Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 29 dicembre 2007

Difficoltà di vivere: che fare?

Di Angelo Scialpi

Uno degli argomenti che preoccupa particolarmente la vita di oggi è certamente la politica, il modo di fare politica, il modo di essere eletti, il modo di riuscire, quando pur è possibile, a percorrere un iter legislativo prima che possa diventare legge dello stato a favore dei cittadini. Si assiste ad una sorta di ingorgo legislativo generale che invece di aiutare a risolvere i problemi della gente, a segnare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è un diritto da ciò che ti viene sottratto, l’agire per giustizia dall’agire per tornaconto personale, finisce col lasciarti inerme, spesso soccombente, quasi sempre perdente. Sembra che ognuno agisca e pensi secondo il proprio modo di essere o di vedere le cose, dichiarando e sostenendo il falso anche quando la verità è cosa manifesta. Avverti la sensazione che l’istituzione si adegua al referente di turno, e non viceversa.
In questo modo di agire e di vedere la cosa pubblica, sembra essersi innestato il semplice modo di agire e di pensare tipico delle faccende domestiche, personali, di strada. Ci si comporta come in un alterco personale anche quando si rappresenta le istituzioni; si cambia quanto è stato fatto in precedenza soltanto perché si vuole imporre un proprio modo di vivere, un modo personale di rendersi superiori, un modo personale di creare dipendenze. Il cittadino è quasi ridotto all’impotenza, sia perché se reagisce gliela fanno pagare cara, sia perché il controllo e la valutazione delle azioni amministrative, in genere, non appartiene al nostro modo di vedere le cose, o, almeno, alle nostre aspettative.
Acquisito un diritto diviene difficile, se non impossibile, acquisire umiltà, buon senso e senso dell’onesta obiettiva. Il profilo morale si confonde sempre più con il profilo personale caratteriale e comportamentale.
Qualcuno va affermando che gli interessi bancari sono aumentati di troppo e che la gente non riesce più a pagare la rata del mutuo contratto qualche tempo fa per acquistare l’agognata casa; qualche altro sostiene, a giusta ragione, che gli stipendi dei lavoratori italiani, vera emergenza nazionale, sono i più bassi nei paesi europei; altri ancora sostengono che mantenere un figlio o una semplice automobile occorrono 4/ 500 euro al mese. Come si fa se si possiedono due figli e una automobile?
Un cittadino ha tanti doveri economici da assolvere durante l’anno, che non riguardano soltanto il mangiare, m anche altri beni di prima necessità come: le bollette imprevedibili del gas, della luce, del telefono, dell’acqua, dell’assicurazione auto, le tasse di proprietà, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, l’ICI; qualche volta bisogna fare anche il tagliando auto, recarsi dal dentista, al laboratorio analisi; e poi c’è l’imprevisto, sempre in agguato dietro l’angolo.
Io penso che l’operaio italiano riesca a malapena a far fronte ai bisogni che ho appena elencato con i suoi 13 stipendi da mille euro
Perché accade tanto in Italia? Perché, invece, lo stipendio dei tanti parlamentari italiani è il più alto d’Europa (Mi pare di aver sentito che lo stipendio del presidente francese è di 8 mila euro!?); i tassi e le spese bancarie sono al limite della sostenibilità; le aliquote fiscali sono ormai ingovernabili, per non parlare degli autovelox traditori che potrebbero anche costringerti a chiedere l’elemosina e del tanto, ma proprio tanto, che assilla e vessa il cittadino qualsiasi attraverso gli spot pubblicitari pagati a suon di miliardi sempre alle stesse persone, incapaci di ripetere una stupida parola in lingua inglese. Farebbero meglio a pronunciarla nel loro dialetto di origine.
D’altro canto, quando vieni chiamato al telefono all’ora di pranzo e la sera tardi, non puoi nemmeno accennare alla pronuncia di una parola di ipotetico assenso che si trasforma in contratto firmato in bianco, come testimoniano le varie bollette che raggiungono i cittadini a loro insaputa e dalle quali riescono difficilmente a liberarsene. Sei attaccato da chiunque e se non rispondi ti trovi intrappolato da impegni impensabili che soltanto l’agire per delinquenza riesce a giustificare. Contratti cambiati, profili diversificati, richieste di pagamento a tua insaputa, e via di seguito, silenzio-assenso anche per richieste che non ti riguardano affatto.
Le cose non cambiano più di tanto nemmeno se diventi dirigente: stai soltanto meglio di prima, ma se sei sovraccaricato di responsabilità e di rischi.
Le cose cambiano se invece diventi dirigente di altri enti (compresi quelli che chiamano inutili), dove le migliaia di euro non si contano più e dove sembra che tutte le entrate debbano servire per pagare lo stipendio e la buona uscita del capo. Questi enti sono per davvero tanti in Italia (e continuano a permanere) per cui sembra proprio dover lavorare per questi papaveri.
Per non parlare del caro gol, degli ammiccamenti vari, degli inviti a possedere due, tre, quattro numeri telefonici di gestori diversi, della musica serena e meravigliosa usata per vendere stupidate, delle grandi riflessioni di pensiero per smaltire inutilità.
Quanta gente parla a vanvera continuamente in cambio di compensi elevatissimi, da qualsiasi pulpito. Il quadro è preoccupante! A volte pensi che di te non se ne frega nessuno, o ti reputa talmente cretino che può dire qualsiasi cosa, sempre, puntando sull’oblio generale e sul valore della parola che dura soltanto qualche secondo, nonostante rappresenta l’eternità.
Una volta gli incarichi politico-amministrativi erano gratuiti, o quasi; oggi sono tanti e ben pagati. Una volta i partiti erano pochi e si sostenevano con il tesseramento degli iscritti, come una qualsiasi associazione; oggi sono tanti e ottimamente sostenuti con denaro pubblico, nonostante il referendum: è quasi un affare possedere un partito-famiglia. Una volta i sindacati introitavano soltanto le quote degli associati; oggi hanno contributi che si e non vengono riportati in bilancio, comunque non sono soggetti all’accountability. Casta crea casta, altrimenti non si regge nessuno, per non parlare delle lobbies. E allora? Pare che non si salvi proprio nessuno! L’altra sera Report (per fortuna qualcuno riesce ancora a farlo) ha trattato il caso Parmalat; è quasi impossibile farlo comprendere a tutti, tanto è complesso. Sembra che di Parma abbia poco, ma di latte da mungere tantissimo.
Se non fosse per quell’amore sviscerato per il proprio paese, uno penserebbe e farebbe altre cose, ma poi pensa che sono tanti coloro che fanno i comodi propri a svantaggio del cittadino che funge soltanto da para vento e da claque per i potenti, e allora rimani, almeno per non perdere il senso della libertà e quella dell’opinione, anche se velata dalla parvenza del diritto.
Il cittadino perbene ha sempre lottato per conferire dignità alla sua persona e, attraverso essa, alla famiglia ed al Paese; qualcosa di irreparabile si è innescato nel meccanismo positivo del progresso civile che non ci ha permesso di perseguire gli ideali, la evoluzione, la crescita democratica e il rispetto della madre patria. Chissà, forse anche noi, novelli pionieri della rivoluzione culturale italiana anni 60/70, abbiamo peccato di presunzione e di immobilismo, forse anche di egoismo!

