Ordini Cavallereschi Crucesignati

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mercoledì 27 febbraio 2008

"NE ATEI NE LIBERTINI"?

Credere?

Avrebbe senso sostenere una crescita spirituale individuale e collettiva o percorrere una via iniziatica o Lavorare a lode del Grande Architetto dell’Universo se esistessero solo verità materiali?
Sarebbe lecito celebrare l’Oriente Eterno se si credesse che tutto termini con la morte fisica?
Se la ragione è l’unico mezzo di cui disponiamo per comprendere, possiamo aggiungere che è anche l’unico mezzo per arrivare alla verità? Oppure possiamo sostenere, come già molti hanno fatto, che esistono verità che non si vedono con gli occhi e che non si intendono con la ragione?
Ognuno è libero di credere o di non credere, ma un Massone no, e non per dogma, ma per scelta personale. Una scelta direi assolutamente logica ancorché fosse su base istintiva ed induttiva, infatti, se non è possibile dimostrare l’esistenza né l’inesistenza di Dio, proprio per questo, è lecito optare per una delle due possibilità, ben sapendo che in linea teorica ognuna delle scelte ha pari dignità e valenza.
Tuttavia dobbiamo anche valutare che la scelta di credere è sostenuta, da molti, con dignità e rigore, infatti, da quando esiste la scrittura,sapienti ed uomini comuni hanno spesso sostenuto l’esistenza di un mondo sovrannaturale, riportando fatti dei quali sono stati testimoni. Sono stati tutti bugiardi o visionari? Non dobbiamo dimenticare inoltre che circa il 90% dell’Umanità crede in qualcosa di spirituale; questa diffusa comune convinzione non ha alcun valore?
Certo, più si è “dotti” più si è in grado di sostenere con logicità e raziocinio, tutto ed il contrario di tutto, io, però non voglio lasciarmi coinvolgere dall’insostenibile convinzione di poter dimostrare la Teoria dei Massimi Sistemi, preferisco ricordare solo che siamo Massoni per libera scelta e che, quindi, abbiamo scelto di credere in un mondo metafisico e di non essere né “atei né libertini”.
La Massoneria lascia ognuno libero di sostenere le proprie convinzioni religiose riconoscendo a tutte pari dignità, non per relativismo ma per sincretismo, partendo dall’idea di un’unica Tradizione che nei secoli ha assunto moltissime sfaccettature e diversità.
Perché credere dunque? Perché lo fanno quasi tutti? Perché moltissimi hanno proclamato l’esistenza di Dio? Non potendo farci guidare solo dal razionalismo ciascuno segua il suo istinto, creda in ciò che intuisce con il “sesto senso” o si affidi all’esempio di qualcuno di cui si fida. Abbia fiducia, dunque; abbia Fede, quindi.
Fede, con Speranza e Carità, una delle Virtù cui elevare templi. Scrive Vittorino Andreoli (quotidiano City del 4/12/2007): “La fede è staccata dalla ragione poiché non la si raggiunge attraverso l’applicazione dei principi razionali. Dimostrare l’esistenza di Dio razionalmente non significa necessariamente credere. E’ più facile che una creda sulla base di un’esperienza assurda, che uno arrivi a credere grazie ad un teorema logico. Mi è più simpatico il credo quia absurdum (credo perché è assurdo credere) di Tertulliano che tutte insieme le vie razionali alla dimostrazione di Dio di san Tommaso d’Aquino.”

Anche l’apparente semplicità di Trilussa può mostrarci una via logica da seguire per arrivare a credere, per giungere alla fede, basta leggere questa sua poesiola:

Credo in Dio Padre Onnipotente ma…
Ciai quarche dubbio? Tiettelo pe’ te.
La Fede è bella senza li chissà,
senza li come e senza li perché.

E’ un grande giorno quello in cui si è pienamente convinti di credere, forse il giorno più bello della nostra vita. Chiesero a Madre Teresa di Calcutta quale fosse stato il giorno più bello della sua vita. La sua risposta fu: “Oggi. Perché posso ancora riempire questo giorno di amore e di carità”.
Questo è il modo più logico e razionale di credere, di avere Fede, quello di comprendere che ciascuno deve rispecchiarsi nell’altro, parlando l’unico linguaggio universale che Dio ha dato all’uomo per comprendere e comprendersi “Amore e Carità” ed è un linguaggio spirituale, non materiale.
La Fede in qualcosa deve insegnarci a vivere, non a morire, perché la morte è solo un momento della vita ed è solo per quello che avremo fatto da vivi che saremo ricordati e giudicati.

Morire è tremendo, ma morire senza aver saputo vivere è insopportabile (Eric Fromm)
Tratto dai Quaderni di Serenamente-S.O.M.I. d'Italia

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