9 MAGGIO, FESTA DELL’
EUROPA
di Antonio Laurenzano
Di acqua sotto i ponti della
Senna a Parigi ne è passata tanta dal 9 maggio 1950, il giorno della dichiarazione
di Robert Schuman al Quay d’Orsay, sede
del Ministero degli Esteri: “La pace
mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza iniziative all’altezza dei
pericoli che ci minacciano”. Un progetto di cooperazione, un appello ai paesi
europei per un comune percorso di pace e progresso. Dopo i lutti e le
distruzioni della guerra, spuntava l’alba di una nuova Europa, era l’inizio del
processo d’integrazione europea. E nel ricordo di quello storico evento, il 9
maggio di ogni anno nei paesi membri dell’Ue si festeggia la “Giornata
dell’Europa”.
Ma nell’attuale contesto comunitario,
segnato da un crescente euroscetticismo, è
difficile immaginare il futuro politico-istituzionale dell’Ue. L’Europa non fa più sognare. Incertezze e
contraddizioni avvolgono la governance europea la cui irrilevanza politica è
stata messa a nudo dalla grave crisi economica di questi anni. La crisi ha
colpito la precaria struttura istituzionale disegnata dal Trattato di
Maastricht che ha separato la politica monetaria (affidata a un’istituzione
sovranazionale) dalle politiche economiche (riservate alle decisioni dei Paesi
membri). Un’Europa intergovernativa, spesso litigiosa, senza identità
politica e priva di un governo capace di rispondere alle attese dei cittadini.
Un’opera incompiuta, con una moneta
unica e una politica monetaria nell’eurozona a cui non corrisponde una unione
bancaria, economica e fiscale. Manca un
patto fondante in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme,
l’agire insieme siano un autentico collante per poter parlare al mondo intero
con una sola voce. L’Ue continua a essere un elefante che si muove lentamente
sullo scacchiere internazionale con problemi
anche al suo interno, con alcuni Stati
contrari a ogni forma di integrazione
politica.
E’ un’Europa che ha smarrito l’originario
spirito unitario dei Padri fondatori con le sue spinte federaliste soppiantato
da pulsioni nazional-populiste. Un sovranismo alimentato dalla sordità
dell’establishment al diffuso disagio sociale. I governi dei singoli Paesi intenti
solo a difendere rendite di posizione o a inseguire disegni egemonici nel segno
di anacronistici egoismi nazionali. Si sta miseramente sgretolando il tasso di
unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità dell’ Unione.
La comune casa europea ha bisogno urgente di restauri! E’ ora di
aprire il cantiere delle riforme attraverso la revisione dei Trattati per disegnare
una diversa architettura istituzionale dell’Ue, superando ogni deficit di responsabilità e di
efficienza (eliminazione del diritto di veto). Rendere cioè più solida e democratica “casa Europa”, riconoscendo al Parlamento di
Strasburgo, che rappresenta i cittadini europei, il controllo sull’azione di governo della
Commissione. Nei mesi scorsi la Commissione del Presidente Juncker ha presentato un piano di riforma dell’Eurozona:
il varo di un bilancio della zona euro, la trasformazione del fondo salva-Stati
Esm in Fondo monetario Ue da usare sia
per salvare gli Stati sia per coprire il fondo salva-banche con relativa
gestione a livello comunitario, la nomina di un super-ministro dell’economia e
delle finanze e infine l’integrazione
del Fiscal compact nella legislazione dell’ Ue. Ma è stato un
“ballon d’essai”, una fumosa azione di Bruxelles per rompere i lunghi
silenzi operativi.
Sul tappeto problemi
importanti. In primis il completamento dell’unione bancaria che si basa su una
vigilanza unica della Bce, su un meccanismo unico di risoluzione creditizia e
su un’assicurazione in solido dei depositi bancari. Punto quest’ultimo sul
quale manca l’accordo dei Ventotto per i forti timori della Germania e dei
Paesi del Nord di mutualizzare il debito pubblico. Sotto la spinta dell’asse
franco-tedesco, entro giugno dovrebbe vedere la luce una road map congiunta estesa alle tante
questioni comunitarie in agenda. Sarebbe
un primo segnale di rilancio del progetto europeo. Se pur incompiuta, l’Europa
ha assicurato decenni di pace, ha distribuito stabilità economica e monetaria a
imprese e cittadini, libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali,
tassi d’interesse ridotti, scambi culturali. Per superare ogni squilibrio
socio-economico e trovare la via di un futuro sostenibile e innovativo deve nascere
un’Europa dei cittadini che nutra dei suoi valori un progetto forte e
condiviso, i valori della solidarietà, della sussidiarietà, del dialogo,
dell’integrazione tra etnie, religioni e culture diverse. Un’Europa unita fondata
sulla sovranità condivisa e sull’interdipendenza delle politiche per una
governance responsabile, presupposto di una equilibrata integrazione politica.
Il resto è nichilismo storico
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