venerdì 28 dicembre 2007

Il Sorriso della Fratellanza

Sorriso, di Angelo Scialpi - 26/12/2007 -23.41

Pensa al mondo, ma bada a te.
Ascolta tutti, ma la tua voce in particolare.
Sorridi quando puoi, ma non scoprire dolcezze.
Cammina liberamente, ma non farti osservare.

Dona quando puoi, ma fai solo intendere la bontà.
Rifletti sulla vita, ma ricerca il divenire delle cose.
Senti gli eventi, ma spiegati il perché.
Sostieni le insolenze, ma agisci in autonomia.
Incontra la gente, ma parla dopo averla sentita.

Segui con sguardo associato, ma tieni la mano allungata.
Ammira le cose della natura, ma irradiale di bellezza.
Sostieni il dolore, ma reggilo saldo con la forza.
Affronta ogni cosa, ma con sapienza.

Smisurato è il male, ma immenso l’amore
che racchiude l’eternità.

Scoppia il Caso dei Blogger

"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento che si destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso viene diffuso. (dal Ddl del 3 agosto 2007)
Il disegno di legge/il testo impone ai diari in rete l’iscrizione obbligatoria al Roc.
CORECOM: “Sanzioni solo se c’è informazione”.
Una scossa di terremoto ha fatto tremare l’universo dei blog, i diari in rete che da dieci anni proliferano nel mondo virtuale e che hanno preso il sopravvento sulla loro ormai obsoleta versione cartacea. Il 3 agosto 2007 è stato emanato un disegno di legge che prevede una nuova disciplina dell’editoria e la delega al governo, per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione di questo settore. Approvato lo scorso 12 ottobre dal governo, è adesso all’esame del parlamento. L’obbiettivo è di porre fine al caos normativo in materia editoriale, eliminando tutte le ambiguità, in particolare quelle riguardante internet, contenute nella legge 62 del 7 marzo 2001. Ma all’orizzonte si profilano ancora ombre sulla questione. Il fulmine a ciel sereno che si è scagliato contro i blogger scatenando una vera e propria tempesta on line, è l’obbligo, imposto a tutti i prodotti editoriali, di iscriversi al Roc, il registro degli operatori di comunicazione, custodito dall’Autorità competente. Sembrerebbe che non ci sia stata alcuna variazione rispetto alla legge 62/01, che già prevedeva questa registrazione. In realtà, qualcosa è cambiato: lo stesso concetto di “prodotto editoriale”. Esso non è più definito come “un supporto cartaceo o informativo destinato alla pubblicazione o alla diffusione di informazione presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico” ma come “un prodotto con finalità di informazione, formazione, divulgazione, intrattenimento destinato alla pubblicazione”. Sottili modifiche che farebbero rientrare nella definizione anche i blog. Ma cosa comporta in termini pratici l’iscrizione al Roc? Burocrazie, pagamenti vari, ma anche sanzioni in caso di diffamazione. Sanzioni che normalmente sono imposte al direttore delle testate giornalistiche, mentre per i blog la questione sarebbe più complicata: a chi verrebbe attribuito il reato nel caso della presenza di commenti diffamatori? “La responsabilità sarebbe del webmaster, a cui è facile risalire. Si tratterebbe di omissione di controllo da parte del creatore del blog e, al tempo stesso, ci sarebbe una colpa congiunta con il provider. Noi proponiamo sanzioni che oscillano dai 10 ai 50 mila euro, poi è l’Autorità a decidere”, spiega Domenico Giotta, direttore del Co.re.com.Puglia, il comitato che, grazie ad un atto aggiuntivo alla convenzione stipulata con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, può ricevere la delega per la tenuta del Roc. “Il nostro è un potere di vigilanza – continua Giotta – Per le agenzie di stampa e le televisioni è tutto più semplice, anche grazie allo strumento di monitoraggio di cui stiamo per dotarci, con cui controlleremo 24 ore su 24 e sei mesi indietro la 42 emittenti locali. Per internet la situazione è più complessa, ecco il perché dell’emendamento” Il padre della riforma, nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Franco Levi, ha cercato di placare le polemiche aggiungendo un comma all’articolo 7, quello riguardante l’attività editoriale on line: esso prevede l’esclusione dall’iscrizione “di chi opera su internet con prodotti come siti personali o collettivi che non costituiscono una organizzazione imprenditoriale del lavoro”. Il punto è che nessun blog può essere ritenuto ad uso puramente personale, essendo letto da tante persone. “Il problema non si pone – assicura il direttore – Il nostro comitato non interviene nel caso dei blog di vita privata, non solo se c’è informazione. I blogger possono stare tranquilli. La cosa fondamentale è tutelare gli interessi dei più deboli”. Un caso, quello divampato negli ultimi mesi, che ha sollevato le critiche degli altri Paesi per via di un’iniziativa considerata un bavaglio alla libera circolazione di idee. A questo punto non resta che attendere la decisione del parlamento e capire quali saranno le reali conseguenze che la nuova legislazione potrebbe provocare. Tratto da Medi@terraneo news, di Barbara Masulli- novembre 2007

