Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 29 settembre 2007

La Simbologia della Y - di Umberto DI Grazia

Cari Amici, mi permetto di presentarVi il mio amico il Prof. Umberto Di Grazia, uomo di grande intelletto e Umanità - Direttore dellIstituto di Ricerca della Coscienza (I.R.C.) - http://www.coscienza.org/ - In una conferenza ebbe a dire - Va ricordato, tra l'altro, l'art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che così recita: "Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni ed idee attraverso ogni mezzo e fenza riguardo a frontiere.
Ecco cosa egli dice:

La "Y" è la ventiquattresima lettera dell'alfabeto, le cui origini lontane nell'ambito fenicio sono comuni alle lettere: u, v, w e nella lingua italiana compare solo in .latinismi e grecismi non adattati, mentre è usata correntemente in lingue straniere. Così cita il vocabolario Devoto-Oli, edizione Selezione dal Reader's Digest che, tra l'altro, precisa: "L'uso della y risale agli alfabeti" greci, nei quali ha assunto il valore della u con la dieresi ed è riapparsa in latino nel l° sec. A.C.per indicare la u dei grecismi, suono che era estraneo alla lingua latina. Nel Medio Evo il suo valore è soltanto grafico e, se si vuole, storico: rispetto alla pronunzia non si distingue dalla lettera i.In matematica la y rappresenta un'incognita, una variabile, una coordinata, mentre nell'esoterismo assume un significato di grande importanza, specialmente secondo la Kabbalah scuola di pensiero filosofico e teosofico ebraica e sistema pratico talismatico e rituale. Essa studia il significato delle lettere e dei numeri attraverso i suoi tre aspetti detti: gematria notarikon e temurah. La gematria consiste nell'uso delle lettere come numeri e del vasto sistema interpretativo della numerologia che ne deriva; notarikon è la tecnica per creare nuove parole o frasi partendo dalle prime o dalle ultime lettere di un nome o di una frase, mentre temurah è un metodo per nascondere nomi sacri o testi, codificandoli o crittografandoli.Come molte altre lingue, l'ebraico usa le lettere per indicare i numeri. I nomi con cui vengono chiamate le lettere hanno a loro volta un significato preciso, così si stabilisce immediatamente un sistema di corrispondenza tra i numeri e le cose, che vengono indicate con lo stesso termine che designa anche il numero. Per esempio, la lettera ebraica 'aleph' indica il numero 1 e la parola di per se stessa va tradotta letteralmente in bue () mucca, ma in senso figurato significa anche ricchezza.E' importante soprattutto rendersi conto del significato del suono, sia nel giudaismo, sia ,nella Kabbalah: l'universo venne creato per mezzo dell'articolazione del suono: "In principio era i Verbo...". Pertanto le "lettere e le parole sono molto più che semplici strumenti utili per la comunicazione; essi sono caricati dalla 'forza' elementare che ha fatto vivere l'intero insieme delle cose esistenti. Anche i Celti e i pitagorici credevano molto nell' efficacia della parola espressa e nella potenza della corretta pronuncia.Le" corrispondenze lettera-numero dell'alfabeto ebraico, secondo l'approfondito studio di John King, descritto nel suo libro "Kabbalah e Gematria, linguaggio segreto dei numeri", edizion Piemme, sono state riassunte in una serie di tabelle e i significati letterali di ciascuna parola " sono meno importanti dei significati esoterici. Riportiamo i riferimenti riguardanti la lettera"Y" :Nella Tabella di Gematria inversa dell'alfabeto inglese, sempre secondo il metodo di J.King, i n.12 è uguale alla j e alla y (come in yellow, "giallo "). II 12, è alla base del sistema di calcolo ancora in uso per misurare il tempo: 12 mesi in un anno; 12 tribù di Israele nell' Antico Testamento, 12 Apostoli nel Nuovo Testamento; l'inizio della terna pitagorica 11-60-61; il Mago dei Tarocchi; la quercia. Inoltre, a 12 anni dalla pubertà, Gesù iniziò a predicare nel Tempio d Gerusalemme.Secondo il Liber Trigrammaton di Crowley, la Kabbalah inglese abbina alla Y il numero 7, in ebraico corrispondente alla lettera Zayin, scritto anche zain, che significa spada, bastone, più genericamente arma. In senso figurato rappresenta la difesa e' ciò che viene difeso. Così come accade con tutti i tIpi di mazze e bastoni, significa anche autorità, ivi compresa l'autorità religiosa. 117 è il numero dell'archetipo dell'eroe o del semidio nell'antica mitologia celtica.La traduzione sanscrito-inglese dà alla Y il valore di 1 (nell'ebraico l'l corrisponde invece alla lettera aleph), con il significato di corona, ricchezza; in celtico rappresenta la nascita, mentre nella serie di Fibonacci rappresenta il roveto ardente visto da Mosè, l'uovo della creazione, la pietra filosofale ed ancora: creatività, androginia ed ermafroditismo (unione degli opposti o, per meglio dire, dei complementari), autorità, comando, isolamento.La traduzione greco-inglese attrabuisce alla Y (psi) il numero 700, creando in questo caso una connessione con la lettera Tau a cui è attribuito il valore di 701. Tau ha una forma fisica simile a quella delle croci usate per le crocefissioni, probabilmente anche quella di Gesù, che ritroviamo come emblema dei Cavalieri del Tau e di San Francesco.Infine, al n. 10 corrisponde la jota greca e l'ebraico yod (Y), che significa la mano di Dio Esotericamente è il numero della perfezione.Nella sua opera: "Mysterium Coniunctionis- Gli opposti psichici nell'alchimia", 1971, per l'Italia edito da Boringhieri nel 1990, Cari Gustav Jung attribuisce alla "Y" il significato di Unione degli Opposti: maschile e femminile.Secondo le varie scuole esoteriche, inoltre, La Y rappresenta:1°: un grado o livello di iniziazione;

2°: l'uomo che elevandosi verso l'alto, attraverso la conoscenza, deve superare la visione dualistica (il cui simbolo è la Y) e acquisire il giusto distaccò per capire qual'è la strada da seguire;

3°: nel Cristianesimo è il simbolo di resurrezione; l'uomo attraverso la scintilla divina che è in lui supera i limiti della morte fisicaIl significato rituale della Y è antichissimo. Lo conferma anche la scoperta di un tempio fatta all'inizio degli anni Settanta a Torre Spadina-Capranica (VT), dal ricercatore Umberto Di Grazia. Sulle pareti laterali di una camera, scavata nel banco tufaceo, sono profondamenteincise due grandi Y. Purtroppo il sito archeologico aspetta ancora di essere studiato, valorizzato e difeso, così come tutto il territorio intorno, per un perimetro di 3 chilometri, anche se fu tempestivamente denunciato da Di Grazia alla Soprintendenza per l'Etruria Meridionale quando era direttore Mario Moretti. Non si tratta, come sostenuto da qualche frettoloso giudizio, di una serie di tombe riadattate in epoca successiva (nella fossa votiva antistante, con uno scavo ufficiale, emersero reperti dal IV sec. a.C. al II sec. d.C.), ma di un luogo di culto come poterono vedere durante' i lavori di pulitura della fossa, l'ispettore di Bassano, Moroni e l'archeologa Maddalena Andreussi, testimone per conto dell'allora ispettore di zona per la Soprintendenza, Proietti. Inoltre, nel terreno limitrofo, devastato da scavi clandestini , affioravano frammenti di manufatti molto più antichi (dal X al VII sec. a.C.).Non mancarono le conferme autorevoli: "E' un tempio atipico di un gruppo venuto, prima della civiltà etrusca, dal mare., Ne ho visto uno simile nell'isola di Ischia, passando attraverso la fenditura del muro 'costruito in seguito dai romani, che nascondeva lo scavo originario, simile a questo di Torre Spadina." Questo fu il commento, dopo il sopralluogo effettuato negli anni Settanta alla presenza di moltissimi testimoni, del noto archeologo Tram Than Tim dell'Università del Quebec. Seguirono altri esperti e altri sopralluoghi e passarono in molti a vedere il "Tempio delle Y" ( tra questi, gli archeologi Von Hase, Alessandro Morandi ecc.) e tutti evidenziarono la tipicità e l'importanza del sito e del territorio. (1)Note:(1) - La storia del ritrovamento è pubblicata in: "Dimensione sogno" di Umberto Di Grazia, ed Parva-Favilla Editrice, Roma 1975, in "Universo Parallelo" di Umberto Di Grazia, Armenia Editore, Milano 1981 e in una seconda edizione: "L'altra dimensione", Armenia Editore Milano 1983.- Articoli e lettere ufficiali tra lo scopritore e la Soprintendenza per l'Etruria Meridionale consultabili sul sito Internet dell'Istituto di Ricerca della Coscienza: www.coscienza.org- Pianta geografica dei siti scopertiIndicazioni utili:Che sorte spetta a chi segnala un reperto archeologico? Secondo il parere dell'esperto d archeologia psichica Umberto Di Grazia:"Non contate su riconoscimenti di alcun tipo. Non esiste da noi una giusta politica culturale (e pensare che solo la regione Toscana supera come tesori artistici ed archeologici tutta la Francia!).Il reperto archeologico dà fastidio, in primo luogo, al proprietario del terreno ed anche ai var esperti, soprattutto quelli locali. Essi sono d'accordo, ahimè, con gli archeologi che sostengono che è meglio non 'portare alla luce più niente. Dobbiamo aspettare generazioni diverse, che forse avranno una più giusta coscienza. Questa è la mia storia di lotte, di burocrazia, di scippatori d idee, riguardo le mie scoperte archeologiche. Se scoprite o credete di avere scoperto qualcosa insistete e stimolate le varie Soprintendenze ad intervenire e datene notizia all'Istituto di Ricerca della Coscienza, attraverso questo sito Internet:
e-mail: redazione@coscienza.orgVi suggeriamo di fare delle ricerche (e comunicarcene i risultati) anche sulla nascita fenicia-greca ecc. ed i significati reali, sovrapponibili, del segno grafico "Y"

Verso l'Arcano-Nello Spirito, percorrendo la Tradizione

Dell’Inanità e della Stoltezza dei “Culti Satanici” agli occhi di un Illuminista di Pensiero Classico

"Nelle biblioteche parlano le anime immortali" (Plinio il Giovane)

Già di per se, il titolo di questo articoletto sembrerebbe, per qualsiasi mente logica, l’espressione di una evidenza. Ebbene NO, Cari Amici! Nell’alba tutta fresca del terzo millennio dell’Era Volgare, occorre ribadire questo tipo di ragionamento che anche un sempliciotto acculturato capirebbe, onde evitare nuovi roghi intellettuali o/e ideologici!
Come ad una persona bene informata tutti i venti agitati da lingue infelici e biforcute finiscono col tornare; ho saputo poc’anzi che mi si dava del “Mago Nero” implicato in misteriose e segrete combriccole con i “Satanisti”.
Per me, che sono simbolicamente particolarmente devoto a San Michele Arcangelo del Gargano al punto di portarne l’effigie apotropaica nel mio portafoglio perché Egli rappresenta ai miei occhi e nel contempo Apollo/Helios/Mitra/Michael, tale Manifestazione Numinosa della Pura Luce Divina trafiggendo e fissando, in tutti questi Miti Fondatori, gli istinti e le passioni del nostro Inconscio; devo confessare che il colpo inflitto è stato di quelli percepiti come molto bassi e molto duri. Due erano le reazioni possibili: o ne ridevo, oppure mi mettevo a piangere per l’eternità davanti alla dimostrazione palese dell’Infinito in materia di stupidità e/o di malvagità Umana. “Chiagnere” non mi piace...allora ho deciso di riderne, scrivendo.
Solo chi “ha il diavolo in se” (e di certo non mi ha mai incontrato) può essere a questo punto accecato dalla sua idiozia per asserire queste fandonie. Ma, a proposito, il diavolo esiste veramente al di fuori di noi? ...oppure non è altro che una specie di escremento patologico riscontrabile essenzialmente in individui ammalati da mille frustrazioni? (specie sessuali).
Io, che ho già più che una estrema difficoltà a credere in un Dio Unico personale e “Creatore”, come potrei rendere culto al “suo nemico”: “l’anti Dio”, finalmente suo comparso nel Teatro di Ombre delle Spiritualità Manicheiste?
A me piace LA LUCE, IL GIORNO, l’aria aperta e i prati soleggiati per farci l’amore in compagnia di qualche persona semplice e raffinata...non ho bisogno di un “diavolo” nella mia vita per farmi paura. Gradisco ben altre sensazioni.
Perciò sono innamorato di San Michele e della Sua Bella e Luminosa Spada!

Al mio avviso, la Tenebra non è altro che una relativa mancanza di Luce. E se invece un “qualcosa” può svegliare in noi l’intuizione della Divina, Inafferrabile e Inefficace Essenza, non può essere altro che questa stessa Luce.
Non nego l’Essenza delle Cose, anzi la riverisco e la venero, percependo nei “momenti di Grazia” il suo palpitare nel mio Animo/Cuore. Anzi, La vedo volare, nuotare e galoppare in ogni Vivente che indubbiamente abita. Sono convinto che la Luce partecipa dell’Essenza, come sono convinto che l’Essenza partecipa dalla Luce quando si manifesta.
Finalmente ad Ermete Trismegista, sono convinto che “chi appartiene alla Luce, sempre, un giorno tornerà alla Luce”.

Circa un anno fa, scrissi su queste colonne un articolo su “HALLOWEEN”, dimostrando se bisogno ci fosse, l’imbecillità nociva di questa festa neo-barbara. Cito quindi me stesso: “...A titolo personale, da Coscienza Libera, da Pensatore Libero, figlio spirituale di Bruno Giordano, non vado sempre d’accordo con l’attuale Pontefice, soprattutto quando favorisce un vento di Contro-Riforma le cui ripetute bufere vanno, al mio avviso troppo spesso, ad intaccare la Laicità dello Stato Italiano.

Quando invece ripristina progressivamente il Latino come Lingua Sacra nella Liturgia della Chiesa o che ancora ammonisce contro deleterie e fasulle tradizioni”, dando precisi avvertimenti sui loro aspetti dannosi o/e semplicemente pericolosi, mi trova allora moralmente ed eticamente abbastanza allineato con il Suo Pensiero...quando accogliamo un po’ della nostra Eredità di Popoli Civilizzati e offendiamo ciò che fu Sacro ai Nostri Padri...perché, attraverso una pseudo “festa” inventata e congeniata ad arte, questa specie di “culto” decadente rivolto ad un “anti-dio” che ringhia come un cane malvagio nel buio? Intanto badate bene: anche se stupido e sciocco, è di malsano satanismo che si tratta...Questa “HALLOWEEN” ridicolizza, sfigura, denatura ciò che furono le Antiche Religioni dell’Europa oggi impropriamente raggruppate dietro l’appellativo di “Paganesimo” (diminutio capitis non innocente)...

La “HALLOWEEN” non è neanche e minimamente “Pagana”, per una semplice ragione: Le Nostre Antiche Religioni non conoscevano “il Diavolo”, quindi non ci credevano! ...La lurida smorfia della fasulla “Halloween” disturba i Nostri Lari e i Nostri Mani!

Dai Quaderni di Serenamente-S.O.M.I. - di Alberto Vacca

I.R.C. Sito Ufficiale di Umberto DI GRAZIA (1)

L'Altra Informazione: Salute
Articolo del 22/08/2007

Per l’ipertensione il cioccolato va preso fondente


tratto da: Pensiero Scientifico (yahoo)di antonella sagone Pensiero Scientifico - Mar 21 Ago - 11.36 Piccole quantità di cioccolato fondente, ricco di polifenoli, potrebbero ridurre la pressione arteriosa altrettanto efficacemente di più complesse misure dietetiche; lo suggerisce uno studio pilota, illustrato sul Journal of the American Medical Association, effettuato in Germania su un gruppo di pazienti con lieve ipertensione. I ricercatori hanno selezionato 44 adulti di età compresa fra i 56 e i 77 anni, con ipertensione lieve e non trattata, per uno studio randomizzato e controllato, facendo assumere al gruppo sperimentale 6,3 grammi di cioccolato fondente (contenenti 30 mg di polifenoli) per 18 settimane, e per lo stesso periodo, al gruppo di controllo, una quantità equivalente di cioccolato bianco, privo perciò di polifenoli. Sono stati misurati nel plasma i marker dell’ossido di azoto (S-nitrosoglutatione) dal noto effetto vasodilatatorio, e quelli dello stress ossidativo (8-isoprostano), nonché la biodisponibilità dei polifenoli del cacao. Nel gruppo sperimentale la pressione sistolica si è ridotta in media di 2,9 mg/Hg e quella diastolica di 1,9 mg/Hg, a prescindere da cambiamenti nel peso corporeo e dai livelli plasmatici dei lipidi, del glucosio e dell’8-isoprostano. La prevalenza di ipertensione è conseguentemente diminuita dall’86% al 68%, mentre è parallelamente aumentato il tasso di S-nitrosoglutatione, e i tassi di polifenoli nel sangue sono risultati aumentati. Nel gruppo di controllo non è stato rilevato invece alcun cambiamento. I risultati sono stati evidenti in particolare per la classe di soggetti più avanti negli anni. L’apparente meccanismo di azione del cioccolato fondente sembra essere un aumento stabile nella produzione di ossido di azoto nell’endotelio vascolare. “I flavonoidi del cacao sono molto probabilmente i responsabili degli effetti osservati sull’S-nitrosoglutatione e sulla pressione”, osservano gli autori, anche se i livelli plasmatici di flavonoidi non sono stati direttamente osservati a causa della breve emivita di queste molecole. Ulteriori studi a doppio cieco e su campioni più vasti sono raccomandabili, per approfondire questo approccio promettente e di facile compliance potenzialmente in grado di abbattere dell’8% il rischio di ictus. Bibliografia. Taubert D et al. Effects of low habitual cocoa intake in blood pressure and bioactive nitric oxide. A randomized controlled trial. Journal of the American Medical Association 2007;298:49-60.
antonella sagone

I.R.C. - Sito di Umberto Di GRAZIA (medicina)

L'Altra Informazione: Salute
Articolo del 20/01/2002

Chi usa il cellulare in zone rurali può essere ad alto rischio per quanto riguarda la formazione di tumori al cervello.

tratto dalla rassegna stampa degli Schwartzreport del 17 maggio 2005
traduzione a cura di Biba

Uno studio eseguito da scienziati Svedesi pubblicato su "Occupational and Environmental Medicine" ha evidenziato che i soggetti che usano il telefono cellulare in zone rurali sono più esposti al rischio di sviluppare un tumore al cervello, rispetto a quelle che lo utilizzano nelle aree urbane. La scoperta è basata su un capione di oltre 1400 adulti di età compresa tra i 20 e gli 80 anni che vivono nella parte centrale della Svezia. A tutte queste persone sono state diagnosticate forme tumorali al cervello, maligne o benigne, tra il gennaio 1997 e giugno 2000. Il gruppo è stato confrontato con un uguale numero di adulti in buona salute, uguali per età e sesso, e residenti nella stessa area geografica. L'utilizzo quotidiano di telefoni cellulari e cordeless è stato accertato attraverso un questionario comprensivo della spiegazione del loro utilizzo. La quantità di tempo che gli utenti utilizzano il telefono non ha un grosso impatto per quanto riguarda il rischio di sviluppare un tumore al cervello, ma è il luogo dove si vive che fa la grossa differenza e riguarda tutti i tipi di telefoni che si utilizzano, specialmente i cellulari digitali. Gli abitanti delle aree rurali, che hanno utilizzato per più di tre anni i cellulari digitali sono stati colpiti maggiormente da tumore cerebrale (3 a 1), rispetto agli abitanti delle zone urbane. L'utilizzo per oltre cinque anni di questo tipo di telefono ha poi quadruplicato il rischio. Per quanto riguarda lo sviluppo di tumori maligni al cervello, il rischio è stato di 8 volte maggiore per gli abitanti delle aree rurali rispetto a quelli delle zone urbane, ma i soggetti colpiti fortunatamente sono pochi, ci comunicano gli autori dello studio. Questi ultimi, infine, ricordano che c'è una differenza nell'uscita di potenza di un telefono tra una zona rurale e una zona urbana. Questo perchè nelle zone rurali è richiesto un più alto segnale di intensità per permettere la ricezione. Il sistema compensatorio, conosciuto come APC, è usato per la rete (GSM) dei telefoni cellulari. http://www.newswise.com/articles/view/511891/

venerdì 28 settembre 2007

Progetti U.N.U.C.I. - Lonbardia "Training Day

La Pace fa Scuola di Solidarietà

Il 13 settembre 2007 presso l’Aula Magna della Scuola Militare “Teuliè”di Milano, è stato siglato un importante Protocollo d’Intesa tra l’Esercito Italiano e la Direzione Scuola della Lombardia, rispettivamente nelle persone del Comandante Militare Esercito Lombardia, Gen. B. Camillo de Milato e il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico per la Lombardia, Dr. Anna Maria DOMINICI.

Questa Intesa regionale, che trova fondamento anche dall’impegno per la pace condiviso dai Ministri della Difesa e dell’Istruzione, on. Parisi e on. Fioroni nell’ambito del programma “La pace si fa a Scuola”, verterà su cinque progetti:
- “Solidarietà”: con il quale i nostri studenti italiani aiuteranno altri giovani meno fortunati di Paesi in guerra nello spirito di una cultura di pace;
- “Salute e benessere”: dove si darà conoscenza di alcune patologie e dissesti ambientali, affinchè lo studente sia in grado di costruire e curare il proprio stato di salute;
- “Civico-culturale”: mediante concorsi e mostre tematiche. Per esempio immaginando uno scritto alla famiglia di un Caduto, lo studente potrà esprimere i propri sentimenti verso chi - papà, mamma, figlio, marito o moglie- ha perso una persona cara in difesa della pace;
- “Training Day”: sarà una gara sportiva tra pattuglie di studenti. L’evento permetterà di avvicinare in modo innovativo e coinvolgente il mondo della Scuola alla Forze Armate, alla Protezione Civile, alla Croce Rossa ed ai Gruppi Volontari del Soccorso. In questo ambito verrà dedicata una giornata ai diversamente abili, per valorizzare le capacità di questi ragazzi;
- “Orientamento”: finalizzato a dare informazioni e presentare le proposte professionali della Forza Armata, con i relativi bandi di concorso.

Gli ultimi 2 progetti "Training Day" e "Orientamento" vedranno la partecipazione dell'UNUCI Lombardia con tutte le forze che sarà in grado di mettere in campo in tutte le province lombarde.
E' un impegno ed una responsabilità. Ma indubbiamente è anche la realizzazione di uno degli scopi statutari della nostra Unione che all'articolo 2 recita:
l'U.N.U.C.I., ispirandosi alle tradizioni militari italiane, provvede in special modo: a) a tutelare il prestigio degli ufficiali in congedo, a mantenere alto il morale e vivo l'attaccamento alle Forze Armate e al Corpi di appartenenza;b) ad aggiornare la preparazione professionale degli iscritti, curandone la cultura, l'addestramento e l'attività fisica e sportiva;
c) a rendere sempre più saldi i vincoli fra gli ufficiali in congedo e quelli in servizio di tutte le Forze Armate e dei Corpi Armati dello Stato;
E' quindi con onore e con orgoglio ci stiamo preparando a dare il meglio.

