di Antonio Laurenzano
Sulla finanza pubblica aleggia
minaccioso l’aumento dell’Iva. Un pacchetto fiscale da incubo: l’aliquota
ridotta del 10% passerà all’11,5% nel 2019 e al 13% nel 2020, mentre quella
ordinaria del 22% passerà al 24,2% l’anno prossimo, al 24,9% nel 2020 e al 25%
nel 2021 (la più elevata in Europa). Per
la ripresa dei consumi, ancorata a una debole crescita economica, potrebbe
essere il colpo fatale, con effetto domino sulla produzione e sui livelli
occupazionali. Le variazioni dell’Iva peserebbero in media 317 euro sulla spesa
delle famiglie, in Lombardia oltre 410 euro. A risentirne in misura maggiore
sarebbe la spesa alimentare che nel 2017 ha invertito il trend dopo cinque anni
di valori negativi con un balzo del 3,2%. Dopo le spese per l’abitazione,
quelle destinate all’alimentazione con i beni di prima necessità rappresentano
la principale voce del budget delle famiglie che, in caso di aumenti dell’Iva,
rischierebbero uno stop, con pericolose ricadute. E problemi potrebbero esserci
anche per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti, visto che la
stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda
interna.
In attesa che il nuovo Governo
esca … dall’incubatrice e veda finalmente la luce, si rincorrono le voci sul
primo intervento del futuro esecutivo per scongiurare l’aumento dell’Iva. Dopo
le bufale elettorali con promesse mirabolanti prive di copertura finanziaria, è
giunta l’ora della realpolitik. Il Governo Gentiloni, prima di lasciare Palazzo
Chigi, ha approvato il Documento di economia e finanza (Def), un documento che si
limita all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche del Paese e del
quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue, rinviando alla Legge di
bilancio di fine anno la scelta delle politiche per il quadro programmatico.
Smaltita l’ubriacatura della
campagna elettorale con i folli impegni di spesa, per il futuro inquilino di
Palazzo Chigi scatterà la caccia al tesoro per sterilizzare le clausole di
salvaguardia che, attraverso rinnovi successivi, ci trasciniamo dall’estate
2011 per coprire spese pubbliche già impegnate. Ci sarà bisogno di una manovra di
bilancio da 18 miliardi, di cui ben 12,4 miliardi per scongiurare nel 2019 il
rischio Iva. Ne serviranno altri 19,1 miliardi per il 2020. Un’operazione che,
comprimendo ogni politica espansiva, riduce la Legge di bilancio a un documento
povero di investimenti e ricco di tagli! C’è da sperare che il “direttorio” dei
due candidati al governo del Paese focalizzi
bene tale emergenza finanziaria. I rispettivi programmi elettorali hanno fornito
scarse indicazioni su dove trovare risorse adeguate, se non un generico riferimento
alla leva del deficit (Pil permettendo), accompagnata dalla spending review e
dalla razionalizzazione degli sconti fiscali (“tax expenditures”), con buona
pace di ogni crociata contro il fisco pigliatutto!
Per i conti pubblici si annuncia un
autunno particolarmente caldo. Si prospetta una manovra finanziaria impegnativa che richiederà un governo
autorevole per prepararla e una maggioranza coesa in grado di sostenerla in
Parlamento. Un difficile banco di prova con la precisa avvertenza del vice
presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis: “è importantissimo per
l’Italia attenersi ai target di bilancio, riduzione di deficit e di debito”. C’è
inquietudine in Europa sulla tenuta del nostro debito se il nuovo Governo
alzasse il deficit o rendesse più costoso il sistema pensionistico. Si
ripresenta puntualmente il copione di primavera che caratterizza gli ultimi
anni le politiche economiche del Belpaese: i nostri conti pubblici sotto esame per
le relative misure di risanamento, in primis per azzerare il rischio dell’aumento
dell’Iva. La risposta potrà venire da un Governo insediato con pieni poteri,
espressione di credibilità politica internazionale e di coerenza con gli impegni
comunitari presi. Mercati e spread sono in agguato! Sarebbe un brutto risveglio
per imprese, famiglie e risparmiatori.
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