giovedì 27 dicembre 2007

Fratello mio sei nella casa del Padre!

Tu sei "dio",
“…sono nato nudo, dice Dio, perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato in una stalla perché tu impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole, dice Dio, perché tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore, perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte perché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà. Sono nato persona, dice Dio, perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato uomo perché tu possa essere “dio”.
Sono nato perseguitato perché tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità perché tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio, per portare tutti alla casa del Padre”
Anonimo.

Babbo Natale non esiste, non è mai esistito?

Dott. ssa Carlotta Vitale
Scrittrice-attrice di teatro
Il *Palazzuolo”
Bisceglie - Bari

Mito, folklore e credenze religiose.
Babbo Natale unisce in sé queste tradizioni. Con il tempo si sono aggiunte le leggi del marketing che hanno trasformato quello che era un santo vissuto nel IV secolo nella prima icona della globalizzazione dei consumi. L’eterno dilemma di tutti i bambini nel mondo sembra trovare nel tempo la sua risposta. Babbo Natale non esiste, ma è esistito. La tradizione che affianca il Vescovo di Mira, (l’attuale Demre in Turchia). San Nicola, alla consegna dei doni trova giustificazione nelle leggende intorno alla sua vita. Secondo il racconto di Jacopo da Veragine, San Nicola fece trovare dell’oro sul bancone del suo vicino per dissuaderlo dal far prostituire le sue figlie. Nell’Europa meridionale ed orientale per secoli è rimasta la tradizione della consegna dei doni il 6 dicembre, data in cui ricorre la sua morte. Diversamente è accaduto nell’Europa settentrionale, dove la predicazione protestante volle l’abolizione delle festa dei santi per concentrarsi sui giorni liturgici dedicate alle storie bibliche. Tuttavia non si allontanò mai dal folklore popolare la memoria dell’uomo dei doni, separandola, col tempo e definitivamente, dalla figura del santo. La sua immagine rimase per molti secoli”dormiente” finchè gli olandesi trasferirono l’immagine di Sinterklass (la traduzione in fiammingo) di San Nicola nella nuova Amsterdam, l’attuale Manhattan, che portò l’evoluzione linguistica in Santa Claus. All’inizio veniva vestito con costumi di vario colore, per assumere, sul finire dell’Ottocento, la predominanza del rosso nelle cartoline dell’epoca. Vent’anni dopo la Coca Cola studiando un modo per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori, senza rivolgersi direttamente a loro, trovò nell’astuzia artistica di Haddon Sundblom il legame tra Babbo Natale e la bevanda. Il Santa Claus di “Sunny” era perfetto per la multinazionale: più grosso del normale, rosso brillante, allegro e colto in situazioni stravaganti che si concludevano con la bibita come ricompensa. Se da un lato si può dire che la Coca Cola abbia esercitato un’imfluenza nella cultura americana dall’altro bisogna ammettere che essa direttamente ha forgiato il concetto americano di Babbo Natale. Prima delle pubblicità, in America, Babbo Natale era dipinto in vari colori ed in Europa era alto , longilineo e fisicamente malandato. Dopo la pubblicità, Babbo Natale sarebbe per sempre stato un uomo enorme, grasso, sempre contento, sempre rigorosamente vestito di rosso. In una parola la globalizzazione in senso moderno. Dopo la grande guerra Santa Claus si impose anche nell’Europa Meridionale, soppiantando tutte le ricorrenze regionali dei doni ai bambini. San Nicola, Santa Claus, Babbo Natale, nei secoli ha ispirato un lungo filone artistico. Oltre alle numerose leggende che riguardono la vita di San Nicola di Mira, negli ultimi secoli numerosi artisti si sono dedicati alla figura di Santa Claus. Nel 1809 Washington Irving pubblicò A history of New York dove inseriva la figura di San Nicola nelle radici di New York. Nel 1823 Clement Clarke Moore pubblicò An account of a visit from St. Nicholaus, l’opera in cui Babbo Natale compare per la prima volta con le renne. I primi abbozzi dell’icona moderna di Santa Claus si ebbe con il disegnatore satirico dell’Harper’s Weekly Thomas Nast. Dopo la creazione di Sundblom per la Coca-cola, l’ultimo a riprendere, l’immagine di Santa Claus è stato Angy Wharol. Il genio statunitense della pop art fa dinSanta Claus uno dei myths dell’età postmoderna.Tratto da Medi@terraneo news – novembre 2007

