Ordini Cavallereschi Crucesignati

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lunedì 8 marzo 2010

VIOLENZA, EMERGENZA SOCIALE

di Antonio Laurenzano
Il disagio giovanile e il ruolo di una famiglia invisibile
Quali sono i cambiamenti sociali che hanno generato le condizioni favorevoli al proliferare di comportamenti aggressivi e distruttivi? Come sono cambiate le relazioni sociali? Perché la famiglia non è più luogo di protezione e sicurezza?
Il tema di studio nazionale votato all’ultimo Congresso di Ravenna, nella complessità della sua articolazione, mira a fare chiarezza sulle nuove forme di violenza, espressione di un malessere sociale dilagante, di un inquietante disagio giovanile, nonché di una precarietà relazionale finora sconosciuta.
All’interno del variegato “pianeta violenza”, la questione giovanile è da tempo il nervo scoperto della società. I giovani rappresentano l’anello debole di un sistema attraversato da forti tensioni, sono figli di una società priva di freni inibitori, in cui l’autorevolezza, intesa come credibilità valoriale, è stata soppiantata dalla trasgressione. Senza un passato, ma in qualche modo incapace di proiettarsi verso il futuro, la “generazione invisibile” vive il presente acriticamente, adagiandosi, e spesso rifiutando con violenza quello che la società è in grado di offrire. Il vuoto che opprime il ragazzo dopo l’abbandono delle certezze dell’infanzia rende tutto paurosamente insignificante.
Sui meccanismi di devianza minorile scatta l’influsso pesante della famiglia quando essa non è in grado, verso l’esterno, di garantire ai figli affetto, autonomia, autorevolezza di modelli comportamentali, perseguimento e raggiungimento di mete umane e professionali, cioè quella serie di elementi fondamentali per la formazione della personalità dei giovani, ai quali spesso viene a mancare una precisa identità culturale. E’ viva la percezione della “estraneità fra le generazioni” , rive di un fiume senza ponti. Genitori che non riescono a comprendere i figli e, viceversa, figli che considerano i genitori irrimediabilmente antiquati e formalisti. Il sociologo Giuseppe De Rita del Censis parla di “Incapacità di connessione”. Si è aperta una frattura profonda fra le generazioni, una frattura che comporta spesso l’impossibilità di trasmettere dai padri ai figli i modelli comportamentali, le gerarchie dei valori, perfino le regole della quotidianità
I nuovi stili di vita, lo stesso consumismo della rete, che esalta l’individualismo, dà ai ragazzi un’illusione di socialità e impedisce che si creino momenti di aggregazione spontanea. E’ la società narcisistica, orientata alla valutazione dell’io e non del gruppo sociale. Il vuoto ideologico, il nichilismo culturale, l’intolleranza civile e religiosa sono divenuti i simboli di una società allo sbando, sempre più in balia di “profeti” e di mercenari senza scrupoli ! E la mancanza di certezze affettive e ideali genera il tragico salto nel buio: dall’alcol alla droga, alla violenza gratuita. Il giovane cerca a tutti i costi una identità: la violenza gliela offre. E’ dalla miscela esplosiva delle difficoltà esistenziali del singolo e dalla distorsione dei valori fondamentali della vita che nascono i semi della violenza. Nascono dalla paura! E’ il timore di essere attaccati, sopraffatti, colpiti dall’altro.
Dietro questa drammatica realtà si annidano motivazioni particolarmente profonde collegate alla crescente solitudine in cui vivono le nuove generazioni, confinate in un mondo a parte dove, venuti a mancare gli interlocutori naturali ossia i genitori, prendono il sopravvento nuove figure di riferimento, estranee al circuito relazionale della famiglia: gli amici, quelli del « branco », con i quali si condividono ansie e timidezze, i primi segni cioè di quel disagio che se non interpretato in tempo si trasforma in pericolosa devianza. Individualismo, materialismo, consumismo sfrenato e soprattutto la quotidiana sagra dell’effimero hanno portato su altari pagani falsi dei, falsi miti concorrendo a determinare una distorta visione della realtà nonché una errata concezione del vivere.
Cosa fare per sconfiggere la violenza giovanile, il bullismo e con esso l’analfabetismo emotivo dei giovani? Parola d’ordine: “connettersi con i giovani”! Eliminare le condizioni di paura, educare i giovani alla legalità, ridestare in loro i grandi ideali, la passione civile e politica per renderli protagonisti consapevoli del loro ruolo sociale attraverso il recupero della … smarrita visibilità. Coniugare la libertà con il senso del dovere per poterla vivere non come trasgressione ma come valore di grande significato.

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