Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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giovedì 19 febbraio 2009
SAN FILIPPO NERI FU PERSEGUITATO DALLA CHIESA?
Giornalista e scrittore Vice direttore Il “Palazzuolo”
“L’attività più lucrosa sarebbe quello di comprare la gente per ciò che vale e rivenderla per ciò che crede di essere”.
Cari amici e fratelli, Vi sottopongo la storia di un religioso del cinquecento che ricorda quella del frate San Pio di Pietrelcina. Come padre Pio, San Filippo Neri fu perseguitato dalla Chiesa.
Lo accusarono di aver fondato una setta e di ispirare pratiche eretiche e di guarigioni, ma la sua santità lo fece riabilitare.
L’altra sera mentre attendevo i mio turno, in una sala di attesa, della mia città mi capita di sfogliare una rivista (senza copertina solo il nome dell’autore Ortale Enrica) il titolo che ispirava il travagliato ministero di San Filippo Neri, intorno all’anno 1500 o giù di li.
Pochi santi hanno ricevuto il dono di avere visioni divine come padre Pio: tra questi c’è stato San Filippo Neri, di cui in queste pagine si racconta la storia perché, conoscendo la vita di questo santo, che ricorda quello di Padre Pio, ameremo ancora di più il frate di Pietrelcina di San Giovanni Rotondo in prov. di Foggia. San Filippo Neri, vissuto a Firenze nel sedicesimo secolo, quando aveva le sacre visioni lasciava stupefatti i fedeli, che vedevano il suo corpo innalzarsi da terra di qualche metro e udivano battere il suo cuore, aveva il dono della bilocazione, ciò la possibilità di trovarsi contemporaneamente in due posti diversi. Inoltre compiva guarigioni miracolose e sapeva leggere nel pensiero della gente pur senza avere ancora preso i voti sacerdotali. Dopo questa premessa continuiamo a leggere la storia di questo misterioso santo.
Filippo Neri era considerato un santo, ma a 35 anni non era ancora un sacerdote. Era attirato dal desiderio di celebrare la Messa, però era frenato dal fatto che non si sentiva degno, incredibile ma vero, di indossare la tonaca. Lo tormentavano i dubbi, che credette poi di avere fugato grazie all’aiuto di due apparizioni. La prima fu quella di San Giovanni Battista, vestito come un asceta. La seconda fu invece quella di due anime dell’Aldilà completamente bianche. Una di loro gli porse un pezzo di Pane. Filippo interpretò quelle visioni come un esplicito invito a continuare la sua vita ascetica in mezzo al lusso di Roma. Ma poi Persiano Rosa un prete che era diventato da tempo il suo confessore, dopo molte insistenze lo convinse a prendere i voti: fu il vescovo di Sebaste, monsignor Giovanni Lune, a ordinarlo sacerdote il 23 maggio 1551, nella chiesa di San Tommaso in Parione. “Ma per lui celebrare la messa era un problema”, continua a raccontare don Giuseppe Goi, biografo del santo. “ Ne era talmente preso spiritualmente da non essere più in grado di controllare le proprie reazioni fisiche. Spesso il suo corpo tremava, era scosso anche in modo violento. Versare il vino e l’acqua nel calice, e poi sollevarlo, per don Filippo era una vera impresa e i fedeli se ne accorgevano. L’impronta lasciata dai denti sul calice dimostrava chiaramente che lui lo mordeva, per cercare di controllare le proprie emozioni. E allora prese l’abitudine di celebrare l’ultima Messa della giornata, quella in cui la chiesa era quasi vuota. “In compenso fu un confessore stacanovista, che sapeva leggere nel cuore e nei pensieri della gente: lasciava addirittura le chiavi della sua camera a chi voleva incontrarlo prima dell’alba, poi continuava ricevere fedeli ininterrottamente almeno fino a mezzogiorno. A volte se la cavava con delle battute. A una signora che gli chiese in confessionale se calzare scarpe con tacchi alti fosse peccato di vanità , rispose semplicemente: “Stia solo attenta a non cadere”. Un giorno per fare tornare il sorriso a un peccatore afflitto e prostrato, si tolse la tonaca e lo sfidò a fare una gara di corsa con lui. Tutti volevano andare a raccontare i loro piccoli e grandi misfatti proprio a don Filippo, perché quando avevano finito di parlare si sentivano veramente più leggeri e più felici. E soprattutto vicini a Dio”.