Casa mia era una succursale di casa Cupiello

... con una variante:
Parlando del presepe non possiamo non prendere le mosse dal “Natale in Casa Cupiello”, precisamente dalla scena esilarante in cui Edoardo va a svegliare il figlio, un po’ fannullone e sfaticato: “Ueh Tummasì, sùsete, che è tardi…” Dillo a Papà, ti piace u’ presepe?”.
Era una scena molto famigliare, questa di Natale in casa Cupiello, perché a casa mia avevamo un De Filippo in carne ed ossa. Era mio padre, napoletano verace. Il quale somiglia come una goccia d’acqua a Peppino De Filippo, ma aveva la passione per il presepe, come Edoardo. M adi questa bruciante passione, parleremo tra poco.
Prima di entrare in argomento voglio parlarvi dei simboli più significativi del Presepe: sono la mangiatoia e i pastori. A farne parola fu l’evangelista Luca nel secondo capitolo del Terzo Vangelo:
“Ed ella partorì il suo figliolo e lo fasciò, e lo pose a giacere nella mangiatoia, perciocché non vi era luogo per loro nell’albergo”. E gli altri evangelisti? Non ne fanno menzione, ritenendolo un “particolare superfluo”. E di un altro “particolare superfluo” ci parla sempre Luca: “Quando il bambino nacque v’erano in quella stessa contrada dei pastori che vegliarono e facevano di notte la guardia intorno al loro gregge. Ed ecco giunse tra di essi l’Angelo del Signore”:
L’attenzione, dunque, si sposta subito sull’Angelo che annuncia la buona novella, poi sulla “schiera celeste” che sopraggiunge cantando “Gloria in excelsis Deo”. Quindi i riflettori si spostano di nuovo sui pastori che s’affrettano a raggiungere Betlemme per adorare il bambino nel presepio.
Grazie a Luca, il quadro della Natività si arricchisce di uno sfondo prodigioso. Ma ecco entrare in scena l’evangelista Matto. E’ lui e non più Luca – a parlarci dell’adorazione dei Magi e della fuga in Egitto per sfuggire alla strage degli innocenti ordinata da Erode. E a questo punto non posso non parlarvi del “Natale in casa Coppola”. Quello di mio padre era un prese del settecento. Un presepe ereditato da uno zio che papà teneva in grande considerazione come una reliquia. Ogni anno, a dicembre, diventava l’arredo più artistico della nostra dimora. Ma venne la guerra e i tedeschi portarono via., con altre cose preziose, anche il presepe di papà. Avevamo perduto tutto, solo la nostra grande casa era rimasta in piedi. M papà non se ne doleva. Il suo cruccio maggiore era che gli avevano portato via il presepe…e che in quel dicembre postbellico, per la prima volta, non avrebbe potuto fare. Io avevo più o meno cinque anni, frequentavo la prima elementare, e non potevo far nulla per ovviare a quella situazione. Ma tutto ad un tratto un compagno di scuola mi offrì la soluzione in un piatto d’argento. “In cambio della mia squadra di calcio di bottoni, mi aveva dato l’intera Natività, ossia San Giuseppe, la Madonna, il bambino Gesu’ con il Bue e l’Asinello. E in un soldato di re Erode.
Adesso è necessaria una spiegazione. Noi ragazzi usavamo vecchi bottoni come giocatori. Avevamo organizzato un campionato che stato vinto dalla mia squadra, in quanto possedevo giocatori, anzi bottoni, molto gibbosi, che erano un portento in quel particolare gioco. Eravamo in tempi postbellici, e i bottoni scarseggiavano, come altre mercanzie. Di qui la loro preziosità.
E torniamo al baratto. Sia pure a malincuore, lo accettai senza pensarci su due volte anche per cancellare quella tristezza dal volto di mio padre. Il quale, ovviamente, fu felice quando mi presentai con quella Natività.
Papà li per li fu contento, ma poco dopo cominciarono le prime lagnanze. Non erano i pastori che gli avevano rubato i tedeschi, e poi era un presepe striminzito, fatto di pochi elementi. Non sapevo che fare, ma il ‘la’ me lo dette l’arrivo dei cognati: tre mariti e quattro fidanzati delle mi sette sorelle, tutti ospiti dei miei genitori in occasione delle festività natalizie.
Cosa escogitai? Di notte mentre tutti erano nelle braccia di Morfeo, arrivai arrivai quatto quatto nelle stanze dove le vittime designate dormivano profondamente. Munito di una forbice, feci incetta di tutti i bottoni, prendendoli non solo dalle maniche delle giacche, ma anche-e soprattutto-dalle brache dei pantaloni. A quei tempi non erano in uso le chiusure – lampo. E così di buon mattino sparìì con il prezioso malloppo-era l’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze natalizie-e raggiunsi in fretta il mio compagno di scuola. Il quale, come era nei patti, mi diede in cambio tutto il resto del presepe.
Ma il bello – anzi il peggio – doveva ancora venire. Quando giunsi a casa con il voluminoso pacco tra le braccia e mi fu aperta la porta, per poco non mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Le mie sorelle erano inviperite, i miei cognati mi guardavano torvamente. E, in aggiunta, erano in grave imbarazzo perché le loro brache erano state tamponate in fretta e furia con spille di sicurezza, quelle che comunemente definiamo da nutrice: tre per i cognati sposati, quattro per i fidanzati. Una precauzione, qust’ultima, presa da zia Candida (una zia zitella che viveva con noi) per mitigare forse il disagio in cui vesavano i cognati più giovani.
A togliermi da quella pericolosa situazione fu mio padre, evidentemente preoccupato che quel pacco finisse in frantumi. “Lasciatelo a me questo birbandello, gli darò io la giusta punizione. Lo chiuderò sottochiave nella mia camera da letto, e lì dovrà digiunare”. Scoppiai in lacrime per il disastroso esito di quella mia buona azione. Ma fu sempre mio padre a darmi sollievo, quando fummo a quattrocchi in camera da letto: ‘Non ti preoccupare. Ti porterò io da mangiare”. E devo confessare che non ci fu pranzo più lauto per me, tanti furono manicaretti e leccornie che papà portò nella mia temporanea prigione. E Lui, anche se stavamo a Natale, era felice come una Pasqua. Con quel presepe, ormai ricco e vario, ricevuto in cambio dei bottoni dei mie cognati. Ma no era finita. Le sorprese – come glòi esami di Edoardo – non finiscono mai. Qualche giorno fa mi arriva un catalogo della Casa d’aste San, Marco in cui viene messa all’asta un presepio del Settecento. Con mia grande meraviglia, lo sfoglio e si accendono alcuni ricordi. Riconosco poi un particolare che mi spinge a telefonare alla San Marco e a chiedere spiegazioni ad un collega, responsabile della sezione antiquario. Il quale mi da una terribile conferma. Quel presepio, anche se di fattura napoletana, proviene dalla germania. Per sbloccarne la vendita all’asta, avrei dovuto produrre una documentazione che attestasse il mio buon diritto. Purtroppo, foto non ne ha, e i testimoni diretti, E Più validi sotto il profilo giuridico, sono ormai passati a miglior vita. Che fare? Mi resta solo la rabbia. Che raggiunge il diapason quando leggo le valutazioni. Quell’elefante che aveva acceso i miei ricordi viene venduto all’incanto ad un prezzo che varia dai 40 ai 60 mila euro.
Come dire, oggi sarei super – milionario con il presepe di papà.
Di Vinicio Coppola

martedì 25 dicembre 2007

La Scuola è l'origine di ogni cosa?

Dott. Pietro Vitale
Vicedirettore
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie - Bari

DOPO I BULLI, gli SPINELLI
Scuola/Provocazione del ministro della Sanità: Nas tra i corridoi
Torna l’emergenza droga negli istituti superiori d’Italia.
Anno duro per la scuola italiana. Studenti e insegnanti hanno passato più tempo sulle pagine dei giornali che sui banchi di scuola, tra scandali, professoresse avvenenti e troppo disponibili, bulli irriverenti e filmati più o meno attendibili girati al telefonino. Uno dei più recenti, scovato sull’enasauribile YouTube, vede un professore che prepara uno spinello con i suoi alunni. Poi a metà maggio l’irreparabile: un 15enne morto per aver fumato crak a scuola. Il legame droga-adolescenza, che non è uovo nei licei e negli istituti tecnici del Paese, improvvisamente scandalizza tutti. E come il problema, scandalizza la soluzione proposta. E’ del ministro della Salute Livia Turco l’ultima provocazione: controlli a tappeto nelle scuole italiane da parte dei Nas (nucleo antisofisticazioni). Una proposta arrivata dopo il decreto ministeriale del novembre 2006 che ha ritoccato la legge Fini – Giovanardi sul quantitativo massimo di cannabis consentita per uso personale: da 500 a 1000 mg di principio attivo. Allora si parlava di proibizionismo, ora di repressione. Tanto che il ministero dell’istruzione Giovanni Fioroni ha preferito non raccogliere l’invito della Turco a pronunciarsi sulla questione dei Nas.C’è stato già un intervento in un Liceo di Torino, dove i carabinieri hanno trovato cinque dosi di hashish in un sottoscala, arrestando due minorenni, mentre nel bolognese i rapporti tra polizia e le scuole vanno avanti dall’inizio dell’anno scolastico. Di fronte ha chi l’ha accusata di contraddizione, la Turco ha sottolineato che non bastano i carabinieri, a scuola, ma è necessaria una politica di educazione dei ragazzi alla pericolosità delle droghe che coinvolga anche le famiglie.
Il liceo classico “Quinto Orazio Flacco” di Bari, da sempre ritenuto fortezza per rigidità e controlli, non sembra smosso dall’ondata di polemiche. “Al Flacco nulla è cambiato dopo la proposta del Ministro Turco – ha spiegato la preside Amelia Conte – non abbiamo ricevuto ispezioni. Sbagliano a ritenere la scuola epicentro del problema. Sicuramente la droga circola molto nella società ed è un problema che non va ignorato, ma la soluzione non è sicuramente l’intervento dei Nas”. Non è la prima dirigente scolastica a vedere contraddizioni sulla proposta della Turco. “ La scuola deve svolgere un’azione di informazione preventiva e fornire strumenti culturali per consentire i ragazzi di affrontare con maturità il problema” – ha continuato la preside. “ Il caos mediatico ha gonfiato il problema. Anni fa per l’allarme terroristico ricevevano visite della Digos quasi ogni giorno” Anche allora, forse, si ritenne che la scuola fosse l’origine di ogni cosa.
Tratto da Medi@terraneo news

The International Association of LIONS CLUB

Il bollettino delle nostre riunioni
LIONS CLUB BARI HOST
50°
ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
l’addetto Stampa: Lions Pietro Vitale
Un’evento eccezionale!

Il 17dicembre 2007 presso la Sede Sociale Amministrativa del Lions Club Bari Host è stato organizzato un Intermeeting LIONS – ROTARY.
Il Lions Club Bari Host e il Lions Club “Federico II” insieme con i due Club Rotariani baresi sono stati ospitati per una serata di Cultura e Tradizione. L’incontro è stato programmato dai rispettivi Presidenti Lions: Pasquale Di Ciommo e Adriana Alboreto Tiravanti, con l’adesione di tutti i Soci del Club

