Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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giovedì 4 marzo 2010
LA MAGICA PUGLIA...LA TRANSUMANZA
tratto da una intervista alla Prof.ssa Anna Maria Di Comite.
Fascino, nostalgia, realtà concreta, desiderio di recupero di ciò che fa parte di un nostro immaginario collettivo. Realtà concreta e poesia.
Quando si pensa al passato tanti sentimenti ci coinvolgono e talora ci emozionano e ci spingono a desiderare di accostarci, anche se momentaneamente ed in chiave chiaramente moderna, a realtà che sono appartenute ad un mondo che ci ha preceduto e la cui memoria pur non appartenendo alla grande storia, non è morta, non è stata mentalmente archiviata da noi che spesso ci sentiamo tanto moderni, e il cui ricordo talora torna alla nostra mente, senza che neppure noi magari sappiamo spiegarci perché un certo mondo susciti ancora la nostra curiosità ed il nostro interesse.
La pratica della transumanza appartiene, forse per molti forse per pochi, a quelle realtà, che pur non facendo più parte del mondo nel quale viviamo, almeno nelle forme tradizionali del passato e almeno per noi Italiani del XXI secolo, suscitano in noi sentimenti buoni, di nostalgia, perché ci ricollegano ad una realtà profondamente diversa da quella quale conduciamo la nostra vita, che pur se stimolante e ricca di prospettive e aspettative, capace di sedurci e spingerci verso mete sempre nuove, che purtroppo talora ci deludono, è lontana dai ritmi naturali che ancora intimamente e forse inconsciamente ci appartengono e soprattutto lontana da un legame diretto e continuativo come la natura che talora, anche per lunghi periodi, ci appare soltanto come lo sfondo sul quale veder scorrere la nostra vita. Orbene, dopo questa doverosa ed essenziale introduzione, cari amici, spero di regalarVi con questo mie poche righe un “viaggio” con gli occhi della mente un immaginazione che è, credo, più importante della conoscenza.
Realtà concreta del mondo della transumanza tra passato e presente.
La realtà della transumanza è molto antica, risale ai primordi della civiltà ed è sempre stata espressione dello stretto legame che l’uomo ha avuto con la natura per poter vivere, soddisfare i suoi bisogni, trovare i mezzi di sussistenza. Certo questa realtà di vita non facile, dura o durissima è stata di grande importanza economica per molti paesi, prima che l’industrializzazione trasformasse profondamente il tessuto economico d’interi territori, e modificasse in senso industriale anche l’allevamento del bestiame. Ma è davvero scomparsa del tutto la pratica della transumanza, almeno in Italia? Certamente no, ancora oggi esiste un allevamento del bestiame che prevede lo spostamento degli animali dalla pianura alle montagne sia sulle Alpi che sull’Appennino e che spesso corrisponde a produzioni di qualità, particolarmente importanti nell’economia del nostro paese che può e deve contenere, in un mondo ad economia globalizzata non certamente sul piano della quantità ma su quello della qualità e della tipicità che sono il frutto di antiche esperirnze, di tradizioni, della varietà dei climi e del territorio; oggi però tranne che in rare eccezioni questi spostamenti avvengono con i moderni mezzi di trasporto per esempio i camion, pratica che rende senza dubbio la vita dei lavoratori che si dedicano all’allevamento del bestiame meno dura, più in sintonia con i tempi moderni, ma che forse ha interrotto in parte quel legame stretto che esisteva tra i pastori e la natura e probabilmente anche lungo i tratturi quella protezione dell’ambiente che una corretta pratica della pastorizia comporta.
Uno studio della pratica della transumanza non è cosa che tratterò in questa occasione perché la vastità del problema, che varia enormemente nel tempo e nello spazio a seconda dei momenti storici che ne hanno visto la diffusione e delle normative dei singoli Stati che lo hanno regolamentato, anche per quel che riguarda il sistema di impostazione fiscale che garantiva un importante gettito non lo consente. Ma allora che senso ha parlare della transumanza dico io? Poiché il mio carattere di scrittore mi è piaciuto affrontare per un insieme di interessi, curiosità varie e soprattutto suggestioni che un certo mondo suscita in me, appunto un itinerario lungo qualcuno dei percorsi che hanno caratterizzato questa pratica in alcune zone della Puglia.