Veniamo alle questioni pratiche in particolare per Milano e Provincia. Per le altre province lombarde le vostre richieste di informazioni verranno indirizzate a chi è titolato a rispondere.
Progetto Training Day: in sintesi è una gara come quelle che organizziamo da anni (chiamate Pattuglie, marce di orientamento), tarata sulle competenze di giovani allievi che avranno svolto un corso base di 30-40 ore complessive su alcune materie tecnico-militari e non solo
siamo alla ricerca di Scuole interessate al programma, ovvero Professori, Genitori, Presidi interessati a sapere di che cosa si tratta e a supportare eventualmente la fase operativa.
siamo anche alla ricerca di istruttori per la fase di preparazione degli allievi nelle diverse materie su cui il corso propedeutico alla gara si articolerà: trasmissioni, topografia, diritto umanitario, primo soccorso, tiro sportivo, storia militare, queste alcune delle materie
Punti di riferimento per informazioni di dettaglio e per la relativa organizzazione: Cap. Castiglioni (coordinatore provinciale), Ten. Montali per la sezione UNUCI di Milano, Ten. Parolini per la sezione UNUCI di Monza (email allegate)
Progetto Orientamento: in sintesi una presentazione interattiva presso le Scuole con gli allievi nel momento in cui devono prendere una decisione sul proprio futuro per presentare una interessante opportunità come l'impiego nell'Esercito italiano
siamo alla ricerca di personale idoneo a presentare nelle scuole l'Esercito Italiano e le sue opportunità: persone capaci di un colloquio con una platea di giovani forse curiosi, forse interessati, forse condizionati dal loro ambiente di provenienza o da esperienze fatte; dotati di verve, leadership, prontezza.
Testi e documentazione saranno forniti dall'organizzazione
Punti di riferimento: Cap. Pedica per Milano
Non pretendiamo ovviamente di aver chiarito con poche parole i due progetti, ma siamo qui per offrire a chi fosse interessato tutte le nostre conoscenze per chiarire gli obiettivi e l'organizzazione dei due eventi.
Speriamo di avervi interessato. Aspettiamo le vostre email.
Grazie
Cap. Elio PedicaCeremony Manager & Webmaster of UNUCI LombardiaVia Bagutta 12 - 20121 Milanomobile 335.7693638web: http://www.unucilombardia.org/ email: unucilombardia@unucilombardia.orgSede: Via Bagutta 12, Milanotel./fax +39.02.76008863
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Ancora Sarajevo? Ispse Dixit

Nell’ignoranza e la Paura, non c’è SAGGEZZA!
Nella Violenza, anche solo mentale, non c’è vera FORZA!
Nell’Orientamento dell’Orrore, non c’è BELLEZZA…”

Un fraterno Amico leggendo la bella poesia “Sarajevo” di S.G. Franco, pubblicata nel numero scorso sui quaderni di Serenamente, ed il successivo articolo “Follia tra le genti”, contenuti nel numero precedente, dopo aver lodato l’autore della poesia, ha espresso parole di piena amarezza e disillusione su vicende quali quelle della Terrasanta e dell’Iraq, ma non esclusivamente su quelle, rilevando come popoli che si dicono amanti di Dio (Cristiani, Ebrei, Musulmani ecc.) non riescano a trovare proprio negli insegnamenti divini le ragioni per conquistare la Pace con se stessi e con gli altri. Conquistare, sì! La pace è un bene preziosissimo da conquistare, da conservare e da trasmettere ai nostri figli come nostra significativa eredità.

Analizzava poi il significato delle parole martire (colui che muore per la fede, ma non uccide gli altri); kamikaze (colui che si sacrifica per combattere un nemico armato); terrorista (colui che semina il terrore/uccide anche la popolazione inerme); fondamentalista/oltranzista (colui che per la sua rigidità ideologica, o la sua fede, rifiuta ogni opinione diversa giungendo anche a conseguenze estreme). Sosteneva che non sono le persone ma le armi, a parlare, con voce violenta, usando “parole” che non possono essere condivise, è vano sperare in soluzioni specifiche definitive che non potrebbero prescindere da accordi politici che esprimono un largo e diffuso consenso che, a suo dire, nessuno, sembra vuole credere.

Affermava che, avendo fallito gli uomini e non scorgendo prospettive diverse, solo un intervento esplicito di Dio avrebbe potuto ricondurre i contendenti alla ragiona, ma poiché Dio non interveniva, e non si può pensare che sia disinteressato, o per Lui è giusto che le cose proseguano così oppure Dio non esiste.
Come massone ho sempre speranza negli uomini che affermano l’esistenza di Dio, convinto, come sanno sia i credenti che gli atei, che non sia razionalmente possibile dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Dio. Credere o non credere è un atto di fede, pertanto potranno affermare che sono altrettanto credenti e dogmatici sia coloro che credono in Dio che quelli che lo negano.

Non è questa la sede né ho io la capacità, per dissertare sull’esistenza di Dio. Come spesso faccio mi faccio aiutare da un libro, lasciando a teologi, sacerdoti, filosofi e liberi pensatori ed a quant’altri lo desiderino di approfondire la materia.
E’ un modo certo semplicistico,ma spero “leggero e divertente”, di affrontare un armento così impegnativo ed importante, quale è quello che riguarda l’Ente Supremo.
Scrive Laurence Cossè in “La sesta prova” edizioni Garzanti, presentando due religiosi che analizzando una lettera nella quale uno sconosciuto afferma di avere la prova dell’esistenza di Dio, così si esprimono:

“…Nessuna prova sull’esistenza di Dio ha mai retto…Alla ragione sono posti dei limiti. Kant lo ha dimostrato una volta per tutte, nessun ragionamento, nessuna teoria potrà dimostrare che Dio c’è e, a maggior ragione, che non c’è. Attenti però: si può e si deve sapere invece che cosa è Dio. Altrimenti come distinguerlo dal diavolo? L’idea di Dio non è contraddittoria”.
“…La scienza, che offre delle prove, non può avventurarsi oltre il mondo dei fenomeni. Il buon Newman lo diceva, non si perviene a Dio grazie a uno smart syllogism. Un costrutto razionale, che in una successione logica contenga proposizioni conosciute, come potrebbe pronunziarsi sulla sua inesistenza…E si pretende dimostrare l’esistenza di Dio, come pure se si pretende di dimostrare che Egli non c’è, non è più di Dio che si parla. Bensì di una stella lontana, di un’oggetto fisico e matematico come gli altri. Non del Dio che trascende spazio e tempo”.

“…La storia dell’esistenza di Dio nel corso dei secoli è la storia di Sisifo…Abbiamo quattro tipi di prove: la prova morale di Kant, a dire il vero, è un postulato; ma prima di essa ci sono prove-prove, ritenute logicamente cogenti. Questi i bei nomi:le prove cosmologiche, le prove teleologiche e le prove ontologiche.” Ndr: teologia=dottrina del finalismo.

“…Il gruppo cosmologico vede in Dio la causa prima del mondo. Il gruppo telologico ne ha il fine ultimo. Il gruppo ontologico non ricorre né al principio di causalità, ne a quello di finalità: dal fatto che la nozione di Dio è innata in ogni uomo deduce l’esistenza di Dio.

“…Con Platone siamo in ambito ontologico: ogni cosa partecipa delle idee eterne, che a loro volta partecipano dell’idea unica, Bene supremo, Bello originario e Anima del mondo. Aristotele prova l’esistenza di Dio seguendo il metodo scientifico. Prende in esame ciò che è reale, e si interroga sulla sua causa efficiente e finale.

…Veniamo a Kant e alla sua magistrale dimostrazione che le prove dell’esistenza di Dio non possono avere carattere scientifico. Per Agostino, solo una verità originaria ed eterna può spiegare le verità dimostrate dalla mente dell’uomo. Solo un Artista divino può spiegare la bellezza del mondo. Solo il bene supremo esaudisce l’aspirazione umana alla Beatitudine
Anselmo, il grande Anselmo di Canterbury: salta completamente l’esperienza empirica e il metodo scientifico…L’uomo ha in sé l’idea di un essere perfetto; non può averla avuta automaticamente, perché egli è imperfetto; questa sola idea implica perciò l’esistenza dell’Essere Perfettissimo. Semplice no?
Semplice…? Ditelo voi. Io non ne sono per niente sicuro e penso alla Fede con animo ingenuo, convinto che Essa sia più comprensibile con il cuore che con il cervello, come probabilmente avrà pensato anche il noto poeta dialettale romano Trilussa, allorché, interrogandosi su Dio scrisse questa quartina:

Credo in Dio Padre Onnipotente, ma…
Hai qualche dubbio? Tiettelo per te.
La Fede è bella senza li chissà,
senza li come, senza li perché.

Con gli occhi del cuore puoi vedere oltre il possibile e sognare l’impossibile (Don Luigi Guanella).
Bibliografia:
Dai Quaderni di Serenamente-S.O.M.I. - Alberto Vacca

L' Iscrizione sull'ingresso della Scuola di Platone

Non entri nella mia scuola chi ignora la geometria!

Lo giuro per colui che ha trasmesso alla nostra anima la tetractys nella quale si trovano la sorgente e la radice dell’eterna natura. (detti Aurei)

Due brevi passi per avvicinarsi ad un mondo trascurato da molti massoni.

“…per studiare la proprietà dei numeri sacri ai liberi Muratori e la loro funzione in Massoneria, la via che si presenta spontaneamente è dunque quella di studiare l’antica aritmetica pitagorica; e di studiarla sia dal punto di vista aritmetico ordinario, sia dal punto di vista dell’aritmetica simbolica od aritmetica formale, come la chiama Pico della Mirandola, corrispondente al compito filosofico e spirituale assegnato da Platone alla geometria.
I due sensi si trovano direttamente connessi nello sviluppo dell’aritmetica pitagorica. La comprensione dei numeri pitagorici faciliterà la comprensione dei numeri sacri della massoneria…I cinque poliedri regolari erano chiamati figure cosmiche perché erano considerati come simboli dei quattro elementi e dell’universo. Il dodecaedro era il simbolo dell’universo. Se vogliamo vedere il perché non vi è che da leggere alcune pagine del “Timoteo” di Platone.

Riassumiamo servendoci della versione di Francesco Acri; Timoteo osservava che “ogni specie di corpo ha profondità e ogni profondità deve avere il piano, e un diritto piano è fatto di triangoli”, in altri termini ogni superficie piana poligonale è composta di triangoli e corrispondente ogni poliedro si decompone in tetraedri: dimodochè il piano corrisponde al numero tre dei vertici determinati il triangolo, ed il quattro al numero dei vertici che determinano il tetraedro. Il due, com’è noto, corrisponde alla retta che è individuata da due punti. Il punto, la retta, il piano o triangolo, ed il tetraedro sono elementi della geometria, come i numeri: uno due tre e quattro sono i numeri il cui insieme dà l’intera decade. Per il fatto che ogni poligono è composto di triangoli, i pitagorici dicevano che il triangolo è il principio della generazione (Proco).
I triangoli, prosegue Timoteo, nascono poi da due specie di triangoli, il triangolo rettangolo isoscele ed il triangolo rettangolo scaleno. Questi vengono posti come principi del fuoco e degli altri corpi (elementi); e con essi si compongono i quattro corpi (i quattro elementi, ossia le superfici dei poliedri simboli dei quattro elementi…”

La Scienza di Dio

Non intendo affrontare in questa sede, ed in poche righe, una riflessione così importante e personale, ma solo riportate alcune affermazioni del noto scienziato Antonino Zichichi, ricavate dal suo libro: “Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo - Edizioni il Saggiatore” . Come credente mi riconosco in molte delle affermazioni di Zichichi, certamente espresse meglio di quanto potrei fare io, ed a chi ama questi argomenti suggerisco di leggere questo libro, ricco di passi interessanti, modernamente affrontati”.
…L’uomo sa di non poter dimostrare tutti i teoremi possibili nella logica dell’Immanente. Ecco perché non ha senso dire: Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo”.
“…Se la Scienza e la Matematica arrivassero un giorno a scoprire Dio, cosa dovrebbe essere questa entità cui alcuni di noi credono e altri no? Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non potrebbe essere che fatto di Scienza e basta. E se fosse la matematica ad arrivare al teorema di Dio, il Creatore del Mondo non potrebbe che essere fatto di Logica Matematica e basta. In nessun caso Dio resterebbe quello che deve essere Dio. E cioè tutto”.
“…Nata con un atto di Fede nel Creato, la Scienza non ha tradito suo Padre. Essa ha scoperto – nell’immanente – nuove leggi, nuovi fenomeni, inaspettate regolarità, senza però mai scalfire, anche in minima parte, il Trascendente”.
“…Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l’esistenza di Dio”

Eppur si muove (Galileo Galilei)

Bibliografia:
Dai Quaderni di Serenamente (S.O.M.I.) di Alberto Vacca.
Pezzo ricavato da “La Tradizione pitagorica massonica” - Arturo Reghini.

Shatan-Aher

Il Diavolo esiste per davvero?

“Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano alcune offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che gettava due spiccioli e disse: “In verità vi dico: questa povera vedova ha messo più di tutti.” (Luca 21,1-3)

Cari Amici, non pretendo di esaurire questo controverso e difficilissimo argomento sull’esistenza del Demonio. Teologi, Filosofi, Antropologi, Sociologi, Umanisti e Santi non ci sono riusciti nella loro totalità. Razionalmente riflettiamo solo un attimo: a cosa potrebbe corrispondere l’archetipo del “diavolo” nell’inconscio Collettivo della Specie Umana? Di sicura ad una paura. Quella di un potenziale incontrollato di un “Male Assoluto” nascostosi nei meandri della mente e associato a ciò che le pulsioni e le passioni hanno di più irruente. Occorre quindi dargli un viso e un nome e farlo uscire dal buio e dal torbido per meglio combatterlo. Si tratterebbe quindi e tutto sommato di una entità interna a noi stessi, di una nostra proiezione e riflesso da espellere. Del resto, molte Culture “primitive”, tutt’oggi, considerano le malattie del corpo o della mente come manifestazioni palesi della presenza di “spiriti cattivi” nell’ammalato. Bene dunque cacciarli fuori in modo di sanare il malcapitato. Solo lo Sciamanno, Medicine-man del gruppo tribale, può svolgere le delicatissime azioni rituali necessarie al successo dell’operazione.
Questo fenomeno sociologico è onnipresente e senza ombra di dubbio ci riporta ad un nostro remoto e comune passato preistorico. Siamo comunque in tal caso ancora molto lontani dal concetto di un “diavolo/anti-Dio” e agli antipodi del suo “culto”.
Nell’Ebraismo, matrice originaria degli altri monoteismi, non esiste neanche questa immagine; bensì vi è invece la figura di un Angelo denominato “Shatan”, la cui mansione, alla domanda dell’Altissimo, è di mettere gli uomini alla prova, anche duramente, e di riferirne (Libro di Giobbe). Già la tradizione più spiccatamente Cabalistica differisce dal Giudaismo corrente, facendo allusione a “Shatan-Aher, l’Altro, colui che divide”, ravvicinandosi in tal modo alla Tradizione classica Greco-Egizia che contempla in “Tifone-Seth” l’allegoria del “Diabolos” , ossia dell’Energia di divisione, frammentazione e isolamento; e la combatte .
Abbiamo finalmente trovato la parola che genererà per adattamenti successivi “Diabolus” in Latino e “Diavolo” in Italiano.
Frammenti ricavati dai quaderni di Seranemente - Direttore Alberto VACCA.

martedì 25 settembre 2007

Religo-legare insieme

“C’è una locandina all’entrata della Chiesa di San Giuseppe a Taormina: Visitatore qualunque sia la tua fede, dedicati un minuto di silenzio ringraziando “Qualcuno” per il dono della vita”

Il mio Fraterno amico Pancrazio AUCELLO, da Taormina, è autore di questo articolo tratto dai quaderni di SERENAMENTE il Direttore Editoriale è il dott. Alberto VACCA rivista ad uso interno per l’Associazione del S.O.M.I., che mi accingo ad esporVi, amici lettori, * de il “Palazzuolo”.
Dato l’enorme interesse socio-religioso del pezzo, Vi prego leggerlo con attenzione, in quanto l’articolo, non vuole essere oggetto di provocazioni per nessuno e, in nessun caso.

Disse Sant’Agostino: “Ciò che oggi chiamano Religione Cristiana esisteva fin dall’origine del genere umano, fino a che essendo venuto il Cristo, si incominciò a chiamare CRISTIANA la vera religione che esisteva già da prima”.
I primi uomini in possesso integro di tutte le loro facoltà intellettuali elevate al supremo grado, professavano la vera religione conforme alla pura verità ma, a misura che l’umanità si allontanava dalla loro culla, essa generava intellettualmente di grado in grado fino all’abbruttimento di alcune razze selvagge, ed in proporzione uguale si alterò la religione.

Un altro elemento di differenziazione fu portato dalle influenze ambientali onde quelle, che a torto, sono chiamate religioni.

A misura però che lo spirito umano, riaccendeva, in seno ai vari popoli sorsero Maestri e Profeti i quali restaurarono in maniera imperfetta la religione, ora GESU’ è l’ultimo di questi restauratori antichi ed è venuto per completare e perfezionare l’opera di quelli che lo avevano preceduto, per richiamare gli uomini alla religione primitiva.

Da quanto sopra viene spontaneo pensare a Macchiavelli quando dice: “PER FAR VIVERE LUNGAMENTE UNA SETTA O UNA REPUBBLICA E’ NECESSARIO RITRARLA, OGNI TANTO, VERSO I SUOI PRINCIPI, LE SUE ORIGINI, AFFINCHE’ LE SOVRASTRUTTURE APPOSTAVI DAGLI UOMINI, NEL CORSO DEI TEMPI, NON LA SOFFOCANO”.

Facciamo un passo indietro: più di 2000 anni fa, per un povero artigiano e la sua sposa, benchè discendenti da Davide, non si apre nessuna porta ospitale. I due trovano rifugio in una stalla, in essa riparano ed in essa nasce il FIGLIO DI DIO, Il SALVATORE DEL MONDO. Una stella è la sua reggia, una mangiatoia è il suo trono, alcune fasce ed alcuni cenci il suo paludamento regale.

Egli cresce e diventa Maestro, insegna l’amore e per amore del prossimo affronta il martirio e sparge il suo Sangue, VITTIMA INNOCENTE.

I suoi seguaci abbandorarono i loro averi e viaggiando per il Mondo trasmisero la dottrina Cristiana. OGGI NEL MONDO SONO CIRCA 900 MILIONI I CRISTIANI CATTOLICI OSSIA IL 57% DI TUTTI I CRISTIANI.

Ed ancora:
Anglicani 68 milioni
Protestanti 290 milioni (18% di tutti i Cristiani)
Luterani 44 milioni
Battisti 36 milioni
Metodisti 26 milioni
Pentecostali 24 milioni
Evangelisti Valdesi 46 milioni
Ortodossi 130 milioni

Sommandoli ai primi, quindi sono circa il 40% della popolazione mondiale Come se non bastasse, esistono 670 religioni con altrettante verità dogmatiche. Tutte separate da gravi malintesi e mancanza di dialogo.

Giuliano Kremmez nella sua SCIENZA dei MAGHI dice: “LA VERITA’ E’ UNA sotto tutti i meridiani e tutti i paralleli, chi la conosce ha la chiave di tutte le religioni e di tutti i culti. UNO è il DIO universale, UNO è l’uomo e UNO lo spirito di fede. In questi tre mondi di causa, di spirito e di realtà materiali, si sintetizza la VERITA’ ASSOLUTA. Le religioni ebbero origine dall’idea di legare le turpe umane travagliate dalle passioni bestiali ai tipi divini, allo scopo di frenarle, con la paura dell’ignoto, e modificare la vita sociale”

Ci sono nel mondo oltre 4 milioni di persone ed ogni giorno ne muoiono sempre di più in modo orribile e violento. Il calderone comincia a ribollire, già si vedono scoppiare le prime bolle.
Gli intrighi internazionali si modificano, aiutati dalle società dei computer. In cielo centinaia di occhi girano su orbite diverse per scrutarci.

Il veleno si trova ormai in tutte le parti: gli uccelli malati si abbattono al suolo, i pesci muoiono nei torrenti, le alghe tossiche infettano il Mediterraneo: sono tutti campanelli di allarme, ma che importa, tanto ogni giorno migliaia di nuove anime si affacciano alla vita, anche se milioni di persone agonizzano là fuori.
Ma l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio non può soccombere al potere, sia esso economico, politico e dell’integralismo cattolico clericale, che pareva superato dopo Giovanni XXIII e Paolo VI.
Non dimentichiamo che il Papato ha bruciato Giordano Bruno, ha tenuto, avvinto in catene il Libero Pensiero, ha torturato Galilei agli albori della scienza e della vita moderna e ancora oggi, magari, con altri metodi subdoli continua nella sua opera sostenuta dal denaro dei potenti e dell’obolo degli umili. Questo il Vicario di Cristo? Di quel Cristo che visse nella povertà? Lo Stesso che scacciò i mercanti dal Tempio e che oggi…lo sono ancora con la loro banca? E non hanno disdegnato gli affari con i Massoni. Povero Calvi!

Come ho detto prima, le religioni Cristiane controllano il 40% circa dell’umanità, ma questo non serve a niente fino a quanto resteranno disunite, così sono i circa sette milioni di Massoni nel mondo.
Mi è d’uopo riportare un trafiletto di Vincenzo Soro i (la Chiesa di Paracleto): “Nell’agosto del 1992 doveva tenersi in Ungheria un convegno generale sulle varie Chiese Cristiane, allo scopo di gettare le basi di un’intesa per una azione comune, specialmente in rapporto all’eventuale minaccia di nuove guerre”.
La Curia Romana a mezzo dei suoi compiacenti ed attrezzati portavoce sparsi nei vari giornali si affrettò a far sapere, che la Santa Sede Romana Chiesa, se invitata, non sarebbe intervenuta se non a condizione che il suo Delegato fosse preventivamente riconosciuto dal Convegno come suo Presidente, nato ed esclusivo.

Dopo 84 anni nulla è cambiato. Tant’è che mio nipote Terziario Francescano, trovandosi ad assistere, sulla nave per la Grecia, alla funzione celebrata dal Pope Cristiano Ortodosso, mentre si apprestava a ricevere la Comunione ha sentito il Pope rifiutarsi affermando “A lei non posso dare la Comunione perché Cattolico”. E sarà sempre peggio fino a quando Re e Principi non si vestiranno di umiltà, non abbandoneranno tutti gli orpelli riprendendo il messaggio di CRISTO nella sua pienezza di amore e UMILTA’.
Svolgere, cioè, tale opera che conduca i sacerdoti di tutti i culti ad incontrarsi nel TEMPIO UNICO e a riconoscersi FRATELLI e ministri dello stesso “UNICO VERO”, sia pur conservando ciascuno i suoi riti e i suoi metodi di adorare IDDIO che è UNO, ma senza che uno qualsiasi di tali riti e modi sia il migliore, perché tutti non sono altro che le diverse lingue in cui il trascendente esprime il suo unico pensiero. Ritroviamo la PAROLA PERDUTA, essa ci porterà al GRAN TEMPIO dell’UMANITA’.

Occorre un forte messaggio contro l’internazionale del male che alimenta odi e rancori, occorre che l’umanità venga aiutata a riscoprire gli ideali religiosi, politici, etici e sociali che siano l’opposto dell’attuale stato di cose. Ricordo a tutti gli uomini di qualsiasi ceto e classe sociale che non vi è alcuna differenza quando al mattino ci si serve del gabinetto di decenza nel completare il transito del cibo. Mi scuso per la volgarità. Uno studioso americano, tanti anni fa, volle analizzare il corpo umano e monetizzarlo, tenendo presente che il 70% sono liquidi, stabilì il suo valore in L. 700. Io credo che l’Anima sia felice quando si libera dalla materia pesante che la tiene avvinta. Essa continua a vivere, tranne quella dei malvagi che muore con il corpo.

Prima di concludere (riferisce Augello) è doveroso, da parte mia, portare a conoscenza la mia appartenenza all’Ordine Iniziatici Massonico; in Italia esistono circa 90 Comunioni e come per le religioni non esiste alcun dialogo: usiamo lo stesso rituale, stesse sono le regole, stesse sono le tradizioni, stessi i Padri lontani, eppure siamo separati da stupidi malintesi. Io credo che sia il tempo di finirla. Preti e Massoni dovrebbero aprirsi al dialogo, ben comprendendo che il loro odio è inutile, non più discordia ma armonia.

All’uopo riporterò brevemente qualche trafiletto tratto da un articolo pubblicato dal giornale “Il Campo Nuovo di Siena” del 28/10/93. Il Titolo: apertura al dialogo dell’Arcivescovo di Siena “MA LA MASSONERIA NON E’ IL DIAVOLO. Lo stesso Cardinale Ratzingher, (diventato Papa Benedetto XVI) in una intervista del 1992, riteneva che vi siano anche tra i massoni “fratelli aperti a un dialogo sincero con la Chiesa”. Come sempre, saranno le persone rette e bene intenzionate a modificare le trutture. MI PARE CHE I TEMI SIANO MATURI.

