Gentili amici del blog, Vi presento la Dottoressa Anna
CHECCOLI, quale collaboratrice del blog International-La redazione
****
CURRICULUM
Anna Checcoli ha una
laurea in giurisprudenza ed una specializzazione in psicopatologia forense,
vive
e lavora a Firenze. I suoi studi e l'amore per l'arte l'hanno condotta ad una
ricerca approfondita
delle
implicazioni che discendono dal legame fra l'essere umano e gli oggetti di uso
quotidiano, con
particolare
attenzione alle epoche passate. La sua attività è oggi indirizzata verso lo
studio dei
ventagli,
e si realizza nel restauro di esemplari antichi e nella stesura di testi e
saggi ad essi dedicati.
Ha
tenuto lezioni sull’argomento in Scuole Elementari del comprensorio fiorentino
ed in Istituti di
Moda,
conferenze su invito della sezione Rotary Marino Marini, dell’Associazione
appassionate
romanzi
storici “La vie en rose” e presso la Mostra del ricamo e del tessuto in
Valtopina, assieme
alla
Dott.ssa Giordana Benazzi ed al sociologo Roberto Segatori. Ha collaborato con
la rivista
Etiquette,
con Collectors Weekly, British Optical Museum, Fan Circle International, Cercle
de
l'Eventail
e FANA ( Fan Association of North America) scrivendo articoli e monografie. Le
sue
ultime
due pubblicazioni sono "Il ventaglio e i suoi segreti" e
"Ventagli cinesi giapponesi ed
orientali"
ambedue edite da Tassinari, la prima delle quali riedita anche nella traduzione
russa. La
sua
collezione è stata oggetto di studio da parte di molti Istituti Universitari e
di alcune tesi di
laurea,
fra le quali possiamo citare quella di Francesca Dalle Crode presso
l'Università di Torino -
corso
in Scienze dei Beni Culturali, e quella di M.me Anne Ferrette, presso
l'Université de la
Sorbonne,
oltre che di numerose esposizioni in città italiane ed europee. I suoi ventagli
sono apparsi
anche
su riviste quali Vogue gioiello, Chi, Antiquariato, Collezionare, La Gazzetta
dell'Antiquariato,
Weranda
Magazine, e ancora su Rai 2, nella trasmissione Piazza Grande del 15 maggio
2008, su Rai
1,
nella trasmissione Uno Mattina del 7 agosto 2013 e di nuovo su Rai 2 nel
novembre 2013, oltre a
“Storie
di collezioni” su TV2000 il 3 Marzo 2016, “I fatti vostri” su Rai 2 il 29 Marzo
2016 e nella
rubrica
del Tg2 “Costume e società” del 27 Settembre 2017.
Studiosa
di esoterismo, collabora inoltre con la rivista Officinae, organo ufficiale
della Gran Loggia
d'Italia ALAM, ed è fra gli articolisti dell'International
Web Post.
Di
Anna CHECCOLI
La
Muratoria delle origini e l’Opera di Santa Maria del Fiore
a Firenze
Anna Checcoli
«E
il Re e tutti i Signori garantirono ciò. Ed essi portarono i loro figli a
Euclide
perché
li dirigesse a suo piacimento ed egli insegnò loro quell'Arte, la Massoneria, e
le
diede il nome di Geometria, a causa della divisione del terreno che aveva
insegnato
alle
persone al tempo della costruzione delle mura e dei fossati, e Isidoro dice,
nelle
Etymologiae,
che Euclide la chiamò Geometria. Ed egli diede loro il compito di
chiamarsi
l'un l'altro Compagno e non altrimenti, perché appartenevano a un'Arte ed
erano
di sangue nobile e figli di Signori»
Mi
accingo ad affrontare un tema complesso, quello della Muratoria delle origini,
vedremo
poi circoscritto esattamente a cosa e quando, partendo da un testo molto
importante,
direi basilare: il Manoscritto di Cooke.
Questo
fu redatto in inglese antico nel primo trentennio del XV secolo e tradotto per
la
prima volta in italiano nel 1989. Probabilmente ancora in uso presso le Crafts
inglesi
del XVI secolo, contiene una parte normativa divisa in nove articoli e nove
punti
preceduta da una narrazione mitica delle origini della Massoneria, struttura
che
servì
da canovaccio al pastore Anderson per le sue Costituzioni
del 1723.
Tale
narrazione è dunque incentrata sulla geometria, «origine di tutte le arti
liberali»;
la
trasmissione delle arti liberali nel tempo affonda quindi le sue origini nel
Quattrocento,
ed è stata riscritta al principio del Cinquecento, essenzialmente per due
motivi.
