Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 19 luglio 2008

LA CHIESA E LA MASSONERIA

di GAETANO MARABELLO-(Presidente del Blog International)

Era trascorso appena un ventennio da quel 24 giugno 1717 che segnò l’inizio ufficiale della Massoneria moderna (detta “speculativa”, in contrapposizione alla “operativa”), con l’unificazione di quattro logge a Londra. Ma quel breve lasso di anni era stato sufficiente alla Chiesa cattolica per mettere a fuoco la pericolosità di quella che, a un’occhiata superficiale, poteva esser presa per un’associazione di buoni amici dediti a scambiar quattro chiacchiere in qualche taverna (luogo quest’ultimo di ritrovo abituale dei primi “fratelli”).
Ed ecco partire, dopo alcune avvisaglie di riprovazione in qualche sede locale, il primo vero e proprio affondo ufficiale con la lettera apostolica “In eminenti” scritta da Clemente XII il 28 aprile 1738. Era infatti accaduto che le società segrete avevano preso a proliferare in misura esponenziale, tanto che già nel 1728 si era costituito in Francia il cosiddetto “Grande Oriente” entrato ben presto in competizione con la “Gran Loggia d’Inghilterra”. Da allora i governi francesi e britannici si servirono degli ateliers massonici per influenzare e legare a sé le compiacenti élites straniere, attraverso la fondazione di logge locali di stretta obbedienza alla Casa Madre. Accadde così che, in forza del giuramento prestato da ogni membro, le logge si prestarono ad essere lo strumento più o meno inconscio delle mire imperialistiche delle due maggiori potenze del tempo.
Va però detto che ufficialmente le famose Costitutions massoniche, redatte il 1723 dal reverendo James Anderson con l’ausilio di John Theophilus Desaguliers, escludevano la discussione nelle logge di “qualsiasi questione inerente le Religioni o le Nazioni o la politica dello Stato”. Tuttavia, questo testo, destinato a divenire (per restare sul terreno del linguaggio caro ai massoni) la “pietra angolare” di ogni loggia, contemplava pure la possibilità che “un Fratello divenisse un ribelle contro lo Stato”. Un comportamento di tal fatta però non comportava alcun provvedimento di espulsione, essendo consentito al resto degli affiliati di esternare al massimo al “fratello” il loro “compianto”. In sostanza, ogni singolo massone veniva lasciato del tutto libero d’impegnarsi in politica, dove inevitabilmente portava seco le direttive e i principi che nell’ambito della setta s’era obbligato ad osservare per il resto della vita. Quindi, con una piroetta dialettica, finiva per rientrare dalla finestra tutto ciò che s’era lasciato fuori dalla porta. Ma quali erano questi principi?
A guardare al fondo di un linguaggio apparentemente innocente, ci sono alcune norme di comportamento che finiscono per confliggere sicuramente con quelle della Chiesa cattolica. In primis, va ricordata la convinzione che l’umana natura e la ragione siano maestre e sovrane di ogni cosa. Alla stregua dei naturalisti, i massoni non ammettono alcun dogma, perché escludono che Dio abbia mai rivelato alcuna verità all’uomo. A loro parere, non vi può essere verità che non sia suscettibile d’esser compresa dall’intelligenza umana. Da qui, a far a meno del Dio cattolico il passo è breve, anche se essi predicano una specie di deismo invocando l’esistenza di un demiurgo appellato Grande Architetto dell’Universo. Dati i presupposti, non desta allora meraviglia il fatto che sin dall’inizio - per usare le parole di Leone XIII contenute nell’enciclica “Humanum genus” del 20 aprile 1884 - essi “si battono per eliminare l’influenza della Chiesa nella società”.
Certo, fiutando per tempo i futuri sconvolgimenti, i pontefici ci provano ad allertare i sovrani. Questi ultimi spesso guardano con superficialità, se non addirittura con simpatia ad un fenomeno lanciato a lambire prima e a conquistare poi i loro troni. E in qualche caso, questa subdola manovra addirittura riesce, come dimostrano i casi di Luigi XVI, di Federico di Prussia e di Francesco d’Asburgo Lorena. Di sicuro, l’affiliazione di principi reali e di tantissimi nobili alla Massoneria è un fenomeno storico abbastanza paradossale. Si sa che le sette segrete scavarono letteralmente la fossa sotto i piedi di molti di costoro, spianando la via a tutte quelle Rivoluzioni destinate nel tempo a travolgere uno dopo l’altro coloro che considerava niente altro che “tiranni”. La spiegazione del busillis, che ne dà Angela Pellicciari nel recente libro “I papi e la massoneria” (Edizioni Ares), risiederebbe nel fatto che la Massoneria è in realtà una sorta di scatola cinese, dove il grado inferiore ignora chi si trovi a quello superiore. Al pari di chiunque altro, pure gli stessi sovrani affiliandosi si vincolavano al segreto più stretto e all’obbedienza più cieca verso il Gran Maestro, ma ignoravano chi tirasse in realtà i fili. Come conferma Luis Blanc nella sua Storia della Rivoluzione Francese, “li si faceva restare nei gradi inferiori (le cosiddette logge azzurre), dove la verità delle dottrine non traspariva che confusamente attraverso l’allegoria e dove molti non vedevano che un’occasione di divertimento”. E’ purtroppo noto come finì questo genere di “divertimento”.
Un altro principio destinato ad entrare in conflitto con la Chiesa di Roma è la pretesa della Massoneria di rappresentare la “legge morale”. Questa “legge” è posta in testa a tutti i doveri cui deve attenersi, secondo le Costitutiuons, ogni bravo “figlio della vedova”. A detta di Jan Marie Ragon, “la Massoneria non riceve la legge, è lei stessa a stabilirla, dal momento che la sua morale, una e immutabile, è più estesa ed universale di quella delle religioni dei vari Paesi” (Cours philosophique et interpretatif des initiations, 1853). Questo nuovo ecumenismo era ovviamente inconciliabile con un’Istituzione come quella cattolica, che già aveva dovuto affrontare in passato i dolorosi passaggi degli Scismi e della Riforma. Via via poi che la visione massonica del mondo andò imponendosi al seguito delle armate giacobine e napoleoniche e con i moti del 1821 e del 1848, apparve sempre più chiaro che la lotta al cattolicesimo era un suo obiettivo vitale. Basterà qui ricordare le persecuzioni del clero, le soppressioni degli Ordini religiosi, le confische dei beni ecclesiastici, gli attacchi al potere temporale di cui è costellata la storia dal 1789 in poi. A quel punto, le istanze maturate all’ombra delle logge diventarono veri e propri programmi politici, che trovarono attuazione poi in un’infinità di atti legislativi indirizzati a rodere progressivamente il corpo e le prerogative della Chiesa di Roma. L’ultima spallata, come si sa, venne con l’entrata dei bersaglieri a Porta Pia il 20 settembre 1870, in corrispondenza dell’inizio dell’anno massonico. Nei tanti decenni che precedettero quell’evento, però, nessun papa si era sottratto al dovere di scomunicare apertis verbis l’attività settaria. E anche dopo fu reiterata la primigenia condanna di Clemente XII. Ciò si rese indispensabile, per respingere la capziosa argomentazione dei settari secondo cui la scomunica andasse ribadita espressamente ogni volta che un nuovo pontefice saliva al soglio di Pietro. Si può dire che per quasi due secoli gli affondi contro la Massoneria furono pressoché costanti, finché andarono diradandosi con il XX secolo. Le erano infatti subentrati nemici altrettanto insidiosi nelle vesti del comunismo e dei grandi totalitarismi. In seguito, qualcuno provò a sfoderare di nuovo l’argomento che la Massoneria non era più nel mirino, profittando del fatto che nel 1983 il nuovo Codice canonico non ne faceva più parola. Fu necessaria allora una Dichiarazione espressa del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che era allora il cardinale Ratzinger, per ribadire l’inconciliabilità della fede cattolica con l’iscrizione alla Massoneria. Ultimamente, le attenzioni della Chiesa si vanno giustamente indirizzando sempre più verso quelle storture del mondo moderno che tutti purtroppo conosciamo. Ma sarà il caso di non abbassare la guardia, perché quella che fu definita la “Sinagoga di Satana” rimane sempre all’opera. Lo dimostra la figura del pentalfa, che figura sempre più apertamente ovunque in forme persino plateali, senza che la gente ne sospetti il vero significato. Tanto per citarne una, basterà ricordare che i nostri ignari soldati sin dal 1871 portano sui colletti questo simbolo satanico, introdotto dal generale massone Cesare Ricotti-Magnani, quand’era ministro della guerra. E che dire infine di piazza Montecitorio, cuore del sistema parlamentare, dove la pavimentazione è oggi costellata da un intero cordone di stelle a cinque punte?

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