Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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martedì 13 gennaio 2009
L'Ue, LA CRISI FINANZIARIA
di Antonio Laurenzano
Nuvole grigie si addensano ancora nei cieli valutari europei. La tempesta finanziaria che ha spazzato via soldi e fiducia ha causato un vero shock, mandando in tilt l’opinione pubblica. Una crisi senza precedenti, dagli effetti devastanti sui mercati e sull’economia reale, con pericolose spinte recessive.
L’Europa, in particolare, paga a caro prezzo il non aver accompagnato la creazione della moneta unica con quella di un’autorità politica per la sua governance economica in grado di supportare l’azione monetaria della Banca centrale europea. La mancanza di un necessario coordinamento degli interventi da parte dei singoli governi nazionali con quelli dell’ Eurotower di Francoforte ha pesato molto sui tempi e sulle modalità delle scelte operate.
Di fronte a questa crisi che ha messo in ginocchio il mondo, colpendo i bilanci di imprese e famiglie, i Quindici dell’eurogruppo, in un insperato sussulto di ragionevolezza, hanno messo da parte ogni anacronistico nazionalismo e, nel vertice di Parigi, convocato da Sarkozy, Presidente di turno dell’Ue, hanno varato un piano di misure comuni, estese agli altri partners dell’Unione. Una “terapia d’urto” che prevede la ricapitalizzazione delle banche in difficoltà, la garanzia pubblica a tutti i prestiti interbancari per sbloccare la liquidità e una revisione delle norme contabili a livello europeo. Il tutto con un limite temporale ben preciso: dicembre 2009, per sottolineare che non si intende sostituire stabilmente la filosofia del libero mercato con nuove forme di nazionalizzazioni. E questo per superare la prospettiva di uno statalismo non solo emergenziale, ma cronicizzato.
Non è nato il “fondo europeo per la stabilità finanziaria” che Italia e Francia avevano sollecitato, ma il “piano di salvataggio” firmato all’ombra dell’Eliseo, grazie alla mediazione di Sarkozy, è certamente un segnale importante lanciato all’ ostruzionismo dei più tenaci difensori dell’autonomia nazionale, come Angela Merkel, l’arcigno cancelliere tedesco. Ma è anche una risposta alla più seria crisi finanziaria degli ultimi settant’anni. L’Europa, a parere degli analisti, ha saputo maturare una svolta impensabile fino a poco tempo fa, una svolta che rende più flessibili i vincoli sugli aiuti di Stato e consente l’acquisizione da parte delle banche, attraverso l’intervento pubblico, di vitali risorse finanziarie. Una strategia esportata con successo oltre Atlantico.
Un’operazione, questa del salvataggio pubblico, che riporta indietro nel tempo le lancette dell’orologio, richiamando alla memoria pagine di vita economica e politica non certamente esaltanti. L’aver cioè ripescato l’immagine dello Stato banchiere, anche solo per casi d’emergenza o con quote minoritarie, senza diritto di voto, desta non poche preoccupazioni. La commistione banca-politica non ha mai generato in passato eventi eticamente incensurabili.
La presenza pubblica nelle banche ha alimentato per anni il sottogoverno in molti Paesi, il nostro incluso, attraverso gestioni clientelari e, più in generale, attraverso una politica del credito fortemente condizionata dal potere politico con… “beneficiari” speciali: partiti, giornali di… partito, enti e associazioni vicini… ai partiti!
Per allontanare dubbi e sospetti di nazionalizzazioni striscianti, più che brindare al ritorno dello Stato in cabina di regia, sarà opportuno seguirne e accompagnarne…l’uscita. Assicurarsi cioè che si tratti di una “comparsa” temporanea, legata a una drammatica contingenza, e comunque finalizzata a salvaguardare i soldi dei risparmiatori e non gli interessi dei politici e dei loro gruppi di potere! Sarebbe un misero (e inquietante) dejà vu!
Sul piano strettamente comunitario, la “svolta di Parigi”, pur con qualche ambiguità istituzionale, rilancia l’Unione, finora tormentata da impopolarità e scetticismo e conferma che l’Europa unita è un patrimonio insostituibile nel villaggio globale, un protagonista nella gestione dell’ordine economico e politico mondiale. Un soggetto attivo di stabilità e di crescita sociale.
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