Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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venerdì 14 marzo 2008
GIUNGEMMO PURI, FINIMMO IMPURI. (Omar Khayyàm)
Il perseguitato dall'inquisizione cattolica più illustre dopo Galileo Galilei è certamente Giordano Bruno, celebre filosofo e scrittore del XVI secolo, delle menti più illuminate del nostro Paese. La sua statua a Campo de' Fiori a Roma, col suo volto severo seminascosto dal cappuccio di donenicano, ci ricorda il luogo dove fu messo al rogo il 17 febbraio 1600 per volere del Tribunale dell'Inquisizione e di papa Clemente VIII.
Parlare di una così importante figura storica in pochi paragrafi non gli rende l'onore dovuto. Ma non si può non includerlo nella lista di umanisti, pensatori e studiosi che rendendosi conto degli errori dottrinali, della corruzione e delle atroci ingiustizie commesse dal Vaticano,
gli si schierarono contro, pagando con la vita il coraggio delle proprie idee.
Si chiamava in realtà Filippo e nacque a Nola nel 1548, figlio unico di umile famiglia (il padre era militare, un alfiere). Acconsentendo di intraprendere la carriera monastica riuscì, a fatica, a farsi un istruzione presso l'Università di Napoli, gestita in quel tempo dai domenicani. Di mente arguta e di sete insaziabile di sapere, rimase sempre affascinato più dagli studi filosofici e scientifici che da quelli biblici e religiosi. Quando fu ordinato frate a 18 anni col nome di Giordano, quindi, l'ultima delle sue intenzioni come egli stesso ammise al processo, era quella di tutelare l'ortodossia cattolica; a lui interessava la posizione privilegiata per continuare gli studi filosofici. Ma siccome conosceva bene parte della Bibbia, non mancò di stigmatizzare presto non solo l'avversione papale verso gli scienziati e i pensatori di quel tempo, ma alcune dottrine non bibliche, come l'uso di immagini nell'adorazione, l'adorazione di Maria la transustanziazione e la Trinità, anche se quest’ultima più per simpatia verso le idee di Ario, che per le verità scritturali. Non solo. Siccome il convento di San Domenico Maggiore a Napoli non era certo un luogo ameno di pace e meditazione, dato che in tre anni (dal 1567 al 1570) furono collezionate 18 condanne per scandali sessuali, furti e addirittura omicidi, ebbe presto in disprezzo che i frati, e la vita monastica. La ricchissima biblioteca di San Domenico però, insieme alla possibilità di continuare gli studi senza doversi mantenere, lo convinsero a restare in convento. Almeno fino a 28 anni, quando dopo l'ennesimo scontro verbale e ideologico fugge a Roma per evitare accuse di eresia. Accuse che gli verranno formalizzate poco tempo dopo quando a Napoli rinvengono alcuni suoi scritti, costringendolo, insieme ad un'ingiusta accusa d'omicidio, a fuggire anche da Roma e riparare a Genova, abbandonando l'abito talare e riprendendo il nome di battesimo.
La cautela per sfuggire ai persecutori, il lavoro d'insegnante non sempre soddisfacente, e persino la peste a Venezia, lo costringeranno a numerose peregrinazioni nel giro di pochi anni, prima a Savona, poi a Torino, poi da Venezia a Padova, poi a Bergamo, a Milano e infine nella Savoia francese. Trasferitosi a Ginevra si interesserà alle idee calviniste, e si unirà al marchese Caracciolo, anche lui napoletano in fuga dall'Italia, fondatore della comunità evangelica italiana. Ma in realtà Bruno era indifferente a tutte le confessioni religiose: nella misura in cui l'adesione a una religione non pregiudicava le sue convinzioni filosofiche e la libertà di professarle, poteva essere tranquillamente e senza rimorsi cattolico in Italia, calvinista in Svizzera, anglicano in Inghilterra e luterano in Germania. Entrato in conflitto anche lì con intellettuali del posto, e addirittura scomunicato dai calvinisti, si trasferirà presto da Ginevra a Lione, Tolosa e poi Parigi, dove resterà a lungo e scriverà molte delle sue opere, tra cui libri e trattati di filosofia e persino una commedia.
Dopo una parentesi a Londra di due anni, torna a Parigi nel 1585. Ma entrato platealmente in contrasto con professori ed intellettuali soprattutto sulle idee aristoteliche, e persi gli appoggi a corte, ripiega in Germania, prima a Magonza, poi a Wiesbaden, a Marburg e infine a Wittenberg. Il nuovo duca locale decide di rovesciare l'indirizzo degli studi a favore delle idee aristoteliche, e anche per questo Bruno decide di trasferirsi di nuovo, prima sei mesi a Praga, poi di nuovo in Germania, a Tubinga e poi a Helmstedt. Ancora una volta le sue idee filosofiche e suoi scritti dirompenti saranno la causa di appassionanti ammirazioni ma anche di feroci critiche e, infine, fattosi nemici potenti, della scomunica dai luterani. Resterà ancora un po' in città per spostarsi poi a Francoforte. Conosciuti alcuni editori veneziani alla locale fiera del libro accetta di recarvisi per insegnare e pubblicare. Dopo una breve parentesi a Padova si sta bilirà a Venezia a casa del Mocenigo. Entra in conflitto anche con questi per motivi sia economici che di pensiero, verrà denunciato all'inquisizione e arrestato. Dopo un primo processo viene estradato a Roma e lì dopo l'ennesimo processo farsa, per le sue idee e soprattutto per i suoi scritti, viene condannato a morte l'8 febbraio 1600, sentenza eseguita 9 giorni dopo. Eccezionale studioso, eloquente oratore, fine umorista, appassionato insegnante, brillante filosofo e pensatore, nonché scrittore dotto, prolifico ed eclettico, ebbe, ed ha ancora oggi (con tanto di siti web dedicati), ammiratori e disce poli in tutta Europa. Era un precursore, una mente superiore in anticipo sui tempi, con intuito e intendimento estremamente moderni, in campo scientifico, che teologico, che biblico. Ma la sua erudizione e la sua granitica consapevolezza d'essere in possesso della conoscenza e della verità assolute lo resero però anche presuntuoso, arrivista, ambizioso, egocentrico, pieno di sé, con un carattere impossibile e una scarsa propensione ai contatti umani. Finì per farsi scomunicare da tutte e tre le principali re ligioni europee, per farsi nemici ovunque e per preferire il materialismo alla spiritualità. Ma mentre non condividiamo le sue idee, il suo pensiero e i suoi metodi, non possiamo che ammirare il coraggio delle convinzioni e delle denunce, con una coerenza spinta all'estremo sacrificio, un sacrificio che pesa ancora una volta, da più di 400 anni come un macigno, sulla coscienza cattolica. Tratto da il * "Palazzuolo" Bisceglie.
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