Dott. Pietro VITALE,
historique-médiéval
Jurnalist-ècrivain
Director del bolg international
www.legestadellacavalleria.blogspot.com
"Chi è felice è stupido. Non è vero ma consola". (Marcello MARCHESI)
"La Bastarda di Istanbul" a Teatro
di Rifredi in scena la Storia del 900
Si è chiusa ieri
pomeriggio al Teatro di Rifredi di Firenze la prima stagione
di repliche della "Bastarda di Istanbul" lavoro
teatrale diretto da Angelo Savelli e tratto dallo straordinario romanzo
di Elif Shafak.
La pièce è stata interpretata da una eccellente
squadra di attori in cui si distinguono per notorietà Serra Yilmaz, attrice
turca, nota al grande pubblico quale protagonista di molti film di Ferzan
Ozpetek, e Valentina Chico, che stupisce per intensità ed efficacia.
Con "La Bastarda di
Istanbul" al Teatro di Rifredi va in scena la storia del 900 e con
essa una parte significativa della Questione d'Oriente relativa
alle vicende della Turchia contemporanea.
Si tratta, a prima vista,
della storia di una famiglia, una vicenda di pochi e per pochi, le cui
relazioni intime sono però guidate da una voce narrante, un personaggio che
recita prevalentemente a-parte, una donna, una veggente in contatto con due
geni, come nella tradizione letteraria ottomana dei secoli d'oro; un genio è
buono e uno genio cattivo e attraverso di essi costei conosce tutti i segreti
della sua famiglia anche i più intimi ed inconfessabili.
Potrebbe essere un giallo costruito male in cui tutti dall'inizio conoscono, o
intuiscono, le inesprimibili e atroci debolezze di tutti, le
meschinità involontarie che portano alla perdizione umana, al doppio gioco
dentro e fuori ed aspettano forse il momento per sfoderarli in una guerra
fredda in cui tutti sono carnefici perché detentori del segreto e
vittime perché sconfitti nella loro umanità.
Ciò che colpisce in modo
particolare sono le immagini di una delle città più belle del mondo che si
affastellano in un dramma sempre sospeso tra il pubblico e il privato, tra il
dentro e il fuori, negli spazi perenni nelle grandi cupole moschee e
su fino alla Torre di Galata un tempo possesso dei genovesi, luogo da cui
il primo Icaro dell'età moderna spiccò il suo folle volo tra il
1630 e il 1632. Si chiamava Hezarfen Ahmet Çelebi, e utilizzando ali
artificiali, si librò sorvolando il Bosforo atterrando a Üsküdar.
La Shafak come tutti i
protagonisti della vicenda da lei descritta, e gli interpreti della messa
in scena, amano profondamente la Turchia ma di
un amore contrastato, e non sempre ricambiato. Figli di un dio
minore, tutti sentono la loro appartenenza cosmopolita, la cosmogonia che
avvolge la Polis, quale unico sentimento in grado di tenere insieme le diverse
parti della cultura e della società turca. Essere Ottomani era soprattutto
questo, intensamente pluri e multietnici, ma ad un tratto questa pluralità
intima si era spenta sopraffatta dai falsi ideali di nazionalismo
mascherato da democrazia e progresso.
E' forse questo il senso della vicenda narrata, un fratello e una sorella,
entrambi etnicamente Armeni e Turchi allo stesso modo generano la
"Bastarda" la società contemporanea, che è frutto di una violenza, di
un tradimento di valori, di un incesto. Nessun pentimento per quanto tardivo
riuscirà mai a riporre ogni cosa al suo posto se non nel conoscimento e
nel disvelamento del dramma. I Turchi non riconoscono e gli Armeni che
fanno di quel mancato riconoscimento la ragione di vita. Se i Turchi
riconoscessero cosa impossibile per tante ragioni, gli Armeni perderebbero davvero
uno dei principali valori che li tiene insieme da ogni parte del
mondo? Ai posteri l'ardua sentenza.
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