Ordini Cavallereschi Crucesignati

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martedì 20 agosto 2019

LA GRANDE OPERA ALCHEMICA, DI ANNA CHECCOLI

IL VENTAGLIO, STRUMENTO DELLA GRANDE OPERA ALCHEMICA
Troppe volte, nel parlare di ventagli, ho colto un sorriso, uno sguardo fra lo scherno e
la sufficienza. Un po' come quando parli di esoterismo al profano.
Il ventaglio è un simbolo, al pari della squadra e del compasso, è il depositario di
misteri che si schiudono solo all'intenditore, al cultore, e talvolta nemmeno a questi.
Esso è antichissimo: il suo uso si perde nella notte dei tempi quando l’uomo, per
muovere l’aria o scacciare gli insetti, agitò inconsciamente la mano. L’evoluzione di
questo prezioso oggetto fu determinata dagli scambi commerciali e culturali fra
Oriente e Occidente. Il rinvenimento di numerosi reperti egiziani documenta
l’impiego quotidiano del ventaglio fin dal 3200 a.C.: era rigido, non pieghevole;
quelli a lungo manico erano portati da dignitari importanti e servivano per rinfrescare
o proteggere il Faraone dagli insetti; erano anche utilizzati dai sacerdoti per la
purificazione delle statue divine. Due ventagli che sono esposti al Museo de Il Cairo,
in origine con quarantadue piume di struzzo di colore alternato bianco e marrone,
appartennero a Tutankhamon: i manici sono di avorio, oro e pietre dure.
Alcune testimonianze archeologiche, quali vasi e statue di epoca greca e romana,
documentano l’uso di ventagli rigidi a forma di foglia, che potevano essere realizzati
con materiale vegetale o con piume.
Dall’epoca etrusca sono invece giunti fino a noi i flabelli bronzei di Populonia, con
decorazioni a sbalzo, databili dopo la metà del VII secolo a.C., considerati il simbolo
di uno status sociale maschile e femminile. L’uso del flabellum fu adottato anche
dalla Chiesa cristiana nella liturgia. Grandi flabelli furono usati fino al pontificato di
Giovanni XXIII (1963).
L’Italia annovera tre preziosissimi flabelli, che testimoniano il loro utilizzo fino al
tardo Medioevo. Il più antico è conservato nel tesoro della basilica di S.Giovanni a
Monza: si tratta di un ventaglio a coccarda, con custodia, databile verso il 600 d.C.,
data che ne confermerebbe l’appartenenza alla Regina Teodolinda. Il secondo, (875
d.C. ca.), proveniente dall’Abbazia di Tournus, è conservato al museo fiorentino del
Bargello: anch’esso è a forma di coccarda (rotondo a 360°), in pergamena dipinta con
soggetti di santi e decorazioni vegetali,e presenta un manico-astuccio in avorio e osso
scolpiti meravigliosamente. L’ultimo si trova in Puglia ed è riferibile al XIII secolo.
Sempre nel XIII secolo apparve una nuova forma di ventaglio definito ventarola a
bandiera. Diffusa in Europa fino all’apparizione dei ventagli pieghevoli nel 1500, è
ancora in uso presso alcune popolazioni. Prima della metà del ‘500 le ventole furono
utilizzate per dare sollievo ai sofferenti negli ospedali, alle partorienti, oppure nelle
osterie e presso i barbieri: le regole igieniche erano poco rispettate e proliferavano
insetti fastidiosi.
Durante il XVI secolo fu introdotto il ventaglio pieghevole, consistente in stecche e
pagine pieghettate richiudibili. Questi nuovi esemplari, estremamente più comodi,
tanto che sono ancora diffusi, arrivarono in Europa dall’Oriente tramite le relazioni
commerciali portoghesi e veneziane. Furono probabilmente inventati in Giappone e
in Cina a partire dal IX secolo, traendo ispirazione dalla conformazione delle ali dei
pipistrelli.
Il successo di questi ventagli fu enorme: dobbiamo ringraziare, per la sua diffusione,
Caterina de' Medici (1519/1589), che ne portò un gran numero nel suo corredo di
sposa alla corte di Francia, dove destarono meraviglia.