Concludendo, quanto detto vuole essere un invito alla pace fra i popoli, niente più guerre, niente più distruzioni, niente più spargimento di sangue innocente; creare un fronte comune contro tutte le violenze. La diplomazia che tanto si affanna otterrà solo risultati effimeri: PAROLE, PAROLE, scelte più per l’effetto che per il significato. Io credo, (continua Augello) forse per la simpatia che mi ispira, che se Kofi Annan invitasse il capo ebraico ed il capo islamico, soli, ad una cena di lavoro si potrebbe raggiungere una intesa leale e duratura. Impedire la fabbricazione e vendita di armi se non a eserciti regolari, limitare il consumo dei prodotti petroliferi, anche se questo per il Presidente USA significa andare contro l’economia del proprio Paese.

Scusatemi per la puerilità. Chiudo con un fatto inedito che riguarda il Santo Padre Giovanni XXIII mentre celebrava una funzione religiosa in una Chiesa Romana. Un ufficiale ed un sott’ufficiale dell’Arma prestavano servizio in prossimità dell’Altare maggiore. Il Santo Padre trovandosi a guardare verso i tutori dell’ordine vede il sott’ufficiale in un bagno di sudore per cui rivolgendosi al sacrestano dice: “Dai un bicchiere di vino a quel povero maresciallo”. Tale gesto del Vicario di Cristo, si commenta da se.

La Casa Imperiale Etiope

e i suoi Ordini Cavallereschi

“La verità e la Conoscenza non si raggiungono con i buoni propositi ma con la determinazione, adottando decisioni; e comportamenti adeguati, coerenti e conseguenti”.(proverbio)

La Casa Imperiale d’Etiopia è la più antica Casa Sovrana del mondo, secondo la tradizione risalirebbe a Re Salomone ed alla Regina di Saba. Dispone di numerosi ordini cavallereschi con una storia decisamente interessante. L’ultimo ad essere stato fondato, in ordine di tempo, è stato l’Ordine Imperiale Etiopico di S. Maria di Zion, questa è la sua esatta denominazione. Consta di cinque classi, dalla più bassa, quella di Cavaliere, a quella più alta di Gran Collare; è aperto, come ormai avviene per tutti gli ordini, sia ad uomini che a donne. La fondazione risale al 2001 quando S.A.I. il Principe Zere Yacob Asfa Wossen Haile Selassie, che ha di diritto il titolo, l’autorità e la dignità di Capo Imperiale di tutti gli Ordini, prese la decisione di procedere alla sua erezione. Nella primavera del 2003, poi, Egli nominò suo cugino S.A.I. il Principe Philip Makonnen Haile Selassie primo Gran Maestro dell’Ordine e procedette alla nomina di S.A.I. il Principe Stefanos Mengesha Seyoum come Cancelleriere Imperiale dell’ordine stesso. Per quel che riguarda S.A.I. il Principe Philip egli è nato il 18 marzo 1954 ad Addis Abeba, è figlio del Duca di Harrar ed è nipote di S.M.I. Haile Selassie. Numerosi sono i discendenti di S.M.I. Haile Selassie e tutti fanno parte del Consiglio della Corona; la linea di successione al Trono è descritta nella prima sezione della Costituzione del 1955. La Casa Imperiale, dal 1974, risiede all’estero a seguito del colpo di stato effettuato dal Derg che operò una rivoluzione comunista nel paese. Dopo il colpo di stato il paese fu trasformato in una repubblica nell’orbita, allora, della Unione Sovietica. Verso la fine degli anni Novanta, caduto il comunismo il paese divenne una repubblica federale. Oggi solo Stephanos vive in Etiopia, tutti gli altri membri della Casa Imperiale, tuttavia, pur dall’esilio, seguono le vicende etiopiche. Gli altri ordini della Casa Imperiale sono l’Ordine del Sigillo di Salomone, l’Ordine di Salomone, l’Ordine della Regina di Saba, l’Ordine della Trinità, l’Ordine di Menelik II, l’Ordine della Stella d’Onore dell’Impero Etiopico ed il Salomonico Ordine di Merito. L’Ordine del Sigillo di Salomone fu creato dal Negus Giovanni IV nel 1874 ed in origine si chiamava Croce di Salomone; era in tre classi e si dice che fu il Consigliere italiano Naretti a spingere il sovrano ad istituire tale ordine. Sotto il regno di Menelik divenne in cinque classi più una categoria speciale. Ras Tafari Makonnen, sotto la Reggenza dell’Imperatrice Zauditu, nel 1922, istituì il collare riservato a Sovrani stranieri, non risulta però che tale collare sia mai stato concesso prima che lo stesso fosse incoronato Imperatore nel 1930. In seguito il collare divenne ordine a se stante col nome Ordine di Salomone e la concessione fu molto rara. L’Ordine della Regina di Saba fu istituito nel 1922, era solo per donne di sangue reale e non fu conferito prima del 1930. L’Ordine della Trinità fu istituto dopo l’ascesa al trono di Haile Selassie, è conferito per servizi prestati al trono sia in campo civile che militare e fu concesso a diversi reggimenti etiopi nella guerra italo-etiopica e nella guerra successiva contro gli italiani nel periodo 1936-1941. L’Ordine di Menelik II fu fondato nel 1924 da Ras Tafari Makonnen, è uno degli ordini etiopi più prestigiosi ed è citato talvolta anche come Ordine del Leone di Giuda o Ordine del Leone d’ Etiopia. Nel 1996 il Consiglio della Corona stabilì di trarne due ordini diversi con diverse decorazioni e differente nastro. Le decorazioni dei vari ordini etiopici furono solitamente prodotte da Arthus-Bertrand di Parigi, mentre le decorazioni dell’ Ordine del Leone furono e sono prodotte da Spink a Londra. L’Ordine della Stella d’Onore dell’Impero Etiopico fu invece fondato da Menelik II nel 1884-85 come Negus dello Scioà; egli diventò Imperatore 26 anni dopo, nel 1889. È in cinque classi e, una curiosità, il titolo dell’investito della Gran Croce è Negus, perchè tale rango è conferito solo a sovrani. Vi è poi un gran numero di medaglie per benemerenze militari e civili. Per quel che riguarda i titoli nobiliari essi non erano conferiti solo dall’ Imperatore, ma anche dai re delle differenti regioni etiopiche: il sistema dei titoli era molto più complesso di quello europeo ed erano circa una trentina, oggi si tende a cercare di riportarli al modello europeo. (Davide Pozzi di S. Sofia, autore dell’articolo, è da diversi anni il legale rappresentante in Italia di S.A.I. il Principe Philip Makonnen e dell’Ordine Imperiale di S. Maria di Zion di cui è Gran Croce)

Articolo di Davide Pozzi S. Sopfia - tratto da La Circolare Spigolosa – Alternativa Monarchica-

Il Posto Occupato dal "Divino" Costantino

nella chiesa da lui fondata

"Nessuno arriva in paradiso con gli occhi asciutti" (proverbio).

Cari amici, come ho avuto modo di dire, nelle mie precedenti esposizioni a proposito di Costantino il Grande, il vertice gerarchico e culturale cattolico ha sempre cercato di far apparire il comportamento dell’imperatore Costantino nei confronti della Chiesa Cattolica da lui fondata, diversamente da quello che è per la storia.
I più noti indizi e le tracce più evidenti di tali manomissioni da parte del vertice cattolico.
Se leggiamo qualsiasi storia della Chiesa Cattolica, scritta da cattolici, per trovarsi una risposta vera e schietta riguardo il posto che occupò il Divino Costantino nella Chiesa da lui fondata, ci tocca di restare profondamente delusi.
Infatti in ognuno di esse si evidenzia un notevole interesse a far apparire la Chiesa di Costantino identica a quella cristiana odierna. Il che è assolutamente falso.
Per chi è addetto ai lavori, invece, tra la Chiesa Cattolica fondata da Costantino e quella Cattolica odierna c’è la stessa differenza che passa tra una stalattite all’inizio della sua formazione e quella che essa è divenuta dopo moltissimo tempo. La Chiesa Cattolica odierna, la Romana, infatti, è frutto di un lunghissimo processo evolutivo, molto abilmente programmato e guidato.
Anche la persona di Costantino imperatore lungo il corso dei secoli è stata sottoposta a continua “epurazione” o “cristianizzazione”, che rivela il pochissimo rispetto del vertice ecclesiastico cattolico di tutti i tempi per la storia.
Conseguentemente non è tanto facile per i critici odierni avvalersi di documenti sicuri che possono provare questo lungo e sistematico procedimento di falsificazione. Il vertice cattolico ha “sistemato” tutto o quasi tutto con la massima prudenza e circospezione, per cui è ben difficile raccogliere prove schiaccianti contro la sua ampia sistemazione. Ma per fortuna tanti dati sono sfuggiti all’attenzione degli autori di tali interventi. Per cui di tale sistematica manomissione ci sono pervenuti indizi e tracce evidenti. E questo ha cercato di farlo con tutti i mezzi, sia dottrinali che iconografici, come se Costantino non fosse stato pontefice massimo di tutte le religioni ed il divino Augustus di tutto l’impero. Anche il vescovo di Roma di quel tempo viene presentato come papa, mentre è risaputo che il papato risale al secolo VIII. Ritengo, pertanto, utile riferire i più comuni e i più noti indizi di tali manomissioni cattoliche, che sono i seguenti: Costantino, ogni qual volta ha a che fare con vescovi ed i pontefici della sua Chiesa da lui nominati, sia individualmente che riuniti tutti insieme in concilio, li tratta sempre come può farlo il loro “pontefix maximus”, un dittatore, un tiranno; li depone, li trasferisce, li manda in esilio, li incarcera, senza dovere dar conto a nessuno, così come ha fatto per eleggerli e investirli di potere. Anche il trono su cui egli siede e le vesti che indossa in tali occasioni esprimono chiaramente che lui è il loro dio, che presiede a tutta la Chiesa Cattolica. Costantino indice sinodi e concili di tutta la sua Chiesa, presiede tutti i lavori sinodali e conciliari, e da valore di legge al documento finale, ratificandolo con la sua sola firma. La sua volontà, da sola,sempre in ogni caso, possiede valore di legge. Costantino, essendo poco preparato culturalmente per dirimere difficili questioni teologiche sorte qua e là e dovendosi tuttavia comportare da arbitro assoluto su ogni questione, incontrò spesso difficoltà nel governare i vescovi da lui creati, quando essi si opposero alle sue decisioni e che ovviamente finirono malamente i loro giorni. Non vi è alcun dubbio che i vescovi a lui disubbidienti in materia religiosa e disciplinare siano finiti regolarmente quando meno in esilio.
Costantino non tollerò mai su questioni religiose e morali che i suoi sudditi disobbedissero ai suoi ordini ed alle sue decisioni, ne intese delegare ai suoi pontefici o vescovi o flamini la sua autorità. Lo stesso avvenne durante il periodo in cui il trono imperiale successero i suoi figli ed eredi.
Basti pensare allo scontro durato per molti anni tra l’imperatore Costanzo II (337-361), ed Atanasio, il vescovo di Alessandria d’Egitto. Questi dopo essere stato mandato in esilio da Costantino nel 335, fu mandato in esilio per altre due volte dal figlio Costanzo II. Atanasio trascorse in esilio quasi tutto il tempo della sua vita. Addirittura dall’ottobre del 365al febbraio 366 per sottrarsi nella città di Alessandria alle ricerche da parte di Valente pare che si sia nascosto a lungo dentro la tomba di suo padre. E’ da notare che il vescovo egiziano Atanasio (295 – 373) fu un osso molto duro per Costantino, ma soprattutto per suo figlio Costanzo II. Atanasio lo fece passare davanti agli occhi dei fedeli di Alessandria per “anticristo”. Egli nei suoi scritti e forse anche oralmente gli contestò il suo atteggiarsi a divinità. Nella sua Storia degli Ariani, scrive che Costanzo II entrando nelle basiliche e nelle altre chiese e vi si comportava da padrone assoluto, vi stava in piedi o seduto a suo piacere e non voleva nessuno del clero intorno a sé, imponendo con la forza i suoi decreti”(Cfr. Atanasio, Contra Arianos, P.G., III, 33,77). In proposito vi è la storia della Chiesa d’Africa un altro episodio che è estremamente eloquente. Si tratta dell’intervento armato che l’imperatore Costantino ordinò contro la fazione dei Donatisti, per cui la popolazione ribelle al suo ordine fu esemplarmente punita con la morte e sterminata dall’intervento dell’esercito imperiale, che non risparmiò neppure i vecchi, le donne ei bambini.
Il caso è molto rappresentativo ed emblematico, per cui voglio riferirlo.
L’episodio avvenne nella comunità cattolica dell’Africa Proconsolare. Qui il cattolicesimo era molto diffuso. Tra i vari vescovi della regione ve n’era uno, un certo Donato, che aveva un gran seguito per il suo personale carisma e per la sua concezione morale molto rigida, in palese contrasto con la linea del vescovo di Roma e dello stesso imperatore Costantino. Ecco casa avvenne. Siamo a Cartagine. Qui muore Mensurio, vescovo della città nel 312. A succedergli fu eletto il diacono Ceciliano, notoriamente implicato durante una precedente persecuzione per pubblica defezione ed apostasia. A questo punto, la chiesa di Cartagine si spaccò in due: da una parte stava il vescovo Donato ed i suoi numerosi sostenitori, e dall’altra il vescovo Ceciliano, sostenuto dalla fazione lassista, cara a Roma. La questione fu portata davanti all’imperatore Costantino. Questi rispose deponendo i due vescovi, cioè Donato e Ceciliano. Ma le due parti non accettarono la decisione salomonica. Scoppiarono liti e tumulti. Per ordine di Cosatntino, Donato fu mandato il esilio. Ma la cosa non finì li. I donatisti non si piegarono. Allora l’imperatore Costantino emanò un editto con cui li dichiarò eretici i donatisti e li condannò tutti alla pena di morte. Ad eseguirla inviò in Africa un esercito. Era il 12 marzo del 317. Tutti i ribelli, indistintamente, compresi i vecchi, le donne ed i bambini, furono spietatamente trucidati dai militari, insieme al loro clero ed al vescovo. Non si salvò proprio nessuno. Fu una strage vera e propria.
In conclusione, si può affermare che il posto dell’imperatore Costantino nella sua Chiesa è molto più importante di quello dell’attuale papa e di quello di tutti i vescovi riuniti insieme a lui. Egli nella sua Chiesa era addirittura Dio in terra.
Sono pertanto adulterati tutti i testi fatti apparire come originali e dell’epoca, in cui Costantino lo si presenta come un timido agnellino del gregge cristiano, come un fedele che in fatto di religione delega ossequiente e riguardoso verso i suoi vescovi, come un sovrano docile ed ubbidiente ad essi. Sono pure tutti falsi i dipinti e le sculture che lo riguardano, in cui lo si raffigura come uno che si inchina e si prostra davanti al papa ed agli altri vescovi. Del resto tutti sappiamo che il papa allora non esisteva ancora, essendo il papato un’istituzione ecclesiastica che nella sua più importante fase evolutiva risale al lungo periodo che va dal secolo VIII in poi, come vedremo, fratelli miei, in seguito nel corso di questa opera. Appaiono, pertanto, pietosi e maldestri quei tentativi, compiuti dal vertice cattolico, finalizzati a cancellare o quanto meno a tentare di cancellare o distruggere documenti capaci di provare la falsità delle sue affermazioni di fondo in sede teoretica sull’origine della chiesa costantiniana. Per tutti i suddetti motivi ritengo utile puntualizzare la terminologia che va usata quando si tratta della storia del Cattolicesimo. E questi sono i dati più importanti.
Revisione della terminologia da usare a proposito della Chiesa Cattolica e di quella Cristiana.
La Chiesa Cattolica è quella fondata dall’imperatore Costantino agli inizi del secolo IV. Come abbiamo visto e letto, essa è tutta un’altra cosa rispetto alla Chiesa fondata da Gesù Cristo la quale è scomparsa del tutto dalla Terra durante la persecuzione dioclezianea. Essa durante il suo lungo periodo evolutivo ed in tutta la sua storia, può distinguersi in Protocattolica, Deutorocattolica, Cattolicopapale, Cattolica Romana e Cattolicocristiana.
La Chiesa Cristiana, invece, come dice la stessa parola, è quella fondata personalmente da Cristo. Però, dopo la nascita delle Chiese Riformate, dopo il 1517, per distinguerle da quella Cattolica, si chiamano “cristiane” tutte le altre Chiese che in qualsiasi modo si ispirano e risalgono a Gesù Cristo. In questo senso, anche la Chiesa Cattolica può dirsi cristiana. E’ bene però che a scanso di equivoci la Chiesa Cattolica non sia chiamata cristiana, ma semplicemente Cattolica, che è il suo originario nome datole dal suo fondatore Costantino.
La Chiesa Cattolica, durante il suo lungo periodo evolutivo e lungo tutto l’arco di tempo della sua storia, può distinguersi nel seguente modo:

Chiesa Protocattolica è quella che va dal 315 al 365.
Chiesa Deutorocattolica è quella che va dal 365 agli inizi del secolo VIII.
Chiesa Cattolicopapale è quella che va dal secolo VIII al 1054.(La Chiesa Cattolicopapale è quella che si è già creato uno Stato temporale ed è pronta per scontrarsi con la Chiesa Greco Ortodossa e separarsi da essa).
Chiesa Cattolica Romana è quella che va da 16 luglio del 1054 al 1122. (E’ quella che si è già separata dalla Chiesa Greco Ortodossa e si è liberata da ogni dipendenza dall’imperatore col concordato di Worms.
Chiesa Cattolicocristiana è quella che va dal 1122 e giunge sino ai nostri giorni.

E’ bene notare che la Chiesa Cattolica, quella posteriore al 1122, cioè la Chiesa Cattolicocristiana, grazie alla fondamentale opera dei Padri della Chiesa, ha decisamente lasciato alle sue spalle i caratteri originari di chiesa pagana ed ha assunto in parte ed in modo apparente i più importanti contenuti ed aspetti posseduti dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo, riuscendo così a presentarsi come se fosse tale. Per cui, in un certo senso e dal punto di vista unicamente esteriore, l’aggettivo sostantivo di “cattolico” e quello di “cristiano”, originariamente del tutto diversi ed estranei, sono diventati e possono considerarsi quasi sinonimi. Lo stesso può dirsi di tutte le altre Chiese Riformate: esse, pur essendo derivate da quella Cattolica, e create da uomini, quali Lutero, Calvino, Zuiglio, Enrico VIII e simili, possono in un certo senso chiamarsi “cristiane”.
Ma sia ben chiaro che, a mio avviso, nonostante l’apparenza, e contrariamente a quello che affermano gli scrittori di parte da molti secoli, la Chiesa Cattolica, la chiesa fondata da Costantino, e quelle da esse derivate, rimangono ugualmente ed irrimediabilmente del tutto diverse da quella fondata da Gesù Cristo. Esse, pertanto, rimangono sempre chiese umane, fondate da uomini, e che niente e nessuno può trasformare nella sua intima sostanza, chiese che stanno alla Chiesa di Gesù Cristo come una pianta di plastica sta ad una pianta viva e vera con fiori e frutti.

Bibliografia:
Capitolo tratto dal libro: Architettura Arte e Religione di Angelo Scarpulla

Il "Teorema" della Basilica Costantiniana San Giovanni in Laterano Roma.

“Abbiamo bisogno di amici sinceri e di nemici accesi. Entrambi ci aiutano a correggere i nostri errori: i primi con le critiche, i secondi con le invettive”(proverbio)

Si sa che la Basilica Lateranense in Roma fu costruita dall’imperatore Costantino nella area del quartiere Laterano, la quale era di proprietà della moglie Fausta che aveva ricevuta come dote matrimoniale dal padre, l’imperatore Massimiano. Accanto a tale area vi erano i numerosi edifici di un’enorme caserma degli Equites Singulares, che erano un corpo speciale della cavalleria di Stato al diretto servizio della persona dell’imperatore. Per ordine di Costantino il corpo speciale degli Equites Singulares, che erano un corpo speciale della cavalleria di Stato al diretto servizio della persona dell’imperatore. Per ordine di Costantino il corpo speciale degli Equites Singulares fu sciolto, e la caserma rasa al suolo, per i motivi che dirò a proposito del tempio funerario eretto da Costantino in Tor Pignattara in onore di Elena sua madre.
Fu così che l’intero quartiere del Laterano nel secondo decennio del trecento divenne la nuova zona residenziale imperiale, in cui Costantino edificò il suo quartiere generale costituito dal Palazzo residenziale e di Governo e da una propria Basilica, intitolata a se stesso, cioè all’Aghion Soterion o Santissimo Salvatore, che volle che fosse la più importante e la più grande da tutte le basiliche da lui erette e tutte dedicate al culto della propria persona, pur nell’ambito della nuova religione da lui fondata. Attiguo a questa basilica eresse un Tempio funerario, destinato ad accogliere le sue spoglie mortali e naturalmente anch’esso dedicato al proprio culto a partire dal momento della sua morte. Questo è il mio “teorema” (riferisce il Prof. Angelo Scarpulla, nel suo libro Arch. Arte e Religione) archeologico sulla storia della basilica costantiniana di San Giovanni in Laterano e dell’attiguo omonimo Battistero. Per risolverlo poniamo alcune utili premesse. Sappiamo da tradizione immemorabile che l’attuale basilica di S. Giovanni in Laterano fu dedicata da Costatino al Divin Salvatore, e che in seguito ala vertice cattolico mutò la titolarità originaria di essa, che così assunse il nuovo titolo di S. Giovanni Battista in Laterano. Si noti che il Divin Salvatore di tal titolarità viene fatto coincidere con la persona di Gesù Cristo.
Questa interpretazione, acriticamente accettata dagli storici da sempre, mi ha fatto sorgere dubbi e problemi, che ho cercato di risolvere nelle stessa maniera in cui si risolve un teorema. Sappiamo tutti che cos’è un teorema e quale è la tecnica per risolverlo. In sintesi, ci si basa su una serie di dati certi per scoprire altri ignoti. Così, per esempio, avviene nel notissimo teorema di Pitagora (sec. VI a. C.), il cui enunciato, che mi riporta ai lontani anni del ginnasio, così recita: “In ogni triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti”.
L’imperatore pagano Costatino, che si riteneva ed era ritenuto dio in base alla legislazione romana, costruì e dedicò al proprio culto la Basilica Lateranese del Santissimo Salvatore, nello stesso sito dell’attuale basilica di S. Giovanni Battista in Laterano. Nella zona ad essa contigua edificò un tempio funerario, che in seguito, dopo la morte di lui e dei suoi figli, il vertice cattolico romano trasformò nell’attuale Battistero di S. Giovanni in Laterano. Non vi è alcun dubbio che Costantino avesse pieno diritto di far ciò. Prima di lui, tutto questo era stato fatto da tutti gli altri imperatori romani. Dunque lo fece legittimamente.