L’unione, di fraterna amicizia Rotary - Lions, era già nell’aria da molti anni, i primi passi sono stati mossi organizzando insieme un Concerto musicale di beneficenza, che si perpetua da oltre dieci anni presso l’Hotel Scheraton di
Bari.

Ad ospitare i due Club Rotariani è la sede del prestigioso Parco di Cagno Abbrescia Sala-Arupe, Sede delle riunioni del Direttivo ed amministrativo del Lons Club Bari Host.

I due Club Rotary Bari Castello e Casamassima Terra dei Peuceti, con i loro Presidenti e con tutti i Soci rotariani dei due Clubs hanno dato vita ad un incontro Culturale, in occasione delle prossime festività della natalità. I due Relatori dott. Vinicio Coppola e il dott. Bruno Cardaropoli, hanno intrattenuto i circa 150 presenti in sala con riferimenti culturali parlando dei PRESEPI napoletani.

A Napoli la consuetudine di costruire il presepe per celebrare la ricorrenza del Natale ha tradizioni molto antiche, dato che già nel 1500 era noto il Presepe del Rossellino nella Chiesa di Monteoliveto. Essa, però ha registrato il periodo di massima fioritura tra il 1700 ed il 1800 a causa dell’appoggio entusiastico ricevuto da Carlo di Bordone, che in vari modi favorì artigiani, modellatori e intagliatori di statuine. Egli stesso si dilettava a costruire figurine, che la Regina rivestiva d'abiti preziosi, ed introdusse i sistemi meccanici per far muovere i pastori ed animare così la scena.
Lo scrittore tedesco Goethe (1749-1832) in un suo soggiorno a Napoli restò stupito, com'egli scriveva, del fatto che le più grandi famiglie solevano fare il presepe con sontuoso dispendio di mezzi. In realtà però il presepe napoletano-scrive Alfredo Lombardozzi-ha “due tradizioni: quella colta del presepio artistico del settecento e quella popolare degli artigiani e dei figurini. Tra le due forme d’espressione c’è sempre stato un certo scambio.
Il presepe artistico rappresenta una ricchezza di scene di mercato, di venditori, i portatori di doni, di uomini che danzano la tarantella o sono intenti a lauto pranzo in osteria. Tutti questi personaggi ruotano intorno alla scena sacra della natività, che non si svolge in una grotta, come nei presepi d'altre regioni, ma in un Tempio di stile neoclassico, che più delle volte è un rudere. Lo spazio del presepio, inoltre, è attraversato dal corteo dei Re Magi, che sfoggiano tutta la loro ricchezza in abiti orientali molto raffinati. Le statuette sono in coccio e i volti hanno una molteplicità di espressioni che tendono a mettere in mostra il grottesco e il paradossale dell’esistenza, e nello stesso tempo testimoniano della grande umanità di una cultura.
Le figure del presepe popolare sono, invece, molto più stereotipate, pur non mancando di una loro espressività, soprattutto gestuale. Nella via di San Gregorio Magno, a Napoli, già alcune settimane prima di Natale si assiepano la bancarella dei venditori di presepi che espongono una grande varietà di figure e di pezzi, da quelli più grossolani e di serie a statuette di raffinate fattura. Artistico o popolare che sia, il presepe napoletano ha comunque avuto, e conserva ancora oggi, la proprietà di immettere, nella rappresentazione della scena sacra, che pure mantiene una sua gran dignità, un’infinita serie di scene di vita quotidiana, che testimonia la cultura di una grande città italiana del Meridione”.
Le statuette ed i pastori dei presepi spesso erano opere di artisti celebri come il Sammartino, il Gori, il Trillosh e il De Vivo e sono diventati oggetti ricercati sul mercato dell’antiquariato. Essi sono stati realizzati con materiali diversi: in corallo, in porcellana bianca, cera, in creta, in legno e così via.
Alcuni presepi artistici sono esposti nelle chiese durante il periodo natalizio; gli esempi più belli, in ogni modo, sono conservati nel Museo di San Martino a Napoli e nell’Abbazzia di Montevergine, sede di una mostra permanente.