Non mi rifarò ai tempi molto antichi ma mi ha colpito che una regolamentazione dei tratturi risale al 1447, ad opera degli spagnoli che stabilirono l’ampiezza che queste vie dovevano avere ed è un’ampiezza veramente notevole se si pensa che il tratturo Cerano di Foggia è lungo 207 km e largo 111mt., una via dell’erba notevolissima, ma tanti furono in Puglia i tratturi e i tratturelli che caratterizzarono il nostro territorio, (come l’alta Murgia lungo i tratturi di Altamura, Gravina e la Foresta di Mercadante di Cassano delle Murge con molte masserie allocate). Dell’importanza di questa realtà era ben consapevole il governo spagnolo che nello stesso anno creò la Dogana della mena delle pecore a Foggia, per esigere i tributi derivanti da questa attività. Ma come mai questa pratica non è riuscita a dare un adeguato benessere al regno di Napoli, alle popolazioni che vivevano nei territori della transumanza, ai pastori?
Ovviamente varie furono le cause che spesso si intrecciarono tra di loro: eccessivo prelievo fiscale, povertà d’acqua dei territori, crisi che caratterizzarono alcuni periodi della storia dei territori, gli allevamenti estensivi, la scarsa capitalizzazione delle aziende, la ridotta capacità di produrre formaggi di pregio per la scarsità dei capitali.
Come scegliere la meta di un viaggio.
Cari amici, possono essere veramente molti i motivi che ci spingono a scegliere una meta di viaggio: i sentimenti che ci animano, le motivazioni che ci portano a valutare il come viaggiare e cosa cercare in un’esperienza che come tutte quelle della vita, anche se ritenute ludiche, dovrebbero essere comunque momento di crescita, di consapevolezza, di soddisfazione di bisogni di natura culturale e sociale. Il bisogno di viaggiare è connaturato nell’uomo o forse in molti uomini, perché è un’esperienza che ci pone di fronte a noi stessi, al nostro bisogno di confrontarci con situazioni nuove del tutto o conosciute attraverso esperienze di natura culturale, alla possibilità di soddisfare la nostra curiosità per il mondo che ci circonda realtà nostra contemporanea o come realtà che è appartenuta ad un passato più o meno recente ma che fa tuttora parte di un immaginario collettivo che in qualche modo ci appartiene ancora. La curiosità è una forza potentissima che ci consente di vivere le esperienze che ci coinvolgono con entusiasmo, in modo costruttivo, creativo, propositivo, quindi è proprio la curiosità la forza che ci spinge a muoverci verso forme di conoscenze diretta per realtà della vita che possono sembrare minori ma che invece sono un tassello di un quadro più grande che si estende nel tempo e nello spazio, che ha quindi la possibilità di essere indagato in una dimensione sincronica ed in una diacronica, che è secondo me quella più importante perché è quella che più ci permette, o che almeno a me permette, di spaziare con la mia immaginazione verso forme di vita, colte nella loro complessità, strettamente intessute di affetti, abitudini, consuetudini materiali ed immateriali, valori culturali, tecnologie, esigenze lavorative, bisogni economici e metodi, espedienti e scelte per soddisfarli. Ma non è da trascurare anche un altro aspetto di questa realtà e precisamente il risvolto economico che può essere connesso con il mondo dei tratturi e che si ricollega al piacer individuale di ritrovare sapori antichi che, forse, per alcuni sono del tutto nuovi o inusitati, paesaggi diversi sia da quelli delle mete di viaggio più gettonate, un ritmo di vita più lento, tranquillo, e silenzioso che può costituire un momento di riposo dell’animo, di contemplazione insieme della natura e della capacità dell’uomo di convivere con essa.
