I DUBBI DI BRUXELLES SULLA LEGGE DI BILANCIO
di Antonio Laurenzano
Bruxelles chiede, Roma …
risponde. Giorni decisivi per le sorti della manovra finanziaria 2017. Con una
lettera firmata dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e dal
vicepresidente Valdis Dombrovskis, la Commissione europea ha chiesto al governo
italiano chiarimenti sui saldi contabili
e sulle spese eccezionali per migranti e
sisma. Sotto esame, ancora una volta, la precarietà della finanza pubblica che
emerge dalla Legge di bilancio con “distanze sostanziali rispetto agli impegni
presi in primavera”. Non tanto per il deficit nominale al 2,3%, contro l’1,8%
previsto in aprile e concordato al 2,2% con la
Commissione Ue, quanto per il deficit strutturale (saldo di bilancio
rettificato per gli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum) che,
invece di migliorare di almeno uno 0,6% del Pil, come raccomandato dal
Consiglio Ue, peggiora di uno 0,4%, passando così da -1,2% a - 1,6%. Una palese inadempienza in contrasto con il
“percorso di aggiustamento” verso l’obiettivo di bilancio a medio termine (pareggio
di bilancio) fissato con Bruxelles. Da qui la richiesta di informazioni sulla
revisione di tale obiettivo al fine di valutare se l’Italia soddisfa le
condizioni poste a base della flessibilità aggiuntiva dei conti concessa per
l’anno in corso.
La Commissione, nell’evidenziare la
mancata riduzione del deficit strutturale, richiama il governo italiano al
rispetto degli impegni assunti nel timore che l’Italia possa non adeguarsi al Fiscal
Compact, in considerazione anche dell’elevato debito pubblico che le stime
governative fissano per il 2016 al 132,8% del Pil, con una variazione in
aumento dello 0,4%. Spetta al Ministero
dell’Economia fornire nelle prossime ore i chiarimenti richiesti per evitare che la Legge
di bilancio 2017 (non ancora approdata in Parlamento) torni al mittente per le conseguenti variazioni e
scongiurare, in caso contrario, ogni procedura d’infrazione. Si tratta di
giustificare la spesa aggiuntiva di
circa 6,5 miliardi, pari allo 0,4% del Pil, non coperta con tagli o maggiori entrate,
che il governo italiano ascrive a due circostanze eccezionali: i costi
dell’accoglienza dei migranti per i quali l’Italia non ha avuto alcun sostegno
dall’Europa e quelli per gli interventi di emergenza nelle zone terremotate,
oltre ai costi della ricostruzione e della messa in sicurezza degli edifici. La
Commissione, oltre a nutrire per le entrate forti perplessità sulla presenza nel
Documento programmatico di bilancio (dpb) di numerose misure una tantum e di
stime troppo generose di gettito fiscale, sul fronte delle uscite considera il
piano nazionale di salvaguardia antisismica una misura economica strutturale e
non emergenziale, e come tale non rientrante nella eccezionalità della spesa invocata
da Roma, a giustificazione dello sforamento del deficit. Analoga valutazione per
i migranti per la cui spesa pari a 3,4 miliardi la Commissione Ue considera
fuori dal deficit strutturale soltanto 500 milioni, e quindi influenti in
minima parte sulle circostanze eccezionali poste a base del mancato rispetto
dei vincoli di bilancio.
Anche sulla spending review,
punto dolens della politica economico-finanziaria del Belpaese, i dati
previsionali sono del tutto modesti e per Bruxelles non sono in grado di
finanziare un serio piano di riduzione delle tasse funzionale alla crescita
economica del Paese. Quindi, per evitare che il debito pubblico salga per il
decimo anno consecutivo anche nel 2017, la Commissione suggerisce meno misure
di bilancio in deficit e più rigore nella spesa pubblica. Perché un debito che
nel 2017 non scende e un deficit di bilancio, nominale e strutturale, che sale
rappresentano un pericoloso campanello d’allarme.
La posizione del governo italiano
è chiara: non si cambia una manovra che apre ai cittadini e non alle tecnocrazie
europee, accuse di incapacità all’Ue nel gestire i flussi migratori e nell’imporre
agli altri Stati una quota di migranti,
minaccia di veto del Premier Renzi al
prossimo bilancio comunitario in caso di bocciatura della Legge di bilancio.
Una partita ancora tutta da giocare il cui esito finale, accantonata ogni rigida
valutazione tecnico-contabile, sarà legato a criteri più strettamente politici con
presumibile decisione rinviata alla
prossima primavera, quando si saranno assorbiti gli effetti elettorali del
referendum costituzionale del 4 dicembre. Sullo sfondo restano i timori del
Quirinale per un inedito scontro con
l’Europa e il vivo auspicio di recuperare un legame con le istituzioni europee
giudicato ancora prioritario.
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