In Giappone il ventaglio era utilizzato dagli uomini: in guerra, durante le battaglie,
con esso i comandanti trasmettevano segnali, e all’occorrenza si trasformava in arma,
poiché le stecche erano in acciaio. Anche in Occidente, almeno fino a tutto il XIX
secolo, gli uomini usavano il ventaglio.
Il lusso sfrenato che talvolta questi oggetti raggiunsero, indusse il Senato della
Repubblica Veneta, più volte, ad emanare leggi che impedissero l’uso di materiali
eccessivamente preziosi.
Nel ‘600 il ventaglio attrasse non pochi artisti famosi, fra i quali Carracci e Bosse:
essi lasciarono incisioni e disegni. Durante questo secolo nacquero corporazioni di
artisti ed artigiani, patrocinate in Francia dal Re Sole, ed in Inghilterra dalla Regina
Anna Stuart.
Del resto durante il XVIII ed il XIX secolo le dame della nobiltà e dell’alta borghesia
possedevano molti esemplari da utilizzare nelle svariate occasioni della giornata
indipendentemente dal clima. I ventagli scandivano la vita delle donne più abbienti:
ve ne erano per sancire un fidanzamento, nella corbeille de marriage (corredo), per la
presentazione a corte, per festeggiare la nascita dei figli, per gli eventi luttuosi.
All’epoca della Rivoluzione Francese i ventagli furono un tramite per divulgare alle
masse alcuni eventi salienti e la storia dei personaggi importanti. Alcuni erano
controrivoluzionari e quindi vietatissimi, perché inneggiavano a Luigi XVI ed alla
famiglia reale: essi sono assai rari.
L’Italia, dopo aver dettato legge in materia di ventagli nel XV e XVI secolo, ed essere
stata in seguito surclassata da Francia ed Inghilterra, meglio organizzate e
competitive, tornò ad imporre un proprio stile nel XVIII secolo con esemplari
prodotti a Milano,Venezia, Firenze, Roma e Napoli. I più ambiti, subito riconoscibili,
furono quelli con vedute urbane, archeologiche e paesaggistiche, denominati Grand
Tour.
Nel 1700 fu anche ideato un linguaggio “a distanza”, per trasmettere specifici
messaggi a seconda del modo in cui il ventaglio veniva tenuto, aperto o mostrato.
Esso fu codificato nel XIX secolo, e fu molto utile alle dame per fissare appuntamenti
segreti, ma anche per i giochi di società.
Questa breve introduzione è necessaria per permettere di comprendere l'importanza
ed il peso dei ventagli nella storia, accessori non trascurabili, non voluttuari, ma
veicoli di valori etici, sociali, estetici, politici, spirituali, talvolta occulti.
La forma del ventaglio, semicircolare, con angoli di apertura che variano nel tempo in
modo non casuale, è la rappresentazione allegorica della vita: si apre, ha un inizio,
una curva ascendente, un culmine, una curva discendente, una fine. Si chiude.
Al suo interno può esserci di tutto. Ed in effetti sempre, in esso, è rappresentata la
vita in qualche sua manifestazione. Esso è legato ai quattro elementi e all'energia di
colei o colui che lo possiede e lo muove.
Da secoli è definito strumento di potere e seduzione, ma difficilmente si è cercato di
dare una spiegazione che andasse al di là della semplice attrazione civettuola che
esso, opportunamente agitato, poteva esercitare sugli altri, in special modo uomini, se
a maneggiarlo era una donna.
In realtà, come detto all'inizio, il ventaglio aveva una correlazione con la
purificazione. Si muoveva, nella sua forma di flabello dal lungo manico prezioso, per
depurare l'aria circostante alle statue degli dei. I sacerdoti nel Tempio avevano questa
sacra funzione, il flabello non era un mezzo casuale, essendo fatto di piume di
struzzo, doppiamente, quindi, legato all'aria.
Si dice, fra l'altro, che lo struzzo deponga le uova ma non le covi; che, anzi, si sieda
davanti ad esse e le fissi insistentemente: esse dunque si schiuderanno grazie
all'energia trasmessa da quello sguardo materno.
