Obiettivo
della tesi-Dottor Andrea Boffoli
Le
malattie trasmesse dagli alimenti (MTA) rappresentano un importante
problema di sanità pubblica anche in Italia, essendo responsabili di
elevata morbilità.
In
tutto il mondo, compresi i paesi igienicamente più progrediti, si è
osservato che le epidemie, associate ad una non sufficiente igienica
alimentazione, costituiscono un grave problema; da qui nasce una
sempre maggiore attenzione nei confronti delle produzioni igieniche
degli alimenti attraverso una migliore cura della qualità della
materia prima attraverso le buone pratiche di produzione e il sistema
HACCP.
Gli
agenti eziologici delle MTA includono batteri, parassiti, virus ed
anche patogeni emergenti.
In
particolare, la disponibilità di strumenti diagnostici più
sensibili e specifici ha facilitato la determinazione e
l’evidenziazione di microrganismi precedentemente poco conosciuti o
in passato difficili da evidenziare per la scarsa sensibilità dei
metodi diagnostici tradizionali.
Ulteriori
parametri di selezione sono rappresentati dalle nuove tecnologie di
trasformazione e da fenomeni ambientali. La
nuova politica comunitaria in materia di sicurezza alimentare,
tracciata nei Regolamenti del cosiddetto “Pacchetto Igiene”,
impone su tutte le filiere produttive l’attuazione di una corretta
valutazione del rischio igienico-sanitario e la programmazione di
specifiche strategie di prevenzione e controllo, finalizzato ad
ottenere un elevato livello di sicurezza per la salute del
consumatore.
I
fattori responsabili della diffusione delle epidemie sono
generalmente le temperature inadeguate, il consumo di alimenti crudi,
la contaminazione crociata, l’igiene insufficiente nella
preparazione o trasformazione degli alimenti lungo l’intera filiera
di produzione intesa come produzione primaria, trasformazione e
vendita. I
principali patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine animale
sono Campylobacter
jejuni, Clostridium perfringens, Escherichia coli 0157:H7, Listeria
monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus e il protozoo
Toxoplasma gondii. Recentemente
ha destato molta attenzione la diffusione di Listeria
monocytogenes
quale patogeno in grado di contaminare cibi pronti e di determinare
patologie anche gravi soprattutto nelle fasce di popolazione più
sensibile come anziani, immunodepressi, neonati e donne in
gravidanza. Pertanto,
numerosi studi sono stati condotti per accertare il ruolo e le
caratteristiche di questo batterio e sulla base di scoperte fatte,
sono stati aggiornati i criteri d’igiene e in particolare si è
inserita Listeria monocytogenes fra i parametri indicati nei criteri
di sicurezza alimentare.
Ed
è proprio per garantire questi criteri di sicurezza che la
Commissione europea, con decisione 2010/678/UE, ha stabilito un
programma coordinato di monitoraggio della prevalenza di Listeria
monocytogenes in talune categorie di
prodotti alimentari pronti per il consumo a livello della vendita al
dettaglio. Listeria
monocytogenes
è un membro della famiglia Corynebacteriaceae,
ordine Eubacteriales.
Il
genere Listeria
prende il nome dal chirurgo inglese Lord J. Lister.
Comprende
sei specie: L.
monocytogenes, L. ivanovii, L. seeligeri, L. whelshimeri, L. grayi e
L. innocua,
di cui soltanto alcune possono essere patogene.
Recentemente
quest’elenco è stato aggiornato con l’introduzione di due nuove
specie, L.
marthii e
L.
rocourtii, individuate
grazie all’ausilio di nuove tecniche di caratterizzazione
molecolare.
Listeria
monocytogenes
(1 – 2 µm) è un bacillo piccolo Gram positivo, asporigeno,
acapsulato, non acido resistente, con estremità arrotondate, tende a
disporsi a “palizzata” o a “lettere cinesi”
(per tale motivo le listerie sono state assimilate ai corinebatteri)
.
E’
aerobio o anaerobio facoltativo, catalasi positivo e ossidasi
negativo, incapace di ridurre i nitrati a nitriti, capace invece di
idrolizzare l’esculina ad esculetina.
I
bacilli sono mobili per la presenza di flagelli peritrichi. La
mobilità è cosiddetta “rocambolesca” rileva solo nei ceppi
che crescono a 25°C.
Listeria
monocytogenes
è capace di fermentare il ramnosio e lo xilosio, è β-emolitica e
mostra una reazione emolitica sinergica con Staphylococcus
aureus
nel cosiddetto “Camp test”.