In primis, ancorare l'Ars aedificandi alle arti liberali e specificatamente
alla
geometria
consentiva di emanciparla dalle arti minoritarie, meccaniche o servili,
processo
che inizia proprio nei primi anni del XV secolo grazie agli artisti italiani.
Tale
aspirazione relativa all’architettura è ciò che l’autore del manoscritto
manifesta
attraverso
la citazione di fonti antiche e autorevoli.
Il
secondo motivo è la necessità di ribadire che il sapere delle origini non si è
interrotto
con il diluvio; quindi il mestiere (notiamo che la derivazione dall’etimo
ministerium
ha una interessante assonanza con mysterium), la sua tradizione e
trasmissione,
sono integri, senza soluzione di continuità. Questo al fine di potervi
mantenere
un’aura di sacralità, anteponendo le origini delle arti liberali alla
confusione
delle lingue avvenuta con la torre di Babele.
Nel
manoscritto di Cooke affiora il tema delle due colonne, che i discendenti
d'Adamo
eressero temendo che l'ira di Dio cancellasse con un cataclisma la razza
umana
e la sapienza originaria. La principale fonte di questa leggenda è Giuseppe
Flavio,
che nelle sue Antichità giudaiche racconta dei figli di Seth.
Benché
in Cooke siano, tuttavia, gli eredi di Caino, e non di Seth, a erigere le due
colonne,
così come a ritrovarle furono Ermete e Pitagora, notiamo che tuttavia
l’Egitto
gioca un ruolo fondamentale nella trasmissione della scienza muratoria in
quanto
l’autore del manoscritto così afferma: «In
tale modo la suddetta Arte, iniziata
in Terra d'Egitto, si propagò di Terra in Terra, di
Regno in Regno».
Il
tema delle due colonne della sapienza verrà ripreso da Anderson, ulteriore
segnale
che
il manoscritto di Cooke fu il canovaccio del pastore.
Poco
prima del manoscritto di Cooke, però, fu redatto il Regius Manuscript,
che è del
1390.
Anche in esso si identifica l’Egitto come patria d’origine e si ritiene Euclide
primo
maestro, inoltre si racconta l’origine mitica della Massoneria come Geometria,
arte
e scienza applicata alla muratoria. L’opera è scritta in versi, e l’appendice,
intitolata
Ars quatuor coronatorum, oltre a quanto detto prima e alla definizione delle
regole
di condotta dei liberi muratori, racconta il mito dei “Santi Quattro Coronati”
ripreso
dalla Legenda Aurea, una raccolta medievale di biografie agiografiche
composta
in latino da Jacopo da Varazze, un riferimento indispensabile per
interpretare
la simbologia e l'iconografia religiose.
Legata
all’immaginario biblico è, inoltre, la figura di Hiram. Nella bibliografia
contemporanea
si sostiene che i gradi massonici fossero inizialmente due,
l’apprendista
e il compagno, mentre il termine maestro servisse ad indicare il fratello
incaricato
di presiedere la seduta dell’Ordine. Si sostiene inoltre che tale termine
subisca,
con l’immissione della leggenda di Hiram, un processo di tipizzazione tale
che
l’introduzione degli Alti Gradi avvenuta con le costituzioni del 1762 per i 25
gradi
del Rito di Perfezione, e l’introduzione dei 33 gradi del Rito Scozzese Antico
ed
Accettato
nel 1801, non scalfiranno in alcun modo.
Le
documentazioni in mio possesso, però, relative all’Opera del Duomo di Firenze,
ci
raccontano
anche qualcosa di diverso…
Non
mi soffermerò sulle differenti versioni relative al mito dell’architetto del
tempio,
non
essendo questo il tema della mia trattazione in questo luogo, né sul dibattito
fra le
massonerie
inglesi e scozzesi in merito alle interpretazioni riguardanti la cosiddetta
Mason Word, cioè se
la lettera “G” significhi God o un termine di sostituzione il cui
significato
l’iniziato debba scoprire lungo il suo cammino. Nella mia opinione, la
lettura
del Manoscritto Regio e di quello di Cooke danno una risposta chiara ed
esaustiva
in merito.
L’ingresso
di nuovi soggetti in seno all’Ordine muratorio, provenienti per la maggior
parte
dall’emergente ceto intellettuale ed iniziati grazie alla pratica
dell’accettazione,
fu,
insieme al declino dell’ordinamento corporativo e delle confraternite di
mestiere,
la
ragione del mutamento di indirizzo di un concetto di Massoneria ormai in crisi,
che
lentamente
si trasformò anche in speculativa, grazie all’introduzione di tematiche
appartenenti
alla cultura ermetica, alchemica e qabbalistica, dilaganti in Europa già
dal
XV secolo.
Con
la nascita della Grande Loggia di Londra, evento spartiacque della storia
massonica,
la Massoneria inizia ad assumere una fisionomia del tutto nuova:
mantiene
i legami con la religiosità, attitudine caratterizzante dell’epoca operativa,
che
tuttavia, a causa degli sconvolgimenti religiosi avvenuti nell’Europa dal XVI
al
XVII
secolo, inizia ad assumere un peso inferiore all’interno delle logge, e
accoglie
elementi
provenienti dal ceto intellettuale, cosa che portò le logge ad essere non più
preminentemente
un “centro spirituale”, ma a trasformarsi in microrganismi politici
della
società civile.
Tutto
questo comporterà un cambiamento radicale in una realtà che, sorta come
confraternita
di mestiere e basata su una tradizione iniziatica, si avvierà verso un
nuovo
tipo di organizzazione in cui elementi un tempo considerati “profani” pongono
nuovi
interessi e valori.
Ma
siamo così certi che questo processo, realizzato e compiuto definitivamente in
tal
guisa
nell’Inghilterra del XVIII secolo, sia l'unico possibile, senza tener conto di
fenomeni
di tal genere evolutisi assai prima in Italia?
Facciamo
dunque un passo indietro, e torniamo al periodo fra il V e l’XII secolo.
I
documenti scritti reperiti sono piuttosto rari, soprattutto quelli sulle
confraternite di
mestiere,
che furono straordinariamente importanti nella vita, nella storia e nell'arte
dell'Europa
medievale; si ha comunque notizia di comunità celtiche strutturate come
una
sorta di monaci-muratori, si sa che gli ordini cavallereschi o monastici
intrapresero
la costruzione di chiese, monasteri, castelli.
Insieme
ai Magistri Comacini, il VI-VII secolo d.C. vede anche il sorgere della
comunità
benedettina, in cui il monaco concilia lavoro e preghiera e costruisce edifici
sacri
accanto ai refettori ed ai laboratori.
Nell’Editto di Re Rotari,
del 643, si fa un chiaro riferimento ad una società di
muratori,
provenienti dal territorio di Como, i Comacini, appunto, (esulando dalle
interpretazioni
fantasiose che molti storici hanno dato del loro nome), esercenti l’arte
del
costruire, e anche nel 713, nell’Editto
di Re Liutprando, nella cui appendice vi è il
famoso
Memoratorio, ove si parla delle spese, delle tariffe, persino dello
stile
Romano
e Gallico utilizzato da questa società di Maestri Comacini.
Le
confraternite non erano semplici corporazioni in quanto, oltre a riunire chi
esercitava
un'arte, trasmettevano anche insegnamenti etici e spirituali. Era inoltre
luogo
di riconoscimento sociale e culturale, con proprie norme e gerarchie. I segreti
edificatori
erano noti solo a coloro che vi appartenevano. Esisteva dunque una sorta
di
“aristocrazia” dell'arte di edificare per cui in ogni cantiere di cattedrale
c'era
qualche
decina di Maestri muratori, mentre il resto era rappresentato da altro tipo di
prestatori
d’opera. Erano ammesse anche le vedove dei maestri, in quanto eredi dei
loro
diritti. Nel Poema Regius, addirittura, si fa chiaramente riferimento alla
presenza
femminile:
«…E così ciascuno insegnava
all’altro e si amavano come Fratello e
Sorella…»
Essi
si riunivano in umili baracche attigue al cantiere, chiamate logge, che troviamo
talvolta
raffigurate nelle miniature medievali, appoggiate al muro del cantiere, e qui
tagliapietre,
scultori, scalpellini, si riunivano per ascoltare le parole del Maestro e le
sue
direttive, dove si giurava di rispettare i segreti del mestiere, gli obblighi e
le
regole,
si apprendevano le parole e i segni per riconoscersi tra muratori anche durante
le
loro migrazioni da una loggia all’altra. Luogo di origine e culla dei Maestri
Comacini
e delle loro associazioni di Liberi Muratori fu la Lombardia, dove troviamo
per
la prima volta, in un atto notarile del 918, scritta la parola “Massonica” e
cioè:
Petelpertus de Graveduna vende a Alloni una “casa
Maconica”.
Dalla
Lombardia si espansero in Inghilterra, in Scozia, a San Pietroburgo e a
Costantinopoli,
furono il nucleo originario delle “Logge Frammassoniche”, composte
sul
principio da soli Maestri Architetti, Costruttori e loro “colleganti”.
In
questo contesto, di cui tanti hanno scritto, senza, spesso, entrare in contatto
con le
fonti
originarie, ecco che si inserisce il mio lavoro di ricerca, iniziato quasi per
caso,
imbattendomi
nella digitalizzazione e trascrizione dei documenti dell’Opera del
Duomo,
cioè quelli conservati a Firenze presso la Fondazione, legati alla costruzione
della
nostra cattedrale fiorentina, i cui lavori sono iniziati nel 1296 e terminati
dal
punto
di vista strutturale nel 1436.
