Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 5 aprile 2012

L'ARCIPELAGO TOSCANO ERA FAMOSA AL TEMPO DI FEDERICO II:

Dott. Pietro VITALE (Giornalista-Pubblicista e scrittore)

Sognate e mirate sempre più in alto di quello che ritenete alla vostra portata. Non cercate solo di superare i vostri contemporanei o i vostri predecessori. Cercate, piuttosto, di superare voi stessi.” (William Faulkner)

L'arcipelago toscano l'isola del Giglio (1241) era famosa al tempo di Federico II, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero.

Mentre Federico II° era alle crociate, aveva affidato l’Impero a suo figlio Enrico, che nel 1234 tentò di rendersi indipendente. Fatto arrestare, morì in prigione.
Sia in Germania che nell’Italia settentrionale il partito antimperialista stava prevalendo, sostenuto anche da Gregorio IX, che convocò un concilio di vescovi a Roma per deporre Federico, il quale, con l’aiuto della flotta pisana, bloccò le navi con i vescovi all’isola del Giglio. Situata di fronte al promontorio dell’Argentario l’isola del Giglio è la seconda isola per estensione dell’arcipelago toscano. Coste granitiche alte e scoscese che si alternano a belle spiagge di sabbia fina, casette color pastello.

Cari amici,mi è capitato di leggere su di un notiziario on-line (Tiscali), una nota molto interessante. Storia che conoscevo e che ho ampliato leggendo un pezzo di Bianca Tragni scrittrice, riguarda la battaglia dell'Isola del Giglio, luogo in cui Federico II, impegnò la sua flotta.. Orbene, l'isola oggi è diventata ancor più famosa per il naufragio della più grande nave da crociera italiana, che ha agganciato, mentre salpava, uno scoglio. Versando in mare migliaia di turisti sgomenti. In passato l'isola fu famosa per la più grande battaglia navale del Medioevo che buttò in mare migliaia di ecclesiastici innocenti, che viaggiavano verso Roma per obbedire al loro papa. La battaglia del Giglio la combatté il nostro Federico II, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero, contro papa Gregorio IX e i suoi cardinali da lui convocati per un Concilio Ecumenico che aveva lo scopo di deporlo, dopo averlo scomunicato. La rabbia di Federico fu tale che predispose la contromossa. La sua lotta titanica col Papa era ormai pluridecennale e combattuta con tutti i mezzi: la diplomazia, l’astuzia, le scomuniche e tant’altro. La posta in gioco: il Potere Assoluto. Il Papa rivendicava il suo come rappresentante di Cristo in terra; Federico rivendicava il suo come erede dell’Impero Romano. L’Europa stava a guardare attonita. I due si scambiavano complimenti-invettive del tipo: “Federico è la Bestia che sorge dal mare carica di nomi blasfemi”, diceva Gregorio IX; “Questo Papa è il fariseo assiso sulla Cattedra di un dogma perverso, unto con l’olio della malvagità” diceva Federico II. All’Isola del Giglio questo grande conflitto esplose. L’imperatore chiuse le vie terrestri al convoglio di Legati, Cardinali, Abati, Arcivescovi e diplomatici di tutt’Europa che si recavano a Roma. Il suo esercito ghibellino sbarrò tutte le strade. Allora il Papa dette ordine di farli arrivare via mare, con l’aiuto delle navi della fedele Genova il cui Comandante Jacopo Malocello li avrebbe condotti, scortati e difesi con le sue armi fino al porto di Civitavecchia-Ostia. Egli si recò a Nizza a imbarcare spagnoli e francesi (gli inglesi, esperti di marineria, si rifiutarono) e poi a Genova imbarcò i prelati lombardi. Federico fece partire dalla Sicilia la sua flotta di 27 navi guidate dall’ammiraglio Ansaldo de’ Mari (una nobile famiglia d’origine proprio genovese, le cui propaggini si impiantarono in Puglia dando anche, negli ultimi nostri anni, il Prefetto De Mari a Bari). Erano con lui il figlio Andreolo e il pisano Buzzacarino. E dalla Pisa ghibellina giunsero altre 40 navi in appoggio: uno spiegamento enorme per bloccare la flottiglia guelfo-pontificia. Quando Malocello, giunto dopo una settimana di navigazione all’altezza delle coste Toscane, ne ebbe notizia, cercò di virare verso la Corsica, ma l’agguato era già teso nelle acque dell’arcipelago toscano. Le navi imperiali erano nascoste dietro l’Isola del Giglio e la piccola isola di Montecristo, quasi un imbuto. Sbucarono improvvisamente da dietro gli scogli e accerchiarono e arrembarono le navi genovesi, sconfiggendole clamorosamente. Alcune colarono a picco, tutte le altre furono trascinate fin nel porto di Pisa. Era il 3 maggio 1241, ricorrenza dell’esaltazione della Croce. E siccome nel Medioevo tutto veniva letto in chiave religiosa, Federico credette di leggere nella sua vittoria la volontà di Dio e il favore della Divina Provvidenza che puniva il Papa indegno. Nello scontro alcuni prelati morirono, la maggior parte venne presa prigioniera e, dopo essere stata messa ai remi a mo’ di sfregio, fu sbarcata a Pisa, dove il figlio di Federico II, re Enzo, tributò il trionfo ai vincitori, ma anche il rispetto ai vinti. Cosa che Federico non gradì molto; il suo trionfo sapeva di vendetta. E smistò nelle carceri pugliesi e lucane i prelati prigionieri, pensando di farne oggetto di scambio col Papa. Il quale invece, più irriducibile di prima, esortava i suoi al martirio. La sfida e la vittoria dell’Imperatore sul Papa fecero scalpore in tutta l’ecumene cristiana, suscitando scandalo e apprensione. L’Isola del Giglio rimase per secoli sinonimo di sfida laica al potere temporale dei Papi. E il suo fedele comandante che fine fece? Jacopo Malocella fuggì prima che la battaglia fosse conclusa: quasi come il comandante della Costa Crociere che è stato arrestato anche per questo!



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