LEGGE DI
BILANCIO 2017, LA GUERRA DEI DECIMALI
di Antonio Laurenzano
Legge di bilancio 2017 in
dirittura d’arrivo. Giorni decisivi per la manovra economica di 23 miliardi di
euro che il governo dovrà varare entro il prossimo 17 ottobre (il giorno 15, termine
ordinario, cade di sabato). E saranno giorni particolarmente impegnativi per il
Ministro dell’Economia Padoan che dovrà sciogliere il nodo sulla solidità delle
previsioni di crescita del Pil all’1% scritte nella nota aggiuntiva al
Documento di economia e finanza (Def).
Una previsione ritenuta “ambiziosa” dalla Banca d’Italia, “non realistica”
dalla Corte dei Conti per i “rischi al ribasso
dovuti agli elementi del quadro economico collegato alla finanza
pubblica”. Ma l’esame più insidioso da superare sarà quello dell’Ufficio
parlamentare di Bilancio (Upb), organismo che vigila sull’applicazione del
pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, secondo il quale “le
previsioni governative di crescita per il 2017 appaiono contrassegnate da un
eccesso di ottimismo”. Sulla stessa linea il Fondo Monetario Internazionale che
ha assegnato all’Italia per il 2017 un Pil non superiore allo 0,9%!
Un vero rompicapo per i tecnici
di Via XX Settembre che dovranno fornire “giustificazioni analitiche degli
obiettivi programmatici” per consentire in
settimana l’approvazione in aula del documento governativo. Una battaglia sul
filo dei nervi e dei … decimali : lo 0,1% del Pil vale 1,6 miliardi di euro! Incombe
minacciosa la “clausola di salvaguardia”, ovvero l’aumento dell’l’IVA (l’aliquota
ordinaria dal 22 al 24%, quella ridotta dal 10 al 13%), una controversa norma
introdotta per la prima volta nella manovra di luglio 2011 per garantire gli
obiettivi concordati in sede comunitaria sul contenimento del deficit e del
debito e avere quindi da Bruxelles il
via libera alla Legge di bilancio. L’incremento del carico fiscale per il 2017
sarebbe nell’ordine di 15 miliardi di euro con il rischio di deprimere la già
bassa crescita economica. L’aumento dell’IVA ridurrebbe infatti il reddito
disponibile delle famiglie a danno dei consumi e quindi della produzione e dei
relativi livelli occupazionali.
Tutto ruota dunque attorno alla
quantificazione degli obiettivi di bilancio, alla loro reale sostenibilità finanziaria e alla necessità di abrogare il
ricorso alle clausole di salvaguardia (una “cosmesi dei conti pubblici”) senza
ulteriori rinvii ad anni successivi, individuando soluzioni strutturali (lotta
all’evasione, spending review, investimenti pubblici e privati). Resta ora da capire se le “informazioni
integrative” in arrivo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) basteranno
per dissolvere perplessità e dubbi fin qui manifestati da più parti sulla
crescita all’1% nel 2017 e sul deficit programmato del 2,4%, ridotto al 2% per la flessibilità sui
vincoli di spesa chiesta a Bruxelles per l’emergenza terremoto e immigrazione. Quella
con la Commissione europea sarà la vera sfida per le sorti del bilancio. Il
commissario per gli affari economici e monetari Moscovici ha confermato una cauta
“apertura” di Bruxelles, ma -in chiave prospettica- resta sul tappeto il
problema di sempre: il taglio del debito (continua a crescere: oltre 2252
miliardi di euro a luglio) che doveva partire quest’anno, e rinviato al
2017.
Un iter molto delicato attende il
Documento programmatico di bilancio dalla cui approvazione dipendono in
concreto gli spazi della manovra a disposizione e quindi i conseguenti
interventi legislativi sia per supportare la crescita (infrastrutture,
detassazione dei salari di produttività, riduzione della pressione fiscale
sulle imprese), sia per rispettare gli
impegni presi a favore dei pensionati (anticipo pensionistico, quattordicesima)
e delle famiglie numerose in difficoltà economica (un bonus legato all’Isee).
Il quadro macroeconomico e
finanziario del Paese non consente errori: il rischio è che potremmo essere
“costretti” a ripianare buchi di bilancio con manovre correttive dure da
assorbire. Si impongono scelte serie e coraggiose, proiettate nel futuro. Non
misure tampone, ma finalmente una rigorosa politica di risanamento della finanza pubblica e di sviluppo della nostra
economia. Vorremmo condividere l’ottimismo che il Ministro Padoan ha dispensato
nei giorni scorsi a Washington in occasione delle riunioni del Fondo monetario:
“l’Italia è nel mezzo del treno della crescita europea, in un paio d’anni
saremo in testa”. Ipse dixit!
Nessun commento:
Posta un commento