Ordini Cavallereschi Crucesignati

Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.

sabato 7 febbraio 2009

IN ONORE DI MARIA SOFIA

di Gaetano Marabello (Presidente Commissione Scientifica)

Esattamente il 3 febbraio di 150 anni fa approdava nel porto di Bari colei che era destinata ad essere l’ultima regina del Regno delle Due Sicilie. Si chiamava Maria Sofia Wittelsbach di Baviera e Palatinato ed in casa la chiamavano “Spitz” (passerotto). Era una delle quattro sorelle dell’imperatrice “Sissi”, resa celebre dalla cinematografia. Ai primi di gennaio l’ancora diciassettenne fanciulla aveva sposato per procura a Monaco uno zio, in rappresentanza del duca di Calabria, Francesco di Borbone. Le cronache ci dicono che quello fu l’ultimo matrimonio tra principi regnanti celebrato con questa modalità. Dopo essersi imbarcata a Trieste, la ragazza giunse verso le dieci del mattino nel capoluogo pugliese. Quest’ultimo era divenuto meta del suo viaggio, in luogo di Manfredonia, a causa del repentino aggravarsi di una malattia che aveva colpito strada facendo il suocero Ferdinando II. A Bari la sposina era attesa dal suo consorte, conosciuto solo attraverso una miniatura. L’incontro avvenne a bordo della pirofregata “Fulminante”, dove dopo l’attracco si recò l’intera corte giunta appositamente da Napoli. Fece eccezione il sovrano, che giaceva in condizioni sempre più precarie in un letto del palazzo dell’Intendenza (l’attuale Prefettura) dove aveva chiesto ospitalità per evitare accoglienze dispendiose alla municipalità. Dinanzi all’acerba bellezza e all’inattesa disinvoltura della fanciulla, il timidissimo “Lasagna” (vezzeggiativo dato a Francesco dal padre a motivo della sua preferenza tutta meridionale per la pasta) le rivolse in francese un imbarazzato: “Buongiorno, Sofia”. Intanto, dal castello normanno-svevo l’artiglieria sparava alcune salve di cannone in segno di saluto. Subito dopo lo sbarco, il corteo sostò all’imbocco di corso Ferdinando (oggi Vittorio Emanuele) e qui, nel generale tripudio, Maria Sofia venne presentata alle autorità civili, religiose e militari. All’uopo, era stato allestito in piazza del Ferrarese un enorme padiglione dove ricevere le delegazioni. All’epoca, tra l’altro, - come risulta da un disegno dell’epoca ammirabile a Molfetta nel palazzo Poli - proprio all’incrocio con l’attuale corso Cavour campeggiava un obelisco, che però non si sa che fine abbia fatto poi. Alle prime ore pomeridiane, nella ricordata Intendenza si svolse la cerimonia nuziale. L’atmosfera però fu alquanto malinconica, dato che il re infermo e sofferente era costretto ad assistervi da una stanza attigua. Nelle settimane seguenti, una Bari ancora in festa e ignara della malattia del sovrano ebbe occasione di notare spesso nel teatro Piccinni la giovane coppia. I due principi avevano infatti il dovere dinastico di mostrare in pubblico un’apparente naturalezza, onde mascherare la gravità delle condizioni di salute del sovrano. Sempre a questo scopo, i fratelli dello sposo accompagnarono più volte in alcune escursioni nei paraggi la giovane cognata, che era un’amazzone già esperta ad onta dell’età. Il 7 marzo, essendosi ulteriormente aggravate le condizioni del re e non essendo il caso d’indugiare oltre, la corte decise d’affrontare i disagi del viaggio e s’imbarcò sul “Fulminante” diretta a Napoli. Il 22 maggio sopraggiunse purtroppo la morte di Ferdinando II, cui i medici non erano riusciti a diagnosticare per tempo una grave coxalgia con sospetto di piemia. Era l’inizio del dramma. I due giovani diventavano infatti prematuramente sovrani. Iniziava così il loro breve regno, il corso del quale verrà stroncato nel 1860 – come è ormai acclarato - non tanto da Garibaldi, quanto dalle mene di Cavour e degli inglesi.
Ci fermiamo qui, perché l’intera vita di Maria Sofia fu purtroppo un’odissea, colma di amarezze e funestata da eventi tragici. Ci premeva sottolineare che fu comunque da Bari che prese l’avvio il regno di colei che di lì a poco, sugli spalti di Gaeta, conquisterà fama imperitura d’indomita combattente. Non per nulla, per il coraggio dimostrato nell’occasione, ella venne paragonata dai giornali stranieri a Maria d’Orleans di Montepensier, eroina della “seconda fronda”. Dopo quell’epopea, non le restò che l’amarezza dell’esilio. Ma la gloria conquistata sul campo (basti dire che a distanza d’anni persino D’Annunzio ne “La vergine delle rocce” la definirà “l’aquiletta bavara” e Papini andrà a trovarla a Parigi) dava fastidio anche ora. E Maria Sofia dovrà subire a Roma l’affronto di un volgare fotomontaggio pornografico da parte dei liberali locali. Pur duramente provata quando non era ancora ventenne, tuttavia, ella riuscirà a sfoderare all’occorrenza una risolutezza, di cui sfortunatamente non sempre dette prova chi la circondava. E questo spirito indomito saprà mantener vivo sino alla fine, avvenuta il 19 gennaio 1925. Lo dimostrò, infatti, per tutta la sua esistenza osteggiando in tutti i modi i Savoia, che con la violenza e il dolo le avevano sottratto lo scettro.
La speciale ricorrenza del 3 febbraio di quest’anno - nella completa assenza delle Autorità cittadine tutte prese da altro genere di celebrazioni - è stata comunque ricordata dalla redazione del periodico “Il Carlino” di Casamassima. La manifestazione si è svolta nella massima semplicità in una serata disturbata dal vento, al contrario della splendida giornata di 150 anni fa. Per l’appuntamento è stato scelto il punto del palazzo di piazza Ferrarese, dove nel 2002 venne murata una lapide a ricordo dell’arrivo in città di Maria Sofia. Con poche ma sentite parole, i compatrioti Dott. Laricchia, S.E. Avv. Zippitelli, Dott. Poli, ed il Dott. Cav. Uff. Pietro Vitale. Tutti hanno ricordato la figura di questa sovrana, oggi dimenticata ma letteralmente idolatrata dai soldati borbonici coi quali seppe condividere i patimenti durante l’assedio di Gaeta. Doverosamente, tutti gli interventi hanno pure sottolineato che il Reame di cui ella fu regina vantava, al momento dell’aggressione garibaldina, un’incredibile serie di primati che sciaguratamente sono ignorati proprio da noi meridionali. Alla fine della cerimonia, mentre s’alzava il triplice grido di “Viva o Re!”, è stata deposta sul muro una corona di alloro. Giusto tributo affinché un evento, che fu senza pari per un piccolo centro qual era a quel tempo Bari, non passasse inosservato. Ed è già tanto, in un’epoca in cui la distrazione è purtroppo divenuta norma di vita.

n.b. l’evento è stato pubblicato dalla Gazzetta di Bari, il giorno successivo, assieme alle foto.

Nessun commento: