Ordini Cavallereschi Crucesignati

Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.

mercoledì 5 dicembre 2007

Giacindo Dragonetti -1765

Rare volte capita nella storia italiana che l'unità d'intenti tra le diverse ragioni e le personalità più diverse si realizzi, ma quando si raggiunge questi risultati, sono meravigliosi.
La più recente, la più nota e la più elevata, in campo culturale, si attuò tra il ricco industriale milanese, Treccani, e il grande filosofo siciliano,Giovanni Gentile, che generò un'opera colossale, tutt’oggi valida, anche se concepita in tempi di acceso nazionalismo: l’Enciclopedia Italiana, seconda a nessun’altra produzione del genere. Essa tuttavia fu preceduta almeno da un'opera geniale, ma dimenticata: Delle virtù e dei premi di Giacinto Dragonetti, pubblicata nel 1765. In quel tempo riscosse molto successo: non solo ebbe molte edizioni in varie città italiane, ma anche numerose traduzioni: in francese, in inglese, in russo e in spagnolo. Poi l’oblio.
L'antecedente dell'opera qui considerata è costituito da Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria: pubblicata nel 1764 e posta all'Indice nel 1776. In questo libro di Beccaria si era già preoccupato di prevenire i delitti: “E' meglio prevenire i delitti che punirli. Questo è il fine principale di ogni buona legislazione che è l'arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o d'infelicità possibile.” (cap. XLI ) Tra i vari mezzi che il celebre scrittore enumera, si trova anche quello delle ricompense: “ Un altro mezzo di prevenire i delitti è quello di ricompensare le virtù. Su di questo proposito osservo un silenzio universale nelle leggi di tutte le nazioni del dì d'oggi.” (cap. XLIV).
Proprio partendo da questo spunto ,viene impostato il trattato di Giacinto Dragonetti. Infatti il principio basilare della speculazione del Marchese abruzzese, nato a L'Aquila nel 1738 (il medesimo della nascita di Beccaria a Milano ) e morto a Napoli nel 1818, consiste nell'affermare che:“Nulla di più assurdo del considerare uguali le azioni degli uomini.” (p.I) (1) A ciò aggiunge : “La scarsezza delle virtù è ai giorni nostri un effetto della mancanza di premi.” (p.II)
Fondamentale è il concetto di virtù di tipico stampo illuministico: “ Si diede il nome di virtù a tutte le azioni che riguardano l'interesse degli altri o a quella preferenza del bene altrui sul proprio.” (p.6) A ciò aggiunge : “La scarsezza di virtù è ai giorni nostri un effetto della mancanza di premi.” (p. II).
Questa affermazione avrebbe senz'altro fatto inorridire Kant, secondo il quale la virtù è premio a se stessa, tuttavia bisogna notare che la società umana è fondata sul reciproco riconoscimento degli uomini dei loro vizi e delle loro virtù.
Il libro non poteva evitare di essere scandaloso,come quando rifacendosi a Rousseau, invoca un'equa ripartizione delle terre: “ Rendeteci, illegittimi possessori, quelle terre che ci avete usurpate e che siete nell'impossibilità di coltivare. Allora ci vedrete più di voi impegnati per la Patria, che ora odiamo per essere il teatro del nostro avvilimento.” ( 32 sg. )
Nell'ardente Napoletano, il Dragonetti era suddito di quel regno, non mancò né la retorica né un'ardita immaginazione, come in questa acuta definizione di commercio : “ E' il commercio una comunicazione reciproca che gli uomini tra loro si fanno della produzione delle loro terre, e delle loro industrie.” ( p. 93 ) Questo stesso stile non impedisce all'Autore un cenno di elogio a Federico II Holhenzollern, dopo quello tributato al Ginevrino. (p. 47 )
Che cosa accomunò il freddo speculatore lombardo ,qual fu il Beccaria, col fantasioso ed entusiasta Napoletano? Il senso civico quale si può desumere dalle loro biografie.
Beccaria nel 1771 venne nominato consigliere del Supremo Consiglio di Economia, nella Lombardia austriaca, che costitui il coronamento della sua carriera e la sua fine di scrittore. Sembrò infatti che si fosse spenta in lui quell'ispirazione che l'aveva guidato negli anni di gioventù, ma in quel suo anonimato rimase vivo il desiderio di servire i suoi compatrioti. In questa fede morì nel 1794 a Milano. Dragonetti invece morì a Napoli nel 1818, dopo aver ricoperto cariche importanti, cui impresse il suo sigillo di progressista.
Quale il fondo di verità della dottrina di Dragonetti? Lo possiamo incontrare nella psicologia comportamentista, sorta nel Novecento negli Stati Uniti, di cui fu inconsapevolmente precursore e uno sconosciuto antecedente.
Non so se sono risuscito a scrivere qualcosa d'interessante. Non sono stato certo brillante, ma prego il paziente lettore se non di essere grato a me, di esserlo al mio amico, Cel. Gra., che mi ha suggerito l'idea, che può essere sviluppata più adeguatamente e approfonditamente da altri. (1) Le citazioni del Dragonetti sono tratte dalla pubblicazione Delle virtù e delle pene, conservato alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano: Sala Fosc. 02.0046 bis/5. Le pagine indicate a lato rispecchiano questa edizione compiuta a Venezia nel 1757.
Tratto dai quaderni di Serenamente

Nessun commento: