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venerdì 23 maggio 2008

LA MASSONERIA IN PIEMONTE DAL 1860 AL 1925

di Marco Novarino
Saggista

A Torino nasce la massoneria post-unitaria
La massoneria piemontese, dopo un momento di crescita e prosperità attraversato nel periodo napoleonico, scomparve totalmente durante la Restaurazione.Il 16 febbraio 1856, dopo più di quarant’anni di silenzio e totale inattività delle logge massoniche subalpine, venne pubblicato sul periodico torinese "La Ragione" un documento, stilato dalla loggia belga "Les Philadelphes" di Verviers, intitolato Nuovo programma dei Liberi-Muratori 1. La pubblicazione del programma della loggia belga provocò una accesa polemica nell’ambiente democratico torinese, da cui emersero in pectore con forza tutti gli aspetti e le contraddizioni che caratterizzeranno la massoneria non solo piemontese ma italiana fino al 1925.Oltre alla discussione su "La Ragione" altri due elementi però concorsero alla creazione di un terreno fertile su cui la massoneria poté impiantare le sue radici.In primo luogo la strategia politica di Cavour, che, pur non essendo massone, conosceva il ruolo giocato dall’Istituzione in Europa negli anni precedenti ed era circondato da consiglieri e collaboratori iniziati, o in procinto di esserlo, nelle logge massoniche; in secondo luogo una forte corrente anticlericale sostenuta in ambito politico da esponenti della sinistra liberale come Angelo Brofferio, Agostino Depretis, Francesco Crispi, Celestino Peroglio, Felice Govean, Casimiro Teja, Luigi Petracqua e Michelangelo Castelli, tutti frequentatori delle prime logge costituitesi a Torino nei primi anni sessanta. Fu in questa Torino razionalista, anticlericale, attraversata - secondo una espressione di Augusto Comba - da «un certo afflato massonico, non ancora rappreso in organizzazioni ben definite» 2 che l’8 ottobre 1859 venne costituita la loggia Ausonia3 che diede immediatamente vita al Grande Oriente Italiano. Questo organismo, costituito il 20 dicembre 1859, visse a Torino un primo momento di sviluppo fino a quando il Gran Maestro Francesco De Luca non trasferì la sede a Firenze.Per tutto questo periodo le logge torinesi d’indirizzo moderato, Ausonia, Progresso, Cavour, Osiride, Tempio di Vesta 4 svolsero un ruolo fondamentale nella storia della massoneria italiana. Inizialmente i quadri dirigenti furono prevalentemente di fede cavouriana preoccupati di estendere a livello nazionale l’organizzazione e neutralizzare l’opera del centro massonico palermitano, denominato Supremo Consiglio della massoneria italiana, vicino agli ambienti garibaldini e retto da un sistema rituale - il Rito Scozzese Antico e Accettato - antagonista a quello dei moderati subalpini.La diversità ideologica fu la vera causa del dissidio, malgrado la ripetuta enunciazione di un totale agnosticismo nelle questioni politiche, e la scelta rituale fu operata non in base a considerazioni esoteriche ma al perseguimento di strategie profane. L’utilizzo da parte dei democratici del Rito Scozzese, Rito noto per la rigidità con cui si accedeva ai gradi superiori e per il diverso coinvolgimento operativo a seconda del grado acquisito, rispondeva inizialmente alla necessità di poter contare su una struttura organizzativa simile a quella delle organizzazioni settarie e quindi di tipo "oppositivo" e antisistema. Invece la struttura a tre gradi (apprendista, compagno, maestro), adottata dai moderati, era funzionale a un progetto incentrato totalmente sullo sviluppo degli elementi di mediazione, una sorta di "camera di compensazione" dove le diverse tendenze politiche agissero nella legalità e, pur mantenendo la loro autonomia d’azione e di giudizio, dimostrassero una piena adesione alla Corona e alle istituzioni.Nelle prime tre Assemblee generali massoniche il gruppo torinese, (affiancato dalle logge Fratellanza di Mondovì, Santarosa di Savigliano e Vagienna di Cuneo) riuscì nell’intento di raggruppare un notevole numero di logge sull’intero territorio nazionale ma dovette, già nell’Assemblea fiorentina del 1863, cedere gradatamente il comando alla corrente democratica, riunitasi principalmente nell’altra loggia torinese, la Dante Alighieri5, che durante quegli anni favorì la costituzione delle logge Campidoglio, Stella d’Italia, Marco Polo e La Fratellanza 6, tutte operanti a Torino.Nel 1865 terminò la centralità di Torino nella massoneria italiana e le logge torinesi di matrice moderata entrarono in una profonda crisi quantitativa e qualitativa.

