Ordini Cavallereschi Crucesignati

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venerdì 11 ottobre 2019

DAY AFTER, INCUBO PER IL REGNO DI SUA MAESTA'


BYE  BYE  LONDRA, UN DIVORZIO DIFFICILE
                           di Prof. Antonio Laurenzano
Dolcetto o scherzetto? Si avvicina il 31 ottobre, il giorno di Halloween. E sarà il Brexit Day, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sancita dal referendum del 2016. Fra analisi, proclami e tempestosi ultimatum continua il lungo braccio di ferro fra Londra e Bruxelles per scongiurare lo spettro del no-deal. La Commissione europea ha respinto le “inaccettabili” proposte di accordo formulate dal bizzarro premier inglese Boris Johnson, irremovibile anche dinanzi al tentativo di negoziazione delle ultime ore del Presidente del Parlamento di Strasburgo Sassoli, in trasferta a Londra. Si va verso la rottura, un divorzio senza un accordo, senza un negoziato sui tanti problemi sul tappeto: la questione dei confini irlandesi, i controlli doganali, la quota di budget Ue di 39 miliardi di sterline. Nè dolcetto, né scherzetto. Forti saranno le ripercussioni della hard Brexit sulla sterlina, sul settore immobiliare, sui costi dei vincoli doganali, sui diritti dei cittadini, sul turismo. Un day after da incubo per il Regno di Sua Maestà, un macigno sulla storia dell’Europa.
Il paradosso è che Brexit, con le sue conseguenze negative sull’economia reale, finirà per impoverire ancora di più quegli stessi soggetti che nel voto referendario contro l’Unione europea hanno riposto le speranze  di un riscatto sociale ed economico. La povertà e le disuguaglianze che persistono anche nel Regno Unito richiedono sicuramente un responsabile ripensamento delle politiche nazionali, ma questi problemi, in un’epoca di grandi interdipendenze economiche,  possono essere affrontati meglio se non ci si isola dalla più grande economia con cui si confina.
“Uscire dall’Unione europea è un azzardo sciagurato”, dichiarò all’indomani del referendum l’ex Presidente Giorgio Napolitano. Pensare che per arginare ogni asimmetria socio-economica le soluzioni nazionali funzionino meglio di quelle europee significa alimentare uno sterile  populismo. Il superamento  del diffuso disagio sociale nell’Ue passa attraverso il rilancio dell’Europa, delle sue istituzioni comunitarie, delle sue austere politiche economiche per una governance della sovranità condivisa.  L’Unione europea non ha ancora trovato un’architettura istituzionale capace di creare stabilità e sicurezza, di garantire crescita e sviluppo. E l’euro ha generato quegli stessi conflitti che l’integrazione avrebbe dovuto prevenire. L’Europa però non può essere il capro espiatorio  di ogni male, la causa delle rovine sociali ed economiche nazionali. La stragrande maggioranza delle decisioni politiche viene presa dal Consiglio europeo, l’istituzione comunitaria che definisce l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione  della quale fanno parte i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri. E’ pretestuoso affermare “L’Europa ci impone”. Si vota a favore di questioni importanti a Bruxelles per poi tornare euroscettici appena scesi dall’aereo. Significa alimentare un demagogico euroscetticismo per catturare consensi elettorali.
Conto alla rovescia dunque per la Brexit. La Gran Bretagna ha scelto di liberarsi dei lacci e laccioli comunitari, l’Unione europea  si libera di un Paese che è sempre stato con un piede dentro e con un altro fuori dall’Unione, un partner critico, arrogante nelle sue incessanti rivendicazioni sovrane e che, colpevolmente, ha dimenticato il pensiero illuminato di Winston Churchill, ideatore degli Stati Uniti d’Europa. Un divorzio nel segno di un anacronistico nazionalismo e di una inquietante miopia storico-politica. Per Londra, in un mondo globale, un ritorno allo “splendido isolamento” di fine Ottocento.  Dov’è finito il “senso della storia” ? E’ sparito all’ombra di Westminster.  

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