Basandosi
sui differenti antigeni somatici e flagellari si distinguono 13
sierotipi di L.
monocytogenes
che sono suddivisi in 5 gruppi principali 1, 2, 3, 4a e 4b e non sono
specie-specifici.
I
sierotipi più ricorrenti (> 95%) negli isolati clinici umani
sono: ½ a, ½ b e 4 b; mentre negli alimenti si reperiscono con
maggiore frequenza ½ a, ½ b e ½ c.
Per
quanto riguarda le caratteristiche fisico/chimiche, L.
monocytogenes è
in grado di moltiplicarsi a pH compresi tra 4.6 e 9.2, e con valori
di attività dell’acqua (aw) superiori a 0.90 – 0.92 (questo dato
dipende comunque dalla dose iniziale).
Listeria
monocytogenes
è molto diffusa nell’ambiente.
I
principali habitat sono il suolo, il foraggio, l’acqua e i fanghi
di depurazione.
Quindi
gli alimenti più spesso associati con la malattia sono quelli di
tipo industriale, pronti al consumo, i cosiddetti ready-to-eat
(RTE), che presentano le seguenti caratteristiche:
sono
un ottimo substrato per lo sviluppo di Listeria
monocytogenes;
hanno
una lunga shelf-life
a temperature di refrigerazione;
vengono
consumati tal quali, senza subire alcun trattamento risanante (ad
esempio la cottura). Listeria
monocytogenes
è l’agente eziologico della listeriosi, una zoonosi che l’uomo
contrae principalmente attraverso il consumo di alimenti di origine
animale contaminati.
Il
batterio è in grado di invadere l’epitelio gastrointestinale, di
penetrare e stabilirsi poi nei monociti (da cui il nome specifico,
monocytogenes),
nei macrofagi e nei leucociti polimorfo nucleati e quindi trasportato
dal sangue.
La
sua presenza intracellulare nei fagociti ne permette l’accesso
anche al cervello e probabilmente il passaggio attraverso la membrana
placentare.
La
patogenicità è quindi data proprio dalla capacità di moltiplicarsi
nei fagociti dell’ospite.
Come
la maggior parte delle zoonosi trasmesse da alimenti, la listeriosi è
caratterizzata di solito da un quadro clinico lieve, con sintomi
prevalentemente di natura gastroenterica, che insorgono in forma
acuta e sono spesso auto-limitanti.
A
volte però le conseguenze sono più gravi, infatti L.
monocytogenes
può causare la meningite e l’encefalite nei soggetti con sistema
immunitario defedato e infezioni ad esito fatale nei feti e nei
neonati.
In
considerazione dell’importante ruolo sanitario di Listeria
monocytogenes
nell’ambito delle malattie a trasmissione alimentare, si è
ritenuto interessante approntare una ricerca volta a valutarne
l’incidenza nelle matrici RTE (ready-to-eat),
con lo
scopo di fornire dati utili ad una corretta gestione e valutazione
del rischio.
La
commissione europea ha chiesto all’Autorità europea per la
sicurezza alimentare e alla sua task
force
per la raccolta di dati sulle zoonosi, di elaborare una proposta di
specifiche tecniche su un programma di sorveglianza coordinato (sotto
forma di indagine) per Listeria
monocytogenes
negli alimenti pronti al consumo.
Lo
studio dovrebbe permettere un confronto della contaminazione di L.
monocytogenes degli
alimenti pronti per il consumo nella comunità e negli Stati membri e
una verifica dei criteri comunitari di sicurezza alimentare per L.
monocytogenes.
I
dati raccolti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare
(EFSA) hanno dimostrato che i tassi più elevati di mancato rispetto
dei criteri microbiologici relativi alla Listeria monocytogenes sono
stati registrati nei formaggi a pasta molle e semimolle, nel pesce
affumicato e marinato e nei prodotti a base di carne trattati
termicamente.
. Il
presente lavoro analizza le metodologie ed i risultati del rischio
relativo a Listeria
monocytogenes
in alimenti pronti per essere consumati -RTE (Ready-To-Eat).
Data
la capacità di Listeria
monocytogenes di moltiplicarsi negli
alimenti anche a temperatura di refrigerazione (2-4 °C), la sua
presenza è particolarmente preoccupante nei prodotti alimentari
pronti con shelf-life particolarmente
lunga.
Queste
categorie di prodotti alimentari costituiscono la principale fonte di
esposizione per l’uomo e, pertanto, sono state selezionate per
essere oggetto del programma nazionale di monitoraggio.
