BYE BYE LONDRA, DIVORZIO DALLA STORIA
di Antonio Laurenzano
Fra analisi, proclami e previsioni
continua il lungo day after di Brexit. Il giorno della verità secondo alcuni, quello
della illusione populista secondo altri. Comunque, “un macigno sulla storia
dell’Europa”!
Uscire dall’ Unione europea è “un azzardo sciagurato” , ha dichiarato il
Presidente emerito Giorgio Napolitano. “L’esperienza del referendum inglese
dimostra che la scorciatoia della scelta
tra un sì e un no si presta a ogni sorta di stravolgimento demagogico ed
emotivo.” Pensare cioè che per arginare crisi economica e flussi migratori le
soluzioni nazionali funzionino meglio di quelle europee significa alimentare uno
sterile populismo. Il superamento del diffuso disagio sociale nell’ Ue passa
attraverso il rilancio dell’Europa, delle sue inadeguate istituzioni
comunitarie, delle sue austere politiche economiche per una governance della
sovranità condivisa. L’Europa non ha
ancora trovato un’architettura istituzionale capace di creare stabilità. E
l’euro ha alimentato quegli stessi conflitti che l’integrazione avrebbe dovuto
prevenire. L’ Europa però non può essere il capro espiatorio di ogni male, la causa delle rovine sociali ed
economiche di una Unione sempre più allo sbando! La stragrande delle decisioni
politiche viene presa dal Consiglio europeo, l’istituzione comunitaria che
definisce l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione della quale fanno parte i Capi di Stato e di
Governo dei Paesi membri! E’ pretestuoso affermare “L’Europa ci impone”! Si
vota a favore di questioni importanti a Bruxelles per poi tornare euroscettici
appena scesi dall’’aereo! Significa imbrogliare l’ opinione pubblica per
catturare facili consensi elettorali.
Brexit è il risultato di un uso strumentale
e “irresponsabile” del voto, voluto dal premier Cameron per rispondere agli
attacchi alla sua leadership in forte calo di consensi. Strategia sbagliata per
un referendum non preceduto da un serio dibattito sul rapporto, peraltro
privilegiato, fra Regno Unito e Unione europea, il cui esito apre ora scenari
di grande incertezza, non solo economica. Chi ha votato per uscire dall’Unione si è
fatto affascinare dal gigionismo dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson in
corsa per Down Street 10 e dagli specchietti per le allodole di Nigel Frarage,
a cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue.
“Independence Day”, ma il futuro non
è più quello dei tempi in cui Londra regnava sui mari da grande potenza! Frantumato
il sogno di una comune casa europea, con il timore di un “effetto domino” esportato oltre Manica, il Regno Unito rischia un … “effetto
boomerang”: è intenzione di Scozia e
Irlanda del Nord promuovere un referendum per un “leave” dal Regno di Sua Maestà a favore di un
“remain” nell’Unione europea! Si azzera il processo di integrazione politica dell’Europa
dei Padri fondatori, in risposta ai violenti nazionalismi del XX secolo, causa
di lutti e devastazioni fra i popoli del Vecchio Continente.
Il paradosso è che Brexit, con le
sue conseguenze negative sull’economia reale, finirà per impoverire ancora di
più quegli stessi soggetti che nel voto contro l’ Unione europea hanno riposto
le speranze di un riscatto sociale ed
economico. Un voto espressione sì di profondo disagio, ma soprattutto di una
carica emotiva alimentata dalla ignoranza storica e dalla miopia
economico-politica di governanti allo sbaraglio! La democrazia diretta se non
genera nel cittadino consapevolezza del proprio ruolo attraverso la partecipazione
e la conoscenza rischia di divenire “circonvenzione di incapace”! Ha
votato “leave” chi è ai margini della società e non ha niente da perdere. E il
risultato si commenta da solo: crisi di governo con le dimissioni di Cameron,
negoziati difficili con Bruxelles per l’exit, volatilità della sterlina,
incertezza economica, rischio di recessione, caduta del tasso di disoccupazione. Effetti negativi che non
colpiranno le contestate elite finanziarie ma proprio le classi meno abbienti
che hanno sposato la causa dei pifferai populisti. L’inaccettabile povertà e le
disuguaglianze che ancora persistono anche nel Regno Unito richiedono
sicuramente un responsabile ripensamento delle politiche pubbliche, ma questi
problemi, in un’epoca di grandi interdipendenze, possono essere affrontati meglio se non ci si
isola dalla più grande economia con cui si confina. La Gran Bretagna ha scelto
di liberarsi dei lacci e laccioli comunitari, l’Unione europea si libera di un Paese che è sempre stato con
un piede dentro e con un altro fuori dall’Unione e che, colpevolmente, ha
dimenticato la lezione della storia. Un divorzio nel segno di un anacronistico
nazionalismo!
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