Le
fonti reperite, di una vastità impressionante e conservate in modo
ineccepibile,
partono
dal 1416 e procedono fino alla fine dei lavori. Da queste emerge un contesto
in
parte assai diverso da quello che siamo abituati a sentirci propinare da anni e
anni a
causa
dei testi in circolazione e della loro elaborazione. La prima cosa di cui mi
sono
resa
conto, in totale contrasto con la reiterata convinzione che le leggi scritte in
proposito
fossero all’epoca quasi nulle, è stata la consistenza del corpus normativo
correlato
alle attività di ogni singola persona che avesse a che fare a vario titolo con
l’Opera
del Duomo.
Tutto
era regolato, dai salari alla spesa, per fare un esempio, stabilita per
l’acquisto
dei
guanti bianchi in capretto per gli operai che avevano ottenuto il privilegio di
essere
scelti come accompagnatori per le processioni che si svolgevano in occasione
di
festività religiose. E ancora erano normate le punizioni per i manovali
svogliati, e
per
quelli che si allontanavano senza permesso. Poteva infatti capitare che
qualcuno
facesse
il furbo, e lavorasse contemporaneamente in due cantieri, cosa vietatissima
senza
la licenza di prestazione d’opera in altro loco.
Financo
le spese per il vino di cui si poteva ogni tanto gratificare i lavoratori, con
cautela,
in quanto esso era vietato, o per qualche cibo più prelibato, erano stanziate,
approvate,
registrate e comunicate ufficialmente.
Accadeva
anche che qualche prestatore d’opera si macchiasse di delitti, in questo
comprendendo
le percosse conseguenti a qualche rissa, ed ecco pronta la sanzione,
immediatamente
trascritta e comunicata alla comunità.
Sì,
una grande comunità regolata come un orologio, dove niente era lasciato al
caso.
Vi
è però, almeno nel caso fiorentino e sicuramente toscano, un primo particolare
che
colpisce:
i muratori non solo facevano parte dell’Arte degli scalpellini, tanto per
citarne
una, ma soprattutto e in maggior quantità dell’Arte della Lana. Questo ci fa
riflettere
sul fatto che l’appartenenza non era sempre legata al tipo di mestiere, ma
anche
alla zona in cui certe attività si svolgevano. Esisteva anche l’Arte dei
Maestri,
cui
appartenevano maestri di cazzuola e di scalpello, come da Bando emesso il 17
Marzo
1417, valido fino al 1418.
L’introduzione
e l’applicazione di una delibera per la realizzazione di un “Luogo per
Operai”
avverrà relativamente tardi nella fattispecie fiorentina: il 9 Dicembre 1432.
Questo
non significa che prima non esistesse un rifugio per i lavoratori, la
cosiddetta
loggia,
ma in questo caso si identifica una costruzione vera e propria; il decreto si
intitola
infatti “Scelta del casolare degli
Alessandri e prima dei Tedaldi come sede
delle maestranze e degli ufficiali e autorizzazione a
farvi l'udienza degli operai e il
luogo del provveditore e del notaio”.
Qui
è dove gli operai e i maestri scalpellatori dovranno ritirarsi dopo quella che
viene
definita
la “clausura”, cioè il termine dell’orario di lavoro, in considerazione del
fatto
che
molti di loro hanno la propria dimora lontana, o non l’hanno affatto! Dove Ser
Brunelleschi
parlava con loro, confrontandosi sulle decisioni da prendere.
Cito
parte del testo:
«Dichiararo e diliberaro che 'l chasolare che
ll'Opera à in pengnio dagli Alesandri, che fu de'
Tedaldi, sia quello dove l'Opera e gli operai cho
maestri, manovali, scharpelatori, proveditore,
notaio e altri ministri sia quello s'aoperi; e che
Batista e Filippo di ser Brunellescho posano in
quello luogho fare udienza per gli operai e luogho di
provedittore e notaio dove a lloro più
piacerà.»
Facendo
qualche passo indietro, esattamente al 5 Maggio 1419, ecco che spunta un
lungo
giuramento degli operai, relativo anche al rispetto della tempistica nello
svolgimento
dei lavori. Riporto qui il testo, in cui possiamo notare una cosa davvero
interessante,
che già avevo accennato precedentemente: gli operai sono spesso presi
fra
i virgulti della nobiltà cittadina. Era infatti questo non solo un onore di cui
i nuovi
nobili
andavano orgogliosi, ma anche un compito non adatto a tutti.