Inoltre,
visto che la proliferazione di Listeria
monocytogenes è influenzata dal pH,
dall’attività dell’acqua e dalla temperatura di magazzinaggio
del prodotto, il programma di monitoraggio deve includere la
misurazione anche di tali parametri, essenziali per lo sviluppo di
modelli di microbiologia predittiva in grado di stimare, a varie
condizioni di temperatura, la proliferazione di Listeria
monocytogenes negli alimenti
valutati nel presente programma di monitoraggio. Il
presente lavoro sperimentale è stato condotto, sull’esempio di
quanto già realizzato per altri prodotti (matrici alimentari,
mangimi zootecnici, campioni animali e prelievi ambientali), per
fornire un quadro preciso della prevalenza e delle caratteristiche di
agenti patogeni.
I
risultati hanno evidenziato su 1600 campionamenti effettuati in tutta
Italia, nelle tre tipologie di alimenti presi in esame, una presenza
di Listeria
monocytogenes
in 34 campioni così suddivisi:
Mentre
nessuna positività è stata riscontrata nei formaggi a pasta molle o
semimolle.
Per
quanto concerne, invece, la città di Bari la presenza di Listeria
monocytogenes
è stata riscontrata in 4 campioni tutti riferiti a pesce affumicato
a caldo o a freddo.
Bisogna
considerare che la temperatura di refrigerazione, consigliata per la
conservazione del salmone affumicato, non è sufficiente ad arrestare
lo sviluppo di Listeria
monocytogenes
e che inoltre il microrganismo è in grado di replicare anche nelle
confezioni sottovuoto.
Di
conseguenza, sotto il profilo igienico/sanitario, le considerazioni
ulteriori che si possono trarre da questi risultati è il seguente:
il
salmone affumicato è un substrato per la crescita di Listeria
monocytogenes.
Di conseguenza, applicando a questo prodotto il criterio di
sicurezza previsto dal punto 1.2 dell’allegato I del Regolamento
CE 2073/2005, il produttore si deve assumere la responsabilità che
in ciascun lotto di prodotto Listeria
monocytogenes,
prima
che gli alimenti non siano più sotto il suo controllo diretto, deve
risultare assente su 25g di prodotto (EN/ISO 11290-1) mentre per i
prodotti ammessi sul mercato durante il loro periodo di
conservabilità, la Listeria
monocytogenes
può essere presente ma in quantità inferiore a 100cfu/g (EN/ISO
11290-2). Questi
risultati sono raggiungibili a patto che:
si
utilizzino materie prime di ottima qualità microbiologica;
si
rispettino stringenti misure di igiene nella lavorazione del
prodotto;
il
prodotto finito sia mantenuto costantemente a temperatura di
refrigerazione:
al
prodotto “salmone affumicato” si diano tempi di vita commerciale
non estremamente lunghi, in considerazione della possibile
proliferazione nel prodotto di Listeria
monocytogenes
in cariche potenzialmente pericolose per la salute umana.
Il
Regolamento europeo 2073/2005 dà la possibilità agli operatori del
settore alimentare (OSA) di effettuare studi per valutare il rischio
di Listeria
monocytogenes
nei prodotti pronti al consumo – RTE (Ready-To-Eat)
aventi pH e aw che consentono lo sviluppo di questo microrganismo.In
primo luogo, i cambiamenti delle abitudini alimentari insieme con
l’aumento dei pasti consumati fuori casa, con l’incremento del
consumo di alimenti a lunga conservazione e la globalizzazione dei
mercati, comporta maggiori rischi per i differenti standard di
produzione e manipolazioni degli alimenti ed è per questo che esiste
un’attenzione internazionale ai rischi legati alla contaminazione
degli alimenti ed alla loro gestione.In
conclusione, volendo trovare un punto debole con possibili margini di
miglioramento nell’ambito del programma di monitoraggio, questo va
sicuramente individuato nell’OSA (Operatore Settore Alimentare).
Infatti,
l’OSA deve attenersi in modo rigoroso ai controlli ufficiali
previsti dal Regolamento CE 2073/2005, deve responsabilizzarsi nella
gestione del rischio nella sua industria/attività alimentare
mettendo in atto tutte le misure necessarie per il controllo e deve
fissare durante il processo di produzione dei limiti tali da
garantire che alla fine della shelf-life
non
siano superati i limiti imposti dal regolamento CE 2073/2005 ossia
100cfu/g.
Inoltre,
l’Autorità competente, con una corretta informazione e interventi
di controllo ufficiale come l’ispezione e l’audit nel settore
della sicurezza degli alimenti, può contribuire a sensibilizzare
maggiormente l’OSA nel raggiungimento di determinati obiettivi per
quello che riguarda i rischi connessi all’intera filiera
produttiva, evidenziando ogni area potenziale di miglioramento.
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