Si può ipotizzare che la Basilica Lateranense sia stata creata da Costatino per il culto della persona?
A sostegno della tesi che l’imperatore abbia costruito la Basilica Lateranense per il culto della sua divina persona, vi sono parecchi argomenti in favore, che voglio esporre e che sono i seguenti.
1) Il cambiamento della titolarità della Basilica Lateranense.
2) La prassi abituale, per cui accanto ad ogni importante basilica sorgeva un tempio funerario.
Punto primo: Dato che l’attuale titolo della Basilica Lateranense non è quello originario, mi chiedo: perché circa un secolo dopo la sua costruzione, a questa basilica, che originariamente era stata dedicata al Divin Salvatore, stranamente la titolarità originaria fu poi cambiata in quella di S. Giovanni Battista?
Premetto che non mi risulta che qualcuno prima di me si sia posta questa domanda e le abbia dato una risposta soddisfacente, rendendola poi di pubblica ragione.
Ciò premesso, questa è la mia risposta che formulo con il seguente dilemma, cioè con una doppia possibile ipotesi.
Con la Prima, ipotizzo che la dedica della Basilica al Divin Salvatore si riferisca a Gesù Cristo, come da sempre sostengono acriticamente i cattolici.
La seconda, invece, ipotizzo che la dedica della Basilica al Divin Salvatore si riferisca all’imperatore Costatino. Si noti bene che nella prima ipotesi, appare molto improbabile a rigor di logica il fatto che ad una basilica che originariamente era stata dedicata a Nostro Signore Gesù Cristo, in un secondo tempo il supremo vertice cattolico possa averle cambiato la titolarità, attribuendole il nome di un semplice santo, quale Giovanni Battista. E’ infatti, ovvio che, in tal caso, il cambiamento della titolarità equivarrebbe ad una grave offesa per Gesù Cristo, assumendo il fatto un chiaro significato di degradazione.
Se, invece, nella seconda ipotesi, il titolo di Divin Salvatore corrispondesse a quello di Costantino, il suo cambiamento si spiegherebbe benissimo, in quanto esso ci apparirebbe come la cancellazione di un titolo, come quello di Dio Ottimo e Massimo, che, in un secondo tempo, cioè in seguito al passaggio dell’ideologia cattolica dalla fase protocattolica a quella deuterocattolica, poteva apparire chiaramente idolatrico e blasfemo o quanto meno equivoco.
Conseguentemente, se così non fosse stato, se ciò originariamente fosse stata dedicata a Gesù Cristo Divin Salvatore, non ci sarebbe stato alcun ragionevole motivo per cancellare quel titolo originario e barattarlo con quello di grado molto inferiore come è quello di un santo qualsiasi, come S. Giovanni Battista. Dunque è molto probabile che la Basilica Lateranense originariamente fosse stata dedicata a Costantino a se stesso, in quanto Santissimo Salvatore, per promuovere il proprio culto divino. Il che ovviamente, date le premesse della sua divinità in base alla costituzione romana, mi sembra, in un certo senso, anche giusto, sebbene da un altro punto di vista sia certamente idolatrino e blasfemo. Si noti che questo cambiamento di titolarità in una basilica da parte delle autorità deuterocattoliche è avvenuto tantissime altre volte, anzi è la norma che regola la prassi del vertice cattolico in questo settore. Mi limito a citare alcuni casi. Il primo che mi viene in mente è quello che è avvenuto a Ravenna e di cui mi occuperò in seguito, riguardante la Basilica edificata dal re barbarico Teodorico e da lui dedicata al Santissimo Salvatore, che è poi lo stesso Todorico. E’ bene notare, infine, che quanto detto per la Basilica Lateranense, si potrebbe logicamente pensare e dire anche per tutte le altre basiliche costantiniane, in quanto esse furono tutte fatte edificare da Costantino sia in Roma che altrove, per promuovere il culto della propria persona o della persona di altri membri della sua famiglia , ma il titolo attuale di ognuno di esse non è mai quello originario.
2) La prassi abituale, per cui accanto ad ogni importante basilica sorgeva un tempio funerario. Esaminando attentamente l’area interna e quella circostante della grandi basiliche protocattoliche, risulta una costante particolare ed interessante per cui accanto ad ognuna delle più importanti basiliche protocattoliche sorgeva un tempio funerario, di solito di forma rotonda e di piccole dimensioni. I casi del genere da me riscontrati sono tanti. Mi limito a citarne alcuni, di cui tre esistenti in Ravenna e tre a Roma. I tre casi di Ravenna: Il “Mausoleo” di Gallia Placida. Sorge accanto alla Basilica di San Vitale. La connessione tra i due edifici è probabile, in quanto sappiamo che molto probabilmente la costruzione di San Vitale iniziò ad opera di Galla Placidia, nel 526, il che è molto plausibile per il fatto che tale data coincide con la sua ascesa al trono imperiale, ed anche perché la Basilica di San Vitale fu consacrata nel 547, cioè tre anni prima che l’imperatore Galla Placida si trasferisse a Roma, chiudendo i suoi giorni. Ma è ancora più probabile la connessione tra il “Mausoleo” di Galla Placidia con l’antica basilica di Santa Croce. Data la maggiore antichità della Basilica di Santa Croce rispetto a quella di San Vitale, è lecito ipotizzare che il rapporto con la Basilica di S. Vitale possa ridursi a quello di sola vicinanza, mentre quello di S. Croce potrebbe essere un vero e proprio rapporto di integrazione complementare.
Il “Battistero” Neoniano o dei Cattolici, che originariamente non era un battistero ma un tempio funerario dedicato al culto delle spoglie mortali di un personaggio di somma rango a cui spettavano onori divini. Esso è contiguo alla Cattedrale, la quale sorge sulle fondamenta della Basilica del V secolo che era a cinque navate e che consideratamente fu abbattuta nel 1733 per ordine dell’arcivescovo Farsetti per riedificarvi sopra l’attuale che è completamente in stile moderno.
Il “Battistero” degli Ariani, che è contiguo all’attuale Chiesa dello Spirito Santo, la quale è il rifacimento della Cattedrale dei Goti il cui titolo era “Aghia Anastasis”: la Santa Resurrezione o meglio la “Gothorum Resurrectio”, dedicata alla glorificazione dei Goti.
I tre casi di Roma:
Il Tempio funerario “Mausoleo” di S. Costanza in via Nomentana, che è contiguo alla Basilica di S. Agnese, di cui mi occuperò nelle pagine seguenti di quest’opera;
Il Tempio funerario o “Mausoleo” di S. Costanza in via Nomentana, che è contiguo alla Basilica di S. Elena e le omonima basilica di Tor Pignattara, di cui mi occuperò nelle pagine seguenti di quest’opera;
Il Tempio funerario, meglio noto come Il “Panteon”, fatto costruire nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, e che sorge in piazza della rotonda. Fu completamente rifatto al tempo dell’imperatore Adriano. In seguito, nel 609, fu dedicato al culto della Madonna (S. Maria ad Martyres)
Dunque, è lecito ipotizzare che, sia la Basilica di S. Giovanni in Laterano che il Battistero omonimo ad essa attiguo, contrariamente a quanto si suol dire, non siano nati per volontà di Costantino rispettivamente come la basilica cristiana e battistero annesso in epoca protocattolica, ma lo divennero nel periodo immediatamente successivo o deuterocattolico. I due monumenti attuali, pertanto possono essere la risultante di numerosi e consistenti adulterazioni sistematicamente da essi subite nel corso dei secoli. La sola cosa che è rimasta immutata è il loro abbinamento, che fa si che essi siano un complesso architettonico unico ed unitario, oggi come ieri. E così, anche se non siamo pervenuti alla chiara soluzione del problema del teorema, ci siamo almeno avvicinati ad essa. In mancanza di prove lampanti, possiamo contentarci delle suddette. Se si tiene conto della cura meticolosa con cui il vertice cattolico ha cercato di far scomparire ogni traccia delle trasformazioni effettuate, possiamo considerarci più che soddisfatti per il traguardo raggiunto. Infatti, come può facilmente vedersi, oggi, nella Basilica di S. Giovanni in Laterano e nell’attiguo Battistero , di costantiniano originario rimane ben poco. Tutto è stato rimaneggiato accuratamente.
Un caso a sé è la grande statua di Costantino, attualmente posta sotto il portico della Basilica Lateranense, perché estranea al complesso monumentale, in quanto proveniente, a giudizio di esperti, dalle Terme di Costantino.
Essa, però, può essere considerata una specie di lapsus freudiano, in quanto la sua collocazione nell’area della massima basilica costantiniana può assumere inquietanti significati incosci. Non si sa, invece, nulla di dove sia finita la gigantesca statua di Costantino, che originariamente troneggiava al centro dell’abside della Basilica Lateranense. Dell’attuale Battistero Lateranense, cari fratelli, adiacente all’omonima Basilica, mi occuperò ancora prossimamente, di quest’opera, quando sarà trattato l’argomento dell’amministrazione del battesimo per immersione totale negli appositi battisteri.
Capitolo tratto dal volume Architettura Arte e Religione di Angelo Scarpulla.
(contributo alla storiografia delle origini del cristianesimo)

lunedì 24 settembre 2007

Storiografia delle Origini del Cristianesimo

L’Imperatore Diocleziano contribuì alla fine “temporanea” della Chiesa fondata personalmente da Gesù Cristo?

“Se ciò che avrete fatto sarà ancora vivo ed apprezzato quando nessuno ormai si ricorderà di avervi conosciuto, allora si potrà dire che avete ben seminato e ben costruito”. (proverbio)

Cari amici lettori, questo non vuole essere un titolo provocatorio, ad un certo punto, da una parte si ha il diritto di conoscere la verità e di esigerla, e dall’altra si ha il sacrosanto dovere di fornirla. Perché ai nostri giorni il silenzio più completo, da parte di chi sa e dovrebbe parlare, continua ancora a nascondere la verità sull’argomento ed a fornire risposte evasive, deludenti e false alle predette domande?

Trattandosi, infatti, della Chiesa fondata personalmente da Gesù Cristo, non si può ragionevolmente pensare che essa sia destinata a scomparire definitivamente e per sempre dalla faccia della terra.

E,’ infatti, nell’ottica teologica cristiana, che tutto ciò che Dio crea si debba configurare di illimitata durata. Dio è eterno e non può creare che cose eterne.

Le cose umane e fatte dagli uomini, invece, sono poco durevoli e spesso addirittura effimere. Così, infatti, sono i regni e gli imperi che si sono succeduti sulla ribalta terrena, così sono le città, le opere d’arte ed i preziosi volumi che contengono il pensiero dell’umanità. Questo recita, ammonisce e sentenzia il libro dell’Ecclesiaste sulla “vanità” di tutte le cose umane.

Orbene, cari lettori-visitatori, cerchiamo ora di capire insieme, perché anche le opere di Dio sulla terra, che in un certo senso sono fatte per essere eterne, tuttavia possono “temporaneamente” scomparire. Come ad esempio è il caso di tantissime specie sia di piante e di animali, una volta esistenti ed oggi del tutto estinte.

Il Prof. Angelo Scarpulla, mio amico, (autore del volume Architettura Arte e Religione) individua una giustificazione che secondo me è del tutto plausibile: il motivo per cui l’opera di Dio possa subire una fine sia pure temporanea, è da ricercare nel fatto che, trattandosi di beni destinati alla fruizione umana, cioè di beni regalati da Dio agli uomini, il Creatore abbia voluto condizionare la loro durata alla volontà dell’utente, cioè l’uomo. L’autore del volume, ci tiene a far sapere, di averlo scritto pensando a tutti gli amici della sua città natale (Barrafranca En) ed a coloro che vuole particolarmente bene, con l’auspicio che essi, leggendolo, conoscono meglio le loro remote radici religiose e ne traggono il massimo vantaggio culturale e pratico, per aiutarli ad apprezzare maggiormente le loro scelte religiose, e a rafforzare ulteriormente la loro testimonianza cristiana ed ha vivere con maggiore consapevolezza la loro fede).

Le numerose profezie messianiche, contenute nella Bibbia e note a noi credenti, ci rassicurano in proposito in quanto sappiamo che presto o tardi Dio interverrà per mettere fine all’attuale degrado e per ripristinare l’ordine, l’integrità e la bellezza su tutta la terra.

Ed è lo stesso motivo che ci aiuta a non angosciarci di fronte al problema della scomparsa totale della Chiesa di Gesù Cristo su tutta la crosta terrestre, che sarà l’argomento della prima parte di questo lavoro.

Questo mio lavoro sarà articolato in due parti. La prima è essenzialmente costituita dalla ricerca su questo interrogativo: La Chiesa fondata personalmente da Gesù Cristo scomparve del tutto tra la fine del secolo III e l’inizio del secolo IV, cioè durante la persecuzione scatenata dall’imperatore Diocleziano?

La seconda parte è caratterizzata sostanzialmente dalla ricostruzione storica ed ideale di come nacque la Chiesa Cattolica, che l’imperatore Costantino fondò dieci anni dopo la scomparsa di quella fondata personalmente da Gesù Cristo, si prefigge dimostrare che la Chiesa fondata da Costantino , analizzata sia dal punto di vista dogmatico che da quello prammatico ed istituzionale, è del tutto diversa da quella creata da Gesù Cristo e su questo nono ci sono dubbi.

Chiedo scusa ai lettori per questa mia lunga introduzione, sperando che il mio lavoro, di ricerca sistematica nelle biblioteche vaticane e non, per la vastità e l’importanza degli argomenti trattati ed anche per la sua importanza d’impostazione, piaccia al lettore, che ringrazio anticipatamente ed al quale auguro cordialmente buona lettura e d il classico “ad maiora”.

GAIO AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO nacque a Salona, presso l’odierna Spalato (Split) in Dalmazia nel 242 d.C. ed ivi morì nel 313 d.C.
Fu un grandissimo generale. Il che gli spianò la strada all’impero, in quanto come tanti altri imperatori del III secolo fu proclamato imperatore dalle sue legioni.
Conquistato così, nel 285 d.C. lo scettro imperiale, ebbe come scopo del suo impero quello di riordinare e rafforzare lo Stato romano. A giudizio degli esperti fu un dei più grandi imperatori romani, il più formidabile organizzatore dell’impero dopo Augusto.
Dopo aver abdicato al trono imperiale, in base allo statuto della Teocrazia concordato col collega Massimiano, si ritirò nel suo palazzo presso Salona, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita nel 313, ed il suo corpo fu tumulato nel tempio funerario da lui eretto all’interno del suo palazzo.

I meriti che gli storici riconoscono all’imperatore sono innumerevoli, di cui i seguenti sono i più importanti ed i più noti, in politica estera: consolidò i confini dell’impero contro le invasioni barbariche, riconquistò la Britannia e varie altre regioni, riformò l’esercito e la sua utilizzazione, portando il suo numero ad oltre mezzo milione di soldati effettivi, schierandone una parte ai confini e lasciandone l’altra come massa di manovra mobile, restaurò le fortificazioni di confine e rinsaldò la disciplina militare, si impegnò a fondo per risolvere il gravissimo problema della successione al trono imperiale ed evitare l’anarchia che dilagava da sempre, istituendo la tetrarchia nel 286 d.C., per cui si affincava un Cesare ad ognuno dei due Augusti con diritto automatico di successione.

I meriti di Diocleziano in politica interna: Accelerò e stabilizzò il processo di attaccamento dei contadini alla terra e degli artigiani alla loro bottega, rinnovò il sistema fiscale, fondandolo sul catasto, intervenne fortemente sul rialzo continuo dei prezzi, imponendo un calmiere generale in tutto l’impero, divise il poter civile da quello militare sia nelle diocesi che nelle prefetture e nelle province, raddoppiò il numero delle province dell’impero portandolo da 50 a 100, incrementò l’attività edilizia tanto a Roma che in tutto l’impero, raddoppiò l’estensione e l’efficienza della struttura termale di Roma rispetto a quella già notevole di Caracalla, impose l’uso del latino come lingua ufficiale in tutto l’impero, convinto, pare in buone fede, che il cristianesimo fosse un pericolo gravissimo per la stabilità dell’impero, lo combattè sistematicamente e con impegno finchè riuscì a sterminarlo, introdusse con successo una nuova moneta aurea, il (nummus) “solidus”, il classico “soldo” che rimase in vigore per moltissimo tempo e che nelle nostra lingua rimane ancora sinonimo di moneta.

Come può facilmente vedersi,. cari lettori, l’argomento è di enorme interesse pubblico da cenni suddetti, Diocleziano fu uno degli imperatori romani più onesti e più seri. Insieme al collega Massimiano, costituisce l’unico caso di abdicazione in tutta la storia imperiale del mondo.

Se perseguitò la Chiesa Cristiana lo fece in quanto convinto che ciò fosse necessario per il bene dell’impero e che pertanto ciò fosse un suo preciso dovere. Del resto alcuni anni prima, sempre allo stesso scopo, aveva attaccato il Manicheismo, una fede religiosa diffusa in Oriente, considerato ostile al culto delle antiche divinità e strumento di larvata propaganda persiana.

Durante i primi vent’anni del suo governo, si era dedicato anima e corpo a risolvere i grossi problemi dell’impero, lasciando indisturbati i cristiani. Ma in seguito, dal 303 in poi, scatenò una grande e terribile persecuzione nei loro confronti che superò in sistematicità e violenza tutte le altre persecuzioni ordinate dagli imperatori precedenti.

Secondo gli storici sull’argomento, le principali persecuzioni subite dalla Chiesa cristiana furono quelle volute dagli imperatori romani seguenti:
Nerone (64/68 )d.C.; Domiziano (81/96) d.C.; Traiano (98/117) d.C.; Marco Aurelio (161/180) d.C. Settimio Severo (202/211) d.C.; Massimino Trace (235/238) d.C.; Decio (249/251) d.C.; Valeriano (257/259) d.C.; Diocleziano (303/3065) d.C.

Diciamo innanzitutto che questo imperatore conosceva abbastanza bene la Chiesa di allora e in un certo senso l’apprezzava. Ma la considerava troppo invadente, come una specie di Stato nello Stato e addirittura molto pericolosa per vita e la stabilità dell’impero romano. Pare che tanto la moglie che la figlia dell’imperatore (Prisca e Valeria) stessero per battezzarsi.

Prima di infierire contro la popolazione civile, volle ripulire del pericolo cristiano l’esercizio. Iniziò una morbida campagna di epurazione, con cui i soldati cristiani furono messi all’alternativa: o sacrificare agli dèi dell’impero ed allo stesso imperatore o rinunziare alla carriera militare. In seguito passò a misure più drastiche, per cui alcuni subirono la pena capitale. Una curiosità: pare che l’obiezione di coscienza per motivi religiosi fosse abbastanza diffusa in quel periodo, specialmente nell’Africa Proconsolare. Abbiamo, cari lettori, documenti che attestano il fenomeno e possediamo anche qualche verbale del processo riguardante militari o reclute morti martiri della fede. Tra tutti è molto interessante quello riguardante una recluta, un certo Massimiliano della città di Teveste nell’attuale Algeria. Dalla lettura degli Atti emergono dettagli interessanti, quale la marchiatura della recluta consistente nell’ustione a fuoco della pelle per segarvi l’iniziale del nome dell’imperatore, la misurazione della statura, la consegna di una placca di piombo, la piastrina di riconoscimento da portare al collo, e l’iscrizione del nome della recluta nel libro matricolare. Tutti questi elementi inducono a pensare che possa trattarsi di un verbale processuale autentico o quanto meno poco manomesso. Il processo porta la data del 12 marzo del 295 d.C. E così il giovane Massimiliano fu condannato a morte per aver rifiutato il servizio militare in quanto questo gli avrebbe imposto di commettere azioni violente. Morì martire nella sua qualità di obiettore di coscienza per motivi etico-religiosi. Ci è giunto anche un altro documento di un interessante caso di obiezione di coscienza. Questa volta non si tratta di una recluta, bensì di un veterano, che aveva militato per ben 27 anni ed aveva partecipato a 7 campagne militari combattendo valorosamente, ma che, essendosi convertito alla fede cristiana, non intendeva andare contro i suoi nuovi principi morali e religiosi. Si tratta di militare di nome Giulio, che morì martire nella Mesia, l’odierna Bulgaria. Nel testo del processo manca la data. Ma è molto probabile che si tratti dell’anno 303, per un riferimento al secondo decennale dell’elezione dell’imperatore Diocleziano in esso contenuto (Cfr. Costante Berselli, Violenza di Stato nell’era dei martiri. Antologia di processi penali contro i cristiani, Edizioni Paoline.

Che dire allora di Giorgio di Cappadocia, ufficiale delle milizie, distribuisce i beni ai poveri e, davanti alla corte , si confessa Cristiano; all’invito dell’imperatore di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose e spettacolari scene di martirio. Il martirio avviene sotto Daciano Imperatore dei Persiani (che però in molte recensioni è sostituito con Diocleziano, Imperatore dei Romani) il quale convoca settantadue re per decidere le misure da prendere contro i Cristiani. Circa l’anno del martirio, seguendo il Chronicon Alexandrinum seu paschale (PG, XCVI, col. 680), esso è fissato all’anno 284, altri lo individuano tra il 249 e il 251; altri ancora, interpretando come Diocleziano il nome di Daciano, lo pongono al 303. Il nome tra il IV e il V secolo si diffuse in Oriente, tanto che fu poi portato da tanti sovrani della Georgia. L’attribuzione, pertanto, del martirio di Giorgio al tempo di Diocleziano sembra la più probabile. Per quanto riguarda il Culto, forse nessun Santo ha riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio e a testimonianza di ciò sono le innumerevoli Chiese dedicate al suo nome. I Paesi che hanno il Santo Martire come Patrono sono innumerevoli: prime fra tutte le città marinare di Genova, e Venezia, dalle quali con i Crociati praticarono i commerci con l’Oriente, tra i molti ordini religiosi e cavallereschi, oltre i Benedettini a lui devoti, ricordiamo l’Ordine di Malta, l’Ordine Teutonico, l’ordine della Giarrettiera, e il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, (di cui tratterò di seguito).

Torniamo al nostro argomento principale. I danni arrecati alla Chiesa cristiana dalla persecuzione dell’imperatore Diocleziano.

Dopo una vasta operazione persecutoria nel settore militare, Diocleziano iniziò la sua persecuzione nel settore della popolazione civile. Egli emanò quattro editti persecutori, tra l’anno 303 ed il 305, e che prescrivevano rispettivamente: 1): il divieto delle riunioni di culto nei locali a ciò comunque adibiti, la confisca e la distruzione dei locali in cui tali riunioni avvenivano, la confisca dei vasi sacri, e la consegna delle Sacre Scritture perché venissero pubblicamente bruciate; 2): l’arresto dei capi delle singole circoscrizioni; 3): la liberazione degli arrestati, in caso di loro pentimento, ma solamente se questo era seguito da pubblica partecipazione ad un sacrificio agli dèi dell’impero e controllata dai magistrati; solo nei casi estremi poteva emettersi la condanna capitale; 4): ribadiva e rafforzava il controllo sui cittadini da parte dei servizi segreti, perché tutti sacrificassero agli dèi dell’impero. La pena di morte, inizialmente limitata ai capi religiosi, fu estesa a tutti i cristiani indistintamente. A discrezione del giudice o magistrato, la condanna ai lavori forzati era generalmente da preferirsi alla pena di morte.

Non sappiamo con certezza quali siano stati i danni arrecati alla Chiesa di Gesù Cristo dalla persecuzione dioclezianea. Ma c’è da dire che quelli furono anni terribili. Anni di prove molto dure e pesanti, in cui le “spighe” del campo di Dio furono sottoposte alla trebbiatura totale, per cui il “grano” potè essere riposto al sicuro nei suoi granai.

Così, infatti, dice un antico profeta cristiano, Mosia, nel v. 13 del capitolo 27, quando scrive testualmente: “Il signore ha detto: Questa è la mia Chiesa e la fortificherò; e nulla potrà annientarla, se non la trasgressione del mio popolo”.

Il che significa chiaramente che, se la Chiesa non fosse decaduta e non si fosse profondamente corrotta nei suoi membri e specialmente nei suoi dirigenti, nessuna persecuzione da parte di qualsiasi imperatore avrebbe potuto nuocere gravemente e addirittura annientarla.

Un grande storiografo cristiano Esegippo palestinese vissuto tra il 110 ed il 180 circa. Alcuni suoi frammenti ci sono giunti in quanto riferiti da autori posteri, come Eusebio di Cesarea, è utile leggere il seguente frammento molto significativo.….”quando il sacro coro degli Apostoli si spense, e la generazione di quelli che avevano avuto il privilegio di ascoltare la loro ispirata sapienza si estinse, allora sorsero le alleanze dell’empio errore per la frode e le delusioni dei falsi dottori. Questi, non essendo rimasto nessun Apostolo, da allora in poi cercarono, senza vergogna, di predicare la loro falsa dottrina contro il Vangelo di verità”

Eusebio di Cesarea, nato in Palestina nella città di Cesarea, visse tra il 265 ed il 340. Nel 313, quando Costantino fondò la sua Chiesa, Eusebio divenne lo storiografo sia dell’imperatore che della sua Chiesa. Scrisse molte opere, di cui le più importanti sono la Vita di Costantino e La Storia Ecclesiastica, in 10 libri. Lo storiografo imperiale così descrive le condizioni della Chiesa Cristiana del periodo che precedette la grande persecuzione ordinata dall’imperatore Diocleziano, ecco le sue parole:

“Ma quando, per l’eccessiva libertà, sprofondammo nell’indolenza, e l’uno invidiava ed oltraggiava l’altro in vari modi, mentre eravamo sul punto di prendere le armi per una guerra fratricida, facendo precedere quest’alba di sangue da un reciproco e veemente assalto di parole come se fossero dardi e lance, e mentre i prelati inveivano contro i prelati, ed i gruppi contro gruppi in uno sfacelo di sentimenti su cui trionfavano l’ipocrisia e la dissimilazione, allora il giudizio divino, che solitamente interviene con mano clemente, si abbattè sulla Chiesa cominciando dal suo episcopato…Ma alcuni che sembravano essere i nostri pastori, calpestando la legge della pietà, si agitarono e si posero l’un contro l’altro rotolandosi nelle ostilità, nelle minacce, nell’odio, bramosi soltanto di far valere il governo come una specie di potere sovrano per se stessi”(Cfr. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, P.G. 20,3,32).

