Ordini Cavallereschi Crucesignati

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mercoledì 30 gennaio 2008

Il Giorno della memoria per sentirsi responsabili e partecipi alla vita

Di Angelo scialpi

“ Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?” E ancora: “Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose. Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svégliati, perché dormi, Signore? Déstati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!” (Salmo 44,20.23-27).”
Un grido di dolore (rinnovato da Benedetto XVI) che invoca aiuto per quanti soffrono per amore della verità e della giustizia; verità e giustizia che dovrebbero appartenere al libero arbitrio di ogni persona che ha l’opportunità di godere del dono della vita; verità e giustizia che dovrebbero essere ordinate, non codificate da regole imposte, all’interno del comportamento di ognuno e della ricerca della libertà interiore che determina il rispetto per gli altri, tutti, e ricompone lo spirito di servizio che deve invadere quanti sono al servizio della società, della gente, del miglioramento della vita.
Pensare a questo giorno come semplice ricorrenza significa non responsabilizzarsi abbastanza; significa non sapere (come già tanti giovani hanno dimostrato con il loro non conoscere); significa continuare vivere senza il coordinamento tra passato e presente; significa non vivere la bellezza del tempo o vivere una vita altra. Ogni esperienza nasce da quella precedente e mai la stessa esperienza è utile per tutte le circostanze; ciò che è utile per tutti i tempi è la capacità razionale di identificare i fatti e collegarne i motivi che generano prevenzione e crescita, personale e collettiva.
Mi chiedo a che cosa serve elevare agli onori della cronaca immagini di persone sofferenti, addolorate, moribonde e imporle con la forza della emissione e della comunicazione durante i momenti intimi e delicati della vita personale permettendo al mostro dei tempi moderni di abbeverarsi e di sfamarsi delle nostre debolezze, dei nostri sfinimenti, dei nostri esaurimenti. Una esperienza agghiacciante quella delle immagini di un moribondo, delle mattanze familiari, degli scontri di civiltà e di religioni, della consumazione dei corpi per effetto della acquisita rottura della difesa immunitaria; non di meno appare quella delle esternazioni, pro e contro, originate soltanto da uno strano senso di appartenenza politica che appartenenza non è, come certe decisioni eclatanti che d’un colpo sembrano andare a cancellare ogni rispetto per la persona umana, ogni principio di misericordia, ogni sentimento di pietà.
La “Shoà” , ma non solo! Ci sono altri comportamenti dell’uomo, in genere, non escluso il modo di fare politica, che devono trarre insegnamento opportuno e tradurre il loro impegno come servizio sociale e non come apparato personale da utilizzare secondo i propri interessi. I tempi moderni sono intrisi di azioni dell’uomo non positive, che creano e indicano percorsi nuovi e nuove difficoltà che l’uomo deve conoscere e tentare di superare con un corretto comportamento e rispettando la persona umana, sempre irripetibile.
Occorre sempre fare i conti con la propria coscienza, quando ci accorgiamo che i deboli non riescono a comprendere le problematiche del presente, ma non prima di aver riorganizzato il proprio percorso di vita che, da quel momento, non sarà più il suo unico percorso, ma quella della continuità e della sua progenie.
E’ dovere di ogni uomo aiutare chi è in difficoltà (diversamente c’è da chiedersi a che cosa servono certe istituzioni), come è dovere di ognuno trasmettere i propri saperi a chi non sa (altrimenti a camminare saranno sempre di meno), ma c’è anche l’obbligo per tutti di non permettere il prolungamento della sofferenza, specialmente quando è insostenibile, secondo il principio cristiano della misericordia. Non è importante vivere, è importante vivere bene per onorare il dono della vita.
Allora i sopravvissuti andarono quasi tutti in America ed in Palestina.
Il capo degli arabi in Palestina allora era molto amico di Hitler, e, casualmente, sarebbe diventato il nonno di Arafat.
Laggiù scoppiò un putiferio che dura sino ad oggi.
E tutto per una città chiamata Gerusalemme, dove ci abitano almeno tre dei: il Dio degli ebrei, il Dio dei mussulmani, ed il Dio dei cristiani.
E ggiu'bbotte in Nome del Nome Unico, Invisibile ed Eterno.

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