In Egitto la penna dello struzzo era simbolo di giustizia e di equità, e l'origine di tale
simbologia era che le penne di struzzo sarebbero tutte della stessa lunghezza.
La stessa Maat, dea della verità e dell'ordine universale fondato sulla giustizia,
quando presiedeva alla pesatura delle anime veniva rappresentata con una piuma di
struzzo sulla testa.
La psicostasia, fulcro della teologia egizia dell'oltretomba, mostra al centro una
bilancia: in un piatto, chiuso in un'urna, il cuore del defunto, simbolo della sua
coscienza; nell'altro piatto, la penna di struzzo della dea Maat, che fungeva da
contrappeso.
Il ventaglio, dunque, oggetto apotropaico per eccellenza, nel muoversi crea, sposta,
diffonde energie, allontana quelle malevole.
Contemporaneamente, utilizzato per fini estremamente pratici, alimenta il fuoco.
Esso dunque gestisce due elementi base sul piano del quaternario: Aria e Fuoco.
Non è facile aprire lo scrigno dei segreti del ventaglio a chi, forse, non ne ha mai
maneggiato uno, se non distrattamente. Quando lo si muove intenzionalmente sono le
forze ctonie che vibrano all'unisono con le proprie energie. E' per questo che
rappresentava e comunicava la percezione del potere.
Questo incredibile accessorio nasce dalla natura, dalla terra, come già accennato. Agli
albori si utilizzavano bastoncini, foglie...E nell'estrema complicazione della sua
evoluzione alla terra rimarrà legato, essendo spesso costituito da legno, per quanto
riguarda le stecche, da metalli preziosi, come oro e argento, abbelliti da pietre
incastonate altrettanto rare, e da materiali vegetali o animali, come la pelle di capretto
o di cigno.
La pelle di cigno, menzionata da De Montaigne nei suoi diari di viaggio, che la
descrive trattata nelle terre di Siena in modo sì sublime da venire utilizzata per i
lenzuoli della nobiltà, è uno dei materiali più pregiati e privilegiati delle “pagine” dei
ventagli italiani del XVII e XVIII secolo.
I cigni sono in stretta relazione con gli dei luminosi e sono simbolo di saggezza,
amore sincero, fedeltà, innocenza, purezza, forza e coraggio; donano la capacità di
interpretare i sogni e rappresentano l'evoluzione spirituale, sono legati all'acqua dove
nuotano, all'aria dove volano, e alla terra dove si posano, ma rappresentano
soprattutto il fuoco del sole da cui traggono il loro potere per padroneggiare gli altri
tre elementi: rappresentano la comunicazione fra i diversi mondi, benefici e sacri
possessori di poteri magici legati alla musica e al canto, uniti ai poteri terapeutici del
sole e dell'acqua, essi rappresentano altresì la luce interiore e l'armonia dello spirito
umano, la scintilla divina nell'uomo.
Il loro volo è paragonato al ritorno dello spirito verso la propria sorgente e
rappresenta la parte dell'uomo che tende al bene e al meglio di sé, alla percezione,
alla spiritualità.
Ed ecco che il legame inscindibile con l'elemento fuoco ritorna, non solo fisico, ma
alchemico, interiore, spirituale. Il bellissimo “accessorio” di cui stiamo parlando ha
una funzione di spiritualizzazione della materia.
Possederlo e muoverlo, guardarlo, dialogando con esso, suscita emozioni superiori,
percezioni sottili.
Tutte le volte che esprimiamo un’emozione elevata, stiamo aprendo un varco che
permette un dialogo con i mondi superni.
Accade quindi che ci troviamo nel punto d’incontro fra Piccola e Grande Opera: ci
distacchiamo da emozioni negative, lavoriamo su di esse (Nigredo), poi, quando la
quantità e la qualità raggiungono un certo livello, quando la materia si fa spirito
(Albedo), l’emozione sublimata che ne deriva ci consente di accedere ad una fonte
più raffinata di energia (Rubedo).
Potreste chiedervi come è possibile che questo possa avvenire grazie ad un semplice
ventaglio: è ovvio che io non sto parlando dei ventagli venduti a pochi euro sulle
bancarelle, per quanto, se appartenuti ad una persona cara, ed entrati in nostro
possesso, ugualmente questo possa accadere...
Ma il ventaglio è legato anche all'acqua. Spesso la montatura è di madreperla, o
aliotide, o di abalone. Stecche che nella loro perlescenza emanano raggi multicolori,
che ricordano il riflesso della luce sul pelo dell'acqua.
Talvolta vi sono incastonate perle o, nel periodo rococò, esse venivano decorate con
coralli intagliati e conchiglie.
Non è casuale la varietà infinita di forme, materiali, colori, soggetti rappresentati.
Ogni ventaglio si allinea all'energia e alla frequenza della persona che lo sceglie, in
base al proprio sentire. Un ventaglio non è la manifestazione di una preferenza
qualsiasi, è una scelta di benessere, di potenziamento delle vibrazioni di se stessi.
Detto questo, esistono poi esemplari che hanno un vero potere contenuto nel soggetto
rappresentato. Nello specifico, due esemplari, uno in mio possesso, ed uno che
conosco molto bene, sono esemplificativi di quanto detto finora.
Il primo, con pagina trilobata e firmato C. Albert. Ciò che innanzi tutto salta
all'occhio di un esperto è la discrepanza fra la forma e l'abbigliamento del soggetto
rappresentato. C'è come una sorta di discronia, che lo fa sembrare più recente, ma in
realtà non lo è. Siamo quindi in presenza di un ventaglio della seconda metà
dell'Ottocento, con un personaggio femminile al centro, abbigliato da pastorella. Ecco
che il primo pensiero è “Et in arcadia ego”.
La giovane donna tiene in mano un sottile bastone adornato di fiori, siede pensosa
come Amarillide, ma ha un inusuale abito rosso fuoco, ed è magistralmente dipinta su
uno sfondo che da un lato è oscuro e tormentato, praticamente nero, e dall'altro è
pervaso di una luminosità dirompente, dalla tonalità bianca.
Non ci vuole molto ad immaginare il soggetto nascosto di questo ventaglio: è
semplicemente la rappresentazione dell'Opera Alchemica, ma con una quantità di
simboli ulteriori che lascia basiti. Intanto, il numero tre che già è evidenziato dalla
forma della pagina, ritorna nelle stecche principali, che si chiamano guardie, decorate
con tre linee brillanti date da minuscoli tondini di acciaio, allora materiale piuttosto
costoso. Le stecche stesse hanno un intaglio a larghezza diversa e appaiono come
divise in tre parti. La fine della stecca è una stella a sei punte, e vedendo il tutto nel
suo complesso appare come una stella cometa assai particolare. Ecco dunque che dal
numero tre siamo passati al sei, e ci troviamo davanti al sigillo di Salomone.
I materiali: seta per la pagina, tartaruga per le stecche, madreperla per il sigillo
intorno al rivetto.
Aria, terra, mare, Nigredo, Albedo, Rubedo, Corpo, Spirito, Anima, Zolfo, Mercurio,
Sale. Tutto è racchiuso in un “semplice” ventaglio, forse appartenuto ad una
esoterista, una studiosa di antichi misteri e di ermetismo, chissà. Io lo chiamo “il
ventaglio alchemico”.
E siccome ci siamo addentrati sul terreno dell'esoterismo, è d'obbligo parlare di un
esemplare di cui invece si conosce la proprietaria.
Il suo nome è Marie-Thérèse de La Ferté Imbault marchesa d’Étampes (Parigi, 20
aprile1715–Parigi,15 maggio1791) fu un personaggio molto noto della mondanità
francese del XVIII secolo che con il suo salotto letterario rivaleggiò con la madre
Madame Geoffrin, famosa salottiera parigina.
La marchesa, un po' per gioco e un po' sul serio, fondò nel 1775 l'Ordre des
Lanturelus (o Lanturlus) i cui membri, ostentando la loro stravaganza, si dedicavano
alla presa in giro di se stessi e degli eminenti personaggi delle cronache mondane e
politiche attraverso componimenti poetici in cui vi era l'obbligo di rimare con la
parole “lanturelu, lanturelu, lanturelu”.
L'Ordine era presieduto da una Gran Maestra che veniva indicata solo con il nome
d'Imbault; ella riuniva la sua corte in estate a Athis, nella casa di campagna del duca
di Rohan, fra Parigi e Corbeil, sulla riva sinistra della Senna.
In inverno la Gran Maestra presiedeva ogni giovedì le sue sedute a tavola nel suo
albergo di Parigi dove riuniva i membri dell'Ordine. Suo Cavaliere Gran Maresciallo
era il Conte di Montazet, promosso a questa carica all'unanimità il 23 novembre
1775. Fu lui che redasse lo statuto dell'Ordine. Gran lettore era il Conte d'Albaret.
Tale circolo iniziatico-letterario aveva per Connestabile il Conte di Narbonne,
soprannominato Fritzlar. Alcune poesie composte dai membri dell'Ordine arrivarono
sino alla Zarina Caterina II che raccomandò ai suoi nobili di farsi accogliere
nell'Ordine dei Lanturlu, onore che ottennero facilmente i suoi figli, la nuora e
qualche Principe della sua corte.
Il ventaglio, appartenuto a colei di cui vi ho sopra parlato, è assai raro e di
indiscutibile bellezza, ed estremamente complesso da interpretare, visto il numero di
simboli presenti. Ha una doppia pagina in carta dipinta a mano, e stecche in legno
laccato con decori tipo chinoiserie.
Una pagina rappresenta la Magia Bianca, l'altra quella Nera. Ambedue hanno un
soggetto fondamentale, che si pone come “Sacerdote”. La pagina “nera” ha una
infinità di particolari che ci richiamano all'occultismo, a partire dai tre cerchi di
protezione. Il primo a sinistra, con i segni zodiacali. All'interno, un uomo e una donna
che compiono la divinazione del setaccio e delle forbici. Era un metodo usato
nell'antica Grecia e nel Medioevo per evocare un demone attraverso una frase
impronunciabile. Se le forbici tremavano, il demone era presente. Questa forma di
divinazione si chiama coscinomanzia. Veniva altresì utilizzata per scoprire l'eventuale
colpevole, mosso da forze oscure.
La coscinomanzia è una forma di divinazione che usa un setaccio o delle forbici, in
voga nell'antica Grecia, nell'Europa medievale e del primo evo moderno e nel New
England del XVII secolo per determinare la parte colpevole di un crimine.
L'etimologia della parola proviene dal greco koskinomantis ed in latino dette origine
al vocabolo coscinomantia, cioè un indovino che usa un setaccio: il termine viene
utilizzato da svariati scrittori greci, tra cui Filippide, Giulio Polluce e, forse il più
conosciuto, Teocrito. Se ne ha una chiara descrizione nel dodicesimo capitolo
dell'opera di Agrippa di Nettesheim, del 1533: l'autore ritiene che il movimento del
setaccio sia provocato da un demone, richiamato al suo dovere da una frase
sussurrata, frase che, ad ogni modo, nessuno intende pronunciare, né ad alta voce né
in altro modo.
In un metodo, un setaccio veniva sospeso ad un filo, e una lista di nomi di sospettati
veniva pronunciata ad alta voce. La persona il cui nome veniva letto quando o se il
setaccio tremolava o aveva un movimento, era il perpetratore (un meccanismo simile
è usato nella cleidomanzia).
Un'altra forma di coscinomanzia era quella di mettere in equilibrio un paio di pinze o
forbici sui polpastrelli o le unghie di due persone poste una di fronte all'altra. Anche
qui, il colpevole avrebbe provocato un tremolio delle forbici. La relazione tra questi
due metodi è probabilmente storica, poiché entrambi erano praticati ad Atene.
Il fatto che ad operare, sul ventaglio, siano un uomo e una donna, di per sé è molto
importante, perché ciò spiega come, per procedere correttamente in qualsiasi ambito
iniziatico, siano necessarie ambedue le polarità.