La crisi del 1865 e la lenta ricostruzione
Sulla massoneria, dal punto di vista numerico, sia per quanto riguarda le logge che per il numero degli affiliati, il trasferimento nel 1965 della capitale da Torino a Firenze ebbe pesanti conseguenze.In effetti si passò dalle dieci logge presenti sul territorio a due solamente ma il dato realmente importante è che dal 1865 queste divennero logge "normali": cioè non furono più i centri ispiratori e propulsori di progetti a livello nazionale, ma semplici logge "torinesi", composte da massoni residenti stabilmente a Torino, impegnati nella vita politica e sociale di una città che il traumatico trasferimento della capitale aveva reso debole e vulnerabile. Dopo il 1865 riemersero i gravi problemi, come ad esempio il pauperismo, che le attività politico-amministrative e lo sviluppo urbano di metà Ottocento erano riuscite in parte a risolvere. Ancora durante il periodo postunitario a Torino il fenomeno della mendicità e del vagabondaggio era rilevante e la chiusura di molte attività, come le officine statali di forniture militari e ferroviarie, creò migliaia di disoccupati in cerca di un nuovo lavoro. Il contatto quotidiano con questa realtà rafforzò la consapevolezza nei massoni torinesi che era arrivato il momento di cambiare strategia e, dopo anni di totale disinteresse, incominciare ad applicare i principi di solidarietà e filantropismo che erano alla base del vincolo liberomuratorio.La massoneria piemontese - che peraltro fino alla fine del secolo riuscì a insediarsi stabilmente solo a Torino - si distinse negli anni successivi per altre peculiarità.In primo luogo è opportuno sottolineare il rifiuto da parte delle logge aderenti al Grande Oriente d’Italia di assumere ruoli dirigenti a livello nazionale, svolta che le condannò in pratica all’autoemarginazione.La sporadica presenza di massoni piemontesi negli organi direttivi a tutti i livelli (Grande Oriente d’Italia, Rito Scozzese Antico ed Accettato, Rito Simbolico Italiano), la scarsa corrispondenza con la Giunta del Grande Oriente d’Italia, come si desume dai verbali, e le rare notizie sulla vita massonica pubblicate dalla "Rivista della massoneria italiana", non possono essere imputate solo al numero ridotto di logge operanti in Piemonte (tra il 1864 e il 1871 le logge piemontesi erano 14 - di cui molte demolite o messesi "in sonno" dopo il 1865 - e rappresentavano il 5% circa della logge all’obbedienza del G.O.d’I. 7 mentre in un elenco del G.O.d’I. del 1888 compaiono solo 4 logge a Torino e una a Novara su un totale di 139 8). In altre situazioni analoghe, dal punto di vista quantitativo, ben diverse furono le capacità d’intervento e di condizionamento sugli organi direttivi nazionali.L’altro dato significativo è che sia la "Pietro Micca-Ausonia" che la "Dante Alighieri" dimostrarono un tasso di politicizzazione nettamente inferiore alla media nazionale. Non che fossero due logge "anglosassoni", ma sicuramente il lato esoterico e filantropico-solidaristico ebbero il sopravvento sull’impegno politico. Si distingueranno invece per la solidarietà internazionale espressa a favore dei popoli oppressi e l’impegno per l’arbitrato internazionale e la pace. Queste particolarità affondavano le loro radici nel decennio 1860-1870.Il primo decennio postunitario rappresentò per la massoneria torinese una straordinaria stagione; pose le basi per la rinascita della liberomuratoria in Italia e riuscì a mantenerla su posizioni legalitarie. Questo imprinting, malgrado la sconfitta dei moderati, venne assimilato dai massoni di segno democratico che misero al riparo il Grande Oriente d’Italia da velleità rivoluzionarie. Anzi, attraverso il continuo confronto nelle logge si accelerò l’evoluzione politica di quanti - come Mordini, Bargoni, Bertani e Crispi - pur con percorsi diversi si allontanarono dal radicalismo rivoluzionario accentuando la loro svolta legalitaria.La presenza a Torino di personaggi come Frapolli, Levi e Fabretti permise che all’interno delle logge subalpine si sedimentasse