Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 23 maggio 2013

TRALCIO SU TESI ALIMENTARE, LISTERIAMONOCYTOGENIS

Obiettivo della tesi-Dottor Andrea Boffoli
Le malattie trasmesse dagli alimenti (MTA) rappresentano un importante problema di sanità pubblica anche in Italia, essendo responsabili di elevata morbilità.
In tutto il mondo, compresi i paesi igienicamente più progrediti, si è osservato che le epidemie, associate ad una non sufficiente igienica alimentazione, costituiscono un grave problema; da qui nasce una sempre maggiore attenzione nei confronti delle produzioni igieniche degli alimenti attraverso una migliore cura della qualità della materia prima attraverso le buone pratiche di produzione e il sistema HACCP.
Gli agenti eziologici delle MTA includono batteri, parassiti, virus ed anche patogeni emergenti.
In particolare, la disponibilità di strumenti diagnostici più sensibili e specifici ha facilitato la determinazione e l’evidenziazione di microrganismi precedentemente poco conosciuti o in passato difficili da evidenziare per la scarsa sensibilità dei metodi diagnostici tradizionali.
Ulteriori parametri di selezione sono rappresentati dalle nuove tecnologie di trasformazione e da fenomeni ambientali. La nuova politica comunitaria in materia di sicurezza alimentare, tracciata nei Regolamenti del cosiddetto “Pacchetto Igiene”, impone su tutte le filiere produttive l’attuazione di una corretta valutazione del rischio igienico-sanitario e la programmazione di specifiche strategie di prevenzione e controllo, finalizzato ad ottenere un elevato livello di sicurezza per la salute del consumatore.
I fattori responsabili della diffusione delle epidemie sono generalmente le temperature inadeguate, il consumo di alimenti crudi, la contaminazione crociata, l’igiene insufficiente nella preparazione o trasformazione degli alimenti lungo l’intera filiera di produzione intesa come produzione primaria, trasformazione e vendita. I principali patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine animale sono Campylobacter jejuni, Clostridium perfringens, Escherichia coli 0157:H7, Listeria monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus e il protozoo Toxoplasma gondii. Recentemente ha destato molta attenzione la diffusione di Listeria monocytogenes quale patogeno in grado di contaminare cibi pronti e di determinare patologie anche gravi soprattutto nelle fasce di popolazione più sensibile come anziani, immunodepressi, neonati e donne in gravidanza. Pertanto, numerosi studi sono stati condotti per accertare il ruolo e le caratteristiche di questo batterio e sulla base di scoperte fatte, sono stati aggiornati i criteri d’igiene e in particolare si è inserita Listeria monocytogenes fra i parametri indicati nei criteri di sicurezza alimentare.
Ed è proprio per garantire questi criteri di sicurezza che la Commissione europea, con decisione 2010/678/UE, ha stabilito un programma coordinato di monitoraggio della prevalenza di Listeria monocytogenes in talune categorie di prodotti alimentari pronti per il consumo a livello della vendita al dettaglio. Listeria monocytogenes è un membro della famiglia Corynebacteriaceae, ordine Eubacteriales.
Il genere Listeria prende il nome dal chirurgo inglese Lord J. Lister.
Comprende sei specie: L. monocytogenes, L. ivanovii, L. seeligeri, L. whelshimeri, L. grayi e L. innocua, di cui soltanto alcune possono essere patogene.
Recentemente quest’elenco è stato aggiornato con l’introduzione di due nuove specie, L. marthii e L. rocourtii, individuate grazie all’ausilio di nuove tecniche di caratterizzazione molecolare.
Listeria monocytogenes (1 – 2 µm) è un bacillo piccolo Gram positivo, asporigeno, acapsulato, non acido resistente, con estremità arrotondate, tende a disporsi a “palizzata” o a “lettere cinesi”1 (per tale motivo le listerie sono state assimilate ai corinebatteri) .
E’ aerobio o anaerobio facoltativo, catalasi positivo e ossidasi negativo, incapace di ridurre i nitrati a nitriti, capace invece di idrolizzare l’esculina ad esculetina.
I bacilli sono mobili per la presenza di flagelli peritrichi. La mobilità è cosiddetta “rocambolesca” rileva solo nei ceppi che crescono a 25°C.2
Listeria monocytogenes è capace di fermentare il ramnosio e lo xilosio, è β-emolitica e mostra una reazione emolitica sinergica con Staphylococcus aureus nel cosiddetto “Camp test”.
Basandosi sui differenti antigeni somatici e flagellari si distinguono 13 sierotipi di L. monocytogenes che sono suddivisi in 5 gruppi principali 1, 2, 3, 4a e 4b e non sono specie-specifici.
I sierotipi più ricorrenti (> 95%) negli isolati clinici umani sono: ½ a, ½ b e 4 b; mentre negli alimenti si reperiscono con maggiore frequenza ½ a, ½ b e ½ c.
Per quanto riguarda le caratteristiche fisico/chimiche, L. monocytogenes è in grado di moltiplicarsi a pH compresi tra 4.6 e 9.2, e con valori di attività dell’acqua (aw) superiori a 0.90 – 0.92 (questo dato dipende comunque dalla dose iniziale).
Listeria monocytogenes è molto diffusa nell’ambiente.
I principali habitat sono il suolo, il foraggio, l’acqua e i fanghi di depurazione.
Quindi gli alimenti più spesso associati con la malattia sono quelli di tipo industriale, pronti al consumo, i cosiddetti ready-to-eat (RTE), che presentano le seguenti caratteristiche:
  1. sono un ottimo substrato per lo sviluppo di Listeria monocytogenes;
  2. hanno una lunga shelf-life a temperature di refrigerazione;
    vengono consumati tal quali, senza subire alcun trattamento risanante (ad esempio la cottura). Listeria monocytogenes è l’agente eziologico della listeriosi, una zoonosi che l’uomo contrae principalmente attraverso il consumo di alimenti di origine animale contaminati.
Il batterio è in grado di invadere l’epitelio gastrointestinale, di penetrare e stabilirsi poi nei monociti (da cui il nome specifico, monocytogenes), nei macrofagi e nei leucociti polimorfo nucleati e quindi trasportato dal sangue.
La sua presenza intracellulare nei fagociti ne permette l’accesso anche al cervello e probabilmente il passaggio attraverso la membrana placentare.
La patogenicità è quindi data proprio dalla capacità di moltiplicarsi nei fagociti dell’ospite.
Come la maggior parte delle zoonosi trasmesse da alimenti, la listeriosi è caratterizzata di solito da un quadro clinico lieve, con sintomi prevalentemente di natura gastroenterica, che insorgono in forma acuta e sono spesso auto-limitanti.
A volte però le conseguenze sono più gravi, infatti L. monocytogenes può causare la meningite e l’encefalite nei soggetti con sistema immunitario defedato e infezioni ad esito fatale nei feti e nei neonati.
In considerazione dell’importante ruolo sanitario di Listeria monocytogenes nell’ambito delle malattie a trasmissione alimentare, si è ritenuto interessante approntare una ricerca volta a valutarne l’incidenza nelle matrici RTE (ready-to-eat), con lo scopo di fornire dati utili ad una corretta gestione e valutazione del rischio.
La commissione europea ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare e alla sua task force per la raccolta di dati sulle zoonosi, di elaborare una proposta di specifiche tecniche su un programma di sorveglianza coordinato (sotto forma di indagine) per Listeria monocytogenes negli alimenti pronti al consumo.
Lo studio dovrebbe permettere un confronto della contaminazione di L. monocytogenes degli alimenti pronti per il consumo nella comunità e negli Stati membri e una verifica dei criteri comunitari di sicurezza alimentare per L. monocytogenes.
I dati raccolti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno dimostrato che i tassi più elevati di mancato rispetto dei criteri microbiologici relativi alla Listeria monocytogenes sono stati registrati nei formaggi a pasta molle e semimolle, nel pesce affumicato e marinato e nei prodotti a base di carne trattati termicamente.
. Il presente lavoro analizza le metodologie ed i risultati del rischio relativo a Listeria monocytogenes in alimenti pronti per essere consumati -RTE (Ready-To-Eat).
Data la capacità di Listeria monocytogenes di moltiplicarsi negli alimenti anche a temperatura di refrigerazione (2-4 °C), la sua presenza è particolarmente preoccupante nei prodotti alimentari pronti con shelf-life particolarmente lunga.
Queste categorie di prodotti alimentari costituiscono la principale fonte di esposizione per l’uomo e, pertanto, sono state selezionate per essere oggetto del programma nazionale di monitoraggio.
