Il
rapporto dell’Ue – La spending review
di Antonio Laurenzano
Sorrisi e abbracci al termine
della conferenza stampa a Palazzo Chigi fra il premier Renzi e il Presidente
della Commissione Ue Junker in visita a Roma. Cancellati i toni aggressivi e i “maldestri
malintesi” del recente passato. Un incontro positivo per riprendere a lavorare
insieme e per parlare di economia da rilanciare, di Europa da rafforzare, di
problemi da risolvere. E per l’Italia i problemi non mancano, anche minacciosi
perché sistemici. Con crudo realismo lo ha ricordato il rapporto dell’Ue sugli
squilibri economici dell’Eurozona diffuso a Bruxelles a distanza di poche ore
dal saluto di commiato di Junker. “L’Italia
è fonte di potenziali ricadute sugli altri Stati membri per le debolezze strutturali della sua
economia, per la modesta crescita, per il debito eccessivo e per la spending
review poco efficace”. Un richiamo alla realtà di un Paese che stenta a uscire dalla
recessione e a mettersi in sicurezza. Un
segnale forte e preoccupante.
Si tratta ora di scongiurare la bocciatura da parte della Commissione Ue della
Legge di stabilità 2016, evitare cioè una procedura d’infrazione per deficit
eccessivo e quindi il rischio di una dolorosa manovra correttiva. Molto dipende
dalla flessibilità invocata dal Governo. Mezzo punto di Pil per le riforme, tre decimi per gli investimenti e un margine
aggiuntivo dello 0,2% per la questione migratoria: in totale circa 13 miliardi.
Chiara sul punto la richiesta all’Europa di Matteo Renzi: “una politica di
bilancio più flessibile che non punti più sull’austerità a danno della crescita”.
Servono cioè politiche espansive con investimenti pubblici e privati per mettere
in moto l’economia europea, e italiana in particolare, tali da aprire spazi per
ridurre la pressione fiscale. Un cambio di rotta, dunque, per stimolare la
crescita e arginare lo scollamento tra cittadini e istituzioni comunitarie, azzerando
le fughe in avanti delle forze populiste e demagogiche.
C’è tempo fino a maggio per
trovare una intesa sui nostri conti
pubblici, dopo che la Commissione Ue avrà completato la valutazione
sull’equilibrio del bilancio italiano e sullo sforzo con cui il Tesoro ha
promesso di portarlo vicino al pareggio nel 2018. Se da Bruxelles dovesse
arrivare il cartellino rosso, con previsioni di crescita al ribasso,
inevitabile scatterebbe una stangata fiscale con altri sacrifici collegati alle
clausole di salvaguardia. E per le famiglie e le imprese sarebbe un duro colpo:
aumenti delle aliquote IVA dal 10 al 13% e dal 22 al 24%, revisione delle
detrazioni fiscali, nessuna riduzione impositiva con effetto domino: rincaro
dei beni, contrazione dei consumi, ricaduta sulla produzione e
sull’occupazione. Sarebbe un salto nel buio, nonché la conferma del fallimento
della spending review, certificato di recente dalla Corte dei Conti.
Intervenire sulla spesa pubblica, l’area della
finanza allegra del Belpaese, è la grande riforma che il Paese attende da anni!
Una riforma nella quale sono… “inciampati” numerosi e qualificati commissari:
da Piero Giarda a Enrico Bondi, da Carlo Cottarelli a Roberto Perotti. Magro
bottino, tanti gli interessi in campo. Solo
tagli lineari, a danno della quantità e qualità dei servizi ai cittadini, per
fare cassa e barattare sulla fiscalità locale. Tutto è rimasto nei polverosi cassetti
governativi. Mancanza di chiarezza politica, di coraggio d’azione per aggredire
la spesa improduttiva, con tagli selettivi, e avviare un percorso virtuoso di
riqualificazione degli oltre 820 miliardi che lo Stato spende ogni anno. Un
percorso ormai ineludibile per un sostegno al reddito: meno spesa, più
risparmi, meno tasse, più risorse per la crescita. L’Europa e i mercati
chiedono questo per rendere sostenibile un debito pubblico schizzato al 133%
prima che scattino nuove …. misteriose manovre sullo spread dei titoli pubblici
italiani! Renzi avvisato.
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