una cultura esoterica e un rigoroso rispetto della ritualità massonica ponendo freno ad una eccessiva politicizzazione che avrebbe snaturato l’essenza dell’Istituzione.Ultimo, ma non per ultimo, i massoni torinesi, aldilà dell’appartenenza allo schieramento moderato o democratico, assorbirono due comportamenti fondamentali delle antiche corporazioni muratorie: l’insegnamento e la solidarietà, non solo sotto forma di beneficenza e filantropismo.L’insegnamento e la solidarietà, che nelle corporazioni medievali erano applicate a favore dei propri membri, vennero con il passaggio dalla massoneria "operativa" a quella "speculativa" rivolte verso l’esterno in nome del progresso e della scienza. Questa vocazione alla filantropia e alla pedagogia trovò un terreno fertile nelle logge torinesi che iniziarono ad applicarla non appena si trasformarono da organi dirigenti nazionali a semplici officine liberomuratorie 9.

A sostegno dei più deboli.La costruzione di un associazionismo laico
Le difficoltà della massoneria subalpina nel periodo seguente rientrarono, come abbiamo già detto, in un contesto generalizzato di crisi che investì Torino dopo il trasferimento della capitale.In questa fase storica emerse il ruolo della massoneria subalpina nel progetto complessivo di costruzione di una morale e di un associazionismo laico da contrapporre alla forte presenza, in campo sociale e assistenziale, del mondo cattolico 10.La partecipazione dei singoli massoni alla nascita dell’associazionismo laico torinese può essere inquadrata all’interno di una precisa strategia massonica?Incontestabilmente il paradigma associazionista nacque nell’ambito delle logge torinesi aderenti al Rito Simbolico Italiano, al cui interno si aggregarono e sedimentarono i caratteri specifici della massoneria di stampo democratico-radicale. Nella prima metà degli anni ottanta Secondo Laura fondò (con il contributo decisivo delle logge torinesi) il primo ospedale infantile d’Italia, il Regina Margherita, che avrebbe avuto un grande sviluppo e mantiene tuttora la sua importanza e le sue essenziali funzioni.Un’altra impresa che vide il concorso di vari massoni torinesi - assieme a Tommaso Villa, che ne divenne il principale organizzatore - fu l’Esposizione Nazionale Industriale Artistica del 1884, iniziativa determinante per la ripresa morale ed economica della città, concepita all’interno di quel progetto di "mostrare il progresso", progetto non solo massonico ma frutto di una convergenza con il pensiero positivista particolarmente sviluppato a Torino. Scorrendo i documenti e gli articoli prodotti dalle logge torinesi, risultano evidenti le aspettative che esse riponevano nel progresso scientifico visto come il motore fondamentale per lo sviluppo dell’umanità, nell’educazione intesa come promozione dell’emancipazione morale e intellettuale degli italiani, fondato sui principi della libertà, dell’eguaglianza, della fraternità, della scienza e del progresso.Dalla fine degli anni ’80 ai primi anni del Novecento le iniziative filantropiche dei massoni si moltiplicarono: sorgevano l’Istituto nazionale per le figlie dei militari, L’Istituto per i rachitici, la Colonia agricola Bonafous, le Cucine popolari e i Bagni popolari; la Casa Benefica per i giovani derelitti, importante realizzazione in cui s’impegnò specialmente il massone Luigi Martini; L’Istituto contro l’accattonaggio "Pane quotidiano"; la Società per gli asili notturni 11; la Società torinese per Abitazioni popolari voluta principalmente da Tommaso Villa e Luigi Pagliani, che dopo l’esperienza di direttore generale della sanità pubblica tornò a Torino occupandosi principalmente di igiene applicata all’ingegneria e all’architettura.In campo culturale e pedagogico va ricordato il Museo nazionale del Risorgimento, voluto da Tommaso Villa; la Dante Alighieri per la difesa della cultura italiana; l’Università Popolare e l’associazione studentesca universitaria Corda Fratres 12. Creazioni massoniche furono l’Associazione nazionale italiana per l’istruzione, e le Scuole