La
mansione di operaio non era squalificante, anzi presupponeva una certa dose di
cultura
e di consapevolezza nella propria attività, e quindi troviamo un Vecchietti, un
Albizi,
un de’ Minerbetti, e ancora Corsini, Sacchetti, tutti facenti parte dell’Arte
della
Lana.
«Prudentes
et discreti viri
Iacobus
Vannis de Vecchiettis
Pierus
domini Zanobi de Mezola
Lucas
domini Masi de Albizis et
Iohannes
Andree Betti de Minerbettis
cives
honorabiles et lanifices florentini operarii Operis Sancte Marie del Fiore
maioris cathedralis
ecclesie
florentine, una cum
Iohanne
Mattei de Corsinis et
Forese
Antonii de Sacchettis
eorum in dicto officio collegis
licet tunc absentibus, insimul in dicto Opere et loco eorum solite
audientie
pro dictorum eorum officio exercendo more solito collegialiter adunati, dictis
tamen Piero,
Luca
et Iohanne de novo intrantibus ad dictum officium primo et ante omnia iuratis
ad sancta Dei
evangelia
scripturis corporali manu tactis ad delationem mei Laurentii Pauli notarii
dicti Operis de
dicto
eorum officio bene, fideliter, legaliter et sollicite faciendo et exercendo et
pecuniam dicti
Operis
conservando et ipsam non expendendo nisi si, prout, ubi et quando crediderunt
fore utile pro
dicto
Opere et de dicto Opere nichil quomodolibet extrahendo directe vel indirecte in
venditione,
mutuo
vel dono vel alio quoquo modo; et formam hedificii dicti Operis sequendo
secundum
formam
modelli ad id designati et facti, positi et existentis iuxta campanile dicte
ecclesie et alia
quelibet
faciendo que facere tenentur et debent secundum formam statutorum et
ordinamentorum
Communis
Florentie et universitatis Artis Lane et dicti Operis sub pena in dictis
ordinamentis
contenta.
Advertentes ad quandam locationem factam per eorum precessores in officio et
seu per
alium
ex commissione dictorum eorum precessorum, licet verbotenus et per scriptam
privatam, in
certis
magistris de faciendo et murando voltas sale maioris habituri Pape in Sancta
Maria Novella
pro
soldis quinque f.p. pro quolibet bracchio omnibus suis expensis exceptis
mattonibus sive
mezanibus
et calce; et ad quandam aliam locationem dicto modo et ut supra factam certis
aliis
magistris
de intonicando dictam maiorem salam pro denariis quinque f.p. pro quolibet
bracchio
omnibus
eorum expensis excepto solum calcem, omni modo etc. deliberaverunt etc. quod
capomagister
sive vice capomagister et provisor dicti Operis mensurent dictas voltas et
dictum
murum intonicatum et quod dictis magistris
solvatur secundum dictas locationes etc….»
Il
1° Aprile 1418 viene citato anche un “Messer Cavaliere operaio”, nella persona
di
Rinaldo
Gianfigliazzi, che sarà operaio in carica durante il semestre.
Sì,
perché l’alternanza della prestazione d’opera aveva ritmi ed avvicendamenti ben
precisi,
squadre che lavoravano a periodi di quattro mesi alla volta oppure di sei. Nel
caso
di quattro, firmavano contratti, o meglio giuramenti e impegni, che li
obbligavano
a tornare nella stagione dell’anno successivo. Vi erano lavoratori estivi e
lavoratori
invernali, e, a vedere dai documenti, non vi erano differenze di stipendio
fra
le stagioni, che variavano, invece, secondo le mansioni e i gradi, fra i 10 e i
20
soldi
giornalieri, con qualche picco inferiore forse destinato ai bambini, escludendo
coloro
che prestavano opera gratuitamente. Ogni lavoratore comunque è citato con
nome
e cognome, e non sono rari i casi in cui il salario conteneva anche frazioni,
che
venivano
computate in denari. Esistevano libri accuratissimi, chiamati delle
deliberazioni, che
venivano tenuti dai Notai. Dal 1 Novembre 1416 al 31 Dicembre
1417,
per esempio, vi fu preposto Lorenzo di Paolo di ser Guido Gigli, notaio
dell'Opera.
Difficile
esprimere l’emozione provata trovandosi di fronte, all’improvviso, alle
delibere
di pagamento a Donatello, definito in alcune di esse Operaio, per la
realizzazione
della statua di Abacuc e di altri personaggi. Egli ricevette
complessivamente
la cifra, sostanziosa, di 80 fiorini, da elargire in parte anche ai suoi
collaboratori.
In
un documento del 22 Ottobre 1418 l’intestazione recita: Salari per Maestri,
Manovali
e Ragazzi. In alcuni casi troviamo anche segnalati i pueri,
ugualmente al
lavoro.