Orbene, è sempre più grande il desiderio di famiglia e di amore il giorno d’oggi per tutti noi; avvicinarsi al Presepe, con il suo messaggio dell’uomo per l’uomo, ed alle “nostre” tradizioni dell’Italia meridionale, non solo permette di “leggere” nell’animo umano ma contribuisce alla “rinascita” interiore di ogni essere umano.

Da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza nordica che incontra sempre più adesioni. Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste. Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti. Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro. Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in un feticcio luccicante colmo di doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte. Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri. Il presepe diverrà in tal modo il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.
Buon Natale e un felice anno nuovo a tutti Voi.

Il Mitico Liceo Sc. "E.Fermi" di Bari

Dottor Pietro Vitale
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie Bari

“Spe salvi facti sumus”

“…la verità e la Conoscenza non si raggiungono con i buoni propositi ma con la determinazione, adottando decisioni; e comportamenti adeguati, coerenti e conseguenti…”

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Presso il prestigioso Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” di Bari, il Preside d’Istituto alle ore 13.00 di giovedì 20 dicembre 2007, ha voluto riunire ed incontrare, presso la sala biblioteca, tutto il personale: Docenti ed A.T.A., per i tradizionali auguri Natalizi.

Il Dirigente Scolastico, durante l’incontro ha ascoltato docenti e personale a.t.a. ed a tutti ha dispensato con equilibrio e serenità d’animo, parole di apprezzamento e di incoraggiamento. Promettendosi, infine, di indicare in altro luogo i programmi per il prosieguo dell’anno scolastico in corso.

Cari lettori ed amici, mi permetto di porre alla vostra attenzione il nome dello scienziato Enrico Fermi. Alla quale il nome ha preso il nostro Liceo Scientifico di Bari:

Enrico Fermi nacque a Roma nel 1901; fin dai primi anni della giovinezza fu attratto dallo studio della matematica e della fisica. Superato brillantemente il liceo, fu ammesso alla Scuola Normale di Pisa dove si laureò in fisica nel 1922. Tornato a Roma iniziò un'intensa attività di ricerca presso l'Istituto di Fisica dell'Università, allora diretta da O.M. Corbino, eminente uomo politico e scienziato di chiara fama.
Proprio per le ricerche sui neutroni nel 1938 Fermi ebbe il premio Nobel per la fisica. Recatosi a Stoccolma per ricevere il premio, preferì non rientrare in Italia, soprattutto per le leggi razziali, essendo la moglie di origine ebraica. Da Stoccolma con tutta la famiglia si trasferì in USA, prima come professore presso la Columbia University e poi all'Insitute of Nuclear Studies dell'Università di Chicago, che oggi porta il suo nome.

Perciò, dall’Università di Chicago a Bari, un nome ed un personaggio d’eccezione…e per l’Istituto un Preside d’eccezione…!

Presso il Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” di Bari sono preparati nelle loro competenze, non solo i Dirigenti, ma tutto il personale: Docenti ed A.T.A. I cuori pulsanti ed i cervelli sono gli Uffici Amministrativi. Il Dott. Prof. Giuseppe Mario FORENZA è il Capo d’Istituto ed è persona di grande intelligenza e di innate doti manageriali. Egli si avvale, per l’andamento del “Fermi”, la collaborazione dei Proff.: Alfonso MINICHELLI (Vice Preside) e della Prof.ssa Donata FERRARA, all’interno Scuola, opera in concerto i tre uffici tutti occupati di validissimi dipendenti: la Didattica, l’Amministrazione e del Personale.

