Dott. Pietro
VITALE, historique-médiéval
Jurnalist-ècrivain
Directeur de bolg internationale
www.legestadellacavalleria.blogspot.com
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“I siciliani non vorranno mai
migliorare, perché si considerano già perfetti. In loro la vanità è più forte
della miseria. Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli
sciacalli, le iene.
E tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci
il sale della terra”.
Qualcosa
doveva cambiare perché tutto restasse com'era prima.
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di Antonio LAURENZANO:
L’allarme degli Enti locali – La “bocciatura”
della Corte dei Conti
Riflettori accesi sulla Legge di
stabilità. Una manovra da 27 miliardi che rappresenta la sfida di crescita della
nostra economia lungo la strada difficile del cambiamento intrapresa dal
Premier Renzi. Nel rispetto dei vincoli europei e in un contesto internazionale che presenta non pochi
elementi di incertezza, è una manovra dichiaratamente espansiva, a partire
dalla riduzione del carico fiscale. Obiettivo prioritario è la spinta alla
domanda interna: consumi delle famiglie e investimenti delle imprese, strategico
per uno sviluppo sostenibile.
Ma non poche sono le incognite
della manovra costruita largamente in deficit grazie alla maggiore flessibilità
europea “accertata” per la prolungata fase recessiva: oltre 14 miliardi e
mezzo, estensibili a circa 17 nel caso venisse accordata dalla Commissione la
clausola emergenza-migranti, quale riconoscimento delle spese sostenute per i
flussi migratori del Mediterraneo. Risorse che anticiperebbero al 2016 il
taglio dell’IRES (l’imposta delle
società) dal 27,5 al 24%.
Al di là dei toni duri di Renzi,
la trattativa con Bruxelles si presenta non facile anche per i tagli poco
coraggiosi effettuati nella spesa pubblica. Ogni clausola di flessibilità è
legata infatti a un reale consolidamento dei conti pubblici. Ovvero, meno
deficit, più tagli!
Deludente la spending review:
quantificata dal Def di aprile in 10 miliardi, rivista al ribasso in settembre,
ne varrà alla fine meno di 6 miliardi. E’ l’ulteriore conferma che razionalizzare e riqualificare
la spesa pubblica nel Belpaese è impresa ardua, se non impossibile, anche per i
… rottamatori! La finanza allegra è dura da azzerare. Le dichiarazioni
d’intento di tagli strutturali non
sempre si coniugano con la reale volontà politica espressa in Parlamento.
Continua così a slittare il pareggio di bilancio, e conseguentemente la
riduzione del debito giunto a quota 132% del Pil! I conti pubblici dissestati costituiscono il
limite strutturale della nostra economia, il problema di sempre. Un problema
che va affrontato con determinazione soprattutto in una fase di crescita per evitare
politiche fiscali drastiche e per uscire finalmente dalle insidie dei mercati
internazionali, attraverso un quadro economico stabile e forte.
Per l’alto debito pubblico resteremo
ancora per lungo tempo sotto stretta sorveglianza della Commissione europea: le
regole comunitarie impongono dal 2016 ai paesi, come l’Italia, con un consolidato
superiore al 130% del Pil (i parametri di Maastricht prescrivevano il 60%!) di
ridurre il debito di un ventesimo all’anno su tre anni. Se non si cresce, ci
attendono anni difficili.
Sarebbe stato dunque meno
aleatorio finanziare la riduzione del prelievo fiscale e contributivo con tagli
selettivi alla spesa senza rinviare al futuro nuovo deficit. L’ampliamento del
disavanzo non avviene per finanziare provvedimenti per la crescita nel lungo
periodo, bensì per tagliare, fra l’altro, IMU e TASI. La Legge di stabilità risolve
problemi politici (consensi elettorali), non quelli economici, con vivo
disappunto degli enti locali. Forte l’allarme del Presidente della Conferenza
delle Regioni Chiamparino: “Nodi irrisolti, sistema Regioni a rischio, in
dubbio i servizi fondamentali”. Bocciatura
anche dalla Corte dei Conti: “La Legge di stabilità, usando al massimo gli
spazi di flessibilità in deficit, riduce esplicitamente i margini di protezione
dei conti pubblici”.
Un taglio del “cuneo fiscale” ,
la riduzione cioè della pressione fiscale sul lavoro e sull’impresa, sarebbe
stato più funzionale al rilancio della ripresa economica a vantaggio della competitività
del made in Italy dopo gli anni bui della crisi e della recessione. Ma …. “così
è, se vi pare”!
(www.antoniolaurenzano.it)