Mai, però, con la qualifica di Apprendisti. Da un quadro d’insieme emerge
che
la struttura di questa grande macchina era costituita dal Provveditore,
Capomagister,
Vice Capomastro, Maestro ( di cui esistevano molteplici
specializzazioni),
Operaio (nobile), Compagno, Manovale, Ragazzo e Puero.
Tralasciando
Camarlinghi, Notai, ecc…I Compagni vengono sempre identificati
come
“compagni di”, illuminandoci quindi sul fatto che tale qualifica era data in
rapporto
all'appartenenza ad una compagnia di qualche Maestro.
Più
esattamente, i principali incarichi dell'Opera, uffici riservati agli iscritti
dell'Arte
della
Lana, istituzione madre dell'Opera di Santa Maria del Fiore, erano appunto:
OPERAIO
Massimo
incarico dell'Opera, non retribuito. Nel periodo degli Anni della Cupola, di
regola,
sei operai, estratti a sorte tra i qualificati allo scrutinio degli iscritti
dell'Arte
della
Lana, si alternano per periodi di quattro mesi (4 entrano in carica nel gennaio
di
ogni
anno, 2 in marzo, 4 in maggio, 2 in luglio, 4 in settembre, 2 in novembre).
Essi
costituiscono
il corpo deliberante con autorità di determinare le scelte istituzionali,
progettuali
ed economiche dell'Opera. Le delibere e gli stanziamenti sono dettati
dagli
operai, e possono essere revocati solo con l'approvazione dei consoli dell'Arte
della
Lana. Tra gli operai veniva spesso tratto un Preposto dotato di poteri
esecutivi
nell'intervallo
fra le riunioni degli Operai.
CAMARLINGO
Tesoriere
dell'Opera, estratto a sorte tra i qualificati allo scrutinio degli iscritti
dell'Arte
della Lana. Svolge la propria attività retribuita per un periodo di 6 mesi, a
partire
dal 1 gennaio e dal 1 luglio di ogni anno. Tiene i libri contabili dell'Opera,
incassa
le spettanze ed effettua i pagamenti autorizzati dagli operai; è personalmente
responsabile
delle propria gestione finanziaria.
QUATTRO
UFFICIALI DELLA CUPOLA
Ufficio
istituito nel 1419 per affiancare lo schieramento ordinario degli operai nel
seguire
da vicino la costruzione della cupola; è costituito da quattro membri
appositamente
eletti dall'Arte della Lana per la durata di un anno, è variamente
rinnovabile
e non retribuito. Organo consultivo, non autorizzato a delibere o
stanziamenti.
QUATTRO
UFFICIALI DELLA SACRESTIA
Ufficio
elettivo non retribuito dell'Arte della Lana, istituito per la prima volta nel
1413,
ma stabilmente solo dal 1426, per difendere ed esercitare i diritti dell'Arte
della
Lana
nella gestione de divinis in cattedrale. Dal 1427 furono riunite sotto di loro
anche
le funzioni degli ufficiali della cupola. Nelle fonti questi alti ufficiali
compaiono
spesso, seppure impropriamente, denominati Sagrestani.
UFFICIALI
SOPRA L'ALTARE E SEPOLTURA DI SAN ZANOBI, GLI ORGANI,
I
PERGAMI E ALTRI LAVORI
Ufficio
elettivo dell'Arte della Lana, non retribuito, di durata indeterminata
istituito
nel
1432 per sollecitare e gestire direttamente alcuni prestigiosi lavori
all'interno della
croce
della chiesa in previsione della sua apertura al culto. Fu composto da tre
exoperai,
tra
cui Matteo di Simone Strozzi fino al suo allontanamento per via dell'esilio,
che
lo colpì nel 1434. Essi ebbero inizialmente autorità di distribuire fondi per i
progetti
loro affidati, ma la gestione non risultò efficace e l'ufficio fu soppresso nel
1437.
RAGIONIERI
DELL'ARTE DELLA LANA
Ufficiali
eletti dall'Arte tra i propri iscritti per rivedere le ragioni dei camarlinghi
dell'Opera.
Incarichi
elettivi accessibili agli esterni dell'Arte della Lana.
NOTAIO
Notaio
dell'Opera eletto dall'Arte della Lana, normalmente per periodi annuali
rinnovabili.
L'incarico, retribuito, comprende la rogazione e redazione ufficiale in
latino
di tutti gli atti degli operai, quali le delibere e gli stanziamenti.
PROVVEDITORE
Ufficiale
amministrativo salariato, eletto dall'Arte della Lana, con incarico di durata
variabile
e rinnovabile. Il provveditore segue i lavori e le forniture del cantiere e
tiene
per
conto proprio copia degli stanziamenti e di altri atti, redatta in volgare.