L’ufficio del Personale Amministrativo come tutti sanno, in ogni apparato istituzionale o privato che si rispetti, è sempre stato l’ago della bilancia ed il trainer di ogni sistema tecnico-operativo. Come esattamente in questo Istituto. Cari Lettori, desidero portare alla V/s attenzione la qualità, la competenza, e la professionalità di tutti i componenti dell’Ufficio del Personale. Le cui scrivanie sono assegnate ad ognuno, sia per competenza e conoscenza del proprio operato. Competenze individuate ed assegnate dall’efficientissimo e preparatissimo il D.S.G.A., agli Assistenti Amministrativi:

Sig.ra. Concetta NATALE (Capoufficio, collabora con il Preside ed interagisce con il U.S.R. (ex C.S.A.) e per il personale Docente ); Sig.ra. Angela DEBELLIS (coord. di tutto il personale Ausiliario); Sig.ra. Carmen RIGLIETTI (di supporto al personale Docente); Sig. Pietro VITALE al protocollo e servizi vari).

In Cristo, nostra speranza, giungano graditi gli auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo da tutto il personale della Redazione de * il “Palazzuolo” augura al Preside FORENZA ed a tutti i Suoi dipendenti: Docenti e personale A.T.A. Buon lavoro il classico AD MAIORA SEMPER.

Il Maestro Vito Maurogiovanni in scena...

Dott. ssa Carlotta Vitale
Scrittrice ed attrice di teatro
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie Bari

Il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia Dott.ssa Paola La Forgia ha organizzato un incontro per uno scambio di auguri tra colleghi: sabato 22 dicembre alle 10.30 nella sede dell’Ordine a Bari in via Palazzo di città, 5.
Auguri al mondo dell’informazione con dedica. Quella di Vito Maurogiovanni, scrittore e drammaturgo, autore di 30 libri e 32 commedie, che utilizza il filtro della memoria per trasmettere e salvaguardare antichi saperi e consuetudini dimenticate,
per il tradizionale incontro prima delle festività di Natale. I giornalisti si ritroveranno per rivivere, attraverso i racconti e i ricordi dell’autore, il calore della festa. Il “Maestro” Vito Maurogiovanni ha intrattenuto nella sala delle conferenze dell’Ordine i decani e le nuove leve del giornalismo Pugliese, parlandoci del suo recente libro:

“Il Natale dei Baresi”.

Ma, vediamo chi è il Prof. Vito Maurogiovanni leggendo la sua bibliografia:
Vito Maurogiovanni è nato a Bari il 27 dicembre 1924 nella casa retrobottega del caffè di suo padre, un caffè "nott' e giorno", aperto agli avventori anche nelle lunghe ore notturne.
Vito Maurogiovanni è stato sindacalista, direttore dei telefoni, giornalista, sceneggiatore radiofonico, scrittore e commediografo, bibliotecario in un istituto privato. Ha scritto una trentina di libri, trentadue commedie, e un centinaio di radio-drammi, e nei suoi lavori si avverte sempre la ricerca di quella grande comunicazione che era nel caffè paterno.
Fra i suoi libri, "Eravamo tutti Balilla" (Bari, 1970) un viaggio con gli occhi di ragazzo nel ventennio fascista tra stendardi di cartone, preti, fascisti, e drammatici bombardamenti alleati.
"Nel tempo del silenzio e dei camini" (Bari, 1983) appunti ed impressioni sulle vecchie masserie pugliesi, lo scrittore, come scrive Rita D'Amelio, docente dell'Università degli Studi di Bari "è un compagno di viaggio che comunica senza insegnare, e trasmette la realtà della vita".
La tensione a comunicare e a scoprire mondi vecchi e nuovi è ancora nei tre libri di Selezione dal Reader's Digest "Lo splendore della natura in Italia" (Milano,1976), "Le splendide città italiane" (Milano, 1979), "Cento itinerari italiani" (Milano,1980) e nei volumi "Tournèe in Puglia"(Bari, 1993), "Tournèe in Europa"(Bari, 1996), "Lezioni di telefono"(Fasano, 1996), "Lungo viaggio nella Basilicata del '50" (official web site, 2000).
Notevole la presenza di Maurogiovanni nel teatro, per il quale si serve del linguaggio dialettale, per essere più vicino ai problemi della gente umile. Ecco così "Chidde dì..." (1975), nel quale lo spettacolo di una nave dalla porte d'oro e di argento, e soprattutto dai piatti d'oro e d'argento, aiuta a vincere la miseria antica.
In "Aminueamare" ("Mandorle amare") (1976) appare all'improvviso - a poveracci che non hanno conosciuto mai immagini spettacolari - il teatro Petruzzelli, nei giorni del massimo splendore, ormai spariti per sempre.
Da 25 anni, inoltre, è continuamente messa in scena un'altra pièce del 1974, "Jarche vasce" ("Arco basso"), che ha conseguito successi anche in occasione di una sua rappresentazione a New York. Gli altri scritti teatrali sono indicati nella sezione del sito "opere".
Vito Maurogiovanni ha anche al suo attivo due libri di poesia "Composizione 34" (Bari, 1977) e "I santi di casa mia" (Bari, 1984).
Tommaso Fiore, il meridionalista scrittore caro a Piero Gobetti scrisse su queste composizioni e sul loro autore: «... sono versi nati dalla sua vita, un prodotto naturale di tutto il suo essere poetico, del suo modo di guardare gli altri e sempre a cose sue, a pensieri suoi, al suo modo amaro di concepire la vita con la sua faccia liscia bianchissima con qualcosa di singolarmente puro, da francescano...».