Officine Serali per la formazione degli operai specializzati. Non dimentichiamo altre iniziative come la Società protettrice degli animali - a cui si dedicò particolarmente Timoteo Riboli, amico e medico di Garibaldi - e la sezione torinese della Lega internazionale della pace e della libertà - presieduta da David Levi, l’intellettuale più prestigioso della massoneria torinese - e la Società per l’Arbitrato e per la Pace 13.Un’iniziativa innovativa, trasformata in realtà dai massoni, in quella che stava diventando la città dell’automobile fu la Croce Verde 14, associazione volontaria finalizzata agli interventi accelerati di soccorso e di trasporto, particolarmente nei casi d’infortuni sul lavoro. L’ultimo, non per importanza, tassello di una rete associativa "dalla culla alla tomba" fu la Società per la cremazione fondata nel 1882 15.Con il suo progressivo radicamento nella società torinese l’associazionismo laico e massonico entrò in diretta concorrenza con quello cattolico, inasprendo il dissidio con la Chiesa cattolica.Una particolare attenzione pertanto deve essere riservata all’attività antimassonica dei cattolici - molto intensa dopo l’enciclica di Leone XIII Humanum Genus 16 - portata avanti attraverso l’impegno della sezione torinese dell’Unione antimassonica, la "Rivista antimassonica", il quotidiano subalpino "L’Italia reale" e soprattutto la rivista "La democrazia cristiana in difesa dei figli del popolo" che pubblicò la rubrica "Pantheon giudaico massonico", particolarmente virulenta nei confronti dell’ebraismo, considerato con la massoneria, «agente del liberalismo».Notizie su quella che era definita «empia setta eminentemente occulta e tenebrosa, l’orrido dragone che suggerisce ogni male o l’abominevole setta di perdizione»17 appariranno frequentemente su queste riviste condannando in ogni momento il ruolo della massoneria nella costruzione di una morale e di una società laica.La caduta in disgrazia di Adriano Lemmi, parallela a quella di Crispi, ripropose il monito del torinese David Levi che esortava la massoneria a non legare i suoi destini a un monarca o a un uomo politico. La crisi che scosse la massoneria italiana alla fine del secolo non provocò gravi ripercussioni in ambito torinese, perché malgrado lo stretto legame tra le logge simboliche torinesi e quelle milanesi, i massoni torinesi non seguirono Malachia De Cristoforis, leader indiscusso della massoneria ambrosiana, nella scissione che portò alla nascita del Grande Oriente Italiano.

Sviluppo e contraddizioni dall’età giolittiana all’avvento del fascismo
Nel giugno del 1896 venne eletto, come successore di Lemmi, Ernesto Nathan, il quale sembrava adatto, per la sua militanza democratica, unita a grande equilibrio personale, a traghettare la massoneria italiana verso nuovi orizzonti, liberandola dall’ipoteca repressiva crispina, senza, tuttavia, aggravarne i dissensi.La politica, perseguita sotto la gran maestranza di Ernesto Nathan, riscosse il plauso dei massoni piemontesi e favorì la nascita di nuove logge su tutto il territorio. Oltre alle torinesi Dante Alighieri, Ausonia, Cavour, Giordano Bruno, Ariodante Fabretti e Propaganda nacquero tra il 1890 e il 1905 importanti logge in zone con deboli radici liberomuratorie come quelle di Novara (Ugo Foscolo e Indipendenza) e del Canavesano (Il Progresso ad Ivrea e Liberi Canavesani a Forno Canavese) e nel Biellese (Verità a Biella). Ma soprattutto rinacquero logge in città con forte presenza massonica soprattutto nel periodo napoleonico e nel primo decennio postunitario come ad Alessandria (oltre la Gagliaudo fondata nel 1869 si costituirono la Carlo A. Valle e la Verità e Fede) e Asti (Hasta Pompeia, Cosmopolita e Vittorio Alfieri).Il successore di Lemmi impose una linea assai diversa e più duttile, ma non meno attiva sul piano politico, in cui la massoneria gestì in prima persona, o promosse in modo più o meno indiretto, iniziative tendenti a ricomporre le contraddizioni esplose a fine secolo nella società e nella politica italiana. Nell’imminenza della crisi di fine secolo, e poi nel corso di essa, interventi mediatori di parlamentari e politici locali massoni favoriranno la ricerca di nuove prospettive. Queste iniziative portarono alla stagione dei blocchi popolari, che in occasione di elezioni politiche o nella formazione di amministrazioni locali, utilizzò i rapporti massonici per favorire collegamenti fra esponenti di diversi settori politici, a partire dai socialisti riformisti arrivando fino a quegli esponenti della classe di governo che si definivano genericamente liberali, passando per i repubblicani e per i radicali.Sicuramente non casuale fu la situazione che si produsse a Torino nel 1906. Dopo la dura presa di posizione del Gran Maestro Ferrari, che espulse Tommaso Villa e altri notabili massoni18 per aver appoggiato una lista locale insieme ai clericali 19, nella classe politica subalpina si realizzò, sollecitata dalle logge, una convergenza tra socialisti riformisti, gruppi industrialisti e giolittiani 20 per rendere tangibile quel «vento di modernità » che secondo Luigi Einaudi spirava su Torino dai primi del nuovo secolo 21.Tra la fine dell’800 e il 1923 il G.O.d’I. triplicò la sua base associativa. Si può ipotizzare che questa forte crescita fosse dovuta alla maggiore apertura, manifestatasi a partire dalla Gran Maestranza di Ettore Ferrari, nei confronti dei ceti meno abbienti fino a quel momento esclusi - sia per un disegno strategico preciso ma soprattutto per una quota d’adesione non sostenibile - e a una attenzione costante verso settori democratici e socialriformisti desiderosi di amministrazioni locali moderne ed efficienti. Questa svolta che diede i suoi frutti in Piemonte a partire dal 1906 è evidenziata da una notevole crescita di logge che passarono, solo a Torino, da 4 a 9 nel periodo 1904-1914 e da 9 a 14 nel successivo decennio (con picchi d’iniziazione negli anni 1910-11 e 1921-22), ma soprattutto un radicamento massonico sull’intero territorio regionale soprattutto in zone con tradizioni liberomuratorie in epoca napoleonica e nei primi anni postunitari ma totalmente "in sonno" per circa quarant’anni.Nell’Alessandrino si costituirono logge e triangoli, oltre che ad Alessandria, ad Acqui, Casale Monferrato, Novi Ligure e Tortona; nel Cuneese triangoli ad Alba, Borgo San Dalmazzo, Caraglio, Costiglione Tinella, Ceva, Valdieri e in città con significativi passati massonici come Cuneo (sede di due logge nel periodo napoleonico e ben tre logge tra il 1864 e il 1866), Mondovì, Saluzzo Savigliano; nel Novarese e nel Vercellese con triangoli ad Andorno, Borgosesia, Domodossola, Valle Mosso, Varallo, Verbania e in particolar modo a Vercelli dove esattamente dopo 100 anni dalla demolizione della loggia Les Coeurs Unis veniva creata, nel 1913, la loggia Galileo Ferraris; e infine in provincia di Torino dove la medie e piccole città si liberano dalla sudditanza subalpina e costituirono logge autoctone come a Bardonecchia, Pinerolo, Rivarolo, Rivoli, e Torre Pellice.La Prima guerra mondiale mutò profondamente la composizione socio-politica del G.O.d’I. in Piemonte che nel periodo 1919-21 visse un momento di tumultuoso sviluppo con la creazione di 13 nuove logge. Durante il primo dopoguerra si creò una cesura e si modificarono ulteriormente gli assetti interni, la struttura delle logge subalpine e la politica dei massoni torinesi si identificò totalmente con il progetto di «organizzare i ceti medi», voluto dal Grande Oriente d’Italia a partire dal 1920. L’iniziale adesione al fascismo e il successivo ripensamento 22, accompagnato dalle numerose violenze perpetrate dagli squadristi nei confronti dei massoni e delle loro sedi, costituirono l’epilogo della massoneria piemontese che ebbe tra il 1860 e il 1925 alterne fortune, ma senza dubbio svolse un ruolo importante nella società civile costituendo una rete di relazioni, radicate territorialmente, che culminò con la moltiplicazione degli interventi in campo sociale, attraverso una capillare presenza all’interno dell’associazionismo laico.