Passiamo adesso alla figura dell'asino, estremamente complessa da un punto di vista
esoterico. L'asino ha una doppia valenza, sia positiva che negativa. Rosso,
rappresentava Seth, ma allo stato naturale può essere inteso come la materia grezza,
ciò che deve subire un graduale processo di trasmutazione affinché si possa
“levigare”, ovvero portare ad un livello di conoscenza (coscienza) superiore. In poche
parole, l'asino è l'allegoria di un rivestimento per qualcosa che attende di essere
portato in superficie, che giace nascosto come i minerali nelle viscere della terra,
come la sapienza celata, come il nostro Fuoco interiore. Allo stesso tempo, non
dobbiamo dimenticare che la Sacra Famiglia effettuò il suo viaggio a dorso di un
asino, quindi è un animale dalla sacralità importante. Notate che è raffigurato di
schiena, nell'atto di scalciare. L'asino nel suo aspetto positivo rifiuta le operazioni
occulte, dunque.
Sempre sulla sinistra, una strega bianca vola su una scopa, seduta secondo l'uso di un
tempo, con le gambe unite. L'astro è ancora alto nel cielo. Sembra il sole, ma non ne
sono sicura, in quanto piuttosto in contrasto con la prassi magica, soprattutto nera.
Procedendo verso destra, troviamo una specie di parete con un pannello o una
finestra. In controluce si vede una sorta di iniziazione; un personaggio nudo è in
ginocchio di fronte ad un altro, mentre in primo piano si nota un tavolino con alcuni
oggetti, fra i quali un maglietto, una coppa, e quello che sembra un serpente che
attraversa un triangolo o una squadra.
In alto, alcune stelle a formare il grande carro, rappresentato a lato anche in vera
guisa di carro, e sotto, un uomo che guarda uno specchio di acqua, dove una donna
divina il futuro. Se guardiamo con attenzione, tuttavia, l'acqua è versata dall'alto,
proprio da un elfo che tiene una brocca, a significare che il destino può essere
influenzato non solo dall'alto, ma anche dal male. In ogni caso, il libero arbitrio qui
non viene contemplato.
Sotto, il Mago con il suo assistente. Quest'ultimo versa un uovo nella coppa posta sul
tavolino, su cui è posta l'acacia, simbolo del Maestro. Sul tavolo si trova la mano del
morto, oggetto supremo di divinazione.
Questo potente artefatto negromantico, che si dice essere stato molto diffuso
soprattutto nel XVIII secolo, si chiama la Mano di Gloria (o Mano della Gloria), ed
è, di fatto, la mano di un criminale morto per impiccagione, che viene amputata,
conciata, disseccata e utilizzata come candelabro.
Secondo la Tradizione essa era molto utilizzata dai ladri, in quanto permetteva di
aprire ogni porta e di paralizzare chiunque posasse il suo sguardo sul lume della
candela. Date le potenti corrispondenze (la mano, il possesso, la volontà, l’atto)
veniva utilizzata per molte altre pratiche negromantiche, come il dialogo con i defunti
e come catalizzatori per rituali di Dominio ed Evocazione, soprattutto di spiriti ed
entità ctonie.
Per quanto riguarda l'uovo fatto scivolare nel calice, esso è un componente
fondamentale di riti iniziatici facenti parte del cerchio interno di alcuni Ordini
ermetici.
A destra, un portacandele circolare con dodici candele sorrette da due pipistrelli,
sotto, uno spirito dai capelli rossi ha una provetta contenente l'Elisir e tiene i piedi su
due Sigilli di Salomone sedendo su un capro.
Il Sigillo di Salomone è uno dei più potenti e utilizzati nella magia cerimoniale
salomonica. Secondo la leggenda è l'anello con cui Salomone piega i demoni al
proprio volere, imprigionandoli in un vaso di bronzo sigillato con simboli magici e
obbligandoli a servirlo (clavicula salomonis).
A destra, due spiritelli in volo che sorreggono una lapide; sotto, un braciere con
incenso. Ancora più in basso, un libro con scritto ignis au (aurum), alcuni simboli e
una delle clavicole salomonis più conosciute. All'estrema destra, uno spirito dà un
uovo con le ali ad un uomo che fa un cerchio di protezione con caratteri ebraici.