Ma la sua opera più importante resta la fondazione dell’Oratorio, che nacque come una specie di prolungamento collettivo delle confessioni: il gruppo iniziale era costituito da dieci, dodici persone che si davano appuntamento nel pomeriggio nella sua camera per esprime liberamente i propri dubbi sulla Fede e profondire i temi del Vangelo. Ma le presenze aumentavano ogni giorno e don Filippo trovò un ambiente più spazioso nel sottotetto di una navata laterale della chiesa di San Girolamo. Si unirono presto anche uomini di cultura, grandi talenti musicali e persino cardinali. Sotto la guida di padre Filippo Neri cominciarono poi i pellegrinaggi alle Sette Chiese:
“Le sette Chiese dell'Asia o sette Chiese dell'Apocalisse sono sette comunità diocesane menzionate da Giovanni Apostolo nell'Apocalisse del Nuovo Testamento. Queste sedi episcopali erano situate in Asia minore attuale Turchia.
Il Signore disse a Giovanni: Ciò che tu vedi, scrivilo in un libro, e invialo alle sette Chiese, di Efeso, Smirne, Pergamo, Thyatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea.
Ogni Chiesa aveva il suo vescovo e la sua cattedrale. Alcuni Concili hanno avuto luogo in queste sedi, famoso quello di Efeso e quello di Laodicea. Dei loro vescovi si ricordano Melitone di Sardi e Policrate di Efeso.”
Ma anche in aperta campagna, dove si pregava, si cantava e si mangiava. Diventarono avvenimenti di massa, con centinaia di partecipanti musicanti e asini per trasportare i viveri. Come padre Pio circa quattro secoli dopo, pure Filippo Neri fu perseguitato dalla Chiesa. Ci fu chi lo accusò di aver fondato una setta, di ispirare pratiche superstiziose e perfino eretiche. Furono aperte delle inchieste sul suo operato prima durante il pontificato di Paolo IV e poi durante quello di Pio V e, nel 1559, don Filippo ricevette l’invito di comparire davanti al vicario generale. I pellegrinaggi, ai quali partecipavano ormai dalle duemila tremila persone, furono proibiti, ma i suoi discepoli continuarono a seguirlo, benché a distanza, malgrado i divieti.
Fu condannato per eresia, ma andò ugualmente a trovare in carcere i condannati a morte, che spesso accompagnava al patibolo dopo averli convertiti. Ma poi fu riabilitato da Papa Gregorio XIII concesse alla Congregazione dell’Oratorio la chiesa di Santa Maria in Vallicella, che ne divenne la sede. Come Padre Pio di Pietrelcina, ancora in vita veniva considerato santo, ma lui urlava che i santi erano in Cielo e non se ne sentiva degno: per raggiungere questo scopo passava davanti al tabernacolo senza inginocchiarsi, si faceva tagliare i capelli all’ingresso della chiesa chiedendo a chi entrava se fosse ben pettinato, si ricopriva di code di volpe o si avvolgeva in un mantello rosso per apparire ridicolo. E a chi gli chiedeva se fosse un indemoniato, rispondeva: “Sì lo sono”.
Nel 1562, padre Filippo si ammalò gravemente e ancora più gravemente l’anno dopo, tanto che gli fu data l’estrema unzione: ma non era ancora giunta la sua ora. Continuò a seguire l’Oratorio, iniziò i lavori di costruzione di una nuova chiesa e nel 1584 fece l’ultimo miracolo: il quattordicenne Paolo, figlio del principe Fabrizio Massimi e suo discepolo, morì dopo una lunga malattia, ma don Filippo dopo essersi raccolto in preghiera chiamò a voce alta il ragazzo, come ne volesse destarlo dal sonno. Paolo, fra lo stupore generale, riaprì gli occhi e tornò in vita: sembrava perfettamente guarito, si mise tranquillamente a conversare con il sacerdote ma dopo un po’ disse: Andrei volentieri in Cielo. Lassù ci sono già mia sorella e mia madre, mi aspettano. E allora padre Filippo lo lasciò andare.
Ma ormai, a causa delle malattie, era diventato l’ombra di se stesso: era pallido, magro, quasi trasparente, non riusciva più a mangiare perché aveva fortissimi bruciori alla gola e al petto, veniva attaccato da febbri che lo costringevano a letto per mesi interi. Diceva: So quando morirò: il 26 maggio 1595 nell’ora sesta della notte”. E così fu Tutti i fiori che ornavano la sua bara scomparvero in pochi minuti, perché i fedeli si azzuffarono per avere una sua reliquia. Dopo la beatificazione, avvenuta nel 1615, Papa Gregorio XV lo proclamò Santo nel 1622 e in seguito Filippo Neri fu dichiarato anche compatrono di Roma. Le sue spoglie sono venerate nella cappella della chiesa di Santa Maria in Vallicella.
Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Sette_chiese_dell%27Asia"
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