CAPOMAESTRO
Incarico
elettivo dell'Arte della Lana di capocantiere dell'Opera, salariato. Nel
periodo
precedente la costruzione della cupola esso comprendeva tradizionalmente un
importante
ruolo progettuale. Negli Anni della Cupola, invece, l'ufficio verrà
denominato
di Capomaestro dell'Opera per distinguerlo da quello degli architetti
responsabili
del progetto della cupola, Brunelleschi e Ghiberti, propriamente noti
come
Provveditori della Cupola. In questo periodo l'incarico, annuale e rinnovabile,
è
stabilmente
ricoperto da Battista d'Antonio, che comparirà anche come Vice
Capomaestro
dell'Opera, quando lascerà l'incarico formale al figlio.
PROVVEDITORI
DELLA CUPOLA
Per
gli Anni della Cupola vi sono due provveditori responsabili del progetto e
della
realizzazione
della cupola, Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti, eletti dall'Arte
della
Lana con incarico annuale rinnovabile fino alla fine del lavoro. L'ufficio è
variamente
retribuito nel corso degli anni.
SCRIVANO
DELLE GIORNATE
Ufficiale
eletto a seguire le presenze delle maestranze nel cantiere dell'Opera;
incarico
rinnovabile con retribuzione salariale.
MESSI
ED ESATTORI
Ufficiali
eletti dagli operai per servire il loro ufficio nelle commissioni e per le
riscossioni
delle spettanze in città e in contado. Ufficio di durata variabile e
rinnovabile,
variamente retribuito.
AVVOCATO
DELL'OPERA
Ufficio
straordinario per elezione diretta da parte dell'Opera al fine di tutelare i
propri
interessi
in eventuali vertenze. La nomina è tipicamente annuale, retribuita con
onorario.
NOTAIO
DEI TESTAMENTI
Incarico
elettivo da parte dell'Opera, saltuario e talvolta retribuito a provvigione
anziché
a salario, per la rilevazione e la riscossione dei diritti spettanti all'Opera
sui
testamenti.
RAGIONIERI
Ufficiali
eletti dall'Opera per seguire i propri diritti presso gli uffici comunali, come
le
prestanze e le nuove gabelle, tenuti a contribuire alle finanze della
cattedrale. Si
tratta
di incarichi retribuiti di durata normalmente limitata e saltuaria nel tempo.
Uffici
elettivi dislocati rispetto alla gestione centrale dell'Opera
GUARDIA
DELLA SELVA
Ufficio
elettivo dell'Opera per tutelare i propri interessi nelle foreste del Casentino
attribuitele
dal Comune. Incarico salariato, rinnovabile, di durata variabile.
PROVVEDITORI
DI CANTIERI ESTERNI
Sono
varie e numerose le situazioni che hanno dato luogo all'elezione, da parte
dell'Opera,
di personale salariato con l'incarico di seguire sedi di lavori dislocate
rispetto
alla Cattedrale. Così si trovano provveditori abilitati alla cava di
Trassinaia,
ai
lavori dell'appartamento papale in Santa Maria Novella, alle fortificazioni in
contado.
I
Maestri erano veramente tanti, e ognuno si dedicava alla propria specialità.
Poteva
essere
vetraio, addirittura musico, ma quelli che a noi più interessano sono lo
scalpellino
(o scalpellatore), il maestro di piccone, il maestro di cazzuola, quello per
la
lanterna.
A
questo proposito, interessantissimo è un decreto del 1417 che nominava i
maestri di
piccone
con relativo capomagister per la costruzione della strada che portasse alla
Selva,
i quali dovevano anche tenere il conto delle spese necessarie per inviare gli
operai
a prendere il legname di cui vi era necessità. Il bacino di approvvigionamento
cui
ci si riferisce erano i boschi casentinesi, mentre le pietre venivano ricavate
nei
pressi
di Settignano dove, durante una passeggiata, ho trovato un cartello che indica
la
“Sentieristica degli Scalpellini”.
Sono
repertoriate addirittura le spese per l’acquisto della pietra per il filo a
piombo,
quelle
per i compassi con segno dell'Arte Lana , eseguito da Giovanni d'Antonio di
Banco,
intagliatore di pietre, ed il premio mensile di un fiorino per un Maestro, così
come
la paga di due mesi di uno Scalpellatore o l’importo dovuto all’Opera del
Duomo
di Firenze quale cauzione da parte dell’Abbazia di Passignano a causa di un
loro
manovale che evidentemente era stato catturato a Firenze, e ancora l’acquisto
di
capretti
come dono agli Operai, il 6 Aprile 1417, molto probabilmente
approssimandosi
la Pasqua.
