di Antonio Laurenzano
“Rifondare l’Unione!” E’ l’appello lanciato dal presidente
francese Emanuel Macron nel recente discorso sull’Europa tenuto alla Sorbonne
di Parigi. Un progetto ambizioso per recuperare consenso attorno all’Unione
europea e allontanare i fantasmi dei populismi che alimentano un diffuso antieuropeismo.
Dare vita a una nuova governance che trasformi l’Unione in una potenza
economica con suo bilancio per finanziare investimenti congiunti e garantire
all’Eurozona la stabilità monetaria in presenza di shock economici. Ma anche
potenza militare con una forza congiunta d’intervento per agire contro le
minacce del terrorismo internazionale con una strategia comune. “La sicurezza è la
prima delle condizioni per vivere insieme in Europa”. Una condizione legata
alla immigrazione che non è una crisi temporanea, ma una sfida di lungo termine:
“creare un Ufficio europeo dell’asilo che possa
armonizzare le relative procedure a supporto di una polizia di frontiera
in grado di gestire con rigore i flussi migratori, accogliendo i rifugiati e respingendo i non aventi diritto all’asilo
politico”. Un disegno politico di ampio respiro.
Ma la partita più importante per il futuro dell’Europa è quella
che si dovrà giocare sul piano del rapporto fra cittadini e istituzioni comunitarie
per la nascita di una coscienza europea mobilitando l’opinione pubblica.
Obiettivo di fondo è rompere il luogo comune che da anni associa l’Europa alla
tecnocrazia e alla burocrazia di Bruxelles, un’Europa troppo debole, lenta e
inefficace. Il mondo ci propone sfide
che si vincono solo con un’ Europa unita più forte, ben consapevoli, lo ha
ricordato il Presidente Mattarella, “che la logica della storia è più forte delle
difficoltà contingenti”. Riaprire dunque il cantiere dell’Unione per un
rilancio dell’Europa in un momento in cui le forze centrifughe antieuropeiste
fanno breccia anche nella fortezza tedesca, rischiando di azzerare lo storico
progetto di integrazione europea. La spinosa questione della Catalogna, con l’inquietante
silenzio dell’Europa, ripropone il problema di sempre: l’ambiguo e incompiuto
assetto istituzionale dell’Unione. Accantonato il “sogno federalista” a seguito
della bocciatura della Costituzione da parte di Francia e Olanda, l’Europa è oggi
una Unione di Stati sovrani con gestione sempre più intergovernativa, e non
confederale. Uno status che, al di là della solita retorica menzognera, non le
consente di intervenire con l’autorevolezza del ruolo nel separatismo interno
alla Spagna. Nessuna difesa della integrità dello Stato spagnolo, nessuna
condanna ufficiale della pretesa secessionista
della Catalogna, ma soltanto una pilatesca azione di mediazione per ragioni di…
sopravvivenza, al fine di arrestare un pericoloso processo di disintegrazione
dagli effetti devastanti per il resto del continente. L’Europa non c’è!
La politica europea è da tempo avvolta in una fitta cortina
di incertezze e contraddizioni. Una politica che alimenta inquietudini, crea
insicurezze, genera paure, crisi di identità nazionali. Si pagano a caro prezzo
i tanti compromessi al ribasso di un’Europa intergovernativa priva di un vero
governo capace di rispondere alle attese dei cittadini. Si sta miseramente
sgretolando il tasso di unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità
dell’ Unione, ma soprattutto si sta dissolvendo l’originario spirito comunitario
dei Padri fondatori. L’unione europea non è ancora un’Unione: manca un patto
fondante in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme, l’agire
insieme siano un autentico collante. Per superare con equilibrio e lungimiranza
le sfide mondiali con soggetti politici nuovi e aggressivi, per trovare cioè la
via del futuro, non basta l’unità delle monete, dei mercati, delle banche
centrali. L’Europa deve valorizzare la
propria identità economica con il rilancio di politiche espansive e di crescita
e soprattutto recuperare la propria identità culturale e politica attraverso una
reale integrazione degli Stati nella consapevolezza, come ha affermato Angela
Merkel all’ultimo summit europeo di Tallinn,
che “il destino europeo è solo nelle nostre mani”.
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