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lunedì 29 febbraio 2016

IL FUTURO INCERTO DELL'ECONOMIA ITALIANA



  
Il rapporto dell’Ue – La spending review 
 di Antonio Laurenzano
Sorrisi e abbracci al termine della conferenza stampa a Palazzo Chigi fra il premier Renzi e il Presidente della Commissione Ue Junker in visita a Roma.  Cancellati i toni aggressivi e i “maldestri malintesi” del recente passato. Un incontro positivo per riprendere a lavorare insieme e per parlare di economia da rilanciare, di Europa da rafforzare, di problemi da risolvere. E per l’Italia i problemi non mancano, anche minacciosi perché sistemici. Con crudo realismo lo ha ricordato il rapporto dell’Ue sugli squilibri economici dell’Eurozona diffuso a Bruxelles a distanza di poche ore dal saluto di commiato di Junker.  “L’Italia è fonte di potenziali ricadute sugli altri Stati membri  per le debolezze strutturali della sua economia, per la modesta crescita, per il debito eccessivo e per la spending review poco efficace”. Un richiamo alla realtà di un Paese che stenta a uscire dalla recessione  e a mettersi in sicurezza. Un segnale forte e preoccupante.
Si tratta ora di scongiurare la  bocciatura da parte della Commissione Ue della Legge di stabilità 2016, evitare cioè una procedura d’infrazione per deficit eccessivo e quindi il rischio di una dolorosa manovra correttiva. Molto dipende dalla flessibilità invocata dal Governo. Mezzo punto di Pil per le riforme,  tre decimi per gli investimenti e un margine aggiuntivo dello 0,2% per la questione migratoria: in totale circa 13 miliardi. Chiara sul punto la richiesta all’Europa di Matteo Renzi: “una politica di bilancio più flessibile che non punti più sull’austerità a danno della crescita”. Servono cioè politiche espansive con investimenti pubblici e privati per mettere in moto l’economia europea, e italiana in particolare, tali da aprire spazi per ridurre la pressione fiscale. Un cambio di rotta, dunque, per stimolare la crescita e arginare lo scollamento tra cittadini e istituzioni comunitarie, azzerando le fughe in avanti delle forze populiste e demagogiche.  
C’è tempo fino a maggio per trovare una intesa  sui nostri conti pubblici, dopo che la Commissione Ue avrà completato la valutazione sull’equilibrio del bilancio italiano e sullo sforzo con cui il Tesoro ha promesso di portarlo vicino al pareggio nel 2018. Se da Bruxelles dovesse arrivare il cartellino rosso, con previsioni di crescita al ribasso, inevitabile scatterebbe una stangata fiscale con altri sacrifici collegati alle clausole di salvaguardia. E per le famiglie e le imprese sarebbe un duro colpo: aumenti delle aliquote IVA dal 10 al 13% e dal 22 al 24%, revisione delle detrazioni fiscali, nessuna riduzione impositiva con effetto domino: rincaro dei beni, contrazione dei consumi, ricaduta sulla produzione e sull’occupazione. Sarebbe un salto nel buio, nonché la conferma del fallimento della spending review, certificato di recente dalla Corte dei Conti.
 Intervenire sulla spesa pubblica, l’area della finanza allegra del Belpaese, è la grande riforma che il Paese attende da anni! Una riforma nella quale sono… “inciampati” numerosi e qualificati commissari: da Piero Giarda a Enrico Bondi, da Carlo Cottarelli a Roberto Perotti. Magro bottino, tanti  gli interessi in campo. Solo tagli lineari, a danno della quantità e qualità dei servizi ai cittadini, per fare cassa e barattare sulla fiscalità locale. Tutto è rimasto nei polverosi cassetti governativi. Mancanza di chiarezza politica, di coraggio d’azione per aggredire la spesa improduttiva, con tagli selettivi, e avviare un percorso virtuoso di riqualificazione degli oltre 820 miliardi che lo Stato spende ogni anno. Un percorso ormai ineludibile per un sostegno al reddito: meno spesa, più risparmi, meno tasse, più risorse per la crescita. L’Europa e i mercati chiedono questo per rendere sostenibile un debito pubblico schizzato al 133% prima che scattino nuove …. misteriose manovre sullo spread dei titoli pubblici italiani! Renzi avvisato. 

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