Una evidente reminiscenza tratta dai versi di Timachida di Rodi, un riferimento assai
colto all’Orfismo, movimento misterico sorto in Grecia verso il VI secolo a.c. intorno
alla figura di Orfeo, ed in particolare ad un brano di Aristofane negli Uccelli (vv.693-
702):
“In principio vi sono Chaos, Nyx (notte), Erebo e Tartato; nel buio Erebo, Nyx genera
un uovo (ὠιόν) “pieno di vento”; da questo uovo emerge Eros dalle ali d’oro; unitosi
durante la notte al Chaos, Eros genera la stirpe degli “Uccelli”; quindi genera Urano
(cielo) e Oceano, Gea (terra) e gli dei.”
Per il mito greco, quindi, Eros nasce dall'uovo d'argento deposto dalla Notte
fecondata dal Vento. Eros nasce con ali dorate e mostra che l'uovo conteneva tutto il
cosmo e le sue creature.
Fra le pagine di libri magici raffigurati, ne troviamo una con scritto:
Divina natura
Angelus
Sol
Terra
Cor
Forma
Cp dracon
Si tratta del Calendarium naturale magicum perpetuum di Johann Baptist
Grossschedel von Aicha, 1593-1650, inciso da Matthaeus Merian, inspirato da Tycho
Brahe e pubblicato la prima volta nel 1619.
Accanto ad esso, è posto un quadrato magico.
La pagina dedicata alla Magia Bianca ci mostra a sinistra in alto un uomo con occhi
bendati che usa una bacchetta tipo rabdomante, poco più in basso una donna che
danza con uno spirito, e ancora un uomo a cavalcioni di un albero, vicino al Sole
nascente, un athanor, un uomo con la mano sugli occhi, un altro che cammina sui
tetti, un uomo che esce dal camino di una chiesa sulla cui facciata è posto un rosone
(la famosa rota), e che porge una pergamena.
Vicino all'athanor, il Mago bianco, il Sacerdote, mentre tiene una provetta da cui esce
l'Elisir sotto forma di cometa rossa, sta abbracciato ad uno spirito dai capelli rossi
(che simboleggia il Fuoco); contemporaneamente tiene il piede sinistro all'interno del
collo arrotolato della storta posta sul forno alchemico.
Sono presenti alcuni libri, anche stavolta realmente esistenti:
De la Magie Blanche
De la Pierre Philosophale di Agrippa
e tre libri sovrapposti, quali:
De la Phisionomie
De la Negromancie
De l'Or Potable, che fanno parte de l'Amphithéâtre de la sapience éternelle di
Khunrath, del1609
Sotto, due animali proiettati da una stella a cinque punte e ancora le forbici della
coscinomanzia, una suora che tiene un animale grottesco guardato a vista da un cane,
simbolo di fedeltà.
Accanto, un uomo che legge la storia de La patte noire, e poi alcune pecore ed il
capro, accucciato ma sempre presente, ad indicare che il male non svanisce mai,
anche se in stato di momentanea quiescenza. A lato, un cavallo adornato con fiori.
In alto a destra, il Sole fascia il bambino: l'Opera è quindi, finalmente, compiuta.
Concludendo, ho raccontato nei particolari due ventagli che, certamente, non sono
comuni, ma i quali possono svelare come, su un pezzo di carta o di pergamena nati al
solo scopo di farsi vento, in realtà siano celati simboli e significati dall'immenso
potere, dal grande valore, sia iniziatico, sentimentale, filosofico, storico, biblico,
mitologico.
Il ventaglio, dunque, è come un piccolo grande tempio che segue uno schema preciso,
ma che in sé nasconde l'assoluto. E come tale, richiede anni di studio ed un sano
dubbio sempre presente, in quanto la certezza nell'interpretazione o nella datazione
spessissimo portano ad abbagli clamorosi. Esattamente come la certezza assoluta
delle proprie personali convinzioni in relazione agli studi esoterici, alla simbologia ed
alle proprie intuizioni può creare illusioni dannose quanto ostative alla propria
evoluzione interiore, indipendentemente dalla durata del proprio cammino

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