Ma in questa meta di viaggio come questa c’è ancora qualcosa che mi coinvolge a vari livelli emotivo, sentimentale e culturale, quando penso alla transumanza e ai pastori che ne furono protagonisti per secoli, “Io, seduto sul gradone di pietra della lunga scalinata della antica villa paterna, nel cuore di Sicilia, il suono dei campanacci all’imbrunire, pecore e capre la mandria, accompagnata dall’inseparabile cane pastore, rientravano all’ovile, ed Io, in tenera età attendevo verso sera che il fattore del feudo, con precisione cronometrica portasse a mia nonna il latte appena munto, per la mia cena”.
Eroi i pastori, a vario titolo di un sistema di vita particolarmente a contratto con la natura ed è il ricordo e la memoria profonda di un’eco letteraria, che fa parte inevitabilmente di me, della mia formazione e di rapportarmi alla vita, memoria che serve non come archivio di fatti e conoscenze, ma motore di sentimenti e pensieri che ricollegano passato e presente per proiettarsi poi nel futuro e soprattutto due sono le immagini che mi tornano alla mente; i pastori di D’Annunzio e il pastore errante di Leopardi.
Settembre andiamo e tempo di migrare, ed i pastori scendono verso il mare Adriatico, selvaggio, che è verde come i pascoli dei monti; uomini solidi, laboriosi, forti, che percorrono strade antiche, l’erbai fiume silente, spinti dalla necessità di un lavoro, certamente amato, che apparteneva alle loro genti da generazioni, come un legame voluto dal destino, ma con tanta nostalgia nel cuore “che sapor d’acqua natia rimanga nei cuor esuli a conforto, segno di una umanità dolente che accetta la sua condizione con severa serietà e nasconde nel cuore la nostalgia, sentimento gentile, puro che rende più piena la loro condizione umana. E poi un altro pastore, quello splendido eroe del Canto notturno leopardiano, anche lui transumante, eterno pellegrino, ma simbolo dell’umanità tutta, che è sempre transumante nella vita, sempre alla ricerca di qualche cosa, sempre alla ricerca di risposte ai grandi perché della vita. Ed è li pastore errante, a contatto con la natura, come sospeso tra cielo e terra, in compagnia dei suoi animali, che ci rappresenta nel nostro bisogno di trovare, in un momento di silenzio superiore, la forza di ricercare la verità; figura dolente, solitaria, eroica nel suo bisogno di ricerca, che esprime tutto l’attaccamento alla vita, amore per la vita che non può essere solo facile appagamento di bisogni materiali, ma come si confà ad esseri umani pensanti, si concretizza nel bisogno di conoscenza, e se anche questa porta al dolore, comunque il bisogno di trovare risposte ai grandi perché della vita è sempre espressione di attaccamento e di amore per la vita stessa. Quindi è opportuno che l’uomo e natura si incontrano per una realizzazione più profonda e più vera dell’essere umano che in certe condizioni può meglio analizzare se stesso e ritrovarsi. Anche questo è un ulteriore motivo per cercare mete di viaggio più significative, aldilà delle mode, per un viaggiare che non sia solo un modo di divertirsi, o nel migliore dei casi per vedere e conoscere posti e cose nuove, ma anche per riconoscersi nella scoperta dei nostri bisogni più profondi, di cui magari siamo inconsapevoli e che forse possono riportarci ad una noastra realtà più profonda. Ma anche un’altra realtà che può e deve trarre vantaggio da una simile scelta di viaggio ed è la scoperta e la conoscenza di tutta una serie di prodotti di qualità, talora poco conosciuti, che devono trovare uno spazio più ampio per affermarsi e divenire occasione di lavoro, soprattutto per le giovani generazioni, ed anche occasione per scoprire cibi più sani e sicuri di tanti di origini non sempre conosciuta che talora appaiano sulle nostre tavole. Un caro saluto a tutti. Vostro, Pietro
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