Curioso
un documento del 16 Aprile 1417 che attesta la “Elezione del sollecitatore di
maestranze lavoranti in alto. Francesco di Lorenzo,
sarto sollecitatore dei maestri e
manovali”; sì,
perché non tutti lavoravano lassù, alla cupola…Bisognava avere
qualità
particolari, non ultima quella di non soffrire di vertigini, ma anche grandi
capacità
muratorie.
A
questo proposito, quanti di noi hanno sempre creduto che Ser Filippo
Brunelleschi
si
presentasse ai maestri muratori e mostrasse loro il progetto da eseguire senza
discussioni?
Errore madornale! Il 31 Agosto 1418, infatti, si provvede ad eleggere i
maestri
per controllare la fattibilità del modello di Brunelleschi. Sono in realtà due
operai,
Giovanni Tommaso de Corbinelli e Piero Filippi del Signore Leonardo degli
Strozzi,
ad eleggere i Maestri in questione:
«Item
quod Iohannes et Pierus duo ex dictis operariis eligant magistros qui stent ad
videndum
laborium
et modellum Filippi ser Brunelleschi et si fieri potest ut dicunt etc.»
Sappiamo
quindi che Brunelleschi presentò il suo progetto e chiese alle maestranze se
erano
in grado di realizzarlo, sottintendendo con questo che se i Maestri Muratori
avessero
detto di no, no sarebbe stato. Ciò la dice lunga sull’autonomia e
insindacabilità
del loro giudizio, in quanto unici esperti ed esecutori.
Il
4 Febbraio 1425 viene emesso un «Ordine di seguire nell'avanzamento dei lavori
della
cupola il rapporto redatto da quattro esperti su commissione di tutti gli
ufficiali
responsabili»,
il cui testo, riportato per esteso, viene approvato, riservando piena balia
agli
operai e agli ufficiali della cupola, seguito dalla nomina di un Capomaestro
Maestro
Esperto, nella persona di Battista D’Antonio.
Interessante,
a questo proposito, il ritrovamento di una piccola cupola durante gli
scavi
effettuati da Cooperativa Archeologia per l’ampliamento del museo dell’Opera
del
Duomo. Considerata la sorella minore della Cupola del Duomo di Santa Maria del
Fiore,
posizionata nell’area dell’ex Teatro degli Intrepidi, in seguito trasformato in
un
garage,
potrebbe veramente essere il modello realizzato in miniatura per verificarne
la
fattibilità. In effetti è costruita con le creste e vele a coltello,
trasversali, a distanza
di
circa un braccio fiorentino e realizzata con mattoni in scala a spina di pesce,
la
stessa
tecnica usata nell’architettura della Cupola da Filippo Brunelleschi.
Gli
scavi avrebbero inoltre portato alla luce, nell’area del cantiere della Cupola
del
Duomo
(1420-1436), strutture databili tra il XIV e il XV secolo, riconducibili alle
attività
ivi svolte.
Concludo
il mio studio con la considerazione che esiste un legame mai interrotto con
il
passato, una trasmissione che viene da molto lontano e che rappresenta, in un
certo
senso,
il nostro vero “lignaggio”.
La
continuità con la tradizione è ciò che oggi ci qualifica, e il mio auspicio è
che ci
dedichiamo
maggiormente alla conoscenza di ciò che è avvenuto in Italia, culla di
una
evoluzione storica e umana che non ha riscontri altrettanto originali in altri
paesi.
Appartenere
all’Arte Muratoria è dunque un filo rosso senza soluzione di continuità,
che
si perde nella notte dei tempi e che ci rende orgogliosi nel ricordo di coloro
che
tanto
ci hanno lasciato, pur nella conservazione dei segreti necessari. Oggi il
concetto
di
segreto non è più relativo alle tecniche costruttive, ma coinvolge piani più
sottili
certamente
non meno importanti.
A
tal proposito, vale sempre la pena di ricordare ciò che asseriva Giacomo
Casanova
nelle
sue Memorie:
«Il segreto della Libera Muratoria è inviolabile per
sua propria natura, perché il
libero muratore che lo conosce, lo conosce soltanto
per averlo indovinato. Egli non
lo ha appreso da alcuno. L’ha scoperto a forza di
frequentare la loggia, di osservare,
di ragionare di dedurre».
BIBLIOGRAFIA:
Esistere
o apparire – Pirodda, Collesano, Moio, Ghidoni
Corpus
documenti digitalizzati Opera del Duomo – Firenze
Da
“operativa” a “speculativa”: origini ed evoluzione della Massoneria – L.C.
Schiavone
I Maestri Comacini: precursori italici della Masson