Dal
summit di Bruxelles di fine mese le risposte alla crisi dell’euro. di ANTONIO
LAURENZANO
Il
giorno della verità si avvicina! Il 28 giugno, a Bruxelles, si
conoscerà il destino dell’Europa. Il Consiglio Europeo, superando
i bizantinismi del passato, dovrà dare risposte chiare alla crisi
dell’euro. E’ a rischio il futuro del processo di integrazione
comunitario. Occorrono segnali forti , espressione di un impegno
solidale, per scongiurare la fine di un sogno, quello di un’Europa
unita come la disegnarono i suoi Padri fondatori dopo i lutti e le
rovine della seconda Guerra mondiale.
L’
Europa si trova davanti a un bivio di importanza storica: azzerare
sessant’anni di vita comunitaria o rilanciare senza indugi un
progetto grandioso, indispensabile per vincere la globalizzazione
economica, finanziaria e politica. Nessuno oggi può permettersi il
lusso di affondare l’euro e illudersi di uscirne indenni. Nemmeno
la grande Germania che continua a esportare oltre il 60% nell’Unione
e a detenervi il grosso dei suoi 6 mila miliardi di assets esteri!
La
situazione in cui versa l’Europa evidenzia una profonda crisi
politica. Le turbolenze finanziarie hanno messo a nudo le anomalie
del sistema europeo: un sistema monetario comune privo di un unico
quadro economico, fiscale, di bilancio, e soprattutto politico. Una
moneta che non ha alle spalle una vera e propria banca centrale, di
tipo federale, in grado di intervenire come prestatore di ultima
istanza per salvaguardare in ogni situazione il valore e la
solvibilità dei titoli governativi emessi. “Una moneta sintetica”
prodotta dall’alchimia dei trattati europei, orfana
di un’ Unione politica con un’ azione di governo autonoma
rispetto ai singoli Stati.
Sono
giunti al pettine i tanti nodi di una governance europea inesistente,
di istituzioni comunitarie fragili, di interessi nazionali
anacronistici. Si è perso troppo tempo nell’inseguire miseri
compromessi intergovernativi perdendo di vista l’accelerazione del
fenomeno della globalizzazione e il crescente iper-indebitamento di
alcuni Paesi dell’eurozona che è alla base della crisi dell’euro.
La
vera sfida attuale è “evitare che il presente uccida il futuro”!
Il summit dei leader europei di fine giugno dovrà definire una road
map dell’integrazione (unione politica): ricapitalizzare le banche,
garantire i depositi bancari, trasferimento di quote maggiori di
sorveglianza bancaria a livello europeo (unione bancaria),
“mutualizzare” i debiti degli Stati membri attraverso una comune
politica di bilancio (unione di bilancio), varare misure per la
crescita e l’occupazione. O si trova la forza per una spinta
all’integrazione federale o la crisi potrà essere fatale.
E
la cessione di sovranità, dalla periferia al centro, è il vero
tabù! I tatticismi di Berlino hanno una ragione ben precisa. La
Germania di Angela Merkel, nella consapevolezza che lo sconquasso
finanziario richiede una risposta politica e strutturale, ritiene che
la “mutualizzazione” dei debiti pubblici o delle garanzie
bancarie deve essere associata a un controllo sovranazionale da parte
di istituzioni indipendenti. Meno sovranità e più comunità!
Berlino
non intende cioè sobbarcarsi i debiti spagnoli o greci se il
bilancio rimane prerogativa nazionale. In particolare, per la
emissione di eurobond, le obbligazioni comunitarie sollecitate dagli
altri partner, la cancelliera Merkel chiede garanzie concrete legate
al processo di unione fiscale. Dopo il disastro ellenico, fatti e non
parole!
La
partita di Bruxelles si giocherà proprio su questo terreno. Il
rilancio dell’integrazione europea, la costruzione dell’Unione
politica, bancaria e di bilancio, funzionale alla crescita economica
dell’Europa, passa attraverso la rinuncia di tasselli di sovranità
nazionale sulle leve della spesa pubblica. E’ in gioco la
sostenibilità del sistema europeo nel lungo periodo: maggiore
coordinamento delle politiche di bilancio ed economiche, riduzione
dei disavanzi pubblici affinchè le generazioni future non siano
costrette a pagare un prezzo molto elevato per la dissipatezza dei
predecessori. La centralità delle istituzioni europee nel processo
decisionale è fondamentale, ma la sua realizzazione sarà assicurata
solo se gli Stati membri saranno in grado di esprimere finalmente
quell’Unione politica tanto sperata. Ognuno dovrà fare la sua
parte per dare all’Europa quel ruolo che le spetta nel concerto
delle grandi potenze.
Il
tempo delle parole è finito: dal summit di Bruxelles si attendono
scelte coraggiose. Interrogativo di fondo: la politica europea saprà
finalmente esprimere una leadership degna del passato?