Cipriano di Cartagine naque a Cartagine, nell’Africa Proconsolare, tra il 205 ed il 258, fu vescovo colto e di rigidi costumi, vissuto esemplarmente nella Chiesa fondata da Gesù Cristo. Fu testimone oculare dell’agonia di essa, e chiuse la sua vita morendo martire nel 258. Ecco quanto egli scrive sulla corruzione della Chiesa del suo tempo d’Africa Proconsolare: “Ciascuno si era dedicato al miglioramento del proprio patrimonio, dimenticando quello che i credenti avevano fatto sotto gli Apostoli, e quello che dovevano fare sempre; i pastori ed i diaconi avevano dimenticato il loro dovere; le opere di misericordia erano trascurate, e la disciplina era in decadenza; predominavano la lussuria e l’effeminatezza; si coltivavano le arti dell’appariscenza nell’abbigliamento; tra i fratelli si praticavano la frode e l’inganno; i cristiani si univano in matrimonio con i miscredenti; si bestemmiava senza rispetto e senza coscienza. Con altezzosa durezza venivano disprezzati i propri superiori ecclesiastici; con oltraggiosa acrimonia si inveiva l’uno contro l’altro e si litigava con grande cattiveria. Perfino molti vescovi, che dovevano essere una guida ed un esempio per gli altri, si dedicavano alle questioni secolari, trascurando i doveri della loro carica. Essi disertavano i luoghi di residenza ed i loro greggi; viaggiavano di provincia in provincia, a volte in località lontane, in cerca di piacere e di profitto; e, presi da un’insaziabile sete di denaro, trascuravano di porgere aiuto ai fratelli bisognosi. Con frode si impossessavano della proprietà altrui e praticavano l’usura”(Cfr. Cipriano di Cartagine, p.l.,4,638.


Dopo la lettura di questi terribili documenti, che sono una vera e propria radiografia
del marasma totale della Chiesa, e davanti ad un quadro così grave e preoccupante dell’imminente fine di essa, che cosa ci si poteva aspettare da cristiani così scadenti e da vescovi e dirigenti così indegni? E che cosa avrebbe potuto fare, per salvare la Chiesa, i pochissimi fedeli esemplari e perseveranti?
Ad un certo punto, constatata l’irreparabilità della situazione, e dato che il marcio e l’immoralità avevano raggiunto livelli e dimensioni incredibili, Dio dovette intervenire per setacciare i resti della Sua Chiesa. Ed in quest’opera si servì del forte braccio dei persecutori romani, specialmente degli ultimi e soprattutto dell’imperatore Diocleziano.
In definitiva, quale fu l’incidenza di Diocleziano nella scomparsa della Chiesa di Gesù Cristo dalla faccia della terra? Ben poca, se non addirittura nessuna. Anzi, in un certo senso, contribuì positivamente alla selezione del “grano” dalla “paglia” e, senza volerlo, fece aumentare sino al massimo possibile il numero dei fedeli. E’, del resto, quello che in forma lapidaria, sia pure trionfalisticamente, afferma Tertulliano quando, rivolgendosi alle autorità pagane, cioè ai persecutori, dice testualmente:
“Noi cresciamo ogni volta che ci mietete. Il sangue dei martiri è un semenza di cristiani”(Cfr. Tertulliano, Apologeticum, P.L. 1,257,50,13).
La storia dell’era dei martiri è piena di episodi che confermano tale affermazione di Tertulliano. Si pensi, per esempio, a quello che avvenne a colui che aveva trascinato l’apostolo Giacomo in tribunale: sconvolto dalla testimonianza dell’apostolo, confessò di essere cristiano e volle morire martire anche lui. (Cfr. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, 2,9,3).

Lo stesso avvenne per tantissimi altri martiri, la cui morte provocò innumerevoli conversioni (Cfr.Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, P.G. 4, 13,3; 4, 5, 7; 4 60).
Il fenomeno della proliferazione del sangue dei martiri è illustrato da Tertulliano con queste parole:
“Chi, di fronte a tale spettacolo, non si sente scosso e non cerca di scoprire che cosa vì è nel fondo di questo mistero? Chi, dopo aver tentato di farlo, non si è unito a noi? Senza aspirare alla sofferenza onde possedere la pienezza della grazia divina, onde ottenere da Dio un completo perdono al prezzo del proprio sangue? (Cfr. Tertulliano, Apologeticum, P.L. 1, 257, 50, 15).

Durante le ultime persecuzioni, scatenate dai vari imperatori romani, specialmente negli anni della terribile persecuzione diocleziana, il comportamento dei cristiani fu molto vario e diversificato. Esso, comunque, può essere schematicamente ridotto e sintetizzato nelle seguenti cinque categorie.

1) MARTIRI
I martiri, come indica la parola stessa, è di origine greca e che significa letteralmente “testimoni”, sono quei membri della Chiesa primitiva che con la perdita della loro vita testimoniarono la loro assoluta fedeltà a Cristo
2) CONFESSORI
Il termine latino “confessor”, che è sinonimo del vocabolo greco “martiri”, che significa “testimone”, convenzionalmente indica colui che essendo stato denunciato come cristiano e deferito davanti al magistrato romano, a lui confessò pubblicamente di essere cristiano, ma non essendo stato subito martirizzato, ebbe una sorte diversa.
3) SACRIFICATORI
Appartengono alla categoria dei sacrificatori coloro che, essendo stati deferiti in tribunale perché accusati di essere cristiani, per esimersi dalla condanna a morte o da quella ad metalla, preferirono compiere il sacrificio prescritto in onore degli dei pagani sia mangiando pubblicamente un pezzetto di carne sacrificata che versando un pizzico d’incenso in un braciere dedicato ad una divinità dell’impero.
4)TRADITORI o consegnatari:
A questa seconda categoria di pentiti, chiamati latinamente “traditores”, che letteralmente significa “consegnatari”, appartengono coloro che consegnarono ai magistrati romani i libri sacri e tutti gli altri strumenti necessari al culto (calici, ampolline, ecc.). Ad essi, infatti, non fu richiesto formalmente di rinnegare il Cristo o la loro fede, ma solamente di “consegnare le armi”, cioè le Sacre Scritture e gli altri strumenti necessari al culto.
5) LIBELLATICI

I ”libellatici” sono coloro che appartengono alla terza categoria dei lapsi, cioè a coloro che per salvare la pelle scelsero la via del compromesso o del doppio gioco. Essi, mentre da un parte non vollero tradire ufficialmente e con i fatti la propria fede in Cristo, dall’altra a parole e per iscritto si dichiararono pagani, tutti costoro, e furono moltissimi, vollero contemporaneamente “servire due padroni”. Dei tre tipi di lapsi (sacrificati, traditores e libellatici), credo che i libellatici è il più pericoloso, più insidioso ed il più preoccupante. E’ quello per il quale Dio nell’Apocalisse dimostra maggiore repulsione ed a cui riserva la più grave condanna, quando, rivolgendosi al vescovo dirigente della chiesa di Laodicea, dice: “io conosco le tue opere: tu non sei ne caldo ne freddo. Oh fossi tu pur caldo o freddo! Così, perché sei tiepido, e non sei ne caldo e ne freddo, io ti vomiterò dalla mia bocca”(Cfr. Apocalisse, 3: 15-16, in la Sacra Bibbia). Anche in un altro libro della Bibbia, del Nuovo Testamento, del Vangelo di Luca, vi sono parole di gravissima condanna per i peccatori di cui sopra. Vi leggiamo, infatti,le seguenti testuali parole: “ Nessuno può servire a due padroni; perché o odierà l’uno ed amerà l’altro, o si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro…Perché se uno ha vergogna di me e delle mie parole, il figlio dell’uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli” (Cfr. Luca ,9:24-26, in la Sacra Bibbia).

A questo punto, come può vedersi, la Chiesa di Gesù Cristo praticamente è spacciata. Viene da dire l’elettroencefalogramma completamente e irreversibilmente piatto di essa è costituito dall’enorme quantità del lapsi, specialmente dei libellatici, che caratterizza gli ultimi giorni di essa. E’ importante ricordare al lettore che il cristiano “libellatico”, in pratica, poteva bene, ma soltanto apparentemente, servire due padroni, mentre in realtà non ne serviva alcuno. Non si capisce bene perché a quell’epoca i lapsi acclarati e schedati dalla magistratura imperiale furono trattati con estrema indulgenza dal supremo vertice religioso soprattutto da quello romano, quando la Chiesa ormai era quasi del tutto scomparsa? Evidentemente quello dei lapsi, essendo un fenomeno di immense e vastissime dimensioni, mentre da una parte spaventò i dirigenti della Chiesa già corrotta di quel tempo, che temettero di ridurla numericamente ai minimi termini o addirittura di sopprimerla se avessero preso le misure disciplinari dovute. Tale scelta, ben giustificata secondo i criteri della saggezza umana, mentre da una parte ci offre un quadro desolante e squallido dei miseri resti della Chiesa di Gesù Cristo era già veramente liquidata. Orbene, nessuno di noi può meravigliarsi che i 12 Apostoli, prima di morire, avessero smesso di eleggere i propri successori. Lo stesso dicasi per i 70 Discepoli viventi, era già senza capi, acefala, praticamente morta. Non era più una chiesa viva.
Di riflesso conseguentemente anche i vescovi integri e fedeli, che erano rimasti in vita prima di scomparire vittime degli ultimi interventi da parte della magistratura romana, tempestivamente informati ed istruiti dai medesimi Apostoli, cessarono anche loro di ordinare sia altri vescovi che altri presbiteri, sacerdoti e diaconi, lasciando così nel disarmo totale ed in stato di abbandono i locali precedentemente adibiti al culto e le strutture annesse. Questa, in buona sostanza, fu la fine della Chiesa di Gesù Cristo.
E’ chiaro che il fenomeno di questo doloroso tramonto della Chiesa primitiva venne scrupolosamente controllato e verificato dai servizi segreti imperiali, che possedevano gli elenchi aggiornatissimi e dettagliate di tutte le circoscrizioni cristiane dell’impero.
Frattanto, parallelamente e contemporaneamente a ciò, l’Imperatore Diocleziano dedicò molto impegno al restauro al culto agli dèi di Roma, con misure urgenti e di grandi proporzioni. E’ potè constatarne statisticamente i risultati.
A questo punto i servizi segreti di Stato, che erano efficienti, capillari e centralizzati, avendo controllato che gli elenchi dei dirigenti e dei membri della Chiesa erano ormai ridotti a tutta una serie di cancellazioni o per morte o per rinnegamento, informano dettagliatamente l’imperatore.
Questi, a sua volta, volle assicurarsi che anche gli esuli ed i fuggitivi fossero scomparsi realmente dalla scena. Passarono ancora altri lunghi mesi, forse anche un anno, fatti di giorni terribili pieni di buio tenebroso, di silenzio di tomba e di vuoto angosciante, durante i quali sembrava che il tempo si fosse fermato.
Dopo di che Diocleziano, sicuro di aver cancellato del tutto la Chiesa di Gesù Cristo, volle cantare pubblicamente vittoria, ordinando festeggiamenti grandiosi e trionfali in tutto l’impero.

Arrivati a sapere sinora queste terribile verità morte e sepolte di millenni, amici lettori, aggiungo ancora una pietra “levigata” al parete: furono, pertanto, eretti archi di trionfo ed innalzate colonne celebrative dell’avvenimento in onore di Diocleziano nelle più importanti città dell’impero.
Ovviamente, negli anni successivi, a partire da quelli del periodo post costantiniano e deuterocattolico, quasi tutta questa struttura architettonica celebrativa, di estremo valore storico e documentario, fu fatta scomparire. Ma per fortuna i delitti “perfetti” non esistono ancora, qualcosa riuscì a sottrarsi alla scomparsa e giungere sino a noi.
Abbiamo, infatti, notizia di due colonne celebrative di tal genere, trovate in Spagna, sulle quali si leggeranno le seguenti dediche:
“PER AVERE ESTIRPATA TOTALMENTE E DAPPERTUTTO LA SUPERSTIZIONE DI CRISTO E FATTO RIFIORIRE IL CULTO DEGLI DEI”.
Ancora: “PER AVER ESTINTO IL NOME DEI CRISTIANI CHE AVEVANO PORTATO LO STATO ALLA DISTRUZIONE”.
Fu, inoltre, coniata per ordine di Diocleziano una medaglia celebrativa dell’avvenimento , il cui testo sintetico e lapidario, nella sua forma assoluta, è il seguente:
“NOMINE CHRISTIANO DELETO”. (Per aver cancellato il nome cristiano).
Se si considera l’importanza inestimabile ed unica di questa preziosissima medaglia, non può assolutamente recare meraviglia il fatto che essa sia praticamente scomparsa. Eppure molti decenni fa la sua foto era riprodotta ed esibita in un testo apologetico ad uso dei seminari cattolici, in cui trionfalisticamente si affermava che quella Chiesa che l’imperatore Diocleziano si illudeva di aver distrutto, era invece sana e vegeta come prima o meglio di prima. L’esistenza di tale medaglia, comunque, ovviamente, in seguito, mutati i tempi e soprattutto essendo mutata l’ottica dei nuovi apologeti, forse si ritenne ingenuo, pericoloso ed incauto continuare a diffondere e ad evidenziare un documento storiografico del genere, sia pure di immenso valore, ma ovviamente anche di valenza contraria o quanto meno equivoca. Per concludere amici lettori, l’esistenza di tale medaglia, comunque, è documentata dal Milner in Storia della Chiesa, sec. IV, 1: 38. (Cfr. J.E. Talmage, La grande Apostasia, Milano 1982,p.77).

La storia dell’Imperatore Flavio Valerio Costantino fondatore della Chiesa Cattolica:

Si erano così avverate le Scritture di cui mi sono occupato nella prima parte di questo lavoro. L’impero romano , con la sua legge, con la sua magistratura e con i suoi servizi segreti aveva “trebbiato” la Chiesa fondata personalmente da Gesù Cristo.
Si erano adempiute le parole di Cristo a Pietro ed agli altri apostoli che leggiamo nel vangelo di Luca (22:31), in cui dice: “Satana ha chiesto di vagliarvi come grano; ma io ho pregato affinché la tua fede non venga meno”. Anche nel Vangelo di Matteo è contenuta la profezia fatta da Giovanni Battista in cui con le parole seguenti si dice che il Cristo avrebbe trebbiato il suo campo: Egli ha il suo ventilabro in mano, e netterà interamente l’aia e raccoglierà il suo grano nel granaio” (Cfr. Matteo 3:12)

Dopo questa grande “trebbiatura”, la rigogliosa messe della Chiesa di Gesù Cristo non esisteva più su tutto il globo terrestre, al suo posto invece, in quella vasta area in tempo numerosa , erano rimaste stoppie , tanta paglia e pula, pronte per essere bruciate per fare concime il terreno.

C’erano cioè tantissimi ex cristiani, che erano cristiani solo in parte, inattivi, senza profonde convinzioni, senza una vera testimonianza. Tutta gente che poteva pur sentirsi vagamente attratta verso Cristo e il suo Vangelo, ma che non intendeva impegnarsi fattivamente, gente che alla “trincea” preferiva la retroguardia, e che forse riteneva eccessivi i sacrifici richiesti al cristianesimo vero ed integrale preferiva le altre religioni esistenti nell’impero, appunto perché per nulla o meno esigenti. E tuttavia costoro, in fondo, negli anni successivi all’immane tragedia religiosa della scomparsa della Chiesa fondata da Gesù Cristo, potevano essere dispiaciuti. Ma non più di tanto e forse pronti a salire sul un altro carro di religione diversa.

Abbandonato ad una sana e legittima immaginazione di quel tempo, mi sembra di sentire da vicino questa grande folla di ex fedeli di Gesù Cristo o di semplici simpatizzanti. Mi è sembrato di captare che alcuni di costoro si fossero augurati che venisse fuori qualcuno capace di riorganizzare la Chiesa scomparsa, che fosse meno rigida, meno impegnativa, poco rigida, una chiesa più popolare e terrena, molto simile insomma alle varie religioni pagane di allora.
Sempre abbandonato ad una mia sana immaginazione, amici lettori, potrebbe essere stata questa le attese o desiderata di tantissima gente della grande massa dei tiepidi e nostalgici ammiratori di Gesù Cristo. Si pensi a tutti gli ex vescovi, ex presbiteri, ex diaconi, esonerati o deposti dalle autorità generali o locali della Chiesa per provata indegnità, si pensi ai tantissimi ex membri della Chiesa. Si pensi all’enorme massa dei “lapsi”, sia sacrificatori, che consegnatari e libellatici. C’erano anche tutti gli ex dirigenti della Chiesa, che per salvare la pelle durante le persecuzioni avevano accettato la proposta di passare ad un’altra religione, ad un delle tante pagane, divenendone addirittura Flamini, cioè sacerdoti e vescovi pagani, c’erano tutti i pentiti che per qualsiasi motivo erano passate ad altre fedi evidentemente pagane. E’ molto logico pensare tutto ciò. Tutti questi ominicchi, tutta questa massa di frustrati tra i quali spiccavano alcuni desiderosi di rivalsa, avidi di potere avranno sentito ad un certo momento il bisogno di riunirsi e organizzarsi, formando delle liste e, proprio come avviene nelle file di un disciolto partito, avranno anche sognato nostalgicamente di ricostruire, in maniera e criteri diversi la Chiesa di Gesù Cristo scomparsa per sempre.

Questo quadro immaginario ed ipotetico, credo a mio avviso (riferisce il Prof. Angelo Scarpulla autore del volume Architettura, Arte e Religione ed. Nuova Stampa Riminese-Rimini) non è per nulla improbabile. Anzi, continua il Professore, lo si può addirittura ragionevolmente considerare come se fosse realmente accaduto.

Proprio a questo punto, e siamo nell’anno 313 circa dell’era cristiana, entra in gioco e nella politica e nella storia religiosa del mondo un uomo capace di captare queste aspettative anche della popolazione, valutarne la portata e di convogliare a proprio vantaggio tutto questo enorme potenziale umano, inserendolo però in un contesto completamente diverso.

Costantino, orbene, riciclando i poveri resti della Chiesa fondata da Gesù Cristo, che si era completamente estinta sulla faccia della Terra, li trasformerà in una delle tante componenti della propria nuova “Chiesa” di Stato, capace di attirare ed assorbire nel suo seno anche tutte le altre religioni dell’impero romano, alla quale darà il nome di Chiesa Cattolica o Chiesa di tutto l’impero romano o Chiesa Universale..

Quest’uomo, Costantino è un militare, un personaggio complesso e contraddittorio un ammasso di grandi qualità e di enormi vizi, ambiziosissimo, spregiudicato,violento e sanguinario, amorale, machiavellico ante litteram e cinico un imperatore romano che le due componenti della Chiesa Cattolica, sia quella Greca che quella Latina, hanno adorato come dio per tutto il tempo della sua vita.

Un grande storico inglese moderno, Michael Grant, tracciando un quadro del carattere della personalità di Costantino, dice che come uomo e come capo diStato aveva un pessimo carattere in quanto andava spesso soggetto a furibondi attacchi di collera che non avevano limiti e che facevano di lui un uomo pericoloso ed imprevedibile, crudele e spietato in maniera sconcertante, e che sarebbe stato meglio per chiunque non averlo mai avuto come nemico. Dice che era enormemente ambizioso ed assetato di popolarità, e facilmente vulnerabile dall’adulazione (Cfr. M. Grant, Gli imperatori romani-Storia e segreti, Newton & Compton editori, Roma/984,pp.297-306).

Dal suo biografo ufficiale, Eusebio di Cesarea, sappiamo che era molto vanitoso, e che sia a corte che nelle pubbliche cerimonie amava vestire come un dio, indossando abiti di seta e di porpora riccamente ricamati di pietre preziose, sui quali splendevano vistose composizioni di gioielli d’oro. Quest’uomo è l’imperatore romano Flavio Valerio Costantino, che i suoi sudditi adoravano come Dio Solare.

Cari lettori, non tutti sanno , però, che in seguito alla morte di lui e dei suoi primi successori, il vertice supremo cattolico non esitò a ridimensionare e scaricare, prima declassandolo a livello di semplice santo, venerandolo come San Costantino, ed in seguito, ai nostri giorni, dopo ulteriori declassamenti progressivi, addirittura cancellandolo dal novero dei santi del calendario della Chiesa Cattolica.

Infatti, consultando una delle più recenti opere sull’argomento, egli, ex Dio Costantino fondatore della Chiesa Cattolica ed adorato come tale per secoli e l’ex San Costantino venerato come tale nei secoli successivi, risulta del tutto assente in essa. Ed al suo posto, con meraviglia, troviamo un altro San Costantino, che, dopo essere stato re di Cornovaglia, divenne poi monaco in Irlanda e finì i suoi giorni martirizzato dai Pitti di Scozia (Cfr. Monaca del Soldato, Santi per 365 giorni, Edizioni Demetra, Colognola dei Colli (Vr) 2001, p.80).

I cristiani odierni, quindi, ignari di questa sua lunga e travagliata storia evolutiva, lo conoscono solamente come l’imperatore Costantino I il Grande. Orbene, per quanto su esposto, iniziamo l’approfondimento dei più importanti dei dati biografici di questo personaggio, alla luce delle ricerche di antichi testi bibliografici e della moderna storiografia e contemporanea.

FLAVIO VALERIO COSTANTINO nacque nella Mesia o Illiria a Naissus (Nis, nell’attuale Cossovo) il 27 febbraio nel 280 d.C. circa dal generale romano Flavio Valerio Costanzo soprannominato Cloro e da una donna di umili origini, forse una locandiera, sua concubina di nome Elena
Trascorse buona parte della sua giovinezza alla corte dell’imperatore Massimiano, a Nicodemia in Bitinia (oggi Izmit in Turchia), capitale dell’impero romano d’Oriente, in qualità di ostaggio per garantire la fedeltà del padre, Costanzo, nominato Cesare cioè vice imperatore per l’occidente. Qui ebbe l’opportunità di imparare per anni i segreti della politica di palazzo e di sposare Fausta, la figlia dell’imperatore Massimiano.
Alla morte dell’imperatore Diocleziano, suo padre Costanzo, divenuto Augusto cioè imperatore per l’Occidente, chiamò presso di sè il figlio Costantino a Boulogne in Britannia, non si sa per quale segreto fine. Ma poco dopo, nel luglio del 306, l’imperatore Costanzo morì presso Eburacum (l’attuale York), facilitando a Costantino la scalata all’impero. Infatti a soli 26 anni e precisamente il 25 luglio del 306, a dispetto della legislazione della tetrarchia che glielo vietava, fu acclamato imperatore dell’Occidente dalle sue legioni. Ma tale acclamazione da parte delle sue legioni non potè consentirgli subito l’ascesa al supremo vertice dell’impero. Vi erano parecchi ostacoli ad impedirglielo, di cui la maggiore era l’istituto giuridico della Tetrarchia, ormai funzionante.
Che cos’era l’istituto della tetrarchia.

