Dott. Pietro Vitale Giornalista e
scrittore
IL FONDO SALVA-STATI E IL TEATRINO DELLA POLITICA
di Antonio
Laurenzano
Notti e giorni inquieti nei
palazzi romani della politica. Da settimane il Meccanismo europeo di stabilità,
il cosiddetto “Mes”, monopolizza il dibattito politico e alimenta lo scontro
fra i partiti, e nella stessa maggioranza di governo. Si tratta dell’organismo costituito
nel 2012 come Fondo finanziario con la funzione di prestare assistenza ai 18 Paesi
dell’area euro con difficoltà finanziarie. L’Italia ha contribuito con il 17,8%
(circa 14 mld) al capitale del Fondo. Ne hanno finora beneficiato Spagna, Irlanda,
Portogallo, Grecia e Cipro. Le proposte di modifica al Trattato, in discussione
in sede europea dal dicembre 2018 sulle quali i Paesi membri hanno trovato un “accordo
politico preliminare” lo scorso giugno, mirano a rafforzare la coesione nell’Eurozona
e a tutelarne la stabilità finanziaria. Su queste modifiche si è fatta molta confusione
e molto terrorismo psicologico: dallo spettro della ristrutturazione automatica
del debito allo sbandierato “favore” alle banche tedesche. Fake news e verità nascoste,
maxi-rissa parlamentare e linciaggio mediatico hanno caratterizzato un
dibattito politico, condotto sul filo della ingiuria personale e della volgarità
dialettica, che ha offuscato la credibilità delle istituzioni, con grave
pregiudizio dell’immagine del Paese in ambito europeo. Sotto attacco il premier
Conte, accusato da Matteo Salvini di “alto tradimento per aver compiuto un
attentato ai danni degli italiani” e da Giorgia Meloni di “aver venduto il sangue
degli italiani”. Avrebbe disatteso all’Eurogruppo di giugno le indicazioni
dell’allora maggioranza gialloverde sulla bozza di riforma del Mes. “Accuse
infamanti”, ha replicato Conte nella sua informativa alle Camere, “Salvini non
studia i dossier, disconosce la verità.”
La solita grancassa propagandistica
che suona da tempo per catturare facili consensi sull’onda di un effimero
populismo che non si concilia con una seria prospettiva di governo sul piano
programmatico. La battaglia aperta sul Mes ha mobilitato i paladini
dell’antieuropeismo, scesi in campo contro il (presunto) raggiro europeo e il
(fantasioso) complotto anti-italiano
ordito dai poteri forti a Bruxelles. Schizofrenia politica! Il nuovo Trattato
sarà firmato in gennaio dall’Eurogruppo e poi ratificato dal Parlamento.
Si è fatto tanto rumore per
nulla, perdendo un’altra occasione per far sentire la voce dell’Italia
nell’Unione europea, alla vigilia della Conferenza sul futuro dell’Europa
proposta da Francia e Germania. Oltre all’ “accordo di principio” raggiunto mercoledi
a Bruxelles dal Ministro Gualtieri per propiziare il consenso pentastellato nella
maggioranza, un importante contributo di chiarezza è venuto dal Governatore di Bankitalia
Ignazio Visco, nel corso dell’audizione alle Commissioni Bilancio e Politiche
Ue sulle prospettive di riforma del Mes: “Le modifiche introdotte sono di
portata complessivamente limitata. La riforma non prevede né annuncia un
meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani, non c’è scambio
tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica politica
della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già
prevista dal Trattato vigente.” Un passo nella giusta direzione, perché il
testo di riforma, in attesa del completamento dell’Unione bancaria con la
garanzia sui depositi bancari, introduce il backstop, un ombrello di
salvataggio del Mes al Fondo di risoluzione unico per gestire le crisi bancarie.
Per il Governatore, “il temuto coinvolgimento del settore privato, ovvero i
risparmiatori, rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali e non è in
nessun caso una precondizione per accedere all’assistenza finanziaria.”
Fermo il richiamo di Visco alla
politica a ridurre l’incidenza del debito pubblico sul pil, mantenendo l’avanzo
primario (differenza fra le entrate e le spese al netto degli interessi
passivi) su livelli adeguati, innalzando la crescita economica e tenendo alto
sui mercati il rating della finanza pubblica. “Un Paese con un alto debito, ha
dichiarato Visco, deve innanzitutto porre in essere le condizioni per evitare
di dover ricorrere al Meccanismo di aiuto, proseguire in maniera credibile nel
processo di consolidamento delle finanze pubbliche.” Mettersi cioè in regola
con i parametri europei. Un invito
rivolto ai “signori del palazzo” a lasciare le mediocrità del “teatrino della politica”
e a onorare con serietà d’intenti la sacralità del Parlamento e il mandato di
rappresentanza ricevuto dagli elettori.
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