Inoltre, visto che la proliferazione di Listeria monocytogenes è influenzata dal pH, dall’attività dell’acqua e dalla temperatura di magazzinaggio del prodotto, il programma di monitoraggio deve includere la misurazione anche di tali parametri, essenziali per lo sviluppo di modelli di microbiologia predittiva in grado di stimare, a varie condizioni di temperatura, la proliferazione di Listeria monocytogenes negli alimenti valutati nel presente programma di monitoraggio. Il presente lavoro sperimentale è stato condotto, sull’esempio di quanto già realizzato per altri prodotti (matrici alimentari, mangimi zootecnici, campioni animali e prelievi ambientali), per fornire un quadro preciso della prevalenza e delle caratteristiche di agenti patogeni.
I risultati hanno evidenziato su 1600 campionamenti effettuati in tutta Italia, nelle tre tipologie di alimenti presi in esame, una presenza di Listeria monocytogenes in 34 campioni così suddivisi:
  • 32 riferiti a pesce affumicato a caldo o a freddo;
  • 2 riferiti a prodotti a base di carne soggetti a trattamento.
Mentre nessuna positività è stata riscontrata nei formaggi a pasta molle o semimolle.
Per quanto concerne, invece, la città di Bari la presenza di Listeria monocytogenes è stata riscontrata in 4 campioni tutti riferiti a pesce affumicato a caldo o a freddo.
Bisogna considerare che la temperatura di refrigerazione, consigliata per la conservazione del salmone affumicato, non è sufficiente ad arrestare lo sviluppo di Listeria monocytogenes e che inoltre il microrganismo è in grado di replicare anche nelle confezioni sottovuoto.
Di conseguenza, sotto il profilo igienico/sanitario, le considerazioni ulteriori che si possono trarre da questi risultati è il seguente:
  • il salmone affumicato è un substrato per la crescita di Listeria monocytogenes. Di conseguenza, applicando a questo prodotto il criterio di sicurezza previsto dal punto 1.2 dell’allegato I del Regolamento CE 2073/2005, il produttore si deve assumere la responsabilità che in ciascun lotto di prodotto Listeria monocytogenes, prima che gli alimenti non siano più sotto il suo controllo diretto, deve risultare assente su 25g di prodotto (EN/ISO 11290-1) mentre per i prodotti ammessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità, la Listeria monocytogenes può essere presente ma in quantità inferiore a 100cfu/g (EN/ISO 11290-2). Questi risultati sono raggiungibili a patto che:
  1. si utilizzino materie prime di ottima qualità microbiologica;
  2. si rispettino stringenti misure di igiene nella lavorazione del prodotto;
  3. il prodotto finito sia mantenuto costantemente a temperatura di refrigerazione:
  4. al prodotto “salmone affumicato” si diano tempi di vita commerciale non estremamente lunghi, in considerazione della possibile proliferazione nel prodotto di Listeria monocytogenes in cariche potenzialmente pericolose per la salute umana.
    Il Regolamento europeo 2073/2005 dà la possibilità agli operatori del settore alimentare (OSA) di effettuare studi per valutare il rischio di Listeria monocytogenes nei prodotti pronti al consumo – RTE (Ready-To-Eat) aventi pH e aw che consentono lo sviluppo di questo microrganismo.In primo luogo, i cambiamenti delle abitudini alimentari insieme con l’aumento dei pasti consumati fuori casa, con l’incremento del consumo di alimenti a lunga conservazione e la globalizzazione dei mercati, comporta maggiori rischi per i differenti standard di produzione e manipolazioni degli alimenti ed è per questo che esiste un’attenzione internazionale ai rischi legati alla contaminazione degli alimenti ed alla loro gestione.In conclusione, volendo trovare un punto debole con possibili margini di miglioramento nell’ambito del programma di monitoraggio, questo va sicuramente individuato nell’OSA (Operatore Settore Alimentare).
Infatti, l’OSA deve attenersi in modo rigoroso ai controlli ufficiali previsti dal Regolamento CE 2073/2005, deve responsabilizzarsi nella gestione del rischio nella sua industria/attività alimentare mettendo in atto tutte le misure necessarie per il controllo e deve fissare durante il processo di produzione dei limiti tali da garantire che alla fine della shelf-life non siano superati i limiti imposti dal regolamento CE 2073/2005 ossia 100cfu/g.
Inoltre, l’Autorità competente, con una corretta informazione e interventi di controllo ufficiale come l’ispezione e l’audit nel settore della sicurezza degli alimenti, può contribuire a sensibilizzare maggiormente l’OSA nel raggiungimento di determinati obiettivi per quello che riguarda i rischi connessi all’intera filiera produttiva, evidenziando ogni area potenziale di miglioramento.



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