Note
1. "La Ragione", n. 70, 16 febbraio 1856.
2. A. Comba, Per una storia della massoneria nel Risorgimento italiano, manoscritto inedito. Ringrazio l’autore per avermi gentilmente concesso la visione.
3. I primi cinque verbali della loggia "Ausonia" furono rinvenuti da Adolfo Colombo nell’archivio di Felice Govean e pubblicati per la prima volta nel suo saggio, Per la storia della massoneria nel Risorgimento italiano, in "Rassegna storica del Risorgimento, 1914, fasc. I, pp. 53-89. Ora questi documenti fanno parte dell’Archivio privato degli eredi del Dott. Vito Risucci, fotocopiati dal Prof. Augusto Comba e messi gentilmente a nostra disposizione.
4. La loggia Progresso venne fondata nell’autunno 1860, la Cavour il 17 dicembre 1861, l’Osiride l’8 aprile 1862 e la Tempio di Vesta il 19 giugno 1863.
5. La loggia Dante Alighieri venne costituita il 7 febbraio 1862 all’obbedienza del G.O.I. Dopo aver chiesto l’adesione al Supremo Consiglio di Palermo ed essere rientrata nel G.O.I. si staccò definitivamente il 24 maggio 1863. Sulla nascita e lo sviluppo della loggia Dante Alighieri e delle logge da essa gemmate rimandiamo alla nostra tesi Storia della massoneria a Torino (1860-1870), Università di Torino, Fac. di Scienze della Formazione, A.A. 1997-98 e L. Polo Friz, Una grande loggia: la Dante Alighieri di Torino, Hiram, n. 1 (2000), pp. 63-66.
6. La loggia Campidoglio venne costituita il 9 agosto 1862, la Stella d’Italia e la Marco Polo il 25 maggio 1863 e alcuni giorni dopo La Fratellanza. Cfr. La M:.[Madre] • [Loggia] C:.[Capitolare] Dante Alighieri sotto gli auspici delle Potenze Massoniche di Rito Scozzese antico ed accettato, a tutti i F:.F:.[Fratelli] Liberi Muratori della G:.• [Loggia] dell’Universo, Torino, Tip. Vercellino, 1863.
7. L. Polo Friz, Logge in Italia dal 1815 al 1870, in "Massoneria oggi", 1998, 4, pp. 36-40.
8. Elenco delle loggie massoniche della comunione italiana, Civelli, Roma, 1988.
9. Cfr. A. Comba, La massoneria tra filantropia e pedagogia, in A. Comba, E. Mana, S. Nonnis, La morte laica. Storia della cremazione a Torino (1880-1920), Torino, Paravia, 1998, p. 179-181.
10. Cfr. F. Abba, Torino. Sue istituzioni igieniche, sanitarie, filantropiche e sociali, Torino, 1911.
11. Sull’Asilo notturno Umberto I rimandiamo a una nostra ricerca in corso di pubblicazione. Ringraziamo il Presidente, Sergio Rosso, per averci messo a disposizione l’archivio e concesso la riproduzione di alcuni documenti.
12. Sull’associazione Corda Fratres cfr. R. Jacchia, La Corda Fratres in Italia, Padova, 1902, che raccoglie scritti e discorsi pronunciati in manifestazioni della Corda Fratres e il periodico "Corda Fratres", stampato a Torino a partire dal 1898. Ma soprattutto adesso cfr. A.A. Mola, Corda Fratres. Storia di un’associazione internazionale studentesca nell’età dei grandi conflitti (1898-1948), Bologna, CLUEB, 1999.
13. Sulla partecipazione massonica alle correnti pacifiste italiane cfr. M. Novarino, La solidarietà al di là dei confini: l’impegno della massoneria a favore della pace e per la libertà dei popoli, in "Il laboratorio" (Firenze), n. 23 (1996), pp. 23-32; C. Spironelli, Garibaldi e la pace nella pubblicistica pacifista italiana (1882-1915), in "Nuova Delta", 1997, n. 47, pp. 18-25.