Come avrebbe potuto funzionare la Tetrarchia: la tetrarchia è un geniale ed utopistico creato dall’imperatore Diocleziano, finalizzato a rendere più governabile l’impero romano ormai territorialmente troppo esteso, e rendere automatica la successione imperiale sottraendola alle velleità dei vari duci militari che di solito, forti delle loro legioni, riuscivano a farsi proclamare imperatore. Ecco come avrebbe dovuto funzionare la tetrarchia a quell’epoca
L’impero romano fu diviso in quattro parti, rispettivamente affidati a due imperatori Augusti ed due vice imperatori o Cesari. L’augusto per l’Occidente rimase lo stesso Diocleziano, l’augusto per l’Oriente rimase Massimiano. I due Cesari eletti rispettivamente Augusti furono Costanzo Cloro per l’Occidente e Galerio per l’Oriente.
Incredibilmente, essendo il primo e l’unico caso di abdicazione in tutta la storia dell’impero romano, i due imperatori augusti, per assicurarsi che la Tetrarchia funzionasse, abdicarono, riservandosi il diritto di controllare dall’esterno la funzionalità della tetrarchia ed eventualmente intervenire. Di conseguenza, automaticamente, i due Cesari subentrarono, diventando Augusti. Cioè CONSTANZO CLORO E GALERIO divennero imperatori augusti. Essi, pertanto, elessero il loro vice imperatore o Cesare nelle persone di SEVERO per l’Occidente e MASSIMINO DAIA per l’Oriente. E i due ex imperatori ne erano soddisfatti. Se non il nuovo imperatore per l’Occidente, Costanzo Cloro, non si sa come e perché, nel 306 muore. Da notare che nessuno dei due fondatori della Tetrarchia, cioè Diocleziano che Massimiano, avevano scelto il figlio come futuro imperatore. Tuttavia Massenzio, il figlio di Massimiano, pur essendo stato escluso dalla successione per la legge della Tetrarchia, dopo l’abdicazione del padre, si fece proclamare imperatore augusto in Roma. Anche Costantino, come abbiamo visto, alla morte del padre, l’imperatore Costanzo Cloro, si fece acclamare Augusto dalle sue legioni; ma egli, non contento di ciò, prima fece pressione sull’imperatore Galerio, ottenendo il titolo di Cesare, cioè di vice imperatore. Sbrigò contemporaneamente anche un altro vecchio imperatore, Massimiano, che era suo suocero, il quale gli offrì anche lui la possibilità di succedergli come imperatore dopo la propria morte. Ma Costantino non aveva voglia di attendere. E passò ai ferri corti. Infatti nel 310 fece imprigionare a Marsiglia il suocero e lo fece uccidere. Cerco di far fuori il giglio di lui, Massenzio, per aprirsi la strada alla successione. Ma non vi riuscì. Le cose pertanto andarono per lunghe. Gli restavano ancora altri tre rivali da stroncare: Massimino Dacia, che giuridicamente era vice imperatore, nonché Licinio, ed il cognato Massenzio. Costantino, allora, si alleò con Licinio, al quale finse di riconoscere il dominio dell’Oriente, dandogli in sposa la propria sorellastra Costanza. Il matrimonio avvenne a Milano. M l’accordo tra i due ebbe breve durata. Intanto Licinio sconfigge Massimino Dacia, che così muore. Restavano ancora due rivali da far fuori: i due cognati Licinio e Massenzio. Il duello tra Costantino e Licinio si protrasse da 313 al 324. Alla fine Licinio fu definitivamente sconfitto a Crisopoli nel 324, e l’anno successivo ucciso.

Per Costantino ormai l’ultimo ostacolo era l’altro cognato , Massenzio, che per due anni, dal 306 al 308, era stato legittimo imperatore romano e che di fatto cercava di conservare e difendere il suo sommo potere. Senza alcuna esitazione, Costantino decise lo scontro finale con lui, che dopo una lunga serie di battaglie si risolse a proprio vantaggio in quella fatidica svoltasi nei pressi di Ponte Milvio a Roma il 28 ottobre del 312. dopo di che entrò trionfalmente in Roma alla testa delle sue legioni e ricevette dal Senato il titolo di Imperatore Augusto, divenendo incontrastato ed unico imperatore di tutto l’impero romano.

Per raggiungere tale scopo e mi rivolgo ai miei pazienti e cari lettori e non tutti sanno che Costantino per raggiungere tale scopo ci erano voluti ben 18 anni di trattati, congiure, alleanze, matrimoni combinati, battaglie, delitti e tantissimo sangue versato. In tutta la storia romana e del mondo, nessun dittatore ha versato tanto sangue umano, tra cui quello del suocero e di due cognati, per andare al potere, certo, per il fondatore della nuova Chiesa Cattolica è un buon curriculum vitae. Non c’è che dire.

Costantino ha già in mano tutto l’impero. E’ il padrone di tutto il mondo civile di allora. Gli resta ora il compito di consacrarlo e rafforzarlo. A questo scopo pensò di creare un religione del tutto nuova e del tutta sua, unica per tutto l’impero, che appunto per questo chiamerà, come si chiama ancora oggi, Cattolica, cioè universale, usando un aggettivo della lingua ufficiale di allora che era quella greca.

A questo punto, sempre come riferisce il mio fraterno amico Prof. Angelo Scarpulla autore del volume: Architettura, arte e religione-Rimini: il neo imperatore Costantino dovette ricevere la delegazione di tutta quella gente che voleva restaurare la scomparsa Chiesa di Gesù Cristo, finita del tutto durante la persecuzione di Diocleziano. La riunione immaginata ed ipotizzata dall’autore del volume, probabilmente si tenne realmente nel palazzo imperiale sito in Piazza Laterano in un giorno imprecisato del 313. E’ logico immaginare che i membri di quella delegazione abbiano fatto del loro meglio per convincere Costantino dell’opportunità di “rifondare” l Chiesa Cristiana già scomparsa. Probabilmente costoro pensavano di poter facilmente di attuare il loro piano strumentalizzando l’imperatore.

Le cose, però, andarono molto diversamente, come vedremo. Quei numerosi delegati, appartenente probabilmente ai ceti più alti della buona società romana, spinte dalle loro ambizioni e mettersi in mostra, si auto candidarono come dirigenti della futura chiesa di Costantino. E non è da escludersi che alcuni di essi siano in seguito diventati effettivamente dirigenti della nuova chiesa. Sta però, di fatto, che Costantino non intese per nulla restaurare la Chiesa di Gesù Cristo, ma volle creare bensì una nuova, del tutto nuova ed esclusivamente sua. S i badi bene che Costantino, logicamente, non poteva affatto essere interessato alla rifondazione o restaurazione della ex Chiesa Cristiana. Lui, che secondo la costituzione romana era a pieno titolo dio, non poteva diventare il ministro o il funzionario, sia pure supremo, della religione di Cristo, che egli riteneva un semplice suo collega. Si limitò, pertanto, a rendere un favore al “collega” Cristo, facendo cessare le persecuzioni in atto nei confronti dei seguaci di Lui. Di più non avrebbe e potuto fare. Per la verità, la fine delle persecuzioni contro i membri della Chiesa Cristiana era stata decretata precedentemente da altri tre imperatori, cioè da Galerio, Massenzio e Licinio. Ma Costantino con la sua nuova politica voleva fare di più. Sognava che tutti i sudditi del suo impero, compresi i nostalgici della Chiesa Cristiana già scomparsa, entrassero nella sua nuova religione.

Proposito di Licinio del cosiddetto “Editto di Milano “, che sarebbe stato concordato tra Licinio e Costantino nel febbraio del 313, e poi da loro sancito in un unico documento, sul quale gli storici moderni fondavano l’origine della politica reliosa di Costantino, non ha nessuna consistenza storica. Infatti alcuni studiosi contemporanei, tra cui Otto Seeck e H. Grègorie, hanno dimostrato che non vi fu alcuno editto promulgato a Milano in tal senso. Anche i cattolici Flische e Martin nella loro pregevole Storia della Chiesa scrivono in proposito che “l’argomentazione di Otto Seeck è giuridicamente incontestabile”. E che “il documento nel quale si credette di ritrovare la sostanza di una decisione di Milano è il rescritto di Licinio, pubblicato in Oriente verso la metà dell’anno “. Comunque , l’accordo verbale tra Licinio e Costantino in materia religiosa probabilmente vi fu, o almeno lo si può supporre, anche se non fu promulgato da ambedue a Milano, ma soltanto ad Oriente da parte di Licinio. Va però subito detto che la fine delle persecuzioni contro i cristiani e la conseguente pace religiosa voluta da Costantino non mirava a trasformare i cristiani nostalgici in una chiesa favorita e protetta, ma solamente a farne un’area religiosa a cui attingere proseliti per la sua nuova religione, Cattolica. Costantino, infatti, non era un cristiano, (il padre di Costantino, Costanzo e la sua famiglia erano in realtà fervidi seguaci del culto di Mitra) e non volle mai diventarlo, a dimostrazione di questa tesi dedicherò ampio spazio in una relazione successiva.

Il battesimo di Costantino è uno dei grandi falsi della storia tramandataci dai cattolici, come era un falso clamoroso la “Donazione” di Costantino, Lorenzo Valla nel 1440 scrisse “De falso credita et ementita Costantini donatione declaratio”, edita solamente nel 1517 dal Hutten, questo argomento di grande rilevanza storia e di enorme gravità del papato cattolico che si inventò di aver ricevuto in dono dall’imperatore Costantino per se e per i suoi successori tutto l’impero d’occidente, cioè l’intera Europa. Argomento di cui che tratterò a parte. Posso comunque riferirvi che egli, in forza del titolo d’imperatore, deteneva automaticamente la suprema carica religiosa di PONTIFEX MAXIMUS, e, giusto per quella chiarezza, amor di vero vi spiego come si è arrivati a tale carica religiosa: prima dell’imperatore Ottaviano Augusto, era sempre stata affidata ad un magistrato speciale perché presiedesse il collegio di tutti i semplici pontefici delle numerosissime religioni dell’impero. Ma l’imperatore Ottaviano Augusto, volendo servirsi di tutte le religioni come strumento di potere, evocò a se tale carica. E dopo di lui tutti gli altri imperatori continuarono a farlo.

Naturalmente anche l’imperatore Costantino assunse e mantenne per tutta la vita tale carica, per la quale egli dovesse essere del tutto equidistante e “super partes” rispetto a tutte le religioni esistenti nel suo impero. Costantino, inoltre, in base alla Costituzione Romana, una volta divenuto imperatore, diventava “Augustus” , cessava, cioè, di essere un semplice uomo e diventava un essere divino, dio addirittura. Pertanto Gesù Cristo e qualsiasi divinità adorata nell’impero, nell’ottica giuridica romana e quindi di Costantino, erano suoi colleghi divini. Egli pertanto, logicamente, ed a norma del diritto romano, non poteva professarsi cristiano e quanto meno diventarlo. Questo supremo titolo di Augustus, come è noto, dalla suprema magistratura romana, cioè del Senato, fu conferito per la prima volta all’imperatore Ottaviano, nell’anno 27 a.C. Da allora esso divenne l’appellativo di Ottaviano e conseguentemente di tutti i suoi successori. Pertanto, l’imperatore Costantino, essendo Augustus, per il diritto romano era dio a tutti gli effetti giuridici. Diveniva dio sia durante la sua vita che dopo morto.

Sappiamo, infatti, come narra lo storico romano Eutropio nella sua Storia, che Costantino Imperatore, dopo la sua morte, “meruit inter divos referti”, cioè meritò di essere assunto in cielo tra gli altri dèi. Nella logica giuridica di allora era ovvio e normale pensarlo. Nell’ottica del popolo romano egli si era comportato come dio e come tale era stato adorato durante la sua vita sulla terra, e conseguentemente era ben giusto che alla sua morte meritasse di esserlo anche in cielo (Cfr.Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 10,8,2).

A conferma di ciò, ci è stata tramandata la notizia che alla morte di Costantino, avvenuta ne 337, fu coniata una moneta per celebrare l’assunzione in cielo fra gli altri dei, cioè la cosiddetta “coronatio”. Nel retro di esso era raffigurato Costantino che su una quadriga galoppa verso il cielo, da dove il padre degli dei gli da il benvenuto tenendogli la sua divina mano. Sappiamo, infatti, che durante tutta la sua vita egli pretese sempre di essere adorato come dio. Per amor del vero, come abbiamo già visto,il culto divino dovuto all’imperatore della persona non fu lui a crearlo, ma egli non fece nulla per abolirlo. Tutt’altro. Anzi lo incrementò.

Si proclamò, infatti, ufficialmente e solennemente Dio Sole. Ai nostri occhi tale decisione oggi può sembrare assurda e ridicola. Ma la cosa ci può apparire meno folle se pensiamo che, dopo di lui, tutti gli imperatori suoi successori, compresi quelli del Sacro Romano Impero e tutti i sovrani cattolici continuarono a pretendere l’adorazione da parte dei loro sudditi. Addirittura, nei secoli a noi più vicini, un re francese, Luigi XIV (1638-1715), si fece chiamare “Re Sole” e volle essere chiamato come tale. Tale adorazione gli venne tributata tranquillamente sia a Roma ed a Costantinopoli che in tutto il resto dell’impero romano. A Costantino piaceva tanto che le sue statue, di marmo o di bronzo e comunque quasi sempre d’orate, troneggiassero nelle pubbliche piazze. Nell’abside occidentale della Basilica laica di Costantino in Roma, basilica comunemente nota come basilica di Massenzio, ve n’era una sua colossale di marmo dorato. I resti di essa, come ho già detto, sono i pezzi conservati nel Museo Capitolino di Roma.

E’ da considerare certamente leggendaria ed interpolata la notizia dataci da Eusebio di Cesarea, di una statua romana di Costantino, eretta nel Foro nel 313, nella quale l’imperatore era raffigurato con in mano la croce di Cristo. Questo è assolutamente impensabile a chiunque conosce il nostro personaggio. Gli stessi Fliche e Martin, a pag. 29 del vol. III, sia pure in nota, ammettono che “l’idea di una statua imperiale ufficialmente cristiana (cioè con la croce e con lo stendardo il mano), eretta nel foro (nel 313) è di una inverosimiglianza lampante”. Ci è anche pervenuta una delle 8 colonne, alte m. 20, che una volta erano addossate ai pilastri che reggevano la volta dell’abside a nicchie nell’arcata centrale della navata della Basilica di Costantino, dove a lui personalmente ed alla sua colossale statua venivano regolarmente tributati onori divini. Nel 1614 da Papa Paolo V tale colonna fu fatta trasferire nella Piazza di Santa Maria Maggiore in Roma, in cima alla quale vi troneggia una statua della Madonna col bambino.

Si noti bene che tutto quello che ho detto e continuerò a dire in queste pagine, su Costantino, sebbene sia ancora oggetto di reticenze e rimozione da parte di tanti scrittori cattolici, è apertamente affermato e sostenuto da tanti esperti sia clericali che laici di tutto il mondo. Questi da secoli hanno messo in dubbio e negato tantissime leggende medievali su Costantino, verosimilmente inventate dai monaci cattolici, quali il famoso “Editto di Milano” del febbraio dell’anno 313 di cui ho già detto precedentemente, e la conversione e il battesimo di Costantino. Si tratta di nomi di rilievo internazionale, quali i seguenti: O. Seeck, H. Grègoire, per quanto concerne l’editto di Milano; e Maso, Burckardt, Brieger, Gorres, Schwartz, Duruy, Beugnot, Geffcken, Harnack e Costa, per quanto concerne la sua conversione.

Alcuni di essi, come V. Gardthausen e G. Costa, si sono rifiutati di scorgere nel famoso monogramma assunto da Costantino, costituito dalle due lettere dell’alfabeto greco incrociate (la Ki e la Ro), un emblema cristiano.

Quel che è molto strano in tutta questa faccenda è il fatto che, mentre da una parte il vertice istituzionale e culturale cattolico resta irremovibile davanti ad ogni tipo di suggerimento esterno a “leggere” con maggiore apertura mentale tante pagine della storia dell’era protocattolica, dall’altra addirittura si irrita e si offende se qualche esperto, quale il citato O. Seeck, si permette di calcare la mano sul personaggio Costantino, lamentandosi che si voglia “fare di lui un ritratto pieno di amarezza e di disprezzo” (Cfr. A. Fliche e Martin, Storia della Chiesa, S.A.I.E., Torino 1960,III p.26). Si noti bene, però, che lo stesso vertice cattolico, incoerentemente, ha riservato a Costantino un trattamento spietato e dissacratorio, cancellando in due grandi tappala sua precedente aureola divina e sacrale, prima rimuovendole la divinità e poi azzerandone la santità. Infatti oggi per la Chiesa Cattolica il dio Costantino di una volta non solo non è più una divinità adorata ed adorabile pubblicamente ma neppure un santo qualsiasi come lo è stato per tantissimi secoli. Per promuovere una migliore e rinnovata “lettura” del personaggio Costantino e della sua opera, può servire tra l’altro, la citazione del seguente giudizio.

“Contrariamente a quel che si crede, Costantino non fece del Cristianesimo la religione di Stato. Fu, in realtà, l’adorazione pagana del sole. E Costantino, per tutta la vita, ne fu il sommo sacerdote…..Il cristianesimo che si coagulò e prese forma all’epoca di Costantino era in effetti un ibrido: conteneva significativi tratti di pensiero derivati dal Mitraismo e dal culto del Sole…Nell’interesse dell’unità, Costantino rese deliberatamente vaghe le distinzioni tra cristianesimo, Mitraismo e Sol Invictus; scelse deliberatamente di non vedere motivo di attrito fra loro…Così costruiva una chiesa cristiana in una parte della città, e in un’altra erigeva statue alla dea madre Cibale e al Sol invictus, il Dio Sole: quest’ultimo aveva i tratti del viso di Costantino stesso” Cfr. M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, L’eredità messianica, Editore M. Tropea, Milano 1999, pp. 49-49).

Del resto, vi sono numerose prove a sostegno di affermazioni come queste o di esse parallele e complementari, prove di varia natura sia architettonica e artistica che di vario altro genere, da me raccolte e di cui mi occuperò ancora ampiamente nei capitoli successivi. Soffermiamoci ora su altri aspetti della personalità di Costantino.

Sulla religiosità di Costantino si è scritto tanto. Ma lo si è fatto spesso in chiave apologetica, specialmente da parte degli scrittori cattolici. E per questo la storiografia ha potuto fare pochi progressi. Occorre, pertanto, approfondire l’indagine e svecchiare l’ottica, disfacendosi di tanti vecchi clichès.

L’autore del volume Architettura, arte e religione, del Prof. A. Scarpulla, si riferisce alla religiosità di Costantino, raccolte e scoperte e vuole enunziarle ai lettori. Le seguenti sono le più importanti:
Costantino non volle mai battezzarsi, ne mai lo fece neppure in punto di morte: glielo vietava la sua condizione di Augusto e Pontefice massimo, oltre che di Dio, secondo la Costituzione Romana Per lo stesso motivo non si battezzarono mai né la madre Sant’Elena, né la figlia Santa Costanza e neppure i quattro suoi figli maschi. Il famoso “Editto Milano” del febbraio del 313, che sarebbe stato concordato tra Licinio e Costantino, non ha alcuna consistenza storica L’editto fu emanato dal solo Licinio e valeva solamente per l’Oriente. Il famoso Editto di Milano se l’inventarono gli storiografi cattolici, regalando così a Costantino una benemerenza indebita ed immeritata.
Costantino non fondò né restaurò alcun tipo di chiesa cristiana, ma fondò una chiesa tutta sua, destinata a diventare l’unica religione dell’impero, che chiamò “Cattolica”, con una parola greca che significa “di tutto il mondo” o “di tutto l’impero” o “universale”. Questa era del tutto pagana ed il Dio di essa era Lui, il Dio Sole Costantino.
Costantino non costruì le sue numerose e stupende basiliche perché le usassero i cristiani, ma perché servissero al culto del dio Costantino nell’unica chiesa o religione dell’impero. L’attuale Basilica di San Giovanni in Laterano in Roma, quella di San Pietro in Vaticano e tante altre sorsero e furono dedicate ed intitolate al suo divino culto.
Costantino, come del resto tutti gli altri imperatori vissuti sia prima che dopo di lui, volle essere adorato come dio sia nel Foro di tutte le grandi città dell’impero che sulle pubbliche vie, come pure e soprattutto nelle sue basiliche sia in quelle laiche che in quelle religiose.
L’abside di tutte le sue basiliche religiose era rigorosamente riservata a lui ed al suo culto, dove egli curava la propria immagine sacra e divina. Per tantissimo tempo, l’abside si chiamò “Santissimo” o “Sancta Sanctorum”. Quando egli non poteva era presente personalmente al suo interno, lo surrogava la “Sancta Sedes”. Cioè la “cattedra vuota” che in tutti gli effetti in sua assenza veniva adorata come “Aghia”. Il vescovo e il clero non potevano entrare nell’abside e prendervi posto. Essi sedevano nella navata centrale. L’abside divenne “praesbyterium” solamente molti secoli dopo, quanto l’imperatore, in seguito alle lotte per le investiture, fu estromesso dall’abside. F u allora che l’antico “praesbyterium” fu regalato alla “schola cantorum”.
Originariamente nell’abside delle basiliche protocattoliche oltre alla statua dell’imperatore troneggiavano affreschi e mosaici raffiguranti unicamente le immagini dell’imperatore e dei membri della sua famiglia. Tutti costoro, quando l’imperatore lo voleva, potevano essere attorniati dalla loro corte. Originariamente era inconcepibile nella basilica e soprattutto nell’abside, la raffigurazione delle immagini di altre divinità “concorrenti”. Quando un imperatore, per un calcolo di strategia religiosa, riteneva opportuno “gemellarsi”o “allearsi” con un dio antico (Ercole, Mitra, Gesù ecc.) questo avveniva nell’ottica della “renovatio”. In tal caso, Costantino o un altro imperatore diventava il “Nuovo Ercole, il nuovo Dio Sole”, il “Nuovo Dio Mitra” il “Nuovo Dio Gesù”. La cosa funzionava come quando un nuovo dio subentrava nell’eredità paterna e gli succedeva a pieno diritto. In tal caso, il nuovo Dio Sole affianca la propria effige a quella del vecchio Dio, che legittimava la successione e quasi andava a finire in pensione.

Ciò premesso, proseguiamo l’esame su altri aspetti della religiosità di Costantino soffermandoci si di un’ipotesi di lavoro suggestiva, stimolante ed alquanto provocatoria.

Può ipotizzarsi che la Basilica costantiniana sul colle Vaticano sia nata pagana?

Certamente se un archeologo riuscisse a scoprire reperti capaci di documentare l’ipotesi che l’antica basilica costantiniana, sulla cui area fu costruita l’attuale basilica di San Pietro in Vaticano, era un tempio pagano dedicato da Costantino al culto della sua divina persona, il mondo culturale e religioso cattolico ne rimarrebbe turbato e sconvolto.
C’è da dire che scoperte archeologiche di tal genere sono quasi impossibili. Ed anche se avvenissero, qualcuno troverebbe il modo per vanificarle. Si pensi, a quel che avvenne quando una commissione di esperti sentenziò che la stoffa della “Sacra Sindone” era molto più giovane della datazione anagrafica ufficialmente attribuitale. Ma è comunque possibile che qualche documento che qualche documento, magari tra le righe, lasci trapelare una preziosa testimonianza del genere. E questo è appunto quello che è successo leggendo un noto testo medievale scritto dal vescovo di Roma Leone Magno (440-461), un insospettabile personaggio ecclesiastico di alto rango. Mi è parso di avere compiuta una scoperta che ha del sensazionale e dello sbalorditivo. Si tratta di una frase che ritengo sia sfuggita involontariamente al suo autore. Così Leone Magno scrive nel suo 7° Discorso di Natale: “Alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro apostolo, dedicata all’unico Dio, vivo e vero, dopo aver salito la scalinata che porta all’atrio superiore, si volgono verso il sole, e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto in parte per ignoranza e in parte per mentalità pagana” (Cfr. Leone Magno, 7° Sermone di Natale, in P. L. 54, 27,4).

Per quanto concerne la testimonianza suddetta, tratta dal 7° Discorso di Natale, il dato di fatto riferito è che a quei tempi (440-4461), i fedeli della Chiesa Deuterocattolica, immediatamente prima di entrare nella basilica, si comportano come se fossero fedeli pagani del culto solare mitraico, salutando religiosamente il Dio Sole. Il che, se poteva meravigliare, addolorare ed angosciare il vescovo di Roma, può farci pensare che il fenomeno non fosse sporadico e di scarse dimensioni, assumendo dimensioni preoccupanti.

