Sacrario dei Caduti riposano le salme recuperate degli eroi di Cefalonia e dei Balcani; nel cortile centrale dell’Ateneo di Bari, in occasione del 30° anniversario del dramma di Cefalonia, fu realizzato un Monumento in ricordo degli eroi di Cefalonia impreziosito dai versi di Salvatore Quasimodo
Il convegno avrà un taglio rigorosamente storico con la partecipazione di studiosi italiani e tedeschi e dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito. La vicenda di Cefalonia ebbe un andamento diverso rispetto alla situazione di altri reparti militari dopo l’armistizio perché sull’isola di Cefalonia alla Divisione “Acqui” si contrapponeva un ristretto presidio tedesco di circa 1800 uomini. Ecco perché a Cefalonia dopo l’8 settembre il Comando Tedesco non prese l’iniziativa ma propose al Gen. Gandin, Comandante della Divisione, una trattativa per la cessione delle armi ed il rimpatrio in Italia. Il Generale prese tempo e cercò di contattare il Comando Supremo in Italia, cosa che nei giorni immediatamente successivi l’8 settembre non riuscì. Come in altri reparti militari, anche all’interno della Divisione “Acqui” si discusse sull’armistizio e la sua attuazione. Diversi Ufficiali, soprattutto i più giovani di complemento, e soldati ritennero un disonore la cessione delle armi e di propria iniziativa ai primi tentativi tedeschi di sbarco di uomini ed armi nel porto di Argostoli. L’attesa del Gen. Gandin di ricevere ordini precisi dal Comando Supremo sulla particolare situazione di Cefalonia ed il cannoneggiamento dei pontoni tedeschi hanno costituito la premessa per polemiche giornalistiche, che si sono trascinate fino ai nostri giorni, come succitato, sulle vere intenzioni del Gen. Gandin e sull’eventuale insubordinazione degli ufficiali che spararono contro i pontoni tedeschi. La documentazione esistente presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito consente di affermare che appena ricevuto un chiaro ordine di considerare i tedeschi come nemici. Il Gen. Gandin ordinò di dare battaglia e che il cannoneggiamento dei pontoni tedeschi va ricompreso negli Ordini del Comando Supremo, successivi all’8 settembre, di reagire con le armi ad attacchi tedeschi.
La battaglia fu eroica e disperata. La Divisione si battè come meglio potè, ma la supremazia aerea assicurata dagli Stukas, lo sbarco di alpini tirolesi sul lato nord dell’isola di Cefalonia, e la decisione inglese di non intervenire, condannarono la Divisione “Acqui” alla sconfitta.
Dopo la resa si ebbero le atrocità peggiori da parte delle truppe tedesche, in spregio di ogni convenzione internazionale. Man mano che si arrendevano i reparti italiani erano falcidiati con i fucili mitragliatori, gli ufficiali furono fucilati in massa alla tristemente nota Casetta Rossa ed il Gen. Gandin fu il primo ad essere fucilato. I pochi superstiti trasferiti in campo di concentramento tra Germania e Polonia vissero la prigionia in condizioni durissime; coloro che rimasero sull’isola come prigionieri di guerra addetti alla bonifica del campo di battaglia organizzarono una resistenza clandestina che si attuò nel controsabotaggio nel porto di Argostoli, minato dai tedeschi e salvò perciò buona parte della città dalla distruzione. Ecco perché gli abitanti di Argostoli, dopo che i tedeschi lasciarono Cefalonia issarono il loro tricolore insieme con la bandiera greca e quella dei paesi alleati.
Al Convegno Internazionale 28 e 29 aprile 2006
IL DRAMMA DI CEFALONIA: GLI SCENARI E LE FONTI
I Relatori:
Prof. Giovanni GIRONE, (Magnifico Rettore Università Studi di Bari)
Avv. Antonio SANSEVERINO, (Pres. Ass. Superstiti dei Caduti Div. “Acqui”
Prof. Mario SPAGNOLETTI, (l’8 settembre gli aspetti politici)
Prof.ssa Elena AGA ROSSI, (l’8 settembre gli aspetti diplomatici)
T. Col. Filippo CAPPELLANO, (l’8 settembre gli aspetti militari)
Prof. Vito GALLOTTA, ( la documentazione Italiana)
Dott.ssa Isabella INSOLVIBILE, (le fonti orali)
Prof. Patrik BERNHARD, (la documentazione tedesca)
Prof. Claudio PAVONE, (discorso di chiusura)
il 29 aprile 2006 Cerimonia al Sacrario dei Caduti:
Deposizione corona;
S. Messa accompagnata da canti eseguiti dalla “Corale di Argostoli”;
Saluto di commiato ai convenuti e Visita al Sacrario dei Caduti.