14. Sulla Croce verde presieduta da Cesare Lombroso e di cui il Consiglio direttivo era composto totalmente da massoni, cfr. M. Properzi, P. Abrate, Vassili Bonucci, 90 anni di storia verde, Torino, s.e, 1997.
15. Sulla nascita e lo sviluppo del paradigma cremazionista a Torino cfr. A. Comba, E. Mana, S. Nonnis, La morte laica. Storia della cremazione a Torino (1880-1920), Torino, Paravia, 1998.
16. Cfr., R. Esposito, Socialismo e massoneria nell’insegnamento di Papa Leone XIII, in A. Mola (a cura), Stato, chiesa e società, Foggia, Bastogi, 1993, pp. 287-304.
17. Cfr. A. Chiarle, La massoneria secondo la rivista "Civiltà cattolica", ed. a cura dell’autore, Savona, 1986, VI volumi; R. Esposito, Pio IX e la massoneria, in AA.VV, Atti del convegno di ricerca storica sulla figura e sull’opera di Papa Pio IX, Senigallia, 1974, p. 238-39. Rimandiamo a questo interessante studio di Padre Esposito per ulteriori aggiornamenti sugli epiteti applicati alla massoneria durante il pontificato di Pio IX e ripresi dalle riviste cattoliche e in particolare da "Civiltà cattolica".
18. Nei confronti di Tommaso Villa, dei Sen. Giacinto Cibrario e Angelo Rossi, dell’On. Edoardo Daneo e di Cesare Frescot, Achille Durio, Adolfo Bona si scatenò, secondo A. Mola «una accesa lotta da parte della ramificata e potente rete di logge, sospinte a palesare con minor discrezione uomini e intendimenti dal timore di vedere dissipati in breve ora gli esiti di un lavoro ormai semisecolare». Cfr. A.A. Mola, L’amministrazione civica: tra ordinamenti istituzionali e politica, in AA.VV, Torino città viva. Da capitale a metropoli 1880-1980, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1980, p. 22.
19. «Il Gran Maestro d’Italia, applicando l’art. 126 delle Costituzioni, ha escluso dalla massoneria i fratelli: Avv. Adolfo Bona; Avv. Giacinto Cibrario, senatore; Avv. Edoardo Daneo, deputato; Achille Durio; Ing. Cesare Frescot; Angelo Rossi, senatore; Avv. Tommaso Villa, deputato, perché alleandosi coi clericali per le imminenti elezioni amministrative in Torino, vennero meno ai principi fondamentali ed all’indirizzo dell’Ordine, che neanche ai fratelli inattivi è lecito violare» ASGOI, Processi verbali della Giunta del Consiglio dell’Ordine, 214 Adunanza, giovedì 25 gennaio 1906.
20. V. Castronovo, Il Piemonte, Torino, Einaudi, 1977, p. 165-166.
21. «Sulla nostra città spira un vento di modernità. Dopo essere stata per anni la città della compagnia della lesina, con tutti i vantaggi e i danni propri della tendenza, come imposte miti, debiti ristretti, spese risecate, poche spese pubbliche, scarsa iniziativa, sembra ora che Torino voglia mettersi alla testa delle città consorelle». L. Einaudi, Acqua potabile, gas, impianto idroelettrico e piano regolatore a Torino, in Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Torino, Einaudi, p. 144.
22. Sui rapporti tra fascismo e massoneria cfr., F. Cordova, Massoneria e fascismo, in A. M. Isastia (a cura), Il progetto liberal-democratico di Ettore Ferrari, Milano, Angeli, 1997, pp. 114-130; R. Di Mattei, Un dibattito su fascismo e massoneria, in "Critica storica", 1977, dicembre, pp. 771-774; A. Mola, Massoneria e fascismo sulla «questione nazionale», in AA.VV., Storia della società italiana, vol. 21 La disgregazione dello stato liberale, Milano, Teti, 1982, G. Vannoni, Massoneria, fascismo e chiesa cattolica, Bari, Laterza, 1980.




3 commenti:

Antonio Candeliere ha detto...
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Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...
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