Comando Provinciale
Carabinieri Bari
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BARI:
I CC AZZERANO L’IMPERO MAFIOSO DEL CLAN “STRISCIUGLIO”, DECINE DI ARRESTI IN
CORSO. INFILTRAZIONI NELLA TIFOSERIA DEL BARI, PIZZO AI CANTIERI EDILI, ANCHE AI
DANNI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE IN COSTRUZIONE. LE ARMI DEL CLAN NASCOSTE NEI
LOCULI DEL CIMITERO DI BARI. SVELATI I RITI SEGRETI DI AFFILIAZIONE. SULLO
SFONDO IL CONTROLLO DEL MERCATO DI COCAINA, HASHISH E
MARIJUANA.
E’
in corso dalle prime luci dell’alba un blitz dei Carabinieri del Comando
Provinciale di Bari, che stanno eseguendo decine di arresti a carico di
esponenti del potente clan mafioso barese degli “STRISCIUGLIO”, in esecuzione di
un ordinanza di custodia cautelare emessa del Giudice per le Indagini
preliminari di Bari su richiesta della D.D.A. della Procura della Repubblica di
Bari.
Colpo
mortale inflitto dai carabinieri del Reparto Operativo di Bari all’impero del
potente clan mafioso, ricostruiti anni di egemonia e di dominio in settori
vitali dell’economia, primo fra tutti il settore edile locale, dove viene
registrata la doppia imposizione del pizzo a imprenditori che pur di lavorare
tranquilli hanno pagato sia gli “STRISCIUGLIO”, sia gli uomini del clan “DI
COSOLA”, duramente colpito con i 62 arresti dell’operazione “Pilastro”, del 21
aprile scorso. Nessun cantiere era esentato, anche quello di una scuola
elementare in costruzione nella zona di Palese è finito sotto estorsione.
Le
documentate infiltrazioni nella tifoseria del Bari Calcio, evidenziano il
tentativo dei clan d’infiltrarsi all’interno dello stadio San Nicola, come
emerso anche in occasioni di recenti concerti musicali di artisti di fama
nazionale.
Il
clan usava i loculi del cimitero per nascondere armi munizioni: dietro la lapide
di un ignaro professore morto nel 1962 trovate pistole e munizioni. Anche una
micidiale bomba a mano tipo “ananas” nella disponibilità del clan, in grado di
far saltare in aria un’abitazione o un negozio.
Ricostruite
anche le dinamiche dei riti di affiliazione mutuati dalla camorra campana e
bloccati dai fratelli STRISCIUGLIO perché ritenuti troppo pericolosi per la
segretezza del clan. Infatti, il rito prevedeva che il nuovo giunto nel clan
fosse presentato ufficialmente a tutti gli altri affiliati dal padrino, che lo
annunciava: “Questo è un mio ragazzo”. Iniziava poi la carriera interna al clan
con i “gradi di battesimo”, dopo il quarto grado si aveva facoltà di fondare un
proprio clan. L’affiliazione garantiva economicamente la famiglia in caso di
arresto dell’affiliato. I familiari ricevevano una somma mensile detta
“spartenza”, ed era cosi che i capi, anche se in carcere, potevano garantire un
alto tenore di vita alle famiglie, che potevano affrontare in modo sfarzoso
grossi eventi, come un matrimonio.
Confermato
anche in questa indagine il ruolo chiave di messaggere svolto dalle donne del
clan, che aggiornavano i capi in carcere sulle dinamiche di affiliazione,
riuscendo a far entrare nelle celle anche la droga.
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