A chiarificazione della situazione fortemente conflittuale creatasi tra i cattolici ed i pagani, alla fine del IV secolo successivo, che non avevano accettato il piano di globalizzazione di Costantino, voglio riferire, sia pure brevemente, gli aspetti più importanti del trattamento attuato dal vertice della Chiesa costantiniana e post costantiniana, nei confronti dei fedeli “no global” e delle loro strutture, con i loro templi e gli edifici annessi. Insieme ad esse nei decenni e nei secoli successivi furono presi di mira tutte le altre strutture pubbliche, quali le biblioteche, le terme, i teatri e tutti gli altri monumenti pubblici.

I templi delle chiese pagane di minoranza, che non avevano accettato il piano di globalizzazione imperiale, furono progressivamente investiti da una durissima serie di misure ed interventi persecutorii. Furono fatti oggetto di danneggiamenti continui ad opera di teppisti sia religiosi che laici inviati dal vertice cattolico, i quali nottetempo, armati di mazze e spranghe, si avventarono sulle statue e sulle decorazioni dei templi. In questo modo i loro templi furono parzialmente danneggiati e poi demoliti, incendiati e distrutti, senza che questo scempio del pubblico patrimonio religioso ed artistico suscitasse dispiacere ad alcun’altra sincera reazione nella pubblica autorità. A nulla valsero le proteste e le denunzie ufficiali presentate dai pontefici locali interessati ai singoli settori e casi. Stressa sorte subirono l’ara e la statua della Dea Vittoria, tanto care ai superstiti senatori pagani, situati nella Curia di Roma. Fu soppresso l’istituto delle Vestali. Furono abolite tutte le rendite e le immunità spettanti ai collegi sacerdotali delle religioni non integratesi. Gli editti persecutori non si limitarono allo scempio del patrimonio pubblico, ma infierirono duramente anche sul settore privato. Con l’editto dell’imperatore Teodosio I del 391, fu vietato il culto delle divinità pagane anche nell’intimità della propria casa. Il che indusse le famiglie a disfarsi delle loro statue e statuette distruggendole. Solamente in pochi si astennero dal farlo e le nascosero interrandole devotamente e con coraggio. Ma le misure mirate alla globalizzazione non si limitarono all’aspetto puramente religioso, ma investirono anche quello culturale, etico, estetico, comportamentale, puntando sulla conquista di quello totale. I pagani giudicarono folli e dissennati i governanti cattolici che in pochi anni distrussero tutto il prezioso patrimonio di ogni tipo creato dalla cultura e dalla civiltà dei loro padri, quali le biblioteche in lingua greca e romana esistenti in ogni città romana, le terme, i ninfei, le ville, i teatri e gli anfiteatri, i fori, i mercati, gli stadi, le palestre, la mentalità allegra e godereccia, la gioia di vivere, la libertà di pensiero e di espressione, le innumerevoli feste, in una parola tutto.

Le biblioteche pubbliche, che il vertice cattolico giudicò progressivamente sempre dannose alla nuova ideologia, subirono anch’esse misure restrittive e finirono per essere chiuse e poi soppresse. Il suo prezioso materiale, quando non fu distrutto subito,finì in depositi e ripostigli segreti grazie all’interessamento da parte di cultori e collezionisti privati, ed in seguito fu trasferito nelle biblioteche dei monasteri dei benedettini ed altri ordini religiosi. A proposito di biblioteche, è doveroso accennare alla distruzione della più grande biblioteca del mondo di allora, quella di Alessandria di Egitto, costruita dal faraone Tolomeo II Filadelfo (III sec. a.C. ), che conteneva più di 700.000 volumi e che andò completamente distrutta, pare volutamente ad opera dei cattolici d’Egitto sotto la guida del loro vescovo e patriarca di nome Teofilo nel 400 d.C. Sappiamo che essa precedentemente aveva subito danni da due altri incendi. Il primo, di modeste dimensioni, fu causato dalla plebe alessandrina, quando questa nel 48 a..C. assalì il palazzo reale in cui Giulio Cesare si era asserragliato con la Regina Cleopatra,. Il secondo, anch’esso di piccole dimensioni, avvenne nel 267 d.C., quando le truppe della regina Zenobia di Palmira si scontrarono ad Alessandria con quelle dell’imperatore Aureliano. Ma il terzo,. Quello compiuto dai cattolici locali, nel 400 d.C., intenzionale e mirato, segnò la scomparsa totale della più grande biblioteca del mondo. L’avvenimento è commentato incisivamente nel seguente brano.
“…in un solo giorno, ad Alessandria, sotto la guida del patriarca Teofilo, i cristiani (cattolici) ridussero in cenere la più grande biblioteca del sapere umano esistente al mondo. L’allora patriarca di Costantinopoli, San Giovanni Crisostomo (il cui nome, per ironia della sorte, significa “Boccadoro”), “commentando la straordinaria impresa” dell’annientamento delle idee antiquate, disse (pare con soddisfazione): “Ogni traccia della filosofia e della letterature del mondo antico è scomparsa dalla faccia della terra”(Cfr.C. Knight, R. Lomas, Il secondo Messia, Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1998,pp.84-85).

Le terme, orgoglio della civiltà romana con cui molti imperatori romani avevano arricchito le città dell’impero, anche quelle che lo stesso Costantino aveva fatto costruire nella zona attuale del Quirinale, nello stesso periodo cioè dalla fine del IV secolo a tutto il secolo V, furono oggetto di pubblico scempio e scomparvero in tutto l’impero romano, ridotte nei pietosi ruderi giunti sino a noi.

I teatri, e gli anfiteatri, esistenti in tutto il mondo romano, spogliati di tutta la superba dotazione di statue e decorazioni varie, furono distrutti con estremo accanimento. Si pensi per un solo momento all’Anfiteatro Flavio, meglio noto come il Colosseo, il cui possiamo “leggere “ la realtà originaria grazie ad una delle tante ricostruzioni ideali.

Ed infine, scomparvero tutti gli altri superbi monumenti, vestigia imperiture della romanità, quali i fori, i mercati, gli archi, i palazzi, le colonne celebrative, i monumenti equestri, gli stadi e gli innumerevoli altri cimeli di un grande passato, che sono sopravissuti appena in parte ed in condizioni più o meno pietose.

E’ da notare che i cattolici, specialmente i membri che facevano parte del vertice di quellq Chiesa, ormai divenuta religione di maggioranza, non ebbero alcuna pietà per i pagani diventati membri di una minoranza perseguitata. In tale mutata situazione non solamente non mossero un dito per soccorrere e difendere la libertà religiosa delle varie chiese pagane che avevano contestato e respinto il piano statale di globalizzazione religiosa, ma anzi condivisero in pieno la linea della politica religiosa dello Stato, addirittura stimolandola e spingendola verso l’integralismo e l’intolleranza.
Si noti bene che a ispirare, proporre e condurre questa linea di politica religiosa intollerante ed integralista non furono dei semplici fedeli, ignoranti e fanatici, ma eminenti vescovi cattolici in genere sono molto istruiti e colti, tra i quali ne scelgo due, che ritengo molto rappresentativi, e cioè Sant’Agostino e Sant’Ambrogio.

Sant’Agostino, passato alla storia come uno degli uomini più colti della Chiesa Cattolica, autore di innumerevoli opere di carattere filosofico e teologico, considerato uno dei più importanti Padri del Cattolicesimo ed insignito in seguito del titolo di Dottore della Chiesa Cattolica, nacque a Tagaste nell’Africa Proconsolare Romana nel 354 e morì nel 430 ad Ippona dove occupava la cattedra vescovile.

Fu uno dei più autorevoli suggeritori dell’imperatore nella politica religiosa di chiaro indirizzo globalizzante. Basti pensare che, dopo che in Africa i pagani si erano ribellati per protestare contro la chiusura dei loro templi (399), Agostino insieme agli altri vescovi non esitò a chiedere al governo imperiale nuove leggi per “estirpare gli ultimi resti della idolatria” (401). E queste nuove leggi, mirate a completare l’attuazione della globalizzazione religiosa, puntualmente vennero. Fu emanata, infatti, una legge che escuteva i non cattolici sia dalla corte che dall’esercito. Nel 407 – 408 ancora una volta la libertà religiosa fu dichiarata pubblico reato, in quanto giudicata, secondo l’ottica di Sant’Agostino, offesa alla Chiesa Cattolica considerata l’unica divina religione, “perché le offese contro la divina religione sono ferite all’intera comunità”. Furono poi emanati altri editti mirati al completamento del processo di globalizzazione religiosa e furono presi provvedimenti penali contro Gamaliele VII, ultimo patriarca degli Ebrei (415).

Sant’Ambrogio, nacque a Treviri nel 339 e morì nel 397 a Milano, della cui città fu vescovo. E’ uno dei personaggi più eminenti del cattolicesimo e uno dei Dottori della Chiesa Cattolica. Dal punto di vista della sua intransigenza sono noti alcuni episodi della sua vita politico religiosa. Fu un accorto ed abile uomo politico. Approfittò dell’opportunità che l’imperatore Graziano nel 382 risiedette a Milano, per influenzarlo fortemente a vantaggio della Chiesa Cattolica. Persuase l’imperatore Graziano a portare avanti e completare la legislazione antipagana (382 – 383), ed ottenne che l’altere e la statua della Dea Vittoria fossero nuovamente rimosse dall’aula senatoriale della Curia in Roma, dove erano state fatte ricollocare dall’imperatore Giuliano l’Apostata dopo la prima rimozione. Si noti il seguente dettaglio che è molto importante.

Fu l’imperatore Graziano che per primo abbandonò l’antico titolo di Pontifex Maximus, che da Ottaviano Augusto in poi era stato assunto da tutti gli imperatori romani, e che da questo momento in poi fu usurpato dal vescovo di Roma.
Si noti che tale titolo che per nessun motivo era dovuto al vescovo di Roma e di cui da allora in poi tutti i suoi successori si sono fregiati e si fregiano ancora ai nostri giorni. Alla morte di Graziano, avvenuta a Lungunum nel 383, gli succedette il cugino Teodosio I. Anche durante il regno di costui, il vescovo Ambrogio continuò ad esercitare sull’imperatore un notevole influsso di intolleranza religiosa che emerge, tra l’altro, dai seguenti due documenti. 1° documento: Siamo nella città di Nicephorium Callinicum, in Mesopotamia. Alcuni cattolici avevano dato alle fiamme una sinagoga ebraica, per ordine o quanto meno con la complicità del proprio vescovo. In seguito alla denunzia del fatto eseguita da parte del rabbino, l’imperatore Teodosio, che risiedeva a Milano, constatata la veridicità dell’accaduto, non potè sottrarsi ad emettere una sentenza che ordinava che ordinava al vescovo cattolico di ricostruire la sinagoga a sue spese. Il verdetto imperiale non piacque al vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, che protestò energicamente contro il provvedimento imperiale e non si arrese finchè l’imperatore non ebbe revocata la punizione inflitta al vescovo colpevole e non venne annullato l’ordine di ricostruire la sinagoga a spese del vescovo di Nicephorium Callinicum (Cfr. M. Grant, Gli imperatori romani, Newton & Compoton Editori, Roma 2001.p. 356).

Ancora, una lettera-denunzia, inviata all’imperatore Teodosio I da un certo Libanio, uno scrittore pagano tra l’anno 314 ed il 398. E’ scritta in greco e così dice tra l’altro: “…..questi uomini (si tratta di alcuni monaci cattolici particolarmente fanatici ed intolleranti), vestiti di nero, che mangiano più degli elefanti, e che, a uria di bere, stancano le mani degli chiaviche loro servono il vino fra canti; questi uomini che nascondono i loro disordini sotto un pallore procuratosi con certi artifizi.
Si, sono costoro, o imperatore, che, a dispetto della legge sempre in vigore, muovono guerra ai templi (nostri, cioè delle minoranze che avevano rifiutato la politica di globalizzazione religiosa). Essi portano legna per appiccarvi il fuoco, pietre e ferro per rovinarli: costoro che non ne hanno si servono dei propri piedi e delle proprie mani. Abbattono i tetti, demoliscono i muri, rovesciano le statue, strappano di terra gli altari: è questo un bottino degno dei Misiani (rozzi abitanti della Misia). Quanto ai (nostri) sacerdoti, bisogna che essi tacciano se non vogliono perire!Distrutto un tempio si corre ad un altro, poi ad un terzo e così di seguito. Essi accumulano trofei, a dispetto delle leggi…(Cfr. Libanio, Orazione II, 32, in A.Fliche e Martin, Storia della Chiesa, III, S.A.I.E..,Torino, 1960,p.444

Dopo questa ampia panoramica di dure violenze e di sistematica intolleranza da parte del vertice di maggioranza religiosa nei confronti di tutte le religioni di minoranze, è impensabile che i pagani potessero convertirsi alla religione dei loro persecutori, cioè alla Chiesa Cattolica.
Si noti bene che i pagani superstiti, numericamente molto ridotti, sia come collettività che come individui, generalmente erano più convinti, più motivati, e qualitativamente molto diversi dai loro padri. Le banderuole, i tradizionalisti, gli opportunisti, i superficiali si erano già “convertiti” per paura o per interesse ai primi editti cattolici. I pagani di questo periodo erano più veri di quelli delle generazioni precedenti, essendosi affinati e selezionati, e guardavano dall’alto in basso i cattolici e il loro globalismo totalitario. Tra le file dei pagani superstiti vi erano anche molti intellettuali, senatori, scienziati, filosofi, che però il governo finse di ignorare.
Tutti costoro ebbero ben poco da ammirare nel comportamento intransigente ed ostile dei loro amministratori e persecutori. Si convinsero ben presto della grande differenza che intercorreva tra essi ed i cristiani della scomparsa chiesa primitiva, e conseguentemente non poterono concepire nei confronti della Chiesa Cattolica se non sentimenti di disprezzo, disistima, ostilità e rancore. Dai quali sentimenti ovviamente è molto difficile che possono nascere libere e sincere conversioni religiose.
Così stando le cose, quindi, non mi sembra logico concludere che il gesto pagano, lamentato da Leone Magno ne 7° Discorso di Natale, possa riferirsi ai cattolici neoconvertiti provenienti dal paganesimo. Come ho già detto, si sostiene che il comportamento lamentato nel 7° Discorso di Natale di Leone Magno riveli una gestualità tradizionale molto diffusa e ben radicata, che fa supporre origini molto antiche risalenti al periodo protocattolico, quando la Basilica Vaticana non era stata ancora dedicata San Pietro, ma era bensì dedicata al Dio Sole, cioè al Dio Costantino.
In altri termini, a mio parere, i presunti neocattolici, di cui Leone Magno si rammarica nel 7° Discorso di Natale, non sono dei pagani neoconvertiti al Cattolicesimo, ma dei vecchi protocattolici, immobili nelle abitudini gestuali tipiche delle loro Chiesa Cattolica, ma che non riescono a tenere il passo richiesto da una chiesa che si evolve in fretta. Sono, molto probabilmente, dei protocattolici che stentano a diventare deuterocattolici.

Cinque sono i punti con i seguenti argomenti complementari: il primo argomento poggia sulla scelta cattolica della data annuale in cui festeggiare la nascita di Gesù. Sappiamo, infatti, che Gesù non nacque il 25 dicembre in un clima ed in un paesaggio invernale, ma in primavera, come sostiene una antichissima tradizione, tanto è vero che, come narrano i Vangeli, i pastori stavano di notte all’aperto in campagna insieme al loro gregge. Tutti sappiamo poi che la scelta del 25 dicembre per festeggiare il Santo Natale risale alla religione mitraica, tanto diffusa nell’impero romano e particolarmente cara ai militari e allo stesso Costantino, il quale ultimo per tutta la sua vita si atteggiò a Dio Solare e fece di tale religione una delle più importanti componenti della sua nuova religione, la Cattolica.

Il secondo argomento, a completamento di quello pecedente, a proposito del culto per il dio orientale Mitra e per il Sol Invictus, poggia sulla monetazione costantiniana che rimase sempre decisamente pagana. Il che può vedersi in tante monete, fatte coniare da Costantino, in cui la sua immagine si affianca e si sovrappone parzialmente a quella del Dio Sole. Una di queste è la moneta aurea romana di 9 solidi.

Il terzo argomento è dato dalla legge costantiniana del 3 luglio 321, per cui venne decretato che il primo giorno della settimana, cioè l’attuale domenica, diventasse giorno di riposo obbligatorio e festivo in onore di Costantino, nella sua qualità di dio Sole ed in quella di Deus ac Dominus, per cui tale giorno finì per essere chiamato per sempre “Dies Domenica”.

Conseguentemente da allora, accanto agli altri giorni della settimana, che dal lunedì al sabato conservano ancora oggi intatto il nome degli dei pagani ai quali erano stati dedicati nei millenni passati, anche il nome della domenica si chiama domenica Dies o Solis Dies, in quanto dedicata non già a nostro Signore Gesù Cristo, ma a Costantino che pubblicamente era adorato come Dominus ac Deus.

Ma in seguito, a cominciare dal periodo deutorocattolico, mentre gli altri giorni della settimana continuarono a conservare intatti i loro nomi pagani, cioè continuarono a chiamarsi Lunae dies, Martis dies, Mercuri dies, Jovis dies, Veneris dies, Saturni dies, il giorno dedicato al dio Sole cioè a Costantino cessò di essere dedicato a lui e fu trasformato nel giorno consacrato al dio dei cristiani, cioè a nostro Signore Gesù Cristo.

Il quarto argomento nasce da un noto dettaglio della decorazione dell’antichissimo pavimento che dopo quasi due millenni è ancora esistente nella Basilica della Natività a Betlemme. Chi ha visto, cari lettori, di presenza o soltanto per immagine la Sacra Grotta della Natività a Betlemme conosce questo dettaglio. L’ambiente della Sacra Grotta di Betlemme è di forma quasi rettangolare, è lungo 12,5 metri e largo 3,5. E’ abitualmente profumato da un intenso odore di incenso orientale.
Sul suo pavimento campeggia ampio e solenne un grande Sole d’orato con i suoi 14 raggi, ad indicare il luogo in cui naque Gesù. La raffigurazione solare, risale al periodo protocattolico o costantiniano. E probabilmente anteriore all’epoca crociata ed anche a quella francescana che inizia dal 1347. Il motivo più importante sul quale si basa la mia ipotesi di datazione, è l’assoluta singolarità dell’uso del simbolo solare sulla Grotta della Natività. Nella plurisecolare tradizione iconografica cattolica del simbolo solare è del tutto nuovo ed estraneo. L’iconografia deuterocattolica ignora e mai utilizza il simbolo solare, preferendo sempre quello della santa croce. E poichè il simbolo della croce, nella Chiesa Cattolica nasce alcuni secoli dopo, è probabile che quello solare, che abbiamo sul pavimento della Natività della Basilica costantiniana di Betlemme sia antichissimo ed originario, risalendo al periodo protocattolico o costantiniano.

Il Quinto argomento poggia sul fatto che Costantino per tutta la sua vita di militare, sì comportò da sincero devoto del dio Mitra. La religione mitraica a quei tempi era diventata la religione di quasi tutti i soldati. Sembrava la religione fatta per loro: esaltava infatti le virtù tipiche dei militari, quali la forza, ol sacrificio, il coraggio, la dedizione al dovere, la fedeltà agli impegni assunti. E poi era la religione dei protagonisti della società, i maschi, i forti e gli eroi. Religione in cui non c’era posto per le donne. Ma quand’anche la religione mitraica non fosse gradita a Costantino, non è pensabile che il nostro imperatore come Costantino, politicamente tanto accorto, che nel 306 era stato acclamato imperatore dalle sue legioni, potesse disfarsi del culto per il Sole, che era la religione di tutti i suoi legionari, la religione di tutti i suoi soldati e conseguentemente di tutte le loro famiglie. La religione di Cristo per coloro che la conoscevano anche superficialmente poteva essere scambiata per quella dei deboli, dei rinunciatari, dei sofferenti e delle donne. Si sapeva che nei mitrei e nei locali di riunione della religione mitraica non erano ammesse le donne. Il primo timido ingresso ufficiale delle donne nelle basiliche paleocattoliche avvenne in ambiti architettonici ben separarti grazie alla struttura del matroneo, che per alcuni secoli costituì il rigido “locale di clausura” riservato alle matrone.
Costantino, quindi, non potè sottrarsi dalla convenveniente opportunità di dedicare le sue prime basiliche al culto del Dio Sole.

Per quali arcani motivi l’Imperatore Costantino sì trasferì a Costantinopoli.

Altro importante quesito è quello di chiarire le motivazioni che indussero Costantino a trasferire in Oriente la capitale dell’unico impero, fissando la sua sede a Costantinopoli. Fu per motivi esclusivamente strategici e politici oppure ebbe il suo peso in tale scelta, come qualcuno sostiene, la sua simpatia per l’Oriente? Oppure la sua volontà di donare a Papa Silvestro la metà del territorio del suo impero, per ringraziarlo di averlo guarito dalla lebbra e di averlo battezzato, come vuole la leggenda medievale fissata nel falso documento della Falsa Donazione di Costantino?
Per quanto concerne il primo quesito, è bene che si dica chiaramente che a Costantino piacesse poco abitare a Roma e che la sua partenza definitiva da essa non gli abbia causato il minimo dispiacere. Come, del resto, non gli dispiacque la previsione, peraltro molto facile, che, in seguito alla sua partenza, Roma e tutto il territorio d’Occidente sarebbero stati abbandonati al loro destino, finendo alla mercè dei barberi. Il che se potè dispiacere al senato ed al popolo romano, non dispiacque a coloro che ne avrebbero tratto vantaggi incalcolabili grazie all’allontanamento delle strutture dell’impero dalla Città Eterna, cioè ai dirigenti della Chiesa Protocattolica e soprattutto a quelli della Chiesa Deuterocattolica. L’imperatore a Roma, ci stette poco e vi trascorse appena il tempo necessario alla costruzione della nuova città capitale, Costantinopoli. Egli intanto potè dedicarsi a riorganizzare l’impero e preparare il trasferimento dell’unica capitale dell’impero a Bisanzio, che chiamerà Costantinopoli o Nuova Roma. Costantino era certo che questa mossa strategica fosse necessario ed urgente farla. A Roma, infatti, non trasferì neppure provvisoriamente la sua corte e si fece vedere in giro abbastanza poco. Perché il Grande Costantino lasciava Roma? Nella sua decisione di trasferire la capitale del suo impero a Costantinopoli non fu minimamente influenzato da motivi religiosi e dall’eventuale progetto di dividere in due il suo unico impero e di donare la metà, cioè l’intero Occidente, a papa Silvestro. A Costantino non poteva passare neppure lontanamente per l’anticamera del cervello di farne donazione a papa Silvestro. Questa leggenda, come tutti sappiamo è una storiella medievale, anzi è una delle spudorate menzogne non ancora del tutto tolta dalla circolazione, e che avremo modo di esaminare meglio in seguito.
Non c’è che dire. Costantino abbandonando al suo destino la vecchia capitale, trasferendosi a Costantinopoli, egli si dedicò anima e corpo a migliorare l’organizzazione del suo vastissimo impero.

