di Antonio Laurenzano
Luci
e ombre sul processo di costruzione politica europea -
Una scelta politica responsabile per il nuovo
Parlamento europeo – Sconfiggere la deriva populista e superare la
crisi economica -
E’
iniziato il conto alla rovescia per le elezioni europee. Dal 22 al 25
maggio, nei 28 Stati membri dell’Ue, si voterà per rinnovare
l’europarlamento di Strasburgo: 751 deputati in rappresentanza di
circa 500 milioni di abitanti. In Italia, domenica 25 maggio, sono 73
i deputati da eleggere.Un appuntamento elettorale che, nella
prospettiva della integrazione politica dell’Europa, dovrebbe
costituire un passaggio fondamentale per rafforzare una coscienza
europeistica e rilanciare il faticoso processo di costruzione della
comune casa europea. Ma, su tutto il continente, soffia forte il
vento dell’euroscetticismo.
La
crisi finanzia ed economica legata ai debiti sovrani che ha
sconquassato mezza Europa ha messo a nudo la debolezza di un sistema
monetario senza un’unione politica e fiscale. Sulla strada del
salvataggio dell’euro sono risultate aggressive le politiche di
austerità imposte dall’Ue per ricondurre i conti pubblici di
taluni Paesi a una condizione di sostenibilità nel tempo. Un mix di
rigore fiscale e finanziario che ha causato una recessione economica
con il crollo dei consumi, della produzione e dei livelli
occupazionali. L’Europa
paga i suoi ritardi per non aver definito in tempo una strategia
imperniata su una reale integrazione economica. Sono anni che lo
spirito europeo è andato affievolendosi nelle coscienze dei
cittadini e nell’azione dei governanti. Una deriva che ora, a poche
settimane dal voto, sta facendo un inquietante salto di qualità: da
diffuso stato d’animo si sostanzia in “movimenti” anti-europei
e anti-mercato unico.
Si
pagano cioè le conseguenze di un’opera incompiuta. L’architettura
europea è rimasta a metà. L’Unione europea non è ancora
un’Unione: manca un patto fondante in forza del quale lo stare
insieme, il decidere e l’agire insieme siano un autentico collante.
I Governi nazionali appaiono divisi e privi di volontà comune,
intenti solo a difendere anacronistiche rendite di posizioni. E sullo
sfondo emerge chiara l’incapacità delle istituzioni comunitarie
nell’affrontare i problemi economici, sociali e politici di
dimensione europea e globale. Istituzioni prive di legittimazione
costituzionale sancita dal voto dei cittadini europei. Un’Europa
ancora senza una bussola istituzionale, alla ricerca di una propria
identità politica, sempre più esposta ai rischi di una prolungata
latitanza sul piano internazionale. Con l’aggravante che
l’originario spirito unitario con le sue spinte federaliste è
stato soppiantato da crescenti pulsioni nazionaliste.
L’Europa
è vista come il feroce guardiano dei conti pubblici, il fautore di
tasse e balzelli, divenendo di fatto la
bandiera dei risentimenti e dei disagi sociali. Invece di rafforzare
il “progetto europeo” per una governance credibile vicina ai
bisogni e agli interessi dei cittadini, si continua a scaricare
sull’Europa colpe e responsabilità che sono invece delle
politiche nazionali. E il recente
successo in Francia del Fronte nazionale di Marine Le Pen è un
significativo campanello d’allarme: un messaggio di esasperazione
populista, di rigetto della politica, di paura dell’Europa.
Un’Europa sempre più lontana, irriconoscibile rispetto agli ideali
per cui è stata concepita e sognata dai Padri fondatori. Cresce così
l’euroscetticismo e con esso un sentimento antieuropeo alimentato
da un inquietante populismo, inaccettabile sul piano
storico-politico-economico. Non si costruisce così l’Europa del
futuro, ma si rischia di evocare i tragici fantasmi del passato!...
Che
quello di maggio sia dunque un voto responsabile e consapevole per
rilanciare l’Europa dei popoli, fondata su una precisa identità
culturale ed economica, fatta di coesione sociale, di qualità e
dignità del lavoro, di una visione dei processi economici che
riconosce una funzione insostituibile al mercato ma pronta a
correggerne e orientarne le dinamiche. L’Europa unita non può
essere soltanto quella dei mercati e dell’euroburocrazia. E’
giunta l’ora di guardare all’Europa con l’occhio lungo della
storia e non con la mano dei mercanti o degli avventurieri politici!
E’ la sfida del XXI secolo.