Data la precarietà della permanenza di Costantino a Roma e la sua volontà di risolvere tutti i problemi del suo impero in seguito al suo trasferimento nella nuova capitale, Costantinopoli, ne consegue che anche il problema religioso fu affrontato in modo definitivo e globale a Costantinopoli. E’ infatti a Costantinopoli che veramente nacque la Chiesa Cattolica. E’ a Costantinopoli che egli realizzò il proprio culto come divinità solare. L’Oriente, per gli influssi culturali ivi consolidati e preminenti, era più disponibile all’incremento di tale culto, per cui egli continuò a comportarsi come Theos Elios, meglio di come avesse cominciato a farlo a Roma. A Costantinopoli volle che nella piazza maggiore, al centro del Foro, venisse eretta un’enorme colonna sulla quale una statua rivestita d’oro in cui lo si raffigurava come Dio Sole. L’esistenza di questa statua ci è testimoniata sia da una celeberrima mappa, la Tabula Peutingeriana, che dallo storico Filostorgio. La Tabula Peutingeriana, è antichissima e prende il nome dall’umanista tedesco Konrad Peutinger, che ne era venuto in possesso. Questa, pur essendo una copia eseguita da un monaco di Colmar verso il 1265, fu tratta da un generale romano più antico che risale all’epoca costantiniana. Da questa importantissima mappa è chiaramente documentata questa statua posta su un’alta colonna. Per la medesima statua abbiamo anche la testimonianza di Filostorgio, storiografo ecclesiastico del V secolo, nato nel 370 in Cappadocia, che nella sua opera giunta sino a noi in un riassunto ad opera di Fonzio, ci fornisce in merito notizie interessanti. Sappiamo che era posta in cima ad un’enorme colonna del tipo di quelle due esistenti ancora oggi a Roma rispettivamente in onore di Traiano e Marco Aurelio.
Del resto nell’attuale piazza di Bisanzio c’è ancora il Foro di Costantino al cui centro si staglia la Colonna in suo onore, ancora, e che tale statua in onore del dio Costantino, situata in pieno centro a Costantinopoli, era alta circa 30 metri, e che all’interno del suo basamento vi era un altare dove gli si tributava continuamente il culto di adorazione come dio, gli si accendevano lampade e gli si bruciava incenso. Da recenti studi compiuti da esperti sappiamo che Costantino addirittura amava esibirsi teatralmente per i suoi sudditi, all’alba, come se fosse l’incarnazione del Dio Sole.

Sappiamo, inoltre, che a Costantinopoli, all’apertura dei giochi circensi, con i quali vennero aperti i festeggiamenti per l’inaugurazione della nuova capitale, l’imperatore Costantino volle che questi fossero preceduti da una cerimonia di culto in suo onore. Per l’occasione una statua di legno dorato, raffigurante il dio Costantino come divinità solare, posta su un percolo e portata a spalle dai suoi devoti, acclamata dalla folla presente nello stadio, attraverso il perimetro del circo. La statua del dio era affiancata da soldati in grande uniforme e recanti ceri accesi, alla maniera delle processioni in onore di altre divinità pagane. Il tutto avvenne con un sottofondo di canti religiosi inneggianti a Costantino (Cfr. R. Budrieri, Fonti e monumenti del Cristianesimo delle origini in Occidente, in La diffusione del Cristianesimo nei primi secoli, Itaca Tools, Castel Bolognese 1997).
E’ da notare che il culto divino tributato a Costantino da parte della Chiesa Protocattolica si estese ugualmente sia in Occidente nella città di Roma che in Oriente e soprattutto nella città di Costantinopoli.
Esso, inoltre, non si limitò alla persona di Costantino, ma fu esteso, come al solito, ai membri della sua famiglia mentre erano ancora in vita, ovviamente a quelli non caduti in disgrazia (come invece avvenne per il figlio primogenito Crispo e per la moglie Fausta, dai quali si senti tradito e che fece fuori inesorabilmente), o dei quali poteva fidarsi, cioè alla madre Elena, che ebbe dedicata la basilica Anacoeli in Roma ed un tempio mausoleo ed una basilica nella via Casilina nell’attuale zona di Tor Pignattara in Roma, ed alla figlia Costanza nel cui onore fece costruire un grande tempio a Roma nell’antica Via Nomentana ed un magnifico tempio mausoleo ad essa attiguo. A questi templi, dedicati ai membri della famiglia imperiali a Roma, in gran parte rimaneggiati dalla Chiesa Deuterocattolica.
Costantino, dunque, iniziò la sua carriera di imperatore come tutti gli altri imperatori pagani. Pretese di essere adorato come dio, e certamente lo fu.
Tale culto gli venne tributato in tutti i modi allora usati, sia alla sua persona reale e ad ogni forma di sua immagine. E’ importante precisare che, per quanto concerne il culto all’imperatore, la sua persona fisica e il suo ritratto di qualsiasi tipo erano assolutamente equiparati. Per secoli, l’imago imperialis, cioè il suo ritratto, incorniciato in uno scudo rotondo o clipeo lo si soleva inviare nelle province dell’impero per affermare la propria autorità.
Vediamo in che cosa consisteva il rito ufficiale dell’adorazione della persona fisica dell’imperatore, che gli veniva tributato, in occasione dei ricevimenti ufficiali nella sala del trono del suo palazzo imperiale, che nelle basiliche laiche e religiose e nelle are pubbliche esistenti nel basamento nelle colonne o davanti a statue ed altre immagini a ciò destinate, situate nelle pubbliche piazze o nei templi dedicati alla sua persona. Così leggiamo in un’opera autorevole sull’argomento:

“In effetti, ai primordi dell’icona, il culto statale dell’effigie dell’imperatore è ben attestato e, quando il cristianesimo divenne religione di Stato, i cristiani se lo trovarono di fronte come un oggetto di potenziale conflitto. Ma ciò che essi avevano rifiutato all’imperatore pagano divinizzato, lo concessero volentieri al rappresentante cristiano dello Stato”(Cfr. Hans Belting, il culto delle immagini, Storia dell’icona dall’età imperiale al tardo Medioevo, Carocci editore, Roma 2001 p. 135).
Tale culto della persona dell’imperatore da parte dei fedeli della Chiesa Protocattolica fu accettato pacificamente sin dall’inizio e non fu mai messo in discussione da nessuno. Infatti nel Concilio di Nicea (787), che si occupò dell’uso delle immagini e pose fine all’iconoclastia, si da per scontato che il culto per l’immagine dell’imperatore sia una cosa giusta, ragionevole ed incontestabile. E queste sono le parole usate nel documento che lo riguardano, e che troviamo riportate nell’opera suddetta: “ Se il popolo accorre con candele e incenso a onorare le immagini e le icone coronate dell’imperatore, inviate in giro nelle città e nelle regioni, questi onori sono rivolti non alla tavola dipinta con colori ad encausto ma all’imperatore in persona “(Cfr. H. Belting, Opera cit.p.135).
Da notare che il culto che il culto di adorazione all’imperatore risale agli antichi imperatori romani, col passare del tempo e sino al secolo XII, non solo non si estinse o quantomeno si attenuò, ma addirittura si consolidò diventando un consuetudine usuale e cerimoniale nell’età degli imperatori tedeschi Ottoni. Di ciò abbiamo notizie in Liutprando (sec. XII), uno storiografo longobardo di famiglia nobile nativo di Pavia che fu per anni Cancelliere di Berengario, e che passò poi al servizio dell’imperatore Ottone I che lo creò vescovo di Cremona.
Infatti, in una miniatura bizantina contenuta in un salterio del 1066, emergono dettagli preziosi riguardanti il culto della persona dell’imperatore. Come gli veniva ancora tributato pieno secolo XI. Così ci viene riferito dal citato Hans Belting:

“A quel tempo, la persona dell’imperatore era ancora soggetto di culto rituale: in occasione di ricevimenti ufficiali, egli sedeva immobile sul trono ad accogliere le prosternazioni come un’icona, che veniva scoperta e coperta da una tenda, secondo una regia fissa. Come mostra la miniatura dell’imperatore Basilio II (976-1025), in un salterio DI Venezia, nel cerimoniale del trionfo militare, la genuflessione esprime la sottomissione alla “statua vivente” (Cfr. H. Belting, O.C. p. 133).

A questo punto, dopo le testimonianze d’avanguardia rese da esperti del settore e dallo Scarpulla riportate per documentare il culto di adorazione tranquillamente tributato dalla Chiesa Cattolica alla persona dell’imperatore romano, sorprende la posizione generalmente assunta dagli scrittori cattolici del nostro Paese, che quando trattano lo stesso argomento lo fanno con scarsa apertura di fronte ai progressi conseguiti in questi ultimi decenni dalla steriografia riguardanti i primi secoli del cattolicesimo. Per cui o preferiscono esimersi dal farlo, oppure quando si trovano a irrefutabili documenti in cui si dimostra la volontà di Costantino di prendere per se stesso il culto divino in qualità di Sol Invictus, fanno di tutto per minimizzarlo e per darne una lettura evasiva. Così, per esempio, leggiamo in un moderno manuale di storia della Chiesa Cattolica, dove si cerca di far passare il fatto che Costantino si fregi del titolo di dio, titolo da lui posseduto legittimamente in quanto imperatore ed augustus, come se tale dio non fosse lui ma una divinità a lui estranea che lo proteggesse dall’alto e fosse il suo patrono. La divinità solare di Costantino, cioè a sentir loro, altro non sarebbe che un dio diverso da lui e che egli considera suo ceste patrono o protettore. E queste sono le sue testuali parole.

“Nel 310 (Costantino) scelse come sua divinità (protettrice) il Sol Invictus al posto di Ercole: il Dio Sole era venerato in tutto l’impero, ma il patrono di Costantino ha la figura dell’Apollo gallico” (Cfr. A.M. Erba-P.L.Guiducci, Storia della Chiesa, Editrice Elle Di Ci, Leuman (Torino) 1989,p.98)
Merita un chiarimento la fase surriferita, che appare un po’ equivoca e sfuggente. Innanzi tutto è da evidenziare il tentativo da parte degli autori della frase in oggetto, di far credere che Costantino, (a differenza degli imperatori Diocleziano e Massimiano, che si erano attribuiti il titolo divino di discendenti di Giove e di Ercole), avesse rinunziato al titolo divino di Erculeo e di Giovio, limitandosi a considerarsi un semplice “protetto” o “fedele” del Dio Sole. Con ciò evidentemente si vorrebbe far credere ai cristiani odierni che Costantino non si considerò mai un dio vero e proprio e che mai pretese di essere considerato e trattato come tale da tutti i sudditi dell’impero. Il che, come tutti sappiamo, è del tutto falso.
Ed ancora, gli stessi due citati autori, nella stessa loro storia della Chiesa Cattolica, continuano a raccontare leggende di stampo medievale, già superate da parecchio dalla moderna steriografia, senza neppure darsi pena di criticarle o quanto meno di filtrarle o attenuarle.
Queste infatti sono le loro testuali parole:

“Il 28 ottobre 312, Costantino vince clamorosamente Massenzio presso il Ponte Milvio (a Roma), entra nella prestigiosa capitale dell’Occidente e si apre la strada alla sovranità universale. Nel corso di questa campagna avviene il suo definitivo passaggio al Dio dei cristiani.”

Anche questa frase contiene un evidente e grave falso storico. Infatti non è per nulla vero che Costantino il 28 ottobre del 312 sia passato definitivamente da pagano a cristiano. Questa della conversione di Costantino durante la battaglia di Ponte Milvio è una leggenda, riferita acriticamente dagli autori suddetti in pieno secolo ventesimo, e che il vertice culturale cattolico attuale stenta a cancellare anche dai libri seri, forse per non contraddire tanti documenti falsi sia letterari che artistici precedentemente creati da altri. Si pensi ai tanti stupendi affreschi celebrativi e trionfalistici esistenti nei palazzi vaticani e lateranensi, nella chiesa dei Santi Quattro Coronati ed anche altrove, dove Costantino viene fatto passare per l’uomo della provvidenza.
Orbene, si passa ora a riferire la continuazione del brano, il cui contenuto non può non suscitare stupore in chi legga. Ecco il testo: “Lattanzio (uno storiografo dell’epoca (costantiniana) racconta che durante il sonno Costantino è ammonito di far porre sugli scudi dei suoi soldati un “signum caeleste Dei” , cioè un’abbreviazione di Cristus. La X traversa con una crocetta che, curvata in cima diventa la crux monogrammatica, di Cristo. L’imperatore eseguisce l’ordine, e la vittoria che ottiene è appunto attribuita alla protezione del Dio dei cristiani. Lattanzio, che scrive nel 318, non parla di “miracolo”. Lo stesso evento è narrato, 25 anni dopo, da Eusebio della “Vita”, ma con abbondanza di dettagli: Costantino prega il Dio dei cristiani di aiutarlo, ed ecco, alla sera, tutto l’esercito vede in cielo, “al di sopra del sole, come segno di vittoria, una croce luminosa” con le parole “In hoc signo vinces”; la notte seguente gli appare Cristo con la croce, gli comanda di far riprodurre quel segno e di portarlo con sé, Costantino fa eseguire uno stendardo legato ad una lunga asta, con al centro una corona e il monogramma di Cristo, più tardi posto anche sull’elmo; un drappo pendeva dall’asta con le immagini dell’imperatore e dei suoi figli. Quello stendardo diventerà vessillo imperiale e sarà chiamato “labaro”. Mi sembra utile fornire alcune precisazioni a proposito delle notizie che nei due brani testè riferiti vengono riportate acriticamente e senza alcun commento. Va detto, innanzi tutto, che la leggenda della comparsa della croce in cielo ci viene narrata da seguenti tre scrittori: Lattanzio, Eusebio di Cesarea e Filostorgio. Mentre per Lattanzio la croce in cielo fu vista solamente in sogno, per Eusebio si trattò di una visione vera e proprio durante la veglia. Luogo per la visione per Lattanzio è Roma, mentre per Eusebio è la Gallia – il tempo della visione per Lattanzio è la vigilia della battaglia sul Ponte Milvio, mentre per Eusebio è alcune settimane prima di tale battaglia – l’orario della visione per Lattanzio è in pieno giorno, mentre per Eusebio e per Filostorgio è la notte.
Come abbiamo già detto, i dati fondamentali delle tre versioni sono molto diversi e contrastanti. Se si trattasse delle testimonianze rese in tribunale durante un processo riguardante un delitto, il valore e l’attendibilità di esse non avrebbero alcun valore o quanto meno susciterebbero molti dubbi. Occupiamoci ora, sia pur brevemente, del testo di Lattanzio e di quello di Eusebio di Cesarea, con un cenno ai loro autori, aggiungendo poi un breve commento.
Lucio Cecilio Ferminiano, nato in Africa nel 250 circa, e convertitosi al cristianesimo, trascorse gli ultimi anni della sua vita alla corte di Costantino in qualità di precettore di Crispo, figlio dell’imperatore. Fu un retore ed un apologista. Delle sue opere ci sono pervenuti scarsi frammenti e qualche titolo. L’opera che ci interessa, intitolata De mortibus persecutorem, in cui ci è pervenuto solo un frammento, è comunemente considerata “di discussa autenticità per il tono e lo stile di violenta polemica” per la notevole diversità stilistica e formale rispetto alle altre sue opere.
Sono, inoltre, numerose ed evidenti le interpolazioni e manomissioni ivi contenute che rasentano il puerile ed il ridicolo, come quando si parla della leggenda del segno della croce apparsa in cielo. L’infondatezza e l’assurdità di questo racconto, evidentemente posteriore ed interpolato, è stata fatta notare da tanti esperti contemporanei. Mi limito a citare Stein, . Seeck, e H. Grègorie. G.Costa sostiene che il segno inciso sugli scudi non avesse nulla di cristiano, in quanto chiaramente estraneo alla croce, essendo un simbolo del culto solare (Cfr G. Costa, Religione e politica dell’impero romano).
Di questo simbolo avrò modo di occuparmi più diffusamente in seguito quando compirò una ricerca della croce cristiana. Occupiamoci ora di Eusebio di Cesarea.
Eusebio di Cesarea, nato nel 265 circa in Cesarea di Palestina, fu nominato Vescovo da Costantino. Dedicò la sua vita alla composizione delle sue numerose opere. Di queste ci interessano la Storia Ecclesiastica e la Vita di Costantino.
Prima di dare un mio giudizio su Eusebio di Cesarea, preferisco far notare che la scarsa considerazione in cui sono tenuti gli scritti di storia a lui attribuiti non è un’invenzione odierna, ma la si riscontra in addetti ai lavori dei secoli scorsi. Mi riferisco per esempio, all’opera del Crivellucci, Della fede storica di Eusebio, Livorno 1888. Si noti bene che anche autori anche il cattolico di stretta osservanza, Cayrè, in un importante manuale intitolato “Patrologia e Storia della Teologia”, adottato come libro di testo nel corso teologico di tanti seminari cattolici, non gli risparmia le sue critiche. Questa è la sintesi del suo pensiero a proposito:

La Storia ecclesiastica, che è il lavoro più importante e lo scritto più citato di Eusebio, comprende 10 libri. In esso non mancano le omissioni tendenziose suggerite dalle sue simpatie. Sarebbe ingenuo sostenere che la Storia di Eusebio sia un’opera del tutto perfetta. Eusebio è pochissimo informato circa le cose d’Occidente: lacuna da attribuirsi al fatto che il vescovo di Cesarea sapeva mediocremente il latino. Ma tutte queste mende, d’altra parte assai lievi, saranno subito dimenticate, quando si consideri la grandezza complessiva di un’opera che ha avvalso ad Eusebio il titolo di “Erodono cristiano” e di “Padre della storia ecclesiastica(Cfr. Fulberto Cayrè, Patrologia Teologica, Ed. Pontifici.

E’ doveroso spendere alcune parole a commento del precedente brano del Cayrè, che per motivi di spazio è stato riferito solo nei punti ritenuti più importanti. Del resto tutti gli esperti di storia ecclesiastica hanno sempre messo in dubbio, più o meno, l’attendibilità dell’opera di Eusebio di Cesarea e l’hanno ritenuta ampiamente inficiata di falso, per cui è doveroso leggerla con spirito critico e con somma cautela e diffidenza. Spesso non solamente vi abbondano le “omissioni tendenziose”, come ammette lo stesso Cayrè, ma sono numerosissime e palesi le Adulterazioni e le falsificazioni di verità. Passiamo ora a riferire il giudizio dello stesso Cayrè sull’altra opera di Eusebio di Cesarea, cioè sulla vita di Costantino.

“La vita di Costantino, in 5 libri, scritta intorno al 335-340, per vendicare il grande imperatore dalle beffe pagane a proposito della sua conversione, s’occupa del suo eroe unicamente in merito alle sue relazioni col cristianesimo. Eusebio non parla che delle virtù di Costantino e delle sue azioni degne di encomio, svisando da cotal punto di vista i fatti, se pur non debba aggiungersi che, qualche volta, per eccesso di parzialità, li snatura. Né si taccia che le lodi a Costantino varano tutti i limiti consentiti all’iperbole. Tuttavia, prescindendo dai giudizi dell’autore, si troveranno in queste pagine molti fatti ammissibili, non trascurando però di controllarli e di completarli col sussidio d’altre fonti documentarie. L’autenticità dei 16 documenti riferiti nell’epoca non è assolutamente sicura”(F.C. A.A. Ed. Pontifici).

Cari lettori, a commento di questo brano, va detto innanzi tutto che quanto in merito ha scritto il Cayrè è il meno che si potesse obbiettare e criticare in proposito. E tuttavia gli sono sfuggiti a denti stretti, giudizi molto pesanti. Si dice, infatti, che Eusebio di Cesarea svisa i fatti e li snatura, e che quindi il lettore faccia bene a controllare criticamente il contenuto ed a completarlo con altre fonti. Dice, infine, che la parte più importante, quella dei 16 “documenti” riferiti nell’opera, non è assolutamente sicura sotto l’aspetto dell’autenticità. Il che significa che la Storia di Costantino, anche per gli esperti ecclesiastici di parte cattolica, merita scarsa affidabilità ma è anche sostanzialmente falso, tendenzioso e deviante.
A conclusione di questa importante premessa e per amore della verità storica sull’attendibilità dei testi che ci hanno tramandato la notizia della visione della croce in cielo, sappiamo che dai dati desunti risulta già chiaro che si tratta di notizie inattendibili. Altri motivi con i quali si dimostra ulteriormente la falsità del racconto della visione della croce in cielo:

1) Dato e non concesso che Dio abbia voluto compiere un miracolo a favore di uno dei due contendenti in campo, durante la battaglia di Ponte Milvio a Roma, cioè o di Massenzio oppure di Costantino, apparendo visibilmente in cielo, cosa che in tutta la plurisecolare storia delle battaglie combattute dai cristiani fra di loro o contro i Mussulmani non è mai successa, mi chiedo: Perchè mai Dio avrebbe dovuto farlo a favore di un personaggio truce e criminale quale Costantino, che per giungere al potere, come sappiamo, impiegò ben 18 anni di continue guerre e delitti di ogni genere e che notoriamente non esitò ad ammazzare la moglie Fausta ed il figlio Crispo, i due cognati Licinio e Massenzio, oltre al suocero e padre adottivo l’imperatore Massimiano?
Nell’ottica odierna, poi, Costantino non è più considerato unanimemente il restauratore della religione cristiana, ma lo si considera da tanti come il fondatore di una religione totalmente pagana, il che riduce le sue probabilità di essere considerato benemerito ed amico agli occhi del Dio dei cristiani.
2) Da studi seri compiuti sull’argomento, di cui mi occuperò in seguito di questa ricerca, risulta storicamente provato che l’introduzione della Croce di Cristo e del suo culto pubblico e privato nella Chiesa Cattolica risale ad epoca molto posteriore di quella costantiniana. Conseguentemente sono da considerare volgari falsificazioni i racconti leggendari medievali narrati nell’epoca di discussa autenticità attribuita al Lattanzio, (De mortibus persecutorum)
3) Merita poi due parole di chiarificazione la storiella del “Monogramma” di Cristo, cioè di quel simbolo che si continua a chiamare “monogramma” quando invece costa di due gramma, (due lettere) dell’alfabeto greco, la “K” e la “P” (la Ki e la Ro), interpretate erroneamente come le due prime lettere iniziali incrociate della parola Kristos, che Costantino avrebbe visto in cielo e che egli avrebbe adottato sui suoi labari e sugli scudi dei suoi soldati. Si tratta evidentemente di una infelice invenzione e falsa lettura, che la storiografia cattolica e di manuali di storia e quelli di storia dell’arte si tramandano di molti secoli, in quanto un’iscrizione con questo identico “monogramma” la si trova in una tomba dell’antica Pompei, che risale a due secoli prima delle leggende raccontate su Costantino, come può leggersi nell’opera di un noto esperto, insieme al quale possiamo concludere che tutte le millantate visioni o apparizioni celesti attribuite a Costantino siano ovviamente nate nel medioevo, e che essendo prive di credibilità, il vertice culturale cattolico farebbe bene a cassare per sempre a vantaggio della propria reputazione (Cfr. E.R. Goodenough, Jewish Symbols in the Greco-Roma Period. New York 1953, vol VII, pp. 178 ss.).
Allora quale può essere l’origine di questo pseudo monogramma di Cristo, costituito dalle due note lettere dell’alfabeto greco, la Ki e la Ro? Non lo sappiamo con certezza, ma possiamo tentare di immaginarlo. In merito ho una mia ipotesi, che ritengo verosimile e comunque interessante, che desidero qui esporre. E’ molto probabile che Costantino, in ossequio al Dio solare Mitra tanto caro a sé ed ai suoi soldati, ed in seguito alla sua vittoria finale sul rivale Massenzio ed alla conquista ufficiale del trono imperiale, avesse iniziato a ritenersi Dio Sole ed avesse incominciato a comportarsi conseguentemente, sovrapponendo la lettera iniziale del suo nome, la C (in greco la K), al simbolo del Sole radiante, erroneamente scambiato con il sole di Cristo. Nasce così il monogramma vero di Costantino, che resterà tale per qualche secolo.
E’ anche opinabile che, alcuni secoli dopo, nel periodo deuterocattolico, dato che sia il nome di Kostantino che quello di Tristo avevano nella lingua greca la stessa iniziale, la Ki, il vertice deutorocattolico abbia aggiunto al monogramma costantiniano una seconda iniziale, la R o Ro, con cui il monogramma originario cessava di essere quello proprio di Costantino e diventava chiaramente quello di Cristo. Con questo trucchetto si inventava l’improvvisa e miracolosa conversione e cristianizzazione di Costantino. E nasceva nel contempo la puerile e ridicola leggenda della croce in cielo vista da Costantino. I monaci cattolici erano capace di questa invenzione. Contemporaneamente nacquero le interpolazioni documentarie a sostegno di questa leggenda. Il tutto è molto verosimile, fratelli miei. E’comunque certo che si tratta di insostenibili leggende medievali. La cosa più grave in questa faccenda è data dal fatto che tale evidente falsificazione, per tanti cattolici, in buona o mala fede che essi siano, nonostante tutto quello cha da secoli si scopre e si